senato – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Serracchiani: “Lobby? Denigratorio solo qui” http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/serracchiani-lobby-denigratorio-solo-qui/ Sun, 03 Apr 2016 06:40:31 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3195 In un’intervista al Corriere della Sera di Alessandro Trocino, Deborah Serracchiani (presidente della Regione Friuli Venezia-Giulia, parlamentare UE e vicesegretario del PD) torna sul caso-Guidi approfondendo il tema della regolamentazione dell’attività di lobbying.

 Per l’opposizione è un emendamento “marchetta” che favorisce le lobby.

“Non esiste. A parte che solo in Italia usiamo il termine lobby in modo denigratorio, è normale incontrare società e portatori d’interesse. Accade anche al 5 Stelle. Penso a quando Di Maio ha incontrato gli ambasciatori stranieri. O quando si sono confrontati con il Vaticano”.

Il conflitto d’interesse rimane un problema.

“Il provvedimento sul conflitto d’interesse è passato alla Camera e ora è al Senato. Siamo noi che stiamo lavorando sull’albo dei lobbisti. Ma parliamoci chiaro: se Coldiretti ti chiede l’obbligo dell’etichettatura, sono lobbisti con cui non possiamo parlare? No, basta che ci sia trasparenza”.

Leggi l’articolo completo: http://goo.gl/2mjUS0

 

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Lobbisti “confinati” a Palazzo Madama ogni giorno 1.200 permessi d’accesso [Il Messaggero] http://www.lobbyingitalia.com/2015/11/lobbisti-confinati-a-palazzo-madama-ogni-giorno-1-200-permessi-accesso-messaggero/ Mon, 09 Nov 2015 12:41:12 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3030 Intanto è boom per i corsi di formazione della professione, e alcune università assicurano il Master

Anche quest’anno il Senato ha preso le sue contromisure per difendersi da una delle specie professionali più temute: i lobbisti. Da fine ottobre i “portatori di interessi particolari”, già “schedati” dal loro tesserino rosso entrato in vigore nel 2014, sono ospitati nell’aula della Commissione Sanità di Palazzo Madama, rigorosamente a trenta metri da quella della Commissione Bilancio quando è impegnata nell’esame della Legge di Stabilità. Quei 30 metri non impediscono di certo né ai politici e né ai lobbisti l’uso dei telefonini per rapide consultazioni o per sventare colpi di mano dell’ultimo minuto ma la dicono lunga sul rapporto schizofrenico, fatto di timori e al tempo stesso di poche regole, di politica e lobbismo made in Italy. A partire da un banale dato di fatto: l’accesso al parlamento italiano è relativamente facile. Risultano in media circa 1.200 i cartellini giornalieri concessi a vario titolo a ex parlamentari, funzionari, dirigenti ministeriali, giornalisti (in attività o pensionati) e rappresentanti delle categorie che possono entrare in Parlamento per chiedere informazioni, discutere con i parlamentari, informarsi dei processi legislativi.

A VUOTO «Il fatto è che nonostante se ne parli da anni in Italia non esiste una legge che regoli questo settore così come accade in altri Paesi europei o in America», spiega Gianluca Sgueo, esperto del settore e autore del libro Lobbying e lobbismo, edito da Egea, forse il più completo sull’argomento. «Al di là di quello che accade a Montecitorio e Palazzo Madama – aggiunge Sgueo – oggi uomini di governo e funzionari italiani possano incontrarsi ovunque con i lobbisti italiani e stranieri senza che nessuno lo sappia. Sono rarissimi i casi di uomini politici italiani che per propria scelta tengono un diario web sui lobbisti che ricevono. Altrove invece è obbligatorio tenere un registro degli incontri, che poi oltre ad essere una “banale” norma di trasparenza è anche una tutela per tutti. Perché deve essere chiaro che un lobbista non è l’equivalente di difensore di poteri oscuri o peggio».

Un esempio di come si potrebbe procedere? Almeno in parte, Bruxelles. Qui Commissione Ue conta la presenza di 8.396 lobbisti che lavorano quotidianamente nelle istituzioni europee. Sono tutti regolarmente registrati in un apposito Libro Mastro e tutti sanno tutto di loro. Questo “Registro per la trasparenza” (anche se non vincolante): contiene informazioni «su chi svolge attività tese a influenzare il processo decisionale dell’Ue», come specifica il suo sito. Vi sono iscritte anche 5.800 organizzazioni e aziende, di cui 503 italiane. Anche a Bruxelles tuttavia non mancano i tira e molla su questo settore. 11 Parlamento Europeo infatti ha chiesto misure più stringenti come quella dell’obbligatorietà della registrazione degli incontri, ma finora la Commissione ha cincischiato. E’ accaduto così che il Parlamento Europeo abbia lanciato un comitato speciale in materia fiscale (il Taxe), che però è stato boicottato dalle multinazionali che non si sono presentate alle audizioni.

IL MASTER Il Taxe ha allora chiesto alla Commissione di vietare l’ingresso in Parlamento dei rappresentanti delle multinazionali e finalmente il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Junker, ha detto che è ora di raggiungere un accordo comune sulla registrazione obbligatoria dei lobbisti (e dei loro incontri) in tutte le istituzioni europee. In Italia, invece, nonostante la presentazione di almeno una dozzina di disegni di leggi, che con modalità differenti propongono tutti la nascita di un albo dei lob-bisti e del registro obbligatorio dei loro incontri (con tanto di sanzioni), tutto è ancora fermo a livello legislativo. Diverso il discorso invece a livello di mercato. Negli ultimi anni la figura del lobbi-sta non ha sofferto la crisi. Anzi. I corsi di formazione destinati a preparare queste particolari figure professionali si contano ormai a decine e sono organizzati anche da società prestigiose. Con alcune università che rilasciano uno specifico master.

Fonte: Diodato Pirone – Il Messaggero – Download .pdf

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Il ddl Lobby? Al Senato non è la priorità del governo (Public Policy) http://www.lobbyingitalia.com/2015/06/il-ddl-lobby-al-senato-non-e-la-priorita-del-governo-public-policy/ Wed, 10 Jun 2015 12:00:03 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2822 “La 1a commissione del Senato ha delle priorità che sono la riforma del terzo settore per prima, poi la riforma costituzionale e infine il disegno di legge sulle lobby“. A dirlo a Public Policy è stato il sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti.
Per il momento il sottosegretario ha spiegato che non sono previsti emendamenti né da parte del governo né da parte del relatore, il senatore di Italia lavori in corso (ex M5s) Francesco Campanella: “L’idea – ha spiegato Pizzetti – è quella di non presentare testi alternativi del governo ma di concordare le eventuali modifiche insieme al relatore”.
Alla domanda se, dunque, il ddl slittasse a settembre il sottosegretario ha risposto: “Non è detto, dipende da quando la commissione licenzierà i testi“.

Fonte: Public Policy

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I lobbisti per legge in Parlamento (TheFrontPage.it) http://www.lobbyingitalia.com/2015/02/i-lobbisti-per-legge-in-parlamento-thefrontpage-it/ Wed, 11 Feb 2015 18:59:11 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2717 Colleghi lobbisti, tutto bene ma… cominciamo a sembrare una compagnia di giro. Una ventina di professionisti sono stati chiamati in Parlamento a dire la loro sul lavoro che sta facendo la prima commissione del Senato, per riunire in un solo progetto di legge la regolazione dell’attività lobbistica.

Ne rendono conto Public Policy e Lobbying Italia, i Senatori presenti (tra loro, la Presidente Anna Finocchiaro), il Senatore  Roberto Kociancich e il relatore  Francesco Campanella, che sono apparsi attenti, curiosi e interessati. I DDL abbinati al AS 281 sono tanti, di tempo ne è passato tantissimo, anche per l’Italia. Ci sono state leggi regionali, decreti ministeriali e tante promesse. Ormai la questione non è quella di un riconoscimento professionale: le leggi anticorruzione e per la trasparenza sono talmente diffuse e intricate, da rendere la modulistica e gli obblighi contrattuali in materia di conflitti più spessa di un manuale di manutenzione aerea. I regolatori arrivano dopo.

Intanto però i decision maker sono influenzati dai media (un po’ meno), dai Social Media (sempre più), dalla magistratura (come prima) e dai lobbisti “di stato”; insomma più da “queste” lobbies che dagli elettori o da lobbisti di professione. Troppo spesso anche i Parlamentari si sentono deboli e incerti, in tempi di tsunami regolatorio. Ma le cose stanno cambiando, proprio perché la politica sta riprendendo peso.

La mia paura è che una discussione fatta di ceppi alle “sliding doors” e di paletti per definire l’ “ordine” citrullo dei lobbisti, sia vecchia e inutile. Il problema centrale è la trasparenza, la parità di accesso ed i conflitti di interesse in atto. Come c’è stato detto anche al Senato dalla stessa Finocchiaro: i Parlamentari sanno benissimo cosa è una campagna di lobbying, e il senatore Kociancich ha espresso il dubbio che volessimo indicare un recinto. Ricordandoci che sono tanti gli eletti che “rappresentano” più una categoria che l’interesse generale, ed anche per questo vengono eletti. Già, i sindacalisti presidiano le commissioni lavoro, gli avvocati e i magistrati (insieme) quelle di giustizia e sugli Ordini, i farmacisti, che pure dovrebbero non rappresentare insieme l’Ordine e i vigilati, contano più delle multinazionali farmaceutiche.

I dirigenti pubblici, poi, sono uniti in sindacati reali e de facto che presidiano tutto. Abbiamo avuto un consulente gratuito che usava le facilities del Parlamento per esercitare, ed un parlamentare europeo tedesco che è ufficialmente consulente retribuito anche dei gruppi per cui presenta mozioni. Chi svolge un ruolo di supporto alla rappresentanza, allora, più che metter recinti e sanzioni, dovrebbe imparare a far politica anche per chi non la sa fare, a convincere i clienti ad esser policy maker più che trick maker. Emendamenti, inserzioni malandrine in provvedimenti omnibus ci saranno a lungo. La legge Severino ed il cretinismo informativo ci spacceranno ancora per faccendieri e trafficanti, ma intanto va fatta un’opera di educazione e comunicazione reciproca.

Gli alfieri del “fuori i lobbisti”, del resto, sono assititi da un “lobbista ombra” che è proprietario della Casaleggio e Associati, ma protestano perché funzionari della Camera o del Governo svolgano corsi, presso società private, di drafting legislativo. Forse dovrebbero andarci a lezione! E dovrebbero far seguire alle parole i fatti, visto che anche questa parte politica aveva promesso regole, e per ora ha ottenuto restrizioni che lasciano il passo, col sistema dei tesserini amici, solo ai “sottobraccisti” di sempre.

Il ruolo dei parlamentari non è svilito dall’ascolto di interessi privati. Gli stessi parlamentari a 5stelle scrivono giustamente alle aziende della loro zona, il ruolo è semmai svilito dalla mancanza di trasparenza, dall’assenza di un “levelled field”, e questo può darlo solo un Freedom of Information Act, un Parlamento che funzioni meglio ed una maggiore apertura e reciprocità. Sì, apertura. Fate una legge se volete, regolate, risconoscete, ma soprattutto apritevi, gentili rappresentanti del popolo, ascoltate. Impariamo tutti che interessi diversi debbono confrontarsi affinché i decisori possano decidere con consapevolezza. Il diritto a informare e influenzare lo stabilisce la Costituzione.

Solo abbattendo le barriere i lobbisti saranno consulenti strategici. Solo con la trasparenza e con l’interazione fra cittadini ed interessi che gli eletti potranno decidere in piena indipendenza e alla luce del sole. Altrimenti, lobbisti e decisori saranno entrambi grigi e opachi passacarte del nulla.

Massimo Micucci

Ps: sui Ddl presentati trovate trovate qui e qui le nostre idee e proposte.

Link: http://www.thefrontpage.it/2015/02/11/i-lobbisti-per-legge-in-parlamento/

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Senato: I testi a fronte dei ddl “lobby” (al 15 settembre 2014) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/lobby-testi-senato-ddl-settembre/ Mon, 29 Sep 2014 17:46:57 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2561 L’ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, sulla giustizia e sulla cultura del Senato della Repubblica ha redatto un dossier sui disegni di legge presentati sul tema dell’attività di lobbying. Il dossier presenta una comparazione tra i disegni di legge in esame (al 15 settembre 2014) presso la Commissione Affari costituzionali del Senato (AA.SS. nn. 281, 358, 643, 806, 992, 1497 e 1522).

Manca il ddl 1191 che è stato assegnato alla Commissione Affari Costituzionali solo il 26 settembre, anche se in ogni caso la Commissione – attraverso il lavoro del relatore, Sen. Francesco Campanella (Gruppo Misto, ex 5 Stelle) appare orientata ad usa il ddl 1497 come testo base. Ad oggi le proposte presentate non sono mai state discusse, e la Commissione sta semplicemente accorpando  i testi con il medesimo argomento.

Interessante l’analisi dei testi a fronte, in particolare in relazione alle varie definizioni e caratteristiche: chi sono i rappresentanti di interessi particolari, cos’è l’attività di lobbying e di relazioni istituzionali (termini usati solo dal ddl 806), l’esclusione dall’applicazione della legge dei sindacati anche se fuori dalle procedure di concertazione (tutti), dei giornalisti (ddl 992), l’istituzione di autorità differenti o assegnazione del registo alla CIVIT o all’AGCM, l’impegno a rispettare un codice deontologico, l’obbligo di consultazione (solo i ddl 1497 e 643), previsione di sanzioni.

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L’Italia e il lobbying: prove di regolamentazione http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/litalia-e-il-lobbying-prove-di-regolamentazione/ Wed, 10 Sep 2014 21:33:51 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2325 In calendario, in commissione al Senato, alcuni provvedimenti sull’attività di rappresentanza di interessi particolari nelle relazioni istituzionali

Non è la prima volta che l’argomento, ancora oggi ritenuto spinoso, entra nelle sedi parlamentari. Fino ad ora, però, senza alcun concreto risultato al di là di quello di continuare a far crescere nell’opinione pubblica l’immagine del lobbying come un’attività al limite della legalità, svolta da un manipolo di faccendieri impegnati solo a procacciare affari e denaro per loro stessi e per i loro assistiti.

In realtà, per avere un’idea più realistica di cosa rappresenti tale attività basterebbe rifarsi all’etimologia del sostantivo anglosassone, derivante dal tardo latino “laubia” e la cui traduzione letterale è “loggia, tribuna”.  In Inghilterra, nel 1800, la lobby era il luogo in cui i deputati della Camera dei Comuni si incontravano con i cittadini per ascoltare le loro varie necessità e che nel corso del tempo iniziarono ad essere chiamati lobbisti.

Per quanto riguarda la legislazione sulla materia, mentre l’Unione europea ha istituito qualche anno fa il registro dei lobbisti (a cui, però, non è obbligatorio iscriversi), i singoli Paesi sia europei che extraeuropei hanno affrontato in maniera eterogenea il fenomeno: in Canada, Stati Uniti, Israele, Germania, Svizzera ed Austria l’attività di lobbying è stata oggetto di specifica disciplina; in Francia e Gran Bretagna si attinge alla consuetudine e ai regolamenti di deontologia professionale. L’Italia è tra gli Stati in cui fino ad oggi è mancata una qualsiasi forma di regolamentazione.

Provvedimenti finalizzati a riconoscere e disciplinare il fenomeno lobbistico ne sono stati presentati molti in tutte le legislature precedenti, ma nessuno è mai arrivato neanche ad essere discusso in Aula.

I disegni di legge in cammino al Senato, pur provenendo da gruppi parlamentari in alcuni casi agli antipodi, hanno molti aspetti in comune. Ve ne sono due di provenienza PD (S. 358 e 1497), uno di Forza Italia (S. 806), uno del NCD (S. 281) ed infine uno del PSI, primo firmatario il viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini (S. 643). Nell’avviarne la discussione, il relatore, senatore Campanella, ha evidenziato come l’elemento chiave nella disciplina della rappresentanza degli interessi particolari, sia costituito dall’istituzione di un apposito registro, idoneo ad assicurare la trasparenza sull’identità dei soggetti che intendono esercitare l’attività di lobbying e sulla  condotta di chi invece svolge pubbliche funzioni. In ognuno dei provvedimenti all’esame della Commissione, è prevista l’istituzione del Registro pubblico dei lobbisti, si definiscono i diritti e gli obblighi degli operatori del settore e si provvede all’adozione di un codice deontologico in cui dovranno essere stabilite le modalità di comportamento a cui si devono attenere coloro che svolgono attività di relazione istituzionale.

Si riscontrano, invece, differenze quanto all’individuazione dell’autorità preposta al controllo degli obblighi: si va dall’assegnazione di questa funzione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, al CNEL (che invece la riforma del Senato intende abolire), all’istituzione di un apposita struttura presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri a cui, tra l’altro, affidare anche l’incarico del coordinamento di tutte le attività di monitoraggio e la tenuta del registro.

Fonte: Resoconto Commissione Affari Costituzionali del Senato

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Regolamentare le lobbies: serve una legge, non bastano gli interna corporis (Mondoperaio) http://www.lobbyingitalia.com/2014/05/regolamentare-le-lobbies-serve-una-legge-non-bastano-gli-interna-corporis-mondoperaio/ Thu, 22 May 2014 21:43:02 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2335 (Giampiero Buonuomo) Secondo l’agenzia Public Policy, un disegno di legge sulle lobbies – all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri circa dieci mesi fa – è stato rinviato sine die in ragione del fatto che il cuore stesso del lobbismo, il Parlamento nazionale, non potrebbe soffrire una regolamentazione diversa da quella derivante dagli organi interni delle Camere (gli Uffici di presidenza, i quali peraltro in sessant’anni di storia repubblicana si sono guardati bene dall’esercitare questo potere). Quel che è peggio, ad analoga iniziativa del governo Renzi si opporrebbe la sopravvivenza dell’autodichia, che sarebbe stata consacrata dalla sentenza n. 120 del 2014 (relatore G. Amato) e che osterebbe ad ogni ingerenza nel “dominio riservato” delle Camere senza attivare prima un conflitto di attribuzioni.

In effetti con la sentenza n. 120 del 2014 la Corte costituzionale si è riservata la possibilità di decidere – se adeguatamente investita mediante lo strumento del conflitto di attribuzioni – quali siano le norme interne alle Camere, in “nesso funzionale” con l’attività parlamentare che possono impedire l’accesso al giudice esterno perché rientrano appieno nell’esaustiva capacità qualificatoria del regolamento parlamentare. La sentenza Amato ha definitivamente sepolto la tesi “geografica”, indicando quella del “nesso funzionale” tra guarentigia ed attività propria delle Camere: una tesi che era stata sostenuta da alcuni disegni di legge della scorsa legislatura, ripresi nella presente dal senatore Buemi ed illustrati da Testa-Gerardi, Parlamento zona franca, Rubbettino, 2013.

Eppure, se su altri ambiti il dubbio è legittimo, è semplicemente inaudito che si debba arrivare al contenzioso costituzionale per accertare se spetti o no alla legge “esterna” disciplinare la rappresentanza di interessi nelle sedi istituzionali. Ci sarebbe da chiedersi a chi giovi una tesi così autolesionista, che crede utile avvolgere Gulliver in una ragnatela: come se, adducendo immotivate resistenze pseudo-istituzionali, si volesse giustificare un passato inerziale, piuttosto che guardare alle prospettive future della modernizzazione politica nel nostro paese.

Seguendo l’accezione “geografica” dell’autodichia, finora la regolamentazione delle lobbies è stata sottratta alla legge, ma soltanto in virtù di un’interpretazione estensiva del tutto impropria: lo dimostra il fatto che gli Stati Uniti d’America disponevano di un Federal Regulation of Lobbying Act già nel 1946 (che Clinton inasprì con il Lobbying and Disclosure Act of 1995), e che Lobbying Act esistono in moltissimi ordinamenti di stampo anglosassone. Persino la “madre di tutti i Parlamenti”, la Camera dei comuni, ha proceduto a disciplinare la materia con legge nel gennaio scorso: la polemica condotta da Ed Milliband contro il testo è stata, semmai, volta a renderne più stringenti le previsioni.

Non è necessario sottolineare i vantaggi che le esigenze di certezza del diritto – prima che delle stesse garanzie dei soggetti coinvolti nel rapporto di lobbying – ricaverebbero dal sottrarre la materia al cono d’ombra nel quale attualmente esse vive, alimentando pratiche ad alto rischio di fraintendimento; ci si limita a richiamare la nozione di “scambio politico” dei nostri elitisti di inizio Novecento, nonché la critica (immortalata da Schumpeter in Capitalismo, socialismo e democrazia) alla nozione rousseauviana della volontà generale, che annega i moventi del rapporto tra ceti dirigenti e classe politica in un’indistinta notte in cui tutte le vacche sono nere.

Piuttosto va considerato quanto sia inefficace rimettere la normazione in materia all’autocrinia delle Camere (invece di coinvolgerle, come sarebbe giusto, solo nella sua applicazione): non soltanto perché si tratta di uno dei termini del rapporto (il che – di tutta evidenza – spiega anche perché sinora il Parlamento abbia scelto la tattica inerziale); soprattutto perchè l’inefficacia riposa nel fatto che ad ogni regolamentazione corrisponde una possibilità di violazione e ad ogni violazione una possibilità di sanzione.

Nella sua propensione al mito esterofilo, la nostra cultura giuridica approccia la questione delle sanzioni parlamentari verso i terzi richiamando la cella in cui, ancora a fine Ottocento, a Westminster era conservato un posto per chi fosse dichiarato in contempt of the House. Già all’epoca la trasposizione dell’istituto della “autodichia geografica” nella nostra realtà aveva avuto riflessi macchiettistici, come dimostrò il suo utilizzo, nell’estate 1943, da parte del generale Cavallero, a palazzo Madama per evitare le retate badogliane (Ferrari Zumbini, Appunti e spunti per una storia del Parlamento come amministrazione. Il Senato, in “Rivista di storia del Diritto italiano”, 1987).

Ma il mito è stato scardinato dalla moderna declinazione a tutto campo del principio del giusto processo: per restare ai precedenti stranieri, lo smantellamento del presupposto immunitario è avvenuto ad opera del Report of joint committee on parliamentary privilege di Lord Nicholls, nella sessione parlamentare inglese 1998-99; proprio il 7 maggio scorso, a Washington, s’è avuta la trasmissione all’Attorney General del fascicolo del funzionario renitente alla testimonianza dinanzi ad una commissione del Congresso statunitense, affinché la giustizia ordinaria faccia il suo corso.

Da noi il giudice Mezzanotte, da relatore nel 1996 della capostipite sentenza n. 379, quei medesimi princìpi invocò, affinché anche nel micro-ordinamento parlamentare avesse ingresso la “grande regola” dello Stato di diritto. Ancora il 19 maggio scorso, al convegno svoltosi a palazzo della Consulta sugli organi costituzionali, s’è adombrato il rischio di una delegittimazione istituzionale se, come ha detto il giudice costituzionale Marta Cartabia, “non si riconduce l’autonomia a sistema”.

E stiamo ancora a farci domande oziose su quale strumento normativo debba disciplinare il lobbying?

La legge, e solo la legge, può imporre prestazioni personali o patrimoniali coattive (articolo 23 Cost.): sottoporsi ad un controllo dei requisiti di abilitazione per entrare nei Palazzi, firmare un registro per accedere in un locale “dedicato”, dichiarare un contributo economico ad un partito o una misura di sostegno elettorale ad un candidato, sono tutte operazioni la cui imposizione comporta una coercizione e la cui violazione comporta una possibilità di sanzione. Bene sarebbe mantenere – nello spirito del diritto penale minimo, che informa la politica legislativa degli Stati moderni – queste sanzioni per lo più a livello meramente amministrativo: ma anche un ritiro di passi, una fideiussione incamerata, una pubblica reprimenda richiedono un giudice a cui far capo, per dolersi di cattive applicazioni della legge.

Sarà un giudice civile, se vogliamo far prevalere l’aspetto di diritto “civile e politico” di cui all’articolo 5 dell’allegato E della legge 20 marzo 1865, n. 2248; sarà un Tar, se vogliamo far prevalere la “giustizia nell’amministrazione” e sottoporre a scrutinio decisioni che sono imputabili ad un soggetto amministrativo investito di pubblici poteri. Ma un giudice esterno dovrà essere. O vogliamo veramente rimettere la concessione e la revoca di queste decisioni, ed altre consimili che coinvolgono soggetti rappresentativi di interessi (anche economici), al bacio della pantofola, nel chiuso degli interna corporis?

Fonte: Mondoperaio

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Lettera aperta sui lobbisti al cittadino Di Maio http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/lettera-aperta-sui-lobbisti-al-cittadino-di-maio/ Mon, 20 Jan 2014 13:53:24 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2094

Gentile Vice Presidente della Camera, cittadino Luigi Di Maio,

Lei vuol cacciare i lobbisti dal Parlamento. E’ una semplificazione, ma da lobbista le dico che forse ha ragione. Condivido quanto lei ha affermato per spiegarsi: “La nostra è una battaglia di trasparenza. Vogliamo dare un nome e un cognome a tutte le persone che avvicinano i parlamentari nelle stanze dove si prendono le decisioni”.

Non mi ritenga insolente se aggiungo che non basta. I lobbisti spesso ne sanno più dei parlamentari, a parte quei parlamentari che fanno i lobbisti, e tutti sanno che quando il Parlamento sceglie in nome di un interesse generale, qualcuno ci guadagna e qualcun altro ci rimette. Per chi fa il lobbista alla luce del sole è diventato più noioso, che dannoso, sentir parlare di lobbying, di assalti alle diligenze e francamente anche di regolamentazione. Quanto ai pasticci che vengono combinati sono soprattutto farina del sacco dei decision makers pubblici che non sentono nessuno e ignorano le conseguenze delle decisioni assunte.

Anche questo governo aveva in programma una regolamentazione della rappresentanza di interessi e non se ne è fatto nulla perché quella “lobby del caos” che è la tecnocrazia  dominante, ha sbarrato il passo al tentativo di rendere davvero obbligatorie interazione e trasparenza. Dal ponte di comando è arrivato l’ “indietro tutta”. A proposito: perché invece di chiedere solo delle chiacchiere personali non chiede al Ministro Di Girolamo che fine ha fatto l’Unità Tecnica per la Trasparenza presso il MIPAAF? L’unico registro dei lobbisti esistente. Vorrà dire che ci regoleremo da soli.

Lei, signor Vice Presidente, ha ragione da vendere quando cerca di saperne di più e di portare trasparenza. Se ci riuscirà, farà l’interesse dei cittadini e dei lobbisti seri. Da quando faccio attività di lobbying (14 anni) non ho mai avuto permessi permanenti, cioè quei cartellini che sono regolati anche da lei attraverso la Presidenza della Camera. Quando qualche cliente ha chiesto di incontrare un parlamentare, per lo più, è avvenuto su appuntamento, non durante i lavori delle Commissioni e spesso presso i gruppi.

Nei giorni scorsi se ci fossero stati on line i provvedimenti in corso di elaborazione e anche i suggerimenti dei lobbisti, ci sarebbe stato meno affollamento nelle salette e si sarebbero fatte meno fesserie. Se i pareri dati alle Commissioni dei due rami del Parlamento, dagli uffici studi fossero pubblici da subito ci saremmo evitati la tarantella della webtax. Per dirne una di cui s’è discusso apertamente.

Gentile cittadino di Maio, il mio grido è più alto del suo: lei vede che piovono da ogni dove provvedimenti accroccati, con coperture dubbie o insistenti. Non è che lasciato da solo il Parlamento ha dimostrato di far meglio quelle tre leggi l’anno che l’Europa  ci obbliga a fare. I presidenti di Commissione favoriscono gli emendamenti che gli piacciono, i gruppi fanno spesso da passacarte. La presenza del Governo in aula, nonostante tutta l’attività sia di origine governativa è scarsa o concertata sulla base dei provvedimenti che interessa seguire. Se un provvedimento interessa i commercialisti (invento naturalmente nda) ci va un Sottosegretario che si occupa o ha rappresentato i commercialisti. Quale diligenza? Parlamento e governo sono spesso autobus fermi dallo sfasciacarrozze.

Lo tsunami che ha visto assemblare decine provvedimenti (non più Omnibus ma Frankenstein)  fa finalmente dire a qualche deputato: fermiamoci. Altrimenti ci vorrà l’esercito per spalare i decreti attuativi. Il segretario del PD ha detto anche che non si fanno le leggi per aprire un dibattito. Magari. Se tutti prendessero un impegno del genere Lei vedrebbe diminuire le pretese. Una sola considerazione politica: per dimezzare il lobbismo improprio, clientelare e relazionale  potreste con un colpo eliminare il Senato e il fenomeno sarebbe almeno circoscritto ad una sola lettura e ad una sola camera. La scelta di concentrarsi su poche questioni poi, se mantenuta, sarebbe una sana dieta depurativa e per chi fa il nostro mestiere, che è ormai di consulenza politica, sarebbe un bel salto di qualità.  Il tutto andrebbe accompagnato da una vegana sottrazione di “ciccia” (funzioni e risorse) allo Stato. Noi faremmo i consulenti politici e non i peripatetici nei corridoi.

Mi scusi la franchezza cittadino Vice Presidente: date meno diligenze da assaltare, cioè meno incentivi, meno gestione di cose improprie, meno intromissioni dello Stato e ci sarà meno da influenzare anche legittimamente. Rendete invece possibile una collaborazione trasparente con i privati sulle tante cose che si possono fare. Spenderete meno per fare di più. Per me potreste dunque eliminare i permessi di sosta selettivi, equivoci e spesso inutili, davanti alle commissioni. A patto che  veniate voi a parlare , dove vi pare, con le aziende, i professionisti, le associazioni, i cittadini. On line, offline mettendoci la faccia e anche in diretta streaming, che la società ha molto da dire e qualcosa da insegnare

Atti immediati? Un registro dei visitatori/lobbisti è un atto amministrativo. Perché non lo fate? Perché non fate applicare anche la norma che prevede un’analisi di impatto regolatorio e l’obbligo di consultazione degli stakeholders?

La saluto rispettosamente

Massimo Micucci

PS: tutti noi lobbisti, più o meno cattivi abbiamo davanti calendari, alert, analisi, profili, iter dei provvedimenti, comparazioni internazionali, pro e contro. Siamo ormai analisti politico-economici e di comunicazione che conoscono il processo di decison making. Fatevi dare una mano. Alla luce del sole.

– Fonte: TheFrontPage.it ]]> Lobbying in Messico, più regole che in Italia http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/lobbying-in-messico-piu-regole-che-in-italia/ Mon, 13 Jan 2014 13:30:56 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2087 Ogni fine anno, in occasione della negoziazione del programma economico e soprattutto del pacchetto di tasse, imposte e tariffe da inserire nel successivo esercizio, la sede della Camera dei Deputati è invasa da un esercito di persone (circa tremila) al di fuori del Congresso.

Una situazione registrata anche in Italia e salita alla ribalta delle cronache soprattutto durante i lavori della “legge di stabilità” 2013, con le denunce da parte dei grillini del Movimento 5 Stelle per la presenza di lobbisti “brutti e cattivi” nelle aule di Montecitorio.

Fernando Dworak, studioso messicano del processo legislativo, definisce i lobbisti come “i vari gruppi di interesse che cercano di influenzare il processo decisionale” e non necessariamente appartenenti al settore privato, perché lo sono anche i tre livelli di governo, i sindacati, le associazioni di imprese e le ONG.  Nora Cariño, che da 15 anni si dedica a questa attività ed è fondatrice della Associazione Nazionale dei Professionisti del Lobbying (PROCAB, Asociación Nacional de Profesionales del Cabildeo A.C.), sottolinea che chi demonizza, lo fa per ignoranza. L’affiliata del Grupo Salinas ha aggiunto che i lobbisti “accumulano fonti di informazione e canali di conoscenze utili a senatori e rappresentanti che votano iniziative e prendono decisioni“.

Lobbying: le origini in Messico

Le prime manifestazioni di questa attività in Messico sono avvenute alla fine della presidenza di Luis Echeverría con la creazione del Consejo Coordinador Empresarial (National Business Council in lingua inglese) nel 1976 e si rafforzarono nella cosiddetta “era delle alleanze” cominciata con Miguel de la Madrid (entrambi esponenti del Partido Revolucionario Institucional, PRI) nel 1988. Tuttavia, il governo di Carlos Salinas de Gortari (sempre del PRI) fu quello che più vi si appoggiò per promuovere la firma del North American Free Trade (NAFTA) con Canada e Stati Uniti. Alcuni emissari portarono avanti l’iniziativa in Campidoglio e alla Casa Bianca, oltre che all’interno del Paese, per cancellare le resistenze di gruppi economici che sostenevano di poterne essere colpiti negativamente.

L’attività di lobbying per il NAFTA destò particolare attenzione da parte dei media americani nei confronti dei “vicini” messicani, che misero in atto la più grande campagna di lobbying mai effettuata prima per entrare nell’accordo commerciale accanto a Canada e Stati Uniti. Secondo il  Center for Public Integrity americano, il Messico spese 25 milioni di dollari per il lobbying negli USA (arrivando a superare le spese di Corea del Sud, Giappone e Kuwait, altri tre Paesi che in passato avevano fatto lobbying presso Congresso e Casa Bianca) tra il 1989 e il 1993, e altri 10 per il voto di ratifica dello stesso accordo[1].

Da quel momento in poi, il Messico ha addirittura avuto società di lobbying regolarmente registrate presso il Congresso americano: tra le istituzioni messicane regolarmente rappresentate a Washington ci sono il presidente Enrique Peña Nieto (PRI), che si affidò alla società di lobbying Chlopak, Leonard, Schechter & Associates; altri partiti politici (come il PAN), l’ambasciata messicana, l’amministrazione della capitale Città del Messico, il dipartimento messicano di Agricoltura ed Economia, la compagnia energetica messicana Pemex e il Mexican Visitors Board [2]. Secondo uno studio del Dipartimento di Giustizia americano [3], nel solo anno 2011 queste istituzioni arrivarono a spendere 2 milioni di dollari in attività di lobbying.

Eppure, l’attività non ebbe un grande picco fino al 1997, quando il PRI perse la sua maggioranza alla Camera dei Deputati. Alcuni ex parlamentari di quel partito videro l’opportunità di un nuovo business e fondarono società composte da avvocati, economisti e politologi. Uno di questi è Gustavo Almaraz Montaño, ex senatore della Baja California, che nel 1996 fondò il Grupo Estrategia Política S.C.. Un altro caso fu Marco Antonio Michel, ex deputato federale nella LVI legislatura, il quale creò la società di consulenza Políticas Públicas y Asesoría Legislativa S.C.. La PROCAB, fondata nel maggio del 2000, comprende attualmente 23 organizzazioni, agenzie e società registrate in aggiunta ad altre 40 imprese che lavorano al di fuori dell’organizzazione.

Queste aziende forniscono diversi tipi di servizi di informazione e di analisi, tra cui il monitoraggio e la mappatura di un cliente specifico nei suoi rapporti con i media o la progettazione di una strategia per posizionare un argomento particolare nell’opinione pubblica e, infine, la realizzazione di una campagna. Costo minimo è di circa 150mila dollari al mese, per arrivare anche ad un milione di dollari per progetto, comprese le attività per promuovere il passaggio, o bloccare qualsiasi progetto di legge, al Congresso, con un team di lavoro ampio fino a 20 persone.

Le prime regole

La prima vera azione condotta per convincere i legislatori ad adottare una regolamentazione delle lobby si registrò poi nel 1998, portata all’attenzione del Governo da parte di funzionari del ministero della Finanza e del Credito Pubblico[4]. Il lobbying cominciò anche ad essere oggetto di studio, come testimonia il libro, scritto nel 2006, di Efrén Elías Galaviz dal titolo “Il lobbying legislativo e la sua regolamentazione” (El cabildeo legislativo y su regulación [5]).

Il 26 ottobre 2005 il deputato del PAN Miguel Angel Toscano riferì che un gruppo di parlamentari federali si recò in Brasile, Ungheria, Madrid e Barcellona, ​​con tutte le spese pagate, su invito delle società British American Tobacco e Philip Morris, per assistere ai Gran Premi di Formula 1. Ciò affinché nel pacchetto fiscale del 2006 non fosse approvata una tassa sulle sigarette. L’accusa scoprì e rese pubblico il tentativo di corruzione nel giugno 2004, quando i rappresentanti di British American Tobacco e Philip Morris firmarono un accordo giudiziario con il governo messicano. Nell’accordo, le imprese si impegnarono a fornire un peso dei loro guadagni per ogni confezione venduta, risorse da destinare al Fondo spese catastrofiche dell’Assicurazione Popolare. In cambio, il governo di Vicente Fox (Partido Acción Nacional, PAN) emise un decreto che rendeva tali contributi deducibili dal pagamento di IVA e dalla tassa speciale sulla produzione e servizi.

Ma non tutte le attività di lobbying comportano alleanze negoziabili. Nora Cariño ricorda un caso: tra il 2009 e il 2010, le organizzazioni della società civile, le associazioni imprenditoriali, la PROFECO (Procuraduría Federal del Consumidor, associazione dei consumatori), la COFETEL (Comisión Federal de Telecomunicaciones) e la CONDUSEF (Comisión Nacional de Defensa de los Usuarios de Servicios Financieros) e le agenzie di lobbying stesse si sono riunite per discutere delle riforme all’articolo 17 della Costituzione. Obiettivo: consentire ai cittadini (e alla società civile in generale) la possibilità di unirsi e presentare delle class action contro gli abusi o le azioni sleali di monopoli, banche o istituzioni finanziarie, frodi di aziende o le leggi che li riguardano.

I Regolamenti parlamentari e l’attività di lobbying

I  primi sforzi effettivi per rendere trasparente questa attività risalgono al 2002. Da allora fino a settembre 2010, sono stati presentati altre 12 iniziative alla Camera e quattro al Senato. In parallelo, entrambe le Camere hanno fatto da parte loro degli sforzi per fornire un quadro giuridico a questa pratica. Il 15 Settembre 2010 è entrato in vigore il regolamento del Senato che la regola negli articoli 298 e 299. Nel gennaio 2011, la Camera Bassa ha ordinato la creazione di un registro pubblico controllato dall’ufficio di presidenza della Camera dei Deputati all’inizio di ogni Legislatura. L’ultimo registro comprende 564 professionisti del lobbying di 81 aziende e gruppi di vario tipo, e 112 persone fisiche. È del giugno 2013 l’ultimo progetto di legge finalizzato a dotare il Messico di una legislazione completa sul lobbying [6] da parte del centro di studi Libertad Y Desarrollo [7].

Dopo lo scandalo che ha coinvolto la società di consulenza PriceWaterhouseCoopers (che offrì i propri servizi per modificare la riforma fiscale) al palazzo San Lázaro (sede del Parlamento) è stato modificato nell’ottobre 2013 il Regolamento Interno, per regolare il lavoro dei lobbisti e proibire ai deputati di ricevere “doni” in natura o in contanti. Viste le critiche, secondo cui tali norme sarebbero insufficienti e che fosse necessaria una legge a carattere più generale, Nora Cariño assicurò che gli atti di disonestà di qualsiasi tipo in cui i lobbisti potessero incorrere fossero già sanzionate dal codice penale. “Il traffico illecito di influenze non è lobbying. Si tratta di un crimine e si caratterizza come corruzione, concussione o estorsione“, sottolineando che, nonostante gli scandali che circondano questa attività, come affermato da Miguel Angel Toscano, “non una sola denuncia è stata presentata presso l’autorità per dimostrare qualunque comportamento illecito“.

Nel continente americano, sei paesi hanno leggi che regolano lobbying: Stati Uniti, Canada, Colombia, Argentina e Perù. Nell’Unione Europea, curiosamente, a parte gli organi di Bruxelles solo otto Stati hanno regole organiche per tale attività: Germania, Austria, Francia, Regno Unito, Polonia, Lettonia, Macedonia, Slovenia, [8].


[1]Mexico’s NAFTA Lobbying Called a Record“: http://articles.latimes.com/1993-05-28/business/fi-40898_1_white-house, Los Angeles Times, 28 maggio 1993.

[2]Mexico’s president-elect hires DC lobbyists”: http://sunlightfoundation.com/blog/2012/07/17/mexicos-president-elect-hires-dc-lobbyists/, Sunlight Foundation, 17 luglio 2012.

[4]Lobbying: más de 200 años de historia sobre el cabildeo”: http://www.adnpolitico.com/congreso/2012/11/03/analisis-la-historia-del-cabildeo-y-regulacion, Adn Politico, 6 novembre 2012.

[8] ¿Y quiénes son y qué hacen los cabilderos?: http://www.vanguardia.com.mx/yquienessonyquehacenloscabilderos-1854629.html, Vanguardia Mexico, 18 ottobre 2013.

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Senato, via libera solo ai lobbisti ex on. http://www.lobbyingitalia.com/2013/03/senato-via-libera-solo-ai-lobbisti-ex-on/ Fri, 01 Mar 2013 15:48:19 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1842 I vecchi parlamentari continuano a muoversi come pesci in acqua. Per tutti gli altri invece l’accesso alle aule che contano sarà rigidamente disciplinato.

Dàgli al lobbista. Il Consiglio di presidenza del Senato ha in quattro e quattr’otto «approvato le linee guida per la redazione di un regolamento interno della rappresentanza d’interessi». Così suona il comunicato ufficiale, riportando la decisione assunta dopo le polemiche collegate alla presenza di alcuni «rappresentanti d’interessi» nei pressi della decima Commissione di palazzo Madama, che stava trattando la conversione in legge del decreto sulle liberalizzazioni.

Lo scopo ufficiale è «disciplinare i rapporti tra senatori e portatori d’istanze della realtà economica, sociale e culturale alla luce dei princìpi del pluralismo e della trasparenza». Sarà redatto un registro, con enti e associazioni che richiedono gli accrediti, indicando le persone fisiche abilitate all’accesso. Verrà poi disciplinata la presenza dei lobbisti nei giorni di seduta dell’Assemblea e delle Commissioni, con sanzioni per «comportamenti ritenuti lesivi del libero esercizio del mandato parlamentare».

Peccato che dalla regolamentazione resteranno esclusi i più potenti, i più penetranti, i più presenti dei lobbisti. Intendiamo alludere agli ex parlamentari. È fatto noto, e ovviamente non redarguibile, che già oggi decine, o meglio centinaia, di parlamentari siano portatori d’interessi di singole categorie, dagli avvocati (senza dubbio il gruppo più rappresentato in Parlamento, e non certo in questa sola legislatura) ai sindacalisti, dai notai ai giornalisti, e via elencando. Indipendentemente dall’attività lavorativa che ciascun parlamentare svolge (o svolgeva prima dell’elezione), ci sono coloro che si assumono il ruolo di rappresentare di fatto una categoria. Il fenomeno è simile alla rappresentanza territoriale, che infatti non di rado raggruppa eletti di partiti contrapposti.

Ebbene, non sono scarse le categorie che scelgono i propri rappresentanti d’interessi fra gli ex parlamentari. Un ex deputato o un ex senatore ha parecchi vantaggi: conosce il palazzo, è in rapporti con gli attuali parlamentari, sa a quali uffici bussare. Soprattutto, rispetto al lobbista quivis de populo, non subisce oggi, e crediamo che ben difficilmente subirà in futuro, alcuna limitazione. Gira senza alcun distintivo (l’accesso gli è consentito, vita natural durante, in entrambe le Camere), nessun commesso può fermarlo, raggiunge quando e come vuole qualsiasi corridoio, stanza o anfratto.

Il lobbista ordinario, quindi, potrà essere schedato (in senso tecnico) e tenuto lontano da aula e commissioni. Il lobbista ex parlamentare non subirà alcuna limitazione. Anzi, la sua qualità di ex gli consentirà di non essere nemmeno reputato quale lobbista. Tutti continueranno ad apostrofarlo come onorevole o come senatore, gli ex colleghi lo tratteranno con il dovuto rispetto, i funzionari non potranno certo opporgli ostacoli. Saranno autentici sottobraccisti, come in questi giorni vengono ricorrentemente apostrofati, perché avvezzi a tenere sotto braccio i parlamentari da quando anche loro erano parlamentari.

Il Consiglio di presidenza del Senato ha pensato bene sia di limitare i benefìci agli ex presidenti, sia di occuparsi dei lobbisti normali. L’Ufficio di presidenza della Camera si occuperà, a propria volta, dei benefìci non solo degli ex presidenti, ma altresì degli ex deputati e, quindi, dei lobbisti ex deputati?

 

Fonte: Marco Bertoncini – ItaliaOggi (scarica l’art. in pdf)

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