sec – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Il mondo segreto delle lobby (Repubblica.it) http://www.lobbyingitalia.com/2015/03/il-mondo-segreto-delle-lobby-repubblica-it/ Mon, 16 Mar 2015 14:02:43 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2723 Negli Usa sono legittimi e radicati nella cultura nazionale, in Italia agiscono nell’ombra e in assenza di regole. Nel racconto di un “insider”, ecco come i gruppi di interesse riescono a influenzare la vita politica del Paese, e, in assenza di norme chiare, rischiano di restringere il diritto di rappresentanza democratica, confondendo il legittimo lavoro dei lobbisti con quello ambiguo dei faccendieri

L’accordo è raggiunto. Il testo è scritto. Il voto in aula è solo una formalità. Poi ecco l’emendamento dell’ultimo minuto, la modifica che non ti aspetti. E la legge passa mentre il coro pronuncia una sola parola: “Lobby”. Lo abbiamo visto nell’ultimo decreto sulle liberalizzazioni: “Vincono le lobby”, “perdono le lobby”, “colpa delle lobby”. Ne è piena la storia recente, almanaccarle tutte un’impresa: le pressioni, indebite o meno, cui sono sottoposi i decisori pubblici rappresentano un capitolo a sé della prassi politica. Aziende di stato sospettate di scrivere interi decreti – il caso Enel, smentito, sul taglio degli incentivi alle energie rinnovabili – multinazionali che finanziano in modo bipartisan, aziende che cercano di influenzare l’iter dei provvedimenti. Ordini professionali con il loro “paladini” tra i parlamentari. E poi tassisti, case farmaceutiche, operatori del gioco d’azzardo.

Una terra di nessuno, quella dei rapporti tra politica e lobby. Di nessuno perché nessuno l’ha mai regolata: in Italia non esiste una legge per questi rapporti. Una zona grigia in cui solo il 20% – i dati sono di una ricerca ancora inedita dell’Università Unitelma Sapienza – delle attività di lobbying è parzialmente in chiaro, riconducibile a determinati soggetti: dalle società di lobbying ai lobbisti in house, i rappresentanti di grandi gruppi economici, pubblici o privati. Il restante 80% è coperto dall’ombra: qui ricostruire l’identità dei lobbisti che l’hanno generata è impossibile se non per macro-categorie: dalle società di comunicazione (circa il 60% del totale dei casi), ai grandi studi legali (il 30%) o da liberi professionisti individuali (il 10%).

Ma come si svolge la giornata di un lobbista? A raccontarlo a Repubblica è Luigi Ferrata, di SEC relazioni pubbliche ed istituzionali, una delle società che opera in chiaro e che chiede al più presto una legge sui gruppi di pressione. Lo incontriamo nel suo studio, centro di Roma. Sommerso da giornali, da monitor accesi sui siti di Camera e Senato, diagrammi e grafici, telefoni che non smettono di squillare, Ferrata racconta: “Il nostro lavoro è legato all’attività del Parlamento e del governo. Durante l’approvazione della Legge di Stabilità c’è molto da fare. E nelle ultime settimane c’è stata grande attenzione sul tema delle liberalizzazioni”. Si inizia raccogliendo informazioni. “Si parte con l’analisi dei provvedimenti presentati. Dopo possiamo contattare un eventuale cliente per proporre un’attività di lobbying. Ovviamente capita anche il contrario: le aziende a cui interessa sottoporre il proprio punto di vista ai parlamentari o ai membri del governo, ci chiamano e ci commissionano il lavoro”.

Alla fine di questa fase è tutto pronto per l’aggancio: si individuano i soggetti che possono influire sul processo decisionale e si parte alla ricerca del contatto. “Attualmente l’approccio migliore, quello più efficace, è durante la discussione nelle Commissioni: ci sono meno persone, i provvedimenti vengono discussi sul serio e c’è maggior interesse a recepire ulteriori informazioni dai soggetti che possono essere coinvolti dall’eventuale legge”. Ma quello parlamentare è solo uno dei piani. Un piano secondario. Perché il reale obiettivo è l’esecutivo. Ancora Ferrata: “Qui ci si muove su due livelli: quello dei dirigenti del ministero e quello dello staff del ministro. Il nostro compito è sollecitare l’interesse, raccontare una storia, suggerire modi possibili per affrontare determinate tematiche”.

“Monitoraggio e competenze, vi spiego come lavora un lobbista”

Eppure, una legge sul lobbying è stata spesso ricercata. Cinquantotto disegni di legge presentati nella storia della Repubblica, quasi uno all’anno: tutti lasciati marcire in attesa di finire nel dimenticatoio. Nelle ultime settimane la Commissione Affari Costituzionali del Senato, guidata da Anna Finocchiaro, sta procedendo all’esame congiunto di ben sei proposte che arrivano da tutte la parti politiche. La volontà è quella di arrivare a un testo unico da portare in aula. Perché oramai la necessità è stringente: stabilire quelle regole in grado di eliminare ogni ambiguità nel rapporto tra chi decide e chi si batte per portare al tavolo delle decisioni interessi determinati e particolari.

L’obiettivo delle proposte di legge è dare un abito giuridico a chi ogni settimana compie il proprio pellegrinaggio nel Transatlantico di Montecitorio e nelle sale d’attese delle aule delle Commissioni Parlamentari. A chi incontra, giorno dopo giorno, decine di deputati, senatori, dirigenti dei ministeri, staff dei capi dei dicasteri. Distinguere, insomma: mettere dei paletti che possano aiutare a tracciare una linea di separazione tra chi offre competenza e chi traffica relazioni. Tra lobbista e faccendiere, appunto. Una legge che servirebbe a fare chiarezza, contribuendo a illuminare un contesto reso ancora più indecifrabile grazie anche all’assenza del vincolo di rendicontazione per le donazioni di privati ai partiti politici: fino a 100 mila euro e per quattro mesi, sempre che il privato acconsenta a rendere pubblico il suo nome.

In definitiva: l’assenza di questa legge è un’eccezione alla trasparenza che non ha simili nel contesto dei paesi democratici. In Europa è prevista l’esistenza di un registro dei lobbisti: gli italiani iscritti, tra persone fisiche e giuridiche, sono oltre 650. Nel nostro Paese niente di simile. L’unico caso a livello nazionale è l’elenco previsto dal ministero dell’Agricoltura: lanciato con il governo Monti con gli ultimi due esecutivi è semplicemente scomparso. E negli ultimi mesi il viceministro Nencini ha messo online l’agenda dei suoi incontri. Un primo passo. Per il resto, solo promesse. L’ultima in ordine di tempo è quella del governo Renzi: nel Def la legge sul lobbying era prevista per giugno del 2014. Otto mesi fa. Perché su questo terreno la politica professa trasparenza ma sceglie di far proliferare l’opacità?

Fonte: Carmine Saviano – Repubblica.it

]]>
Lobby, per società norme necessarie. E sul registro c’è l’ok (PublicPolicy) http://www.lobbyingitalia.com/2015/02/lobby-per-societa-norme-necessarie-e-sul-registro-ce-lok/ Wed, 11 Feb 2015 07:52:44 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2713 I pareri di Ferpi, SEC, Il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia

Regolamentare il settore, in maniera semplice e chiara per ottenere risultati concreti e non solo per aumentare la burocrazia. È un quadro articolato quello sulle lobby che esce dal ciclo di audizioni in commissione Affari costituzionali al Senato sul ddl “Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi particolari nelle relazioni istituzionali” in cui, però, abbondano i punti in comune. Sul registro obbligatorio tutti sono d’accordo (anche se con qualche sfumatura diversa), mentre emerge qualche distanza sulla gestione delle cosiddette ‘revolving door’, cioè il passaggio tra pubblica amministrazione e società di rappresentazione di interessi.

REGISTRO OBBLIGATORIO: OK QUASI UNANIME

Ferpi, Sec, il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia, concordano sull’obbligatorietà del Registro a cui i portatori di interesse devono iscriversi, così come stabilito dal ddl. L’unica sfumatura è quella di Reti, per cui il Registro dovrebbe essere volontario e prevedere meccanismi di premialità. Secondo Sec, invece, per le società di consulenza il Registro dovrebbe essere ancora più ‘stringente’ perchè queste dovrebbero pubblicare anche i nominativi dei clienti per i quali svolgono l’attività e dei relativi compensi. Per il Chiostro, l’iscrizione dovrebbe essere consentita solo a chi rispetta determinati requisiti di onorabilità, mentre per FB dovrebbe essere accompagnato da un codice deontologico da sottoscrivere.

Anche per Open Gate gli iscritti al Registro dovrebbero essere tenuti al rispetto di un codice deontologico di condotta che possa rappresentare una codificazione di quelle best practices che i rappresentanti, ma anche i decisori pubblici, dovranno seguire. Molti rappresentanti hanno poi espresso la necessità che anche le associazioni di categoria, come sindacati, Confindustria o l’Anci, siano comprese, e quindi regolati, come portatori di interessi. Quasi unanime anche la necessità che il Registro sia unico e non diviso per amministrazioni.

INTERVENTO NORMATIVO NECESSARIO

Su un punto tutte le società di lobbying si sono espresse all’unanimità: un intervento normativo è ormai necessario. L’opportunità fornita dal ddl all’esame della commissione è quella di superare un vuoto normativo, si legge nel documento depositato da Reti. “È importante raggiungere una regolamentazione completa ed esaustiva del settore perché una legislazione chiara permette di favorire la trasparenza e ridurre comportamenti opachi che danneggiano la classe politica e i cittadini”, è il punto di vista di Sec. “È opportuno che il disegno di legge valorizzi il ruolo delle società di consulenza come ‘rappresentanti di interessi particolari’ che spesso permettono anche a soggetti che non sono in grado di agire singolarmente, ad esempio perché di piccole dimensioni, di poter presentare direttamente le proprie proposte. Ai fini del ddl è rilevante – spiega ancora il documento – che vengano considerati decisori pubblici non solo parlamentari e relativi staff, ministri e uffici di diretta collaborazione, dirigenti generali dei ministeri, ma anche le Autorità indipendenti e i rappresentanti delle Amministrazioni locali“. Regolare per raggiungere una maggiore trasparenza è un concetto sottolineato da tutte le società. Ferpi e Sec, per esempio, sottolineano il ruolo delle consultazioni per un maggior coinvolgimento trasparente dei portatori di interesse.

REVOLVING DOOR: PROBLEMA RISOLVIBILE

Il tema del passaggio da ruoli di decisori pubblici a quello di portatori di interessi, non è un tema trattato dal ddl 281, ma è comunque uno degli argomenti sensibili per regolare il settore delle lobby. Per Ferpi è “necessario limitare il fenomeno delle ‘revolving doors’ per garantire trasparenza e parità di accesso e limitare viceversa i casi di concorrenza sleale”. Il Chiostro propone una finestra di 2-4 anni prima del passaggio da un ruolo pubblico a quello di lobby, mentre per Ogi sono sufficienti due anni. C’è poi chi, come Reti, non ritiene quello delle ‘revolving door’ un problema, ma un tema da affrontare, e risolvere, in chiave di conflitto di interessi.

È LA VOLTA BUONA?

I senatori hanno dimostrato molti interesse ai rilievi mossi dalle associazioni e dalle società, riferiscono alcuni partecipanti all’audizione. “Servono norme semplici, efficaci e durature”, sottolinea Patrizia Rutigliano, presidente Ferpi. “Abbiamo espresso questi concetti e i senatori li hanno fatti propri dimostrando la volontà di proseguire il lavoro intrapreso”, aggiunge.

]]>
Political intelligence o insider trading? http://www.lobbyingitalia.com/2013/07/political-intelligence-o-insider-trading/ Tue, 23 Jul 2013 07:19:30 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1730 (Luigi Ferrata) In uno scenario politico sempre più complesso, caratterizzato da un impatto crescente della regolazione sul business, l’attività di political intelligence sta acquisendo un ruolo sempre più importante anche in Italia.

Per le aziende e tutti i soggetti che intendono sviluppare una qualsiasi attività economica diventa fondamentale comprendere gli scenari, non solo economici, ma soprattutto politici, legati all’ambiente in cui operano. Per comprenderne l’importanza è sufficiente pensare all’impatto che può avere sulle strategie di sviluppo di un qualunque portatore d’interesse un qualsiasi accadimento politico.

Alcuni esempi possono facilitare la comprensione: si pensi agli effetti della caduta del governo sullo spread o ancora agli effetti sui valori azionari del settore automobilistico provocati da un’ipotetica decisione governativa relativa alla concessione di incentivi per la rottamazione: per gli operatori del mercato dei capitali, capire ed essere in grado di anticipare, metabolizzandoli, gli avvenimenti futuri comporta un determinante vantaggio competitivo.

Dare una definizione di political intelligence è molto complesso e non esiste un’interpretazione univoca. In sostanza si tratta di un’attività, vecchia come la politica, volta a comprenderne e a interpretarne le dinamiche fornendo informazioni agli investitori per aiutarli a prendere le loro decisioni strategiche.

Chi svolge tale attività raccoglie informazioni attraverso ricerche, analisi e incontri sfruttando un solido network relazionale e una profonda conoscenza dell’ambiente politico, sia focalizzandosi su scenari di tipo macro, sia insistendo su dettagli relativi a una specifica politica in corso di approvazione.

Infine a differenza del lobbying non punta a intervenire sui processi decisionali ma si concentra esclusivamente sulla raccolta e l’interpretazione di informazioni, che vengono trasferite agli interessati.

Non esistono dati precisi sui fatturati, tuttavia negli Stati Uniti stanno nascendo molte società specializzate, a dimostrazione del fatto che si tratta di un business molto profittevole che impiega molti ex membri degli staff del governo e del Congresso.

Lo sviluppo del settore potrebbe essere legato soprattutto a una crescente domanda da parte degli operatori del mercato finanziario, come gli hedge fund, per cui il timing di accesso all’informazione costituisce il fattore di successo in un momento in cui l’impatto della regolazione sul business, probabilmente anche a causa della crisi finanziaria, diventa sempre più pervasivo. Secondo un istituto di ricerca indipendente, l’Integrity Reseach Associates il mercato globale potrebbe valere circa 400 milioni di dollari divisi tra circa 300 società specializzate.

Negli Usa, dove appunto la political intelligence si è sviluppata maggiormente, sono emerse con forza alcune problematiche, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con gli operatori di Wall Street. In particolare la Sec (Securities Exchange Commission) ha aperto pochi mesi fa una complessa indagine, a cui la stampa americana ha dato ampio spazio, in relazione all’andamento anomalo dei titoli di alcune assicurazioni private, poco prima che il governo annunciasse una revisione delle politiche sulle assicurazioni sanitarie.

La Sec sta investigando alcune società di Washington, che in un alert del 1° aprile 2013 avrebbero fornito informazioni dettagliate ai loro clienti di Wall Street circa le intenzioni del governo, provocando un aumento delle negoziazioni dei titoli delle aziende coinvolte dalla decisione del governo nei minuti prima della chiusura del mercato, per un ammontare pari a circa dieci volte rispetto alla media delle due settimane precedenti, realizzando profitti importanti.

Il sospetto della SEC è che i report delle società di political intelligence sarebbero il frutto di fughe di notizie, prima che queste fossero annunciate ufficialmente, da parte di esponenti dell’amministrazione.

Il governo americano, soprattutto a guida Obama, è molto sensibile al tema, tanto da aver approvato poco più di un anno fa lo Stock Act (Stop Trading on Congressional Knowledge Act). Tale normativa di fatto estende la legislazione sull’insider trading, già prevista anche per gli operatori finanziari, a tutti i membri del Congresso, ai loro assistenti ed tutti i funzionari pubblici, che diventerebbero pertanto responsabili davanti alla legge per avere violato “confidenzialità e fiducia” in riferimento alla diffusione di informazioni in grado di alterare i valori dei titoli sui mercati finanziari.

Tuttavia la difficoltà di definire la political intelligence impedisce anche l’individuazione di regole chiare per un settore il cui unico focus è la raccolta di informazioni. Come si vede il tema è molto complesso perché se da un lato va tutelata l’esigenza del mondo del business ad avere accesso ai decisori sui temi di interesse, dall’altro vanno evitate le distorsioni del mercato che possono provocare dei vantaggi indebiti, grazie all’utilizzo di informazioni privilegiate che può verosimilmente sfociare nel reato di insider trading.

L’inasprimento della legislazione sull’insider trading è assolutamente dovuta e meritoria, tuttavia non è sufficiente ad impedire fughe di notizie ed abusi. In un sistema in cui il processo decisionale coinvolge un numero rilevante di figure, tra legislatori, regolatori staff, collaboratori ed esperti vari, la sanzione non basta ad impedire possibili infrazioni. L’idea di poter chiudere i soggetti coinvolti nella decisione in una sorta di “torre d’avorio” impermeabile ad ogni comunicazione con l’esterno è velleitaria e realizzabile solo in astratto.

Sarebbe sbagliato oltre che dannoso ai fini dell’efficacia della nuova norma, evitare incontri e scambi di opinioni con i soggetti che da quella norma sono in qualche modo toccati, anche se d’altro canto è evidente che chi incontra i decisori potrebbe al tempo stesso trarre un beneficio dalle informazioni ricevute nel corso delle varie consultazioni.

Inoltre data la difficoltà di definire cosa sia la politica intelligence, risulta molto difficile applicare un reato di insider trading, tanto più se le società in causa non traggono un vantaggio diretto, movimentando il mercato sulla base delle informazioni che hanno ricevuto, ma si occupano solo di trasferire un’anticipazione a chi invece sul mercato opera come core business.

È opportuno anche considerare che a differenza dell’insider trading, che spesso è focalizzato sull’utilizzo di informazioni riservate, relative ad una singola azienda, la political intelligence di solito tratta notizie che hanno un impatto su un più grande numero di soggetti, come ad esempio informative sull’andamento dei tassi di interesse, in cui informazioni riservate sono combinate ed interpretate insieme ad altre di dominio pubblico.

Quindi, data la difficoltà di individuare la rilevanza penale di alcuni comportamenti, sarebbe molto più utile agire a monte, sulle modalità con cui viene svolto lo stesso processo decisionale, in modo da renderlo il più trasparente possibile, coinvolgendo tutti gli stakeholder in incontri ed audizioni. Ma soprattutto imponendo uno sforzo aggiuntivo al legislatore, che dovrebbe aggiornare ed informare il pubblico, quasi “in diretta” sulla sua decisione e sulle ragioni ed i motivi che lo stanno portando a fare una scelta piuttosto che un’altra, evidenziando anche le tempistiche di attuazione. Un grande aiuto in questa direzione potrebbe essere fornito dall’utilizzo di internet e dalle nuove tecnologie di comunicazione.

In questo modo, “liberalizzando” il mercato delle decisioni politiche, esisterebbero meno informazioni privilegiate e quindi diminuirebbero gli spazi per distorsioni della concorrenza a vantaggio di pochi, esaltando il valore dell’interpretazione e dell’analisi al posto dell’indiscrezione e togliendo dall’ambiguità un servizio che è di grande valore per chi opera con strumenti finanziari.

 

Fonte: Huffington Post

]]>
Sec si compra Cambre SA e fa lobbying in Europa http://www.lobbyingitalia.com/2013/06/sec-si-compra-cambre-sa-e-fa-lobbying-in-europa/ Mon, 17 Jun 2013 11:31:18 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1602 SEC Relazioni Pubbliche e Istituzionali (fondata nel 1989 da Fiorenzo Tagliabue e oggi ai vertici del mercato italiano nella consulenza per la comunicazione d’impresa) ha sottoscritto giovedì 13 giugno 2013 un accordo per l’acquisizione del 60% del capitale sociale di Cambre SA, società indipendente con sede a Bruxelles e specializzata nella consulenza e nelle attività di lobbying e public affairs. Advisor dell’operazione lo studio Triberti, Colombo & Associati.

Fondata nel 2003 da Tom Parker e Aart van Iterson, entrambi con oltre quindici anni di esperienza nel campo delle relazioni istituzionali e della comunicazione per imprese, associazioni, enti e istituzioni europei e internazionali, Cambre (3,3 milioni euro di fatturato nel 2012) si colloca tra le principali realtà del settore nel vecchio continente.

Grazie a questa acquisizione, SEC Relazioni Pubbliche e Istituzionali (12 milioni di Euro di fatturato nel consolidato 2012 in Italia e oltre 100 professionisti tra la sede principale di Milano e le sedi di Udine, Treviso, Torino, Parma, Roma, Bari e Messina) avvia con decisione una presenza diretta in Europa. L’accordo, inoltre, consente a SEC di completare la propria offerta integrata di servizi di consulenza di comunicazione in un’ottica di supporto alle attività di lobbying delle imprese italiane nei confronti dell’Unione Europea (Commissione e Parlamento).

A seguito dell’accordo, Fiorenzo Tagliabue assume la carica di Presidente di Cambre SA, mentre i fondatori Tom Parker e Aart van Iterson mantengono la carica di Amministratori Delegati e continueranno ad avere la responsabilità della gestione operativa della società che conta un organico di 25 professionisti di 11 nazionalità diverse.

L’intesa raggiunta – sottolinea Fiorenzo Tagliabue – corona un percorso di collaborazione avviato in passato con Cambre che ha permesso a SEC di verificare la qualità del lavoro professionale di Tom Parker e Aart van Iterson che siamo orgogliosi di annoverare tra i nostri colleghi; inoltre rappresenta il primo passo di una strategia di internazionalizzazione che intende trasformare il gruppo SEC in cinque anni in un player a livello europeo”.

Tom Parker e Aart van Iterson dal canto loro, dichiarano la propria soddisfazione per avere raggiunto questo accordo con SEC:  “Non solo Cambre e i suoi clienti trarranno beneficio dal fatto di avere un partner come SEC in Italia, ma crediamo che questo accordo ci permetterà di sviluppare ancora di più il nostro business; inoltre, non vediamo l’ora di essere al centro del progetto di SEC di diventare un player di primo piano del mercato europeo”.

]]>
Consob Usa: attività frenata dal lobbying degli ex dipendenti http://www.lobbyingitalia.com/2013/02/consob-usa-attivita-frenata-dal-lobbying-degli-ex-dipendenti/ Mon, 18 Feb 2013 12:03:23 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1631 Il paradosso delle porte girevoli di Wall Street che vede gli ex funionari della Sec, l’autorità americana di vigilanza sui mercati, arruolati nelle fila della grandi corporation finanziarie con l’obiettivo di favorirne gli interessi nei conflitti con la stessa authority

Gli americani parlano di “revolving door”, il fenomeno della porta girevole. Flusso costante, a volte di interscambio, tra il mondo dei controllati e quello dei controllori. Tutto legittimo, d’accordo, ma non per questo privo di conseguenze. Specialmente quando di mezzo ci sono la Securities and Exchange Commission (Sec), la vigilanza di Borsa americana, e il mondo di Wall Street, endemicamente allergico alle strette regolamentari o alle indagini troppo approfondite. Da anni, sottolinea uno studio del Project On Government Oversight (POGO, un’organizzazione indipendente di Washington), ex impiegati della Sec vengono arruolati nelle fila della grandi corporation finanziarie con l’obiettivo di favorirne gli interessi nei conflitti con la stessa autorità regolamentare. E il risultato, manco a dirlo, è un indebolimento dell’efficacia della stessa authority.

Una volta abbandonata la Sec, i funzionari che trovano impiego a Wall Street rappresentano una risorsa fondamentale per le società finanziarie. È grazie alla loro esperienza, infatti, che gli ex funzionari possono affiancare le major nel “tentare di influenzare le riforme regolamentari, contrastare le indagini sui presunti illeciti, attenuare i provvedimenti dell’authority, bloccare le proposte degli azionisti e ottenere esenzioni in deroga alla legge federale”. Il regolamento della Sec impone agli ex dipendenti di comunicare la loro intenzione di rappresentare un cliente privato: dal 2001 al 2010, sostengono i ricercatori, si sarebbero contate quasi duemila comunicazioni del genere. Un dato che non riesce da solo a identificare la dimensione del fenomeno, visto che l’obbligo di comunicazione, a norma di legge, vale solo per i primi due anni dopo le dimissioni dalla Sec.

Nell’agosto del 2012, la numero uno dell’agenzia Mary L. Schapiro si è vista costretta ad alzare bandiera bianca nel suo tentativo di regolamentare il settore dei money market funds, un segmento di mercato da 2.700 miliardi di dollari. A bloccare il piano di riforma è stata l’opposizione di 3 dei 5 commissari dell’authority, convinti dalla paziente opera di lobbismo di Wall Street. L’aspetto interessante, nota il rapporto, è che “molte delle persone che avevano esercitato pressioni a sostegno degli investitori avevano una caratteristica in comune: avevano lavorato in passato per la Sec per poi passare attraverso la porta girevole ed unirsi all’industria finanziaria”.

Già nel 2010, il Center for Responsive Politics (Crp), un’organizzazione indipendente di Washington che da oltre 25 anni monitora le attività dei gruppi di lobbying, aveva lanciato l’allarme. Osservando i dati disponibili, si scoprì infatti che su circa 500 dipendenti federali che si erano dimessi all’epoca dalle agenzie di controllo, 148 si erano registrati come lobbisti. L’analisi sul caso Sec presentata dal Pogo va però oltre, evidenziando nelle pagine della relazione la ricaduta del fenomeno sull’efficacia stessa del ruolo dell’agenzia di controllo. “Il movimento delle persone da e verso l’industria finanziaria (…) – sottolinea il rapporto – ha il potere di influenzare la cultura e i valori dell’agenzia. Un aspetto importante visto che la Sec ha il potere di incidere sugli investitori, i mercati finanziari e l’economia”.

 

Fonte: Il Fatto

]]>