reti – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 21 Jun 2016 21:06:52 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.4 #OpenLobby, quando lobbying vuol dire trasparenza http://www.lobbyingitalia.com/2016/05/openlobby-trasparenza/ Tue, 24 May 2016 16:31:45 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3332 Riceviamo e pubblichiamo con piacere l’iniziativa di Running

Da Bruxelles a Washington l’attività dei lobbisti è normata e trasparente mentre in Italia la parola lobby continua ad avere un’accezione negativa. Ecco perché Reti apre agli studenti e ai giornalisti le sue stanze, sarà possibile comprendere come lavorano i professionisti del settore

Si scrive #OpenLobby, si legge trasparenza. Per la prima volta una società di lobbying apre le sue porte per dimostrare che il lobbista non è un mestiere oscuro.

Venite a conoscerci” afferma Giusi Gallotto, 36 anni, amministratore unico di Reti, “C’è una generazione nuova di lobbisti e comunicatori pubblici che aspira ad avere più trasparenza e riconoscimento. Far emergere gli interessi alla luce del sole serve a rendere i cittadini informati e la politica più consapevole delle sua responsabilità”.

Per questo motivo giovedì 26 maggio il personale di Reti e Running Academy (una media di 35 anni, ed il 50% di donne) accoglierà studenti universitari e giornalisti nella sede in via degli Scialoja 18 a Roma.

I partecipanti avranno l’opportunità di “vivere” la giornata tipo del lobbista all’interno delle “stanze” di una delle maggiori aziende di public affairs in Italia, di scoprire quali sono le tecniche per costruire un network di relazioni, di comprendere come si fa monitoraggio delle istituzioni e come si interviene, in piena trasparenza, sui processi decisionali.

#OpenLobby è un appuntamento formativo ed informativo per apprendere dai consulenti di Reti come si rappresentano gli interessi delle aziende italiane e internazionali che operano in Italia e nell’Unione Europea.

]]>
Lobby, gli scandali non smuovono il governo (Il Fatto Quotidiano) http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/lobby-gli-scandali-non-smuovono-il-governo-il-fatto-quotidiano/ Thu, 21 Apr 2016 07:52:35 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3301 In 40 anni 58 proposte di legge. Mai approvate. Norma attesa dal 1976, nonostante le polemiche e gli annunci. Per non parlare degli scandali. Come “Tempa Rossa”. Il ddl che dovrebbe regolamentare l’attività dei portatori di interessi è bloccato al Senato. Malgrado gli annunci e le promesse di illustri esponenti del governo. A cominciare dai ministri Boschi e Orlando. “Non presenteremo un nostro provvedimento”, assicura il sottosegretario alle Riforme Pizzetti. Che annuncia l’utilizzo da parte dell’esecutivo del testo degli ex M5s Orellana e Battista

Tutti la vogliono. Almeno a parole. A cominciare dal ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi (“Serve arrivare ad avere un provvedimento del genere”) e dal Guardasigilli Andrea Orlando (“È uno strumento contro la corruzione”). Per non parlare del governatore della Puglia, Michele Emiliano, che ne ha ribadito la necessità un minuto dopo aver appreso della sconfitta al referendum sulle trivelle. Ma poi, nei fatti, siamo sempre fermi al punto di partenza. E così nonostante i ripetuti scandali, ultimo in ordine di tempo quello che ha coinvolto l’ormai ex ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi e il compagno Gianluca Gemelli, in Italia la legge sulle lobby resta un vero e proprio miraggio. Nonostante la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, più di un anno fa, abbia scelto e adottato come testo base tra i 18 depositati, il disegno di legge presentato dai senatori ex Movimento 5 Stelle Lorenzo Battista e Luis Alberto Orellana. Ddl poi ripresentato a Montecitorio dalla deputata di Scelta civica Adriana Galgano. Ma senza successo. Risultati, infatti, zero. Con tanti saluti alla sbandierata trasparenza.

TESTO A TESTO – Ma cosa intende fare a questo punto il governo di Matteo Renzi? Nei giorni scorsi erano trapelate indiscrezioni relative alla possibilità, da parte dello stesso esecutivo, di elaborare un nuovo testo che bypassasse quello del duo Orellana-Battista. Ipotesi adesso smentita dal sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti (Pd). “La nostra intenzione è quella di ripartire proprio dal ddl dei due senatori ex M5S – spiega contattato da ilfattoquotidiano.it –. Valuteremo se presentare degli emendamenti, ma non disporremo un nuovo testo. Il termine per la presentazione dei testi di modifica è stato posticipato a giovedì 21 aprile dopodiché, una volta terminata la discussione dei provvedimenti in calendario, primo fra tutti quello sul conflitto di interessi, verrà avviato l’esame del testo”, conclude. Staremo a vedere. La cosa certa, al momento, è che la questione si trascina ormai da troppo tempo. “Il prossimo 15 giugno festeggeremo il quarantesimo anniversario della presentazione del primo disegno di legge sulle lobby: dal 1976 ad oggi ne sono stati depositati cinquantotto, tutti rimasti lettera morta”, dice Pier Luigi Petrillo, docente di Teoria e tecniche del lobbying all’Università Luiss di Roma e uno dei massimi esperti della materia. “Il perché di questo ritardo? Alla politica conviene avere un paravento dietro il quale nascondersi per non assumersi la responsabilità delle proprie decisioni – risponde –. In termini di comunicazione è molto più efficace scaricare sulle lobby colpe che invece sono tutte ascrivibili alla classe politica, che da sempre agisce assecondando interessi di parte spesso sgraditi al proprio elettorato”.

LOBBISTI AL TRAGUARDO – Con un ulteriore paradosso. Rappresentato dal fatto che sono le stesse società che fanno lobbying ‘alla luce del sole’ (da Open Gate a Utopia Lab, da Comin&Partners a Reti e Il Chiostro) a chiedere l’intervento del governo per regolamentare il settore. Addirittura con decretazione d’urgenza. Senza dimenticare la campagna #occhiaperti lanciata dalla comunità digitale Riparte il futuro, uno dei principali soggetti animatori di Foia4Italy. “La verità – aggiunge Petrillo – è che già domani mattina lo stesso Renzi potrebbe dare il buon esempio: basterebbe un decreto a sua firma per obbligare tutti i ministri a rendere pubblici gli incontri con i portatori di interessi. In questo modo, come in tutte le moderne democrazie, i cittadini potrebbero monitorare l’attività dei propri governanti”. Finora l’unico esponente del governo che mette online i suoi appuntamenti è il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, che ha proposto l’adozione di un codice di autoregolamentazione valido per tutti i decisori pubblici (leggere l’articolo di Peter Gomez). “Ma quello del segretario del Psi è un caso isolato – ricorda il docente –. E gli altri? Mi auguro che il Parlamento abbia tempo e modo di chiudere al più presto la partita. È positiva la decisione del governo di non ripartire daccapo, però bisogna fare in modo che questa volta si arrivi al traguardo. Altrimenti si tratterà solo dell’ennesima occasione sprecata”.

INTERESSI ALLE STELLE – Altro problema aperto. E di quelli scandalosi. Che in parte spiega le resistenze di Camera e Senato a discutere e approvare una legge sulle lobby. “Molti ex parlamentari svolgono attività di lobbying in modo irregolare – rivela Petrillo –. Anche in questo caso, il legislatore dovrebbe intervenire per vietare ogni attività di intermediazione fra gli ex deputati e senatori e gli attuali eletti. Un aspetto che però nessuno dei diciotto disegni di legge depositati nell’attuale legislatura a Palazzo Madama ha tenuto in considerazione”, conclude il docente della Luiss. Nel frattempo, in attesa di una norma che regoli definitivamente l’attività dei portatori di interesse, bisognerà accontentarsi del nuovo codice etico previsto per i deputati e curato dal presidente del Gruppo Misto, Pino Pisicchio. Una prima parte (riguardante fra le altre cose il conflitto di interessi) è già stata approvata. La seconda, dal titolo emblematico – “Ipotesi di regolamentazione dell’attività di lobbying da parte della Camera dei deputati” – dovrebbe essere ratificata entro il prossimo 26 aprile. L’attuale impostazione non piace però al Movimento 5 Stelle. “Abbiamo presentato degli emendamenti affinché gli incontri fra lobbisti e deputati vengano certificati anche fuori dal Palazzo – dice il deputato Danilo Toninelli –. Prevedendo sanzioni sia nei confronti dei lobbisti, che arrivano fino alla cancellazione dall’apposito registro, sia degli eletti, con pene pecuniarie e sospensione dai lavori dell’Aula”. Il tutto nell’attesa di una proposta di legge organica sulle lobby targata M5S.

Giorgio Velardi, Il Fatto Quotidiano

]]>
La giungla delle lobby. Settant’anni buttati senza fare una legge (Il Giornale) http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/la-giungla-delle-lobby-settantanni-buttati-senza-fare-una-legge-il-giornale/ Wed, 20 Apr 2016 16:08:29 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3298 Il caso Guidi fa riesplodere la polemica sui faccendieri in Parlamento. È dal 1948 che la politica prova a regolarne l’attività. Inutilmente

Lobbisti senza legge. Il tentativo di cavalcare il «caso Guidi» per rafforzare la partecipazione referendaria è fallito. Il problema della regolamentazione delle lobby resta, però, di scottante attualità. L’ultimo «invito» a fare presto arriva in queste ore da «Riparte il futuro», uno dei principali soggetti animatori della piattaforma che punta a un Freedom of information act italiano e ad applicare il massimo della trasparenza anche al grande mercato delle influenze. «Visto il recente scandalo che ha toccato il ministro dello Sviluppo economico» evidenzia Federico Anghelè «il tema della rappresentanza degli interessi dovrebbe balzare in cima all’agenda politica. E invece il testo base sulla regolamentazione dell’attività di lobbying proposto dal senatore Orellana è ancora fermo in Commissione Affari Costituzionali e il termine per gli emendamenti viene continuamente posticipato». La richiesta di avere una legge sui lobbisti viene sollevata dall’inizio della Prima Repubblica. L’obiettivo è sempre lo stesso: individuare chiaramente chi sono, a chi si rivolgono, con quali mezzi cercano di influenzare la politica e quali sono i loro obiettivi. «L’opacità minaccia la qualità delle nostre leggi e favorisce fenomeni di corruzione e conflitti d’interessi». Per questo, spiegano, bisogna scuotere il governo e puntare a un intervento organico.

Qualcosa di recente si è mosso a Montecitorio. La Giunta per il regolamento ha approvato la proposta di Pino Pisicchio, un codice etico meritorio che però si applica ovviamente solo alla Camera e non a tutte le istituzioni sulle quali la pressione dei lobbisti può essere esercitata (Senato, governo, ministeri, autorità indipendenti, regioni). La novità principale è il «registro dei soggetti che svolgono attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati», pubblicato sul sito Internet della Camera.

L’aspetto particolare e paradossale è che sono gli stessi lobbisti a spingere per una seria regolamentazione del loro lavoro. «Veniamo periodicamente convocati in audizione in Parlamento» spiega Andrea Morbelli di Open Gate Italia. «Spieghiamo sempre la stessa cosa, ovvero che è fondamentale registrare tutti i portatori di interessi, dalle associazioni di categoria ai sindacati fino alle Onlus. Tutti devono essere censiti. Sono queste le regole che vengono adottate nel resto del mondo. Basta con l’amico del giaguaro e con le figure borderline. Bisogna distinguere tra il faccendiere, quello che vanta o millanta amicizia all’insegna dell’«a Fra’ che te serve» e il lobbista che presenta studi e analisi per dialogare con le istituzioni essendo credibile come consulente strategico. Il paradosso è che ci siamo potuti registrare al Parlamento europeo, ma non in Italia».

Sul tema, nell’attuale legislatura, sono stati presentati 18 progetti di legge. Dal 1948 al 2012, dalla I alla XVI legislatura, i disegni di legge in materia sono stati ben 51. Nessuno di questi è stato mai approvato e solo 6 sono stati esaminati dalle Commissioni competenti ma mai discussi in Assemblea. Molti movimenti si battono per la costituzione di un registro pubblico dei lobbisti e c’è anche chi chiede una agenda pubblica degli incontri tra politici e lobbisti dove ognuna delle parti sia vincolata a comunicare i dati relativi agli incontri svolti e i temi in discussione. Al Senato si riflette anche su come rendere pubblici gli emendamenti presentati in Commissione.

I lobbisti – le società principali oltre Open Gate, sono Cattaneo & Zanetto, Reti, FB & Associati, Comin & Partners e Utopialab – non nascondono il sospetto che l’apparente impossibilità del legislatore di uscire da questa zona grigia serva a tutelare interessi consolidati. L’idea di fondo è che si voglia considerare legittimo e riconosciuto solo chi viene dal passato, sindacati in primis. Rifiutando di accettare che il piccolo mondo antico del Novecento è finito e il mondo della rappresentanza è definitivamente cambiato.

Fabrizio De Feo, Il Giornale

]]>
La rivolta dei lobbisti: «Non siamo criminali» [Il Giornale] http://www.lobbyingitalia.com/2015/11/la-rivolta-dei-lobbisti-non-siamo-criminali-il-giornale/ Mon, 09 Nov 2015 08:03:10 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3026 In USA sono autorevoli e legittimati, da noi messi alla gogna. Ecco chi sono.

Esplode il caso Vatileaks e il giorno dopo sui giornali spuntano questi titoloni: «Francesca Chaoqui, la lobbista protetta tra feste con i vip e sfide ai potenti» (il Messaggero). E ancora: «Il prete e la lobbista, la strana coppia» (Il Fatto Quotidiano). A Roma i lobbisti, quelli veri, saltano sulle sedie.

«Mia nonna, classe 1925, che ancora legge i giornali mi ha detto preoccupata: ma tu fai quel lavoro lì? Allora è pericoloso. Si può essere arrestati?», ci dice al telefono Franco Spicciariello, fra i soci fondatori di Open Gate Italia, società romana specializzata in attività di public affairs, regolamentazione e comunicazione strategica. «Noi lobbisti di professione passiamo ore a esaminare testi di legge, bozze, emendamenti e tabelle per valutarne l’impatto economico, industriale e sociale per poi spiegarlo a chi rappresentiamo prima e alle istituzioni poi, cercando di evitare o risolvere problemi, di contribuire alla qualità della legislazione. E siamo professionisti che devono presentare le informazioni sempre in maniera reale e veritiera, altrimenti perdiamo credibilità e accesso, senza cui non potremmo più lavorare». I principali interlocutori? «Politici a tutti i livelli, assistenti parlamentari, capi di Gabinetto, eccetera. Inoltre, siamo i primi a chiedere di avere regole chiare affinché il nostro ruolo, legittimo e operato nell’assoluta trasparenza, non venga più confuso con quello ambiguo dei faccendieri».

Spiegare il lavoro di un lobbista, del resto, non è semplice. «Sono tecnici esperti, capaci di spiegare questioni complesse in maniera chiara e interessante», scrisse J. F. Kennedy sul NY Times nel 1956. Stando alla definizione che ne dà il mondo anglosassone, il lobbista è chi cura gli interessi di terzi nei confronti del decisore pubblico. Si definisce invece public affairs l’insieme di attività – dal monitoraggio alle relazioni pubbliche – che possono anche essere supporto all’attività di lobbying. Le PR invece rispondono ad un’esigenza più generale di far conoscere un servizio, un prodotto o un personaggio attraverso i media o diverse attività di relazione e comunicazione.

Ma qui siamo in Italia, mica in America dove la lobby è legittima, regolamentata e radicata nella cultura nazionale. Nel nostro Paese invece le regole ancora mancano e le revolving doors fra grandi aziende e politica continuano a girare pericolosamente: un funzionario del ministero o di un’Autorità può finire a fare il manager o il consulente in una grande azienda il cui mercato di interesse ha contribuito a regolare e viceversa. Mentre all’estero devono passare anche anni prima di fare il salto da una barricata all’altra.

Da noi è ancora tutto fermo: ad aprile la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama ha infatti adottato il ddl degli ex Movimento 5 Stelle Luis Alberto Orellana e Lorenzo Battista come testo base per disciplinare il fenomeno. Una proposta che prevede, fra le altre cose, l’istituzione di un “Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi” presso il segretariato generale della presidenza del Consiglio, più quella di un «Registro pubblico» al quale non potranno iscriversi i condannati in via definitiva per reati contro lo Stato e la pubblica amministrazione. Nulla si è poi mosso, anche perché il Governo non sembra interessato, nonostante gli annunci del passato.

Ma chi sono i lobbisti italiani più influenti oggi? Facendo un rapido sondaggio nei palazzi romani salta subito fuori un elenco di nomi. Da Francesco Delzio di Autostrade, a Franco Brescia per Telecom (di nota osservanza dalemiana, venne portato in Telecom dall’avvocato Guido Rossi, che lo aveva già chiamato a sé durante il commissariamento FIGC post Calciopoli) e Massimo Angelini direttore Public Relations di Wind, da Pasquale Salzano in quota Eni all’ex deputato di Forza Italia Chiara Moroni in Bristol-Myers Squibb nel farmaceutico, passando per Stefano Lucchini, responsabile della direzione centrale International and Regulatory Affairs di Intesa Sanpaolo.

Altre fonti «quotano» Paolo Bruschi per Poste Italiane, Stefano Genovese per Unipol e sempre sul fronte delle compagnie assicurative Simone Bemporad, direttore comunicazione e relazioni esterne del gruppo Generali. Poi ci sono le società di consulenza come Open Gate Italia, molto presente sul tema banda larga e ICT con l’ex capo delle strategie di Wind Laura Rovizzi, o la più “comunicativa” Reti dell’ex consigliere di D’Alema, Claudio Velardi, fino a Comin & Partners di Gianluca Comin. Altri nomi storici sono quelli di Giuliano Frosini per Lottomatica (ora Gtech) o Fabio Bistoncini di FB & Associati che ha pure scritto un libro («Vent’anni da sporco lobbista») ed è stato il primo in Italia a fondare una società di lobbying occupandosi soprattutto di diritto d’autore.

E le multinazionali? C’è Microsoft, dove Pier Luigi Dal Pino, scuola Procter & Gamble, da 15 anni naviga l’industria dell’ICT per conto di Bill Gates ed è diventato un riferimento per tutte le new entry del settore, mentre nel tabacco si scontrano Alessandro Poggiali di Philip Morris, Valerio Forconi di Imperial Tobacco e ultimo arrivato il rutelliano ed ex Finmeccanica Gianluca Ansalone a BAT. Quanto alle quote rosa, ci sono Veronica Pamio di JTI e Maria Laura Cantarelli di Nexive (ex TNT Post), entrambe ex Presidenza del Consiglio e di frequentazioni lettiane, con quest’ultima da anni al fronte «contro» Poste.

Tutti chiedono chiarezza. E trasparenza. Perchè le lobby all’italiana non diventino un paravento o un alibi della politica e la parola lobbista non sia più una parolaccia da mettere in un titolo di giornale.

]]>
“La nuova lobbying in 12 libri”, il nuovo progetto di Running http://www.lobbyingitalia.com/2015/10/la-nuova-lobbying-in-12-libri-il-nuovo-progetto-di-running/ Fri, 23 Oct 2015 08:36:39 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3005 E’ online il nuovo sito di Running, all’indirizzo http://www.runningonline.org. In evidenza, l’ultimo progetto dell’agenzia di comunicazione, formazione e consulenza per la new politics, ‘La nuova lobbying in 12 libri‘. Un racconto degli scenari inediti e stimolanti che si aprono per i professionisti della comunicazione strategica e della lobbying attraverso 12 volumi, recensiti agilmente dai consulenti di Reti e Running.

Ci sarà una ragione se da anni manager e funzionari della PA, politici e giornalisti, consulenti, studiosi e studenti incrociano Running e i suoi progetti. Siamo e restiamo leader riconosciuti, e continuiamo ad essere curiosi, creativi e appassionati. Nel nostro piccolo, ci piace dare una mano a costruire l’Italia di domani”, dichiara Claudio Velardi, Amministratore della società.

Il nuovo sito, messo a punto da Dotmedia con un’interfaccia semplice e accattivante, è un hub che mette in contatto studenti, curiosi, stakeholder, professionisti del lobbying e della formazione, a caccia di best practices ed esperienze di crescita professionale. In particolare, i corsi di Government & Media Skills, tra i quali spicca “Comunicazione, lobby e politica”, giunto alla XXVII edizione, offrono agli allievi anche la chance di costruire network relazionali sempre più ricchi, di imparare l’arte della condivisione e del dialogo con i decisori pubblici e non solo.

]]>
Lobby, per società norme necessarie. E sul registro c’è l’ok (PublicPolicy) http://www.lobbyingitalia.com/2015/02/lobby-per-societa-norme-necessarie-e-sul-registro-ce-lok/ Wed, 11 Feb 2015 07:52:44 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2713 I pareri di Ferpi, SEC, Il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia

Regolamentare il settore, in maniera semplice e chiara per ottenere risultati concreti e non solo per aumentare la burocrazia. È un quadro articolato quello sulle lobby che esce dal ciclo di audizioni in commissione Affari costituzionali al Senato sul ddl “Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi particolari nelle relazioni istituzionali” in cui, però, abbondano i punti in comune. Sul registro obbligatorio tutti sono d’accordo (anche se con qualche sfumatura diversa), mentre emerge qualche distanza sulla gestione delle cosiddette ‘revolving door’, cioè il passaggio tra pubblica amministrazione e società di rappresentazione di interessi.

REGISTRO OBBLIGATORIO: OK QUASI UNANIME

Ferpi, Sec, il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia, concordano sull’obbligatorietà del Registro a cui i portatori di interesse devono iscriversi, così come stabilito dal ddl. L’unica sfumatura è quella di Reti, per cui il Registro dovrebbe essere volontario e prevedere meccanismi di premialità. Secondo Sec, invece, per le società di consulenza il Registro dovrebbe essere ancora più ‘stringente’ perchè queste dovrebbero pubblicare anche i nominativi dei clienti per i quali svolgono l’attività e dei relativi compensi. Per il Chiostro, l’iscrizione dovrebbe essere consentita solo a chi rispetta determinati requisiti di onorabilità, mentre per FB dovrebbe essere accompagnato da un codice deontologico da sottoscrivere.

Anche per Open Gate gli iscritti al Registro dovrebbero essere tenuti al rispetto di un codice deontologico di condotta che possa rappresentare una codificazione di quelle best practices che i rappresentanti, ma anche i decisori pubblici, dovranno seguire. Molti rappresentanti hanno poi espresso la necessità che anche le associazioni di categoria, come sindacati, Confindustria o l’Anci, siano comprese, e quindi regolati, come portatori di interessi. Quasi unanime anche la necessità che il Registro sia unico e non diviso per amministrazioni.

INTERVENTO NORMATIVO NECESSARIO

Su un punto tutte le società di lobbying si sono espresse all’unanimità: un intervento normativo è ormai necessario. L’opportunità fornita dal ddl all’esame della commissione è quella di superare un vuoto normativo, si legge nel documento depositato da Reti. “È importante raggiungere una regolamentazione completa ed esaustiva del settore perché una legislazione chiara permette di favorire la trasparenza e ridurre comportamenti opachi che danneggiano la classe politica e i cittadini”, è il punto di vista di Sec. “È opportuno che il disegno di legge valorizzi il ruolo delle società di consulenza come ‘rappresentanti di interessi particolari’ che spesso permettono anche a soggetti che non sono in grado di agire singolarmente, ad esempio perché di piccole dimensioni, di poter presentare direttamente le proprie proposte. Ai fini del ddl è rilevante – spiega ancora il documento – che vengano considerati decisori pubblici non solo parlamentari e relativi staff, ministri e uffici di diretta collaborazione, dirigenti generali dei ministeri, ma anche le Autorità indipendenti e i rappresentanti delle Amministrazioni locali“. Regolare per raggiungere una maggiore trasparenza è un concetto sottolineato da tutte le società. Ferpi e Sec, per esempio, sottolineano il ruolo delle consultazioni per un maggior coinvolgimento trasparente dei portatori di interesse.

REVOLVING DOOR: PROBLEMA RISOLVIBILE

Il tema del passaggio da ruoli di decisori pubblici a quello di portatori di interessi, non è un tema trattato dal ddl 281, ma è comunque uno degli argomenti sensibili per regolare il settore delle lobby. Per Ferpi è “necessario limitare il fenomeno delle ‘revolving doors’ per garantire trasparenza e parità di accesso e limitare viceversa i casi di concorrenza sleale”. Il Chiostro propone una finestra di 2-4 anni prima del passaggio da un ruolo pubblico a quello di lobby, mentre per Ogi sono sufficienti due anni. C’è poi chi, come Reti, non ritiene quello delle ‘revolving door’ un problema, ma un tema da affrontare, e risolvere, in chiave di conflitto di interessi.

È LA VOLTA BUONA?

I senatori hanno dimostrato molti interesse ai rilievi mossi dalle associazioni e dalle società, riferiscono alcuni partecipanti all’audizione. “Servono norme semplici, efficaci e durature”, sottolinea Patrizia Rutigliano, presidente Ferpi. “Abbiamo espresso questi concetti e i senatori li hanno fatti propri dimostrando la volontà di proseguire il lavoro intrapreso”, aggiunge.

]]>
Il Fatto parla di lobby e dintorni (con qualche imprecisione) http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/il-fatto-parla-di-lobby-e-dintorni-con-qualche-imprecisione/ Wed, 22 Jan 2014 09:10:50 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2109 Anacaitpr. Non è un errore di battitura, magari al posto di Anacapri. Anacaitpr sta per Associazione  nazionale allevatori del cavallo agricolo italiano da tiro pesante rapido ed è una delle 84 persone giuridiche portatrici di interessi particolari al ministero delle Politiche agricole, quello di Nunzia De Girolamo. In una sola parola: lobbismo.

In Italia, solo nel mondo dell’agricoltura si è tentato di regolamentare e rendere trasparente questa attività che evoca realtà sinistre che si muovono nell’ombra, capaci di curare solo gli interessi particolari a scapito di quelli della collettività. Un business che è impossibile quantificare e che gira attorno alla politica e alle grandi burocrazie. Ci sono i benefici che si ricavano dalle leggi e dagli assalti alla diligenza. E poi ci sono i contributi a partiti e parlamentari.

Per quale motivo un’azienda dovrebbe finanziare un deputato o un senatore? I settori più invadenti sono questi: assicurazioni, banche, energia, tabacchi, sanità, editoria, gioco d’azzardo. E il governo Letta, come già con Monti, rappresenta il terreno ideale per le lobby. Massimo Micucci, socio dell’ex dalemiano Claudio Velardi in Reti, società di lobbying, ha descritto in una lettera aperta al Movimento 5 Stelle (che vuole cacciare i lobbisti dal Parlamento) la giungla attuale:

Anche questo governo aveva in programma una regolamentazione della rappresentanza di interessi e non se ne è fatto nulla perché quella ‘lobby del caos’ che è la tecnocrazia dominante, ha sbarrato il passo al tentativo di rendere davvero obbligatorie interazione e trasparenza”.

L’ACCUSA è rivolta a quelli che preferiscono mantenere il loro potere di mediazione, come capi di gabinetto e funzionari ministeriali, e che bloccano ogni tentativo riformista. Micucci si chiede anche che fine abbia fatto l’Unità per la trasparenza del ministero delle Politiche Agricole [per saperlo, leggere qui], incaricata di redigere l’elenco dei lobbisti “agricoli”. L’organismo, infatti, non è stato aggiornato dai tempi del ministro tecnico Catania e sul sito del Mipaaf è possibile leggere tra i componenti il nome di Ernesto Carbone, oggi parlamentare renziano. Dice: “È una sciatteria del ministero di cui non so nulla. Da vicecapo di gabinetto di Catania ne facevo parte, ma ora non più. Se non funziona più è un’occasione persa”.

Nell’elenco c’è di tutto: associazioni di cavalli, allevatori, frantoi, energie agroforestali, industriali di carni, salumi e vino, consorzi della pesca.

OLTRE ALLA FILIERA ministeriale, c’è poi quella parlamentare. Micucci riassume altro caos: “I presidenti di commissione favoriscono gli emendamenti che gli piacciono, i gruppi fanno spesso da passacarte. La  presenza del governo in aula, nonostante tutta l’attività sia di origine governativa, è scarsa o concertata sulla base dei provvedimenti che interessa seguire. Se un provvedimento interessa i commercialisti ci va un sottosegretario che si occupa o ha rappresentato i commercialisti”.

PER GLI EX POLITICI, e non solo, il lobbismo è una grande occasione per riconvertirsi e mettere a frutto le loro relazioni nel Palazzo. Da qui nascono società come Reti, ma non solo. In Italia ci sono altre quattro società di spessore, che vantano clienti importanti, bisognosi di curare i loro affari presso i “decisori politici”: Cattaneo Zanetto (quest’ultimo è stato un forzista molto inserito), Fb e associati (Fb sta per Fabio Bistoncini), UtopiaLab di Giampiero Zurlo, Open Gate Italia di Franco Spicciariello. Cattaneo Zanetto, sul suo sito, si rifiuta di pubblicare l’elenco dei clienti per una questione di riservatezza, Open Gate invece lo fa e c’è persino l’Uefa-Europa League. Nel suo advisory board c’è Giorgio Mulè, direttore di Panorama , caso ufficiale di giornalista-lobbista.

Altro esempio è il sito centrista di Formiche , dove informazione e relazioni si legano a doppio filo. Gli incroci di interessi e nomi sono ampi e fittissimi. Da Open Gate (dove siede anche Tullio Camiglieri, ex uomo Sky) c’è un link che rimanda ad Arel, il centro studi di Enrico Letta. Alcuni numeri della pensosa rivista che produce sono aperti da saggi di Giulio Napolitano, docente universitario di diritto e figlio di Re Giorgio.

Questo è il lobbismo italico, bellezza. E questi i servizi che offre. Da una sito già citato: “Mappatura dei principali decision maker e influencer; programma di accreditamento con i decisori politici di Governo e Parlamento; attività diretta di rappresentanza degli interessi del cliente; presentazione di emendamenti e position paper presso le istituzioni; monitoraggio dell’attività legislativa; reporting periodico sull’iter dei provvedimenti legislativi; intelligence sullo scenario politico italiano”.  Sì anche l’intelligence. Del resto come auspica Micucci, con una regolamentazione “noi faremmo i consulenti politici e non i peripatetici nei corridoi”.

Fonte: Fabrizio D’Esposito – Il Fatto Quotidiano

Scarica l’articolo in .pdf

]]>
La tribù dei lobbisti: chi sono, chi li manda, cosa ottengono http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/la-tribu-dei-lobbisti-chi-sono-chi-li-manda-cosa-ottengono/ Thu, 19 Dec 2013 17:26:50 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1898 Il viaggiatore che si trovasse a passare nei pressi delle commissioni Bilancio delle due Camere durante la discussione della legge di Stabilità osserverebbe una scena assai bizzarra. Dentro l’aula i parlamentari discutono e votano, entrano ed escono commessi, funzionari e gli stessi onorevoli, all’esterno – su un tavolo – un gruppo di giornalisti segue i lavori col testo della legge a sinistra e il fascicolo degli emendamenti a destra.

Tutt’intorno c’è un’altra tribù dall’occupazione più sfuggente: a turno i suoi membri alternano fasi di calma ad altre di grande agitazione in cui scrivono o telefonano o passano fogli a qualcuno; amano colloquiare con gli interlocutori sempre con un’aria un po’ da congiurati; hanno una certa passionaccia per la parola all’orecchio, la passeggiata sotto braccio, l’amichevole pacca sulla spalla, il sorriso largo e rassicurante. Ecco, quella tribù sono i lobbisti.

Chi sono i lobbisti? Intanto quelli veri e propri – cioè i dipendenti di una società di lobby ufficiale come Cattaneo Zanetto o Reti , per citare le più note – sono una minoranza e nemmeno delle più rilevanti. Alcuni lobbisti sono, più semplicemente, quelli che nelle aziende si chiamano “Responsabili delle relazioni istituzionali” (una, Simonetta Giordani, in questo governo ha cambiato sponda e da Autostrade è passata al sottosegretariato ai Beni Culturali), altri ancora sono lobbisti informali: ex dipendenti del Parlamento, magari, come il meraviglioso esemplare registrato a Montecitorio dal Movimento 5 Stelle.

Sul sito di Beppe Grillo lo si sente vantarsi al telefono di come ha bloccato un emendamento del Pd che fissava a 150 mila euro l’anno il tetto massimo di cumulo tra pensione e redditi da lavoro che tanto fastidio dava ai nostri Grand commis (in una parte non registrata ha fatto riferimento anche ai membri della Consulta): “Ho dovuto scatenare mari e monti. È stata una battaglia durissima. Io lo potrei scrivere in un manuale come caso di eccellenza di azione di lobby… Ho dovuto smuovere tutto”. Alla fine, il tetto è stato fissato a oltre 300 mila euro. Più del doppio. Qualcuno, come il deputato M5S Vincenzo Caso, s’è ritrovato il lobbista fuori dalla porta dell’aula che esultava per la bocciatura di un proprio emendamento: “Non è passatoooooo”.

Chi sono i mandanti? Alle Camere, da ottobre a dicembre, stazionano tutti. Giganti come Eni o Enel o Poste o Ferrovie hanno ovviamente un loro uomo sul posto: la società guidata da Mario Moretti, per dire, deve essere certa che i finanziamenti da cui dipende siano effettivamente stanziati e quindi presidia il ministero delle Infrastrutture prima e il Parlamento poi (missione compiuta anche quest’anno).

Ci sono poi gli inviati dei ministeri. Quello della Difesa si occupa tanto dei militari veri e propri quanto dell’industria del settore: a questo giro, ad esempio, i primi hanno incassato 100 milioni extra per il 2014 e altri cento da dividere con le altre forze di polizia, i secondi un piano pluriennale di spesa in armamenti.

Ci sono poi i lobbisti delle tv private e dell’editoria , che si preoccupano dei rispettivi fondi statali, e c’è il mondo dell’energia che è diviso in tre: c’è sempre qualcuno del Gestore dei mercati elettrici (Gme), altri di Assoenergia e qualcuno pure di Energia Concorrente, che poi sarebbe l’associazione a cui aderisce Sorgenia di Carlo De Benedetti che ha strappato un emendamento per risolvere un contenzioso sugli oneri urbanistici con un comune del lodigiano (un risparmio potenziale di 22 milioni di euro).

Non mancano, ovviamente, gli uomini dell’Abi, l’associazione bancaria italiana, i veri trionfatori di questa sessione di bilancio tra detrazioni sulle sofferenze velocizzate (da 18 anni a cinque) e rivalutazione delle quote di Bankitalia con relativa aliquota di favore.

La lobby del gioco – a partire da Sistema Gioco Italia di Confindustria – pure è sempre presente in forze in Parlamento: tra concessioni e trattamento fiscale i fronti aperti sono molti (anche se l’emendamento per spaventare regioni e comuni tentati dalla guerra alle slot, come vi raccontiamo qui accanto, probabilmente alla fine verrà cancellato).

Non manca il mondo assicurativo, anche se Ania preferisce lavorare direttamente col ministero: dopo il regalo del governo Monti che ha nei fatti reso irrisarcibili molti infortuni di piccola entità (norma anti-“ colpo di frusta”), oggi l’esecutivo Letta gli regala per decreto il mercato dell’autoriparazione grazie all’obbligo di far riparare la macchina solo nelle carrozzerie convenzionate. Gli interessati, nel senso dei carrozzieri, iniziano a gennaio una mobilitazione nazionale. Si può dire che anche loro siano una lobby, però non efficace come quella della loro controparte.

Fonte: il fatto quotidiano · Marco Palombi e Paola Zanca

]]>
Vi spiego perché lobby vuol dire trasparenza. Parla Velardi http://www.lobbyingitalia.com/2013/10/vi-spiego-perche-lobby-vuol-dire-trasparenza-parla-velardi/ Fri, 18 Oct 2013 17:13:13 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1796 Comunicare “la politica” significa rappresentare in modo trasparente, efficace e chiaro, i pro e i contro di alcune scelte. Di fatto comunicare vuol dire fare lobby.
A crederlo è Claudio Velardi, personaggio poliedrico, ex spin doctor di Massimo D’Alema, oggi lobbista e comunicatore.
In una conversazione con Formiche.net, Velardi racconta il suo lavoro di formazione nel mondo del lobbismo che da novembre a gennaio prossimi, a Roma, darà vita alla XXV edizione del corso “Comunicazione, lobby e politica”, organizzato da Running, “prima società italiana di New Politics”, marketing politico e formazione in ambito politico-istituzionale, con la media partnership di Ferpi e Formiche.

Velardi, oggi le lobby sono più o meno invasive rispetto alla Prima Repubblica?
Hanno avuto sicuramente un’evoluzione. La politica oggi è molto più debole di prima e le lobby pulite lavorano con molta più difficoltà.

Come mai?
Perché le attività di lobbying limpide e strutturate hanno bisogno di interlocutori politici solidi. Altrimenti ognuno può inventarsi lobbista.

Serve una legge per renderle trasparenti?
Sono convinto che basterebbe un semplice registro di chi pratica attività lobbistica, in modo che sia chiaro chi parla con quel determinato politico e quali interessi rappresenta. Io non andrei oltre perché nel nostro Paese c’è sempre il rischio che il passo successivo sia quello di stabilire un recinto di norme che prelude a una burocratizzazione.

Era proprio la soluzione a cui diceva di pensare il Governo prima di dimenticare il provvedimento. Colpa dei soliti “poteri forti”?
L’esecutivo sembrava in effetti animato da buone intenzioni ma poi la cosa è morta lì. Non credo ci sia stata malafede, ma piuttosto che ciò sia accaduto per un mix di elementi: su tutti la scarsa propensione italiana a legiferare e il doversi occupare di cose sicuramente più urgenti ed importanti.

Nel corso della sua attività ricorda provvedimenti legislativi o momenti particolari in cui l’attività delle lobby sia stata decisiva?
Potrei portare mille esempi, soprattutto sul fronte dell’energia, dell’informazione e delle infrastrutture. Un obiettivo raggiunto è certamente quello che negli anni passati ci ha visto ottenere grandi successi nel campo della new economy, quando abbiamo contribuito perché i player ottenessero facilitazioni per poter operare. Allora c’è stato un boom. Oggi si lavora più per difendersi da uno Stato con un’indole “tassatrice”. Ma abbiamo tagliato anche altri traguardi.

Quali?
Nel corso degli anni posso dire con orgoglio che i nostri corsi hanno formato una buona parte della tecnostruttura che nelle assemblee elettive, nei partiti, nei gruppi parlamentari o nelle aziende svolge con professionalità e trasparenza un’attività di lobbying, con centinaia di 30-40enni che abbiamo contribuito a far crescere nel loro percorso lavorativo. Oggi questa esperienza è diventata una straordinaria rete, che, nonostante l’assenza di una regolamentazione del settore, ha contribuito a far uscire dall’ombra un lavoro considerato opaco da parte dell’opinione pubblica, ma assolutamente normale in tutti i Paesi del mondo. Anche in questo siamo stati i primi e non mi pare poco.

 

Fonte: Michele Pierri – Formiche.net

]]>
Il nuovo «lobbista»: buoni contatti e trasparenza (Corriere della Sera) http://www.lobbyingitalia.com/2006/03/il-nuovo-lobbista-buoni-contatti-e-trasparenza-corriere-della-sera/ Fri, 10 Mar 2006 07:11:03 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2592 Una professione in crescita che cerca di seguire l’ esempio americano

Quella del «lobbista» è un’ attività inconfessabile o una professione in ascesa? In Italia sono non più di una decina le società di comunicazione che lo dichiarano ufficialmente nello statuto, sul sito Internet o stampato sui biglietti da visita: «attività di lobbying». Il termine nasce nell’ atrio dell’ hotel Willard di Washington, dove alla fine dell’ 800 l’ allora presidente degli Stati Uniti Ulysses Grant riceveva persone e portavoce di gruppi che ponevano richieste al governo. Spesso associato, in Italia, ad attività non proprio trasparenti e lecite, lobbying significa raccogliere e sostenere le istanze di singole imprese private, enti o associazioni presso coloro che decidono e approvano le leggi. Un’ attività che spazia dalla difesa di cause etiche, come l’ ambiente e i diritti dei minori, agli interessi economici di grandi aziende.

LOBBY E SIGARI – «In Italia la parola lobbista, purtroppo, è ancora tabù – sostiene Piero De Lorenzo, responsabile di Ldm Comunicazione – e si dimentica il ruolo fondamentale che abbiamo nel rappresentare gli interessi collettivi al cospetto del decisore pubblico». Un anno fa la società ha difeso con successo in ambito europeo l’ Ente tabacchi italiano nel salvataggio del sigaro toscano: «I concorrenti di Bruxelles spingevano per fare approvare una serie di norme che avrebbero ridotto i limiti di nicotina consentiti, ponendo automaticamente il sigaro toscano fuori legge. Con l’ aiuto di esami di laboratorio abbiamo dimostrato, tecnicamente e giuridicamente, l’ ingiustizia di quel progetto». In Italia, come in molti altri Stati europei, non esiste una legge sull’ attività di lobbying. Dopo il fallimento in sede parlamentare, Antonio Marzano, presidente del Cnel, ha recentemente proposto di istituire un albo presso lo stesso Consiglio Nazionale dell’ Economia e del Lavoro. «Un intervento legislativo è necessario – sostiene a sua volta Ruben Razzante, docente di diritto dell’ informazione all’Università Cattolica di Milano – perché l’ assenza di regole nel nostro paese rischia di penalizzare soprattutto le piccole e medie imprese i cui interessi sono scarsamente rappresentati».

NORME REGIONALI – Intanto, in attesa del varo di una legge nazionale, si muovono le regioni. La Toscana ha approvato nel 2002 norme per regolamentare l’ attività dei «gruppi di pressione» e proposte sono in discussione in Calabria e in Emilia Romagna. «Il mercato cresce molto e soprattutto a livello locale – spiega Marco Marturano, responsabile di Game Manager & Partner, società di lobbying nata a Verona nel 2000, fondata da giovani imprenditori veneti legati a Confindustria – E’ un effetto del decentramento dei poteri su comuni, province e regioni, soprattutto in ambiti quali la gestione dei rifiuti, l’ ambiente e la sanità. E’ dunque fondamentale creare un clima d’ opinione favorevole con campagne stampa, comunicazione, pubblicità». Pur con enormi potenzialità di sviluppo, in Italia siamo solo agli inizi. Lo dimostra il vero e proprio boom che il settore sta conoscendo soprattutto in Europa. Bruxelles, sede della Commissione europea, ospita gli uffici di 2.600 grandi gruppi di interesse. E si stima che nei palazzi delle istituzioni comunitarie siano accreditati oltre 15 mila lobbisti con un giro d’ affari che tocca i 90 miliardi di euro annui.

UN’ ATTIVITÀ BEN PAGATA – Il rapporto percentuale tra lobbisti e funzionari pubblici della Ue è superiore perfino a quello degli Stati Uniti, dove le «Public Affairs» sono nate. Ma in Europa, a differenza che negli Usa, non c’ è controllo sulle attività di lobbying. Ciò ha spinto l’anno scorso il commissario agli Affari Amministrativi Siim Kallas a tentare di costringere i «gruppi di pressione» ad uscire allo scoperto, rivelando, come prevede l’ ordinamento americano, committenti e fonti di finanziamento. La Seap, Society of european affairs professional che rappresenta i lobbisti a Bruxelles, si è però opposta proponendo non più di un «codice di condotta». Il mestiere del lobbysta, comunque, è molto ambito, ben pagato ma difficile, perché oltre a una fitta rete di contatti e relazioni interpersonali richiede competenze giuridiche notevoli, in ambito sia nazionale che internazionale. In genere si tratta di un laureato in discipline giuridiche che conosce almeno due lingue straniere. «Bisogna studiare molto e aggiornarsi continuamente – ammette Emanuele Calvario, responsabile di Reti, tra le società pioniere del lobbying in Italia, fondata da Claudio VelardiMa è una professionalità molto richiesta». La riprova è l’ esplosione di offerte di formazione in tutta Italia, proposte dalle stesse «Public affairs»: corsi di specializzazione e «Lobby Master» rivolti a neo laureati si tengono presso l’ università la Sapienza di Roma, l’ Ied di Milano, le università di Camerino e di Bologna.

Da Grant a Kennedy Il termine «lobbying» è nato negli Stati Uniti ai tempi in cui il presidente Ulisse Grant riceveva i portavoce dei gruppi di interesse di cittadini e imprese nella «lobby» dell’ hotel Willard di Washington. Dal canto suo John Fitzgerald Kennedy aveva un’ ottimo giudizio sui lobbisti, dei quali diceva: «Mi fanno comprendere un problema in dieci minuti, mentre i miei collaboratori impiegano tre giorni». Negli Usa il lobbismo è addirittura tutelato dal primo emendamento della Costituzione: proclama la libertà di stampa e vieta di promulgare leggi che «limitino la libertà di fare petizioni al governo». In Europa niente regole In Europa l’ attività di lobbying è in forte espansione. Bruxelles, sede della Commissione europea, ospita gli uffici di 2.600 grandi gruppi di interesse. Si calcola che tra tutti i palazzi delle istituzioni comunitarie circolino non meno di 15 mila lobbisti, che perorano cause per un giro d’ affari di quasi 90 miliardi di euro annui. Il rapporto percentuale tra lobbisti e funzionari pubblici dell’ Unione Europea è oggi superiore a quello degli Stati Uniti. Tuttavia in Europa, a differenza che negli Usa dove è obbligatorio dichiarare committenti e fonti di finanziamento, non esistono controlli sulle attività di lobbying.

Fonte: Elena Tiziano – Corriere della Sera

]]>