renzi – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Petrolieri & co. : che fine ha fatto la legge sulle lobby (L’Espresso) http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/petrolieri-co-che-fine-ha-fatto-la-legge-sulle-lobby-lespresso/ Thu, 07 Apr 2016 13:00:34 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3236 Tutti i disegni di legge sono fermi, a dispetto delle intenzioni più volte dichiarate, così come la legge sul conflitto di interessi. Ma ora il governo, per riscattarsi dal caso Guidi, dice di volere intervenire

Dobbiamo cercare di arrivare ad avere una legge», dice Maria Elena Boschi. Come impegno è un po’ poco, ma il messaggio che il ministro vuole mandare dalle poltrone dello studio di Porta a porta è che il governo intende accelerare sulla legge che dovrebbe regolare il rapporto tra i parlamentari e i lobbisti, i portatori di interessi che lavorano per aziende, multinazionali, categorie professionali o sociali.

Legge che non c’è e la cui assenza è illuminata dalla vicenda di Federica Guidi, dalle telefonate tra l’ex ministro dello Sviluppo economico, già accusata di conflitto di interessi per via dell’azienda di famiglia, Ducati Energie, e il suo compagno, Gianluca Gemelli, accusato di «traffico di influenze illecite».

L’accusa di Gemelli cita l’articolo 346 bis del codice penale, un reato voluto dal ministro Cancellieri che però da solo non regolamenta le molteplici forme con cui le lobby si interfacciano con le istituzioni, ed è insufficiente a definire i confini di quella che potremmo considerare un’attività di lobby positiva, come nota Pier Luigi Petrillo, professore di Teorie e tecniche del lobbying alla Luiss Guido Carli di Roma: «Si è introdotto il reato di traffico, che descrive il lobbying illecito, senza tracciare prima i confini del lobbying lecito».

Per ora però le intenzioni, ribadite da Boschi, non hanno prodotto molto. Sono quasi due anni che la commissione Affari costituzionali del Senato ha in mano una serie di testi sulla materia, più o meno stringenti. Ed è quasi un anno che tra le dodici diverse proposte è stato individuato un testo base, quello dell’ex Cinque Stelle Luis Orellana, su cui sono stati presentati circa 250 emendamenti.

«Ma non sono neanche ancora stati raccolti in un fascicolo», dice all’Espresso Orellana, «tant’è che non ho potuto ancora leggerli, non essendo io membro della prima commissione». Dopo le dichiarazioni di Maria Elena Boschi i più scommettono che la presidente Anna Finocchiaro faccia riprendere l’iter, perché nel merito non se ne discute da giugno 2015, salvo l’impegno messo a verbale nella seduta del 25 novembre scorso, quando la commissione si riprometteva di «riprendere l’esame del disegno di legge».

Cosa mai successa. Tra gli aspetti positivi del testo di Orellana c’è il cosiddetto divieto “revolving doors“: il rappresentate o il dirigente dell’istituzione pubblica, se cambia lavoro, non potrà diventare lobbista, almeno per due anni.

A parziale discolpa dei senatori bisogna dire che la commissione ha prima dedicato molti mesi alla riforma costituzionale e poi ora ha sotto esame, tra le altre, la legge sul conflitto di interessi già approvata alla Camera (anche questa sarebbe stata utile nel caso Guidi, anche se il testo in questione non avrebbe impedito la nomina della vicepresidente di Confidustria) e la riforma della legge sul sostegno all’editoria. Comunque, mentre si attende di capire come il governo voglia concretizzare l’impegno dichiarato e se la commissione del Senato possa accelerare, la Camera dei deputati potrebbe esser la prima a intervenire.

Un testo fotocopia di quello di Orellana è stato infatti presentato anche Montecitorio dalla deputata di Scelta Civica Adriana Galgano, anche se il successo per ora è lo stesso. Scarso: presentata a ottobre 2015, assegnata alla prima commissione, l’iter non è cominciato. Più fortunato potrebbe esser invece Pino Pisicchio. La giunta per il regolamento, infatti, venerdì 8 aprile chiude il termine per la presentazione degli emendamenti al testo che porta la firma del deputato centrista e che punta a istituire «un registro dei soggetti che svolgono attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati». Sarebbe solo un protocollo, e durerebbe solo fino alla fine della legislatura (questo perché altrimenti dovrebbe passare al voto dell’aula) ma sarebbe un primo passo avanti: «Molto piccolo», commenta Orellana, «perché a differenza di quello che potrebbe fare una legge vera e propria riguarda solo i deputati e non tutti gli altri decisori pubblici su cui i portatori di interessi esercitano le loro legittime pressioni. Non c’è il governo, tanto per cominciare e quindi non ci sarebbe stata la Guidi, e non ci sono i dirigenti dei ministeri che spesso sono più preziosi di noi parlamentari». «Entro la fine di aprile possiamo approvarlo», dice comunque Pisicchio. E almeno sapremmo chi può entrare a Montecitorio oltre ai deputati e ai giornalisti.

Con il protocollo della Camera, non si risolve certo il tema degli incontri fuori dalle istituzioni, né il tema dei finanziamenti delle aziende alla politica, che d’altronde non risolve neanche il testo Orellana che prevede sanzioni per chi non si iscrive ai registri e l’obbligo per i portatori di interessi di pubblicare un annuale report su chi si è incontrato e perché. «Si potrebbe inserire anche l’obbligo di un report per i decisori pubblici», ragiona Orellana con l’Espresso, «così da incrociare i dati e verificare le dichiarazioni, ma certo gli incontri informali, a casa o in un caffè, si potrà sempre trovare il modo di tenerli segreti». Quello di Pisicchio sarebbe comunque un passo verso un registro sul modello delle istituzioni europee, dove c’è il “Registro per la Trasparenza”, un database dove sono iscritte quasi 10mila lobby, di tutti i Paesi, Italia inclusa. Se ne iscrivono 50 ogni settimana tra uffici di consulenza, gruppi di categoria, di settore, dell’industria o studi legali, liberi professionisti, associazioni professionali, charity e ovviamente ong e gruppi religiosi.

E proprio al modello europeo pensa il professor Petrillo che ancora a Annalisa Chirico de Il Foglio dice: «Non serve l’ennesimo albo professionale, io li abolirei tutti. Basterebbe introdurre un registro, sul modello europeo, fissando criteri di accesso trasparenti». Parlamentari e ministri, però, dovrebbero poi esser obbligati «a tenere un’agenda conoscibile degli incontri con i portatori di interesse». Il cittadino così potrebbe valutare la frequenza degli incontri e gli effetti sulle norme approvate. Sui finanziamenti, invece: «Le lobby non dovrebbero finanziare le campagne elettorali», dice ancora il professore. Ma qui l’orientamento è diverso. Nessuna delle leggi presentate affronta il tema, che d’altronde è stato normato con la riforma del finanziamento dei partiti, mantenendo solo il 2 per mille come forma di finanziamento pubblico e consentendo i finanziamenti privati anche da società e associazioni.

Fonte: Luca Sappino, L’Espresso

http://goo.gl/EiQrGo

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Le “lobby” sono il solito paravento per una politica debole e non trasparente | Il Foglio http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/le-lobby-sono-il-solito-paravento-per-una-politica-debole-e-non-trasparente-il-foglio/ Sat, 02 Apr 2016 07:58:59 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3213 Perché i parlamentari si nascondono dietro un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili per scaricare le proprie responsabilità

di Pier Luigi Petrillo

Ecco, ci risiamo: è colpa delle lobby. Sul Foglio la senatrice Linda Lanzillotta (Pd) ha ammesso perlomeno che le cosiddette lobby avranno sì frenato il disegno di legge Concorrenza, bloccato da un anno in Parlamento, ma anche la flemma della politica ha avuto un ruolo. Effettivamente, non mi risulta che le lobby abbiano occupato il Parlamento, si siano sostituite ai deputati di maggioranza e abbiano votato emendamenti a loro favorevoli. Mi risulta, invece, che siano stati i deputati di maggioranza a presentare emendamenti a favore di certe lobby e a votarli a maggioranza (appunto).

Il disegno di legge sulla Concorrenza non è il frutto di una elucubrazione accademica ma la conseguenza naturale, in un sistema democratico, della precisa scelta politica della maggioranza che sostiene il governo; una scelta indirizzata a sostenere taluni ordini, corporazioni (anche micro), settori produttivi del paese in situazione di sostanziale monopolio. Badate bene, si tratta di scelte legittime che qui non si contestano. Ciò che si contesta è che, come al solito, ci si nasconde dietro un dito e quel dito ha un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili: le lobby, appunto! E’ colpa delle lobby se non si fanno le liberalizzazioni; colpa delle lobby se il paese ristagna in paludi ottocentesche; sono le lobby a impedire riforme strutturali.

 

Il grande merito del governo Renzi è stato quello di dimostrare che non è così; all’opposto Renzi ha dimostrato che se c’è la volontà politica è possibile superare ogni lobby e fare davvero ciò che si è promesso di fare. Il presidente del Consiglio ha ottenuto ciò che voleva in materia di lavoro, banche, assicurazioni, perfino di riforme costituzionali ed elettorali: ha vinto su lobby temibili e inarrivabili fino a qualche tempo fa, come i sindacati (o i professori di diritto costituzionale, categoria alla quale appartengo). La maggioranza in Parlamento ha dimostrato di poter approvare in poche settimane leggi molto contrastate da talune di queste lobby. Il dato, quindi, è uno solo: in questo caso e in materia di concorrenza e di liberalizzazione, la maggioranza ha deciso da che parte stare, ha espressamente deciso di assecondare talune lobby (quelle dell’immobilismo: dai soliti tassisti agli albergatori confederati) contro altre (quelle dei consumatori, per esempio). Per non ammettere questo dato di fatto, così evidente da sembrare davvero stucchevole ogni polemica sull’articolo di Giavazzi del Corriere di qualche giorno fa, ci si nasconde dietro al consueto paravento: le lobby, queste sconosciute, brutte, sporche e cattive.

 

E per mantenere in vita il paravento, dietro cui la politica si nasconde, non viene approvata alcuna regolamentazione del lobbying: proprio in occasione del ddl Concorrenza, alcuni senatori hanno provato a proporre qualche norma ma sono stati prontamente stoppati. Non possono essere approvate, infatti, norme che rendano trasparente l’azione dei lobbisti perché altrimenti cadrebbero gli altarini e si scoprirebbe ciò che tutti sanno: ovvero che laddove la politica è fragile e mancano indicazioni chiare, i parlamentari si sentono liberi di assecondare le lobby a loro più vicine (magari perché ne finanziano la campagna elettorale) perché sanno che, nell’oscurità che circonda il mondo delle lobby, non sarà mai colpa loro, non dovranno mai rendere conto delle loro scelte a nessun elettore (gli inglesi direbbero accountability). L’assenza di una legge sulle lobby impedisce all’elettore di comprendere cosa c’è davvero dietro l’emendamento presentato dal singolo deputato, quale interesse e chi l’ha redatto; impedisce di sapere chi paga e per cosa.

 

Ma Renzi potrebbe battere un colpo e chiedere conto di taluni voti in Senato che hanno affossato il ddl concorrenza col parere favorevole del rappresentante del Governo, per stupire tutti con uno dei suoi colpi di genio: presentare un maxi emendamento che sostituisce per intero questo feticcio di legge e, in un colpo solo, liberalizzare settori bloccati da secoli e sciogliere così corporazioni così vetuste da essere superate dai fatti (oltre che dal mercato). In ogni caso, in un sistema democratico come il nostro, non sarà mai colpa delle lobby ma della politica (debole, fragile, succube) che le asseconda.

 

di Pier Luigi Petrillo, Professore di Teoria e tecniche del lobbying, Luiss

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Lobby & Poltrone – Fortunato alle relazioni istituzionali di Poste, ma a Renzi non piace http://www.lobbyingitalia.com/2016/01/lobby-poltrone-fortunato-renzi-sensi-poste/ Tue, 19 Jan 2016 16:51:57 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3130 Secondo Dagospia, l’AD di poste avrebbe sbattuto il telefono in faccia a Filippo Sensi, portavoce di Renzi, che si opponeva alla nomina di Giuseppe Fortunato, dalemiano di ferro, alle relazioni istituzionali della società. Renzi, a forza di imposizioni, starebbe perdendo il rispetto della classe dirigente da lui stesso nominata. Fortunato ha lavorato per D’Alema e per i dalemiani Moretti e Padoan, e ora è stato chiamato da Caio in Poste nell’anno delicatissimo della privatizzazione. Questa nomina fatta senza consultare Palazzo Chigi ha indispettito il duo Sensi-Renzi, ma Caio avrebbe detto: ”Se volete, me ne vado io”…

Caio come Spartacus? Il tecnofilo preferito di Enrico Letta, ma nominato al vertice di Poste Italiane da Matteo Renzi, si è ribellato all’ennesimo intervento governativo nelle nomine delle partecipate. Caio ha infatti scelto Giuseppe Antonio Fortunato come nuovo responsabile degli Affari Istituzionali.

Chi è costui? Capo della Segreteria di D’Alema quando era ministro degli Esteri nel 2006-2008, è poi stato in Finmeccanica per 7 anni, tra Roma, Mosca e Bruxelles, finché il dalemiano Mauro Moretti non lo ha silurato ed è diventato consulente del Ministero dell’Economia, nel febbraio 2015. Lì è stato delegato da Padoan (pure lui dalemiano) a occuparsi delle partecipate pubbliche, tra cui Poste, e ora Caio lo ha chiamato, e il suo contratto dovrebbe iniziare a giugno, per un ruolo molto delicato nell’anno della privatizzazione del gruppo. Pare che quando la notizia sia arrivata nei corridoi di Palazzo Chigi, Filippo Sensi abbia telefonato a Caio “suggerendogli” di riconsiderare l’assunzione.

A quel punto Caio avrebbe risposto: ”Se volete, me ne vado io”, attaccando il telefono in faccia al portavoce del premier. E non sarebbe l’unico: molti manager pubblici lamentano l’atteggiamento del governo, che non si limita a nominare i capi (prerogativa che è nei suoi poteri), ma interferisce nella gestione quotidiana delle partecipate, nelle nomine dei dirigenti di seconda fascia e nelle strategie industriali. Il problema è che l’atteggiamento è sempre di autorità e non di autorevolezza. E il bullo fiorentino, dopo i diplomatici e i funzionari europei, rischia di essere ostacolato anche dalla classe dirigente italiana…

Fonte: Dagospia

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Ddl Concorrenza, la lobby dei tassisti chiede ascolto http://www.lobbyingitalia.com/2015/12/ddl-concorrenza-la-lobby-dei-tassisti-chiede-ascolto/ Tue, 01 Dec 2015 08:29:42 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3083 La X° Commissione del Senato avrebbe calendarizzato per mercoledì prossimo 2 dicembre l’Audizione oltre che di non meglio individuate sigle di Organizzazioni di Rappresentanza Sindacale di NCC, anche della stessa Uber.

Il fatto che il Senato della Repubblica – in materia di Trasporto Pubblico Locale non di linea – provveda ad ascoltare i rappresentanti sindacali di una sola parte degli NCC (anche quelle che usano i titoli autorizzativi in maniera difforme) escludendo la gran parte dei rappresentanti della categoria, compresi i tassisti, è già, di per se’ scandaloso e inaccettabile, essendo ambedue i settori operativi del medesimo mercato.Così i sindacati della auto bianche URITAXTI – UNICA CGIL – URI – FEDERNCC CONFCOMEMRCIO ROMA – ANC  – FAI – CONFCOMEMRCIO LAZIO. “Ma ciò che è ancora più grave è che venga fatta oggetto di formale Audizione una società commerciale, per giunta con residenza fiscale all’estero. La situazione, inoltre, si appalesa in tutta la sua “anomalia” se si pensa che l’attività di Uber è stata dichiarata illegale dai Tribunali di mezzo mondo, compresi quelli italiani e che il tentativo dalla stessa perpetrato – tramite l’Autorità di Regolazione dei Trasporti – di far approvare alla Camera dei Deputati il testo di una sanatoria per ottenere l’amnistia rispetto alle illegalità con cui svolge la sua attività, è stato bocciato e respinto. Ora, dunque, Uber ci riprova con il Senato e ci appare davvero inammissibile che da parte della X° Commissione si sia proceduto a non considerare – vista la nota criticità della materia – la gravità di un’Audizione di una parte degli NCC e, soprattutto, di Uber, priva del necessario contraddittorio garantito da un’altra Audizione di tutti i rappresentanti degli NCC e dei tassisti.

Le organizzazioni di tassisti chiedono quindi di annullare l’audizione di Uber e di essere convocate al pari degli altri NCC. Qualora non venisse accolta la richiesta, le “auto bianche” dichiarano battaglia. Prossimo atto (sicuramente, non l’ultimo) di una “guerra di lobby” che finora ha visto Uber spalleggiati sia dall’Autorità Antitrust che dallo spin doctor di Obama David Plouffe, che in una lettera al Foglio ha suggerito al premier Matteo Renzi di affidarsi ai nuovi attori della sharing economy.

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I veri lobbisti vogliono un registro. Intervista a Mazzei [L’Indro] http://www.lobbyingitalia.com/2015/08/i-veri-lobbisti-vogliono-un-registro-intervista-a-mazzei-lindro/ Fri, 28 Aug 2015 06:19:13 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2915 In un momento in cui le parole “lobby”, “lobbisti”, “lobbying” sono ingiustamente utilizzate come elementi di malaffare, dopo le dichiarazioni del pentastellato Fantinati al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, riportiamo un’intervista sempre attuale de L’Indro a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente de Il Chiostro (associazione che vuol promuovere la cultura, la pratica e la regolamentazione della trasparenza nella rappresentanza degli interessi) in merito al processo di regolamentazione dell’attività di lobbying in Italia.

«L’Italia e l’Europa hanno urgentemente bisogno di una riforma del sistema del lobbying. E’ quanto emerge dal report “Lobbying in Europe: Hidden Influence, Privileged Access”, pubblicato oggi (15 aprile), prima ricerca comparata europea sulla trasparenza del fenomeno del lobbying. L’analisi mostra che su 16 Paesi europei, solo 7 possiedono delle forme di regolamentazione del lobbying, e l’Italia non è tra questi».

Questo è l’incipit di Transparency International Italia. Giusta visione, perché la trasparenza, soprattutto quando si parla di decisioni collettive è necessaria e indispensabile. Eppure in Italia un registro per i lobbisti esisteva. Dove? Presso il Ministero dell’Agricoltura. L’unico in Italia. Voluto dall’ex ministro Catania. Ma improvvisamente, quasi per magia, questo registro è sparito. E’ una voce che circolava, ma da bravi giornalisti non ci siamo fermati ai “rumors”, siamo andati in fondo alla questione, decisamente grave. Ci siamo rivolti a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente dell’associazione Il Chiostro , non solo per chiedere della sparizione del registro, ma per avere delucidazioni sulla situazione (lavorativa/legislativa) in cui vivono i lobbisti trasparenti. Giudicate voi perché tardiamo tanto per regolamentare un mestiere che da sempre è considerato “in ombra”.

Ma è vero che è “sparito” il registro dei Lobbisti al Ministero dell’Agricoltura (l’unico in Italia)? E’ Possibile?

Si. E’ sconcertante. Il registro, purtroppo, non ha mai funzionato. E’ stato istituito dal ministro Catania. Quando arrivò la De Girolamo coloro che erano presenti nell’unità per la trasparenza – l’ ufficio che doveva presiedere alle attività di questo registro – furono dislocati in altre funzioni. Bisogna sottolineare che ci eravamo iscritti circa in un centinaio: era un primo passo. Ma non si erano iscritti i principali grandi gruppi di interesse. Smantellata di fatto  l’Unità per la Trasparenza  con il ministro Martina ci siamo accorti che il registro fisicamente è stato cancellato!

Cosa avete fatto?

Ho scritto una lettera al ministro Martina (in data 9 febbraio) chiedendo delle spiegazioni, e naturalmente non ho avuto una risposta. Tramite fonti personali ho ricostruito  la faccenda in questa maniera: sembra che il Ministro si sia meravigliato, leggendo la mia lettera, in cui facevo presente che un registro istituito con un Decreto Ministeriale non potesse essere  cancellato dalla sera alla mattina senza un atto normativo. Qualcuno ha spiegato al Ministro che il registro dei lobbisti in realtà era stato cancellato con un Decreto Ministeriale in cui era contenuta, stranamente, anche l’eliminazione di quest’ultimo. Il registro è stato cancellato all’insaputa del Ministro. Sembra, però, che il ministro Martina lo voglia ripristinare.

Ma come è potuta avvenire questa cancellazione? Si sono sbagliati?

Sempre secondo fonti interne al Ministero, un collaboratore del Ministro, incaricato di predisporre un Decreto Ministeriale per l’implementazione delle misure anticorruzione, ha previsto, bontà sua, anche la cancellazione del registro. A questo punto ho scritto una seconda lettera, alla quale il Ministro non ha ancora risposto. Aspettiamo ancora da parte del Ministero due azioni: il ripristino del  registro e una severa punizione per chi, per combattere la corruzione, ha introdotto la norma che ha cancellato l’unico  registro dei lobbisti della storia italiana. All’insaputa del Ministro. Al posto dell’Unità per la trasparenza è stata istituita una nuova struttura che avrebbe dovuto ereditare, sempre in nome della trasparenza, le competenze della precedente, tra cui il registro. Ma non si vede niente. Non si trattano in questa maniera dei professionisti che si iscrivono ad un registro, e questo viene cancellato così.

Chi sono i nemici della legge sulla regolamentazione dell’attività lobbistica?

Alcuni lobbisti non la vogliono, e sono divisi in varie categorie. Quelli vecchio stile, che non vedono il motivo per cambiare la situazione, mantengono un atteggiamento conservatore. Abbiamo i lobbisti in malafede, che vogliono mantenere lo status quo per continuare a lavorare “sotto banco”, al limite della legalità. Gli abusivi, coloro che non dovrebbero, nemmeno lontanamente, potersi avvicinare a questa professione. Poi ci sono quelli in “mala fede”e illegali : coloro che utilizzano modi scorretti, illegittimi ed illegali, un crescendo di azioni contra legem. Infine ci sono quelli che sono in conflitto di interessi, hanno un doppio cappello pubblico e privato , senza commettere reato svolgono l’attività da lobbista. Per esempio coloro che sono consulenti di un Ministro e al tempo stesso rappresentanti di una categoria: assistenti parlamentari, giornalisti parlamentari, membri della pubblica amministrazione e così via.

Ci sono molti disegni di legge al chiodo…

I Disegni di legge sull’argomento non sono mai mancati. Nel corso degli anni c’è stata un’evoluzione, nel senso che sono migliorati. L’intensa attività dell’associazione “Il Chiostro”, ha puntato allo sdoganamento del dibattito. Noi abbiamo spiegato a varie personalità (alti magistrati, docenti unviersitari, grand commis d’état, parlamentari, ministri,direttori di giornali etc.) che cos’è il Lobbismo. Tutto questo ha portato dei risultati: oggi si dibatte del lobbismo in termini più sereni rispetto al passato, anche se non mancano ogni tanto su certi giornali inutili generalizzazioni che incolpano le lobby di tutto e del contrario di tutto, senza mai indicare quali lobby e in che modo si siano rese responsabili di pressioni indebite sui decisori pubblici. La trasparenza su questo argomento farebbe elevare maggiormente il livello di democrazia nel Paese.

Finalmente però è stato adottato un testo base, questo è un buon punto di partenza, dopo tanto…

Si, finalmente un momento positivo. Il Governo Renzi nel DEF del 2014 aveva preso l’impegno formale di presentare entro giugno (del 2014), contestualmente alla Riforma della Giustizia, un disegno di legge organico sulla regolamentazione dell’attività di lobbying a tutti i livelli. Abbiamo insistito perchè il Governo rispettasse questo impegno; ma il Governo tarda. Ma l’impegno è agli atti, non è stato sconfessato, diciamo che è stata un’inadempienza. Nel frattempo ci sono stati molti parlamentari che hanno presentato proposte di legge. Al Senato circa una decina, che hanno presentato disegni di legge che  la commissione affari costituzionali sta esaminando dopo aver nominato un relatore, il Senatore Campanella (ex M5S), che ha scelto tra i tanti disegni di Legge quello del Senatore Alberto Orellana, come testo base. Questo significa che si è avviata la procedura. Entro il 23 aprile bisogna presentare gli emendamenti. Si spera che nel giro di un mese e mezzo la Commissione riesca a licenziare il testo. Noi prenderemo delle iniziative presso la presidenza del Senato e della Commissione perché si evitino ritardi e si arrivi, entro fine luglio all’approvazione ,della legge in Senato. Alla Camera l’iter potrebbe essere leggermente più spedito, quindi potremmo avere il voto definitivo sulla legge entro dicembre, massimo febbraio (2016).

Perché Nunzia di Girolamo (nel 2013) si oppose con tanta tenacia ad una regolamentazione dell’attività lobbistica, definendola addirittura «proposta sovietica»?

Per quanto riguarda il disegno di legge del governo Letta, avevamo chiesto norme generali e non di dettaglio. Poi ci fu qualcuno che, ad arte, volle inserire norme più specifiche  sui regali ai politici, I pranzi offerti dai lobbisti, le rendicontazioni ultra dettagliate degli incontri tra rappresentanti di interessi e pubblici decisori. La De Girolamo eccepì, insieme ad altri, che la legge voleva sindacare sul fatto che il parlamentare dovesse rendere conto di quel che faceva. Cosa ci sia di sovietico in tutto questo non riesco a capire. “Sovietico” è il contrario di trasparenza. Nessuno si deve vergognare di incontrare il lobbista, siamo persone che fanno un lavoro trasparente. La realtà è che non volevano procedere. Purtroppo Letta, che  avrebbe potuto e dovuto impuntarsi e costringere il Consiglio dei ministri ad approvare il testo, non lo fece.

Come mai non parla nessuno della “sparizione” del registro? Non è uscito sui giornali…

Io ne avevo parlato con qualche altra grande testata, ma non ho avuto grandi riscontri. Sono gli stessi giornali che tuonano contro le lobby a tacere quando c’è da scriverne in modo serio. Quando i lobbisti trasparenti segnalano un abuso  ti dicono che non è notiziabile.

Ma che fine hanno fatto i Disegni di legge di Quagliariello e D’Alia, incaricati proprio da Letta?

Non sono andati avanti. Se vogliamo essere più precisi, i disegni di legge che sono più organici, che a nostro parere individuano meglio l’impostazione del problema, sono quelli presentati alla Camera dall’On. Antonio Misiani e quello presentato al Senato da Francesco Verducci. Partono da un’impostazione, fondamentale: il primo articolo definisce l’attività di lobbiyng come attività concorrente alla formazione delle decisioni pubbliche ispirata ai principi di trasparenza e correttezza. Se si tratta di  un’attività concorrente alle decisioni pubbliche, allora c’è  l’ esigenza di fare una legge severissima nei confronti dei lobbisti e dei decisori pubblici. Noi chiediamo, come associazione Il Chiostro, che la vigilanza sul registro futuro e sull’intera attività dei lobbisti sia affidata all’Autorità Nazionale anti-corruzione. Non perché il lobbismo abbia a che fare con la corruzione, ma perchè I lobbisti seri non hanno nulla da temere e perchè controlli più severi servono, spesso, non tanto sui lobbisti quanto su alcuni loto interlocutori pubblici. E quindi è bene che sia l’Anac a vigilare.

Sembra quasi che sia lo Stato a non ascoltare le vostre richieste di trasparenza…

Nella mancanza di trasparenza prospera di tutto. Ci sono tanti che ne traggono vantaggio: c’è chi non vuole far sapere cosa fa, non per nascondere atti illegali, ma perché in questo modo si possono fare giochi di potere (non parlo di tangenti o simili). Con la trasparenza tutto questo deve venir fuori. Noi abbiamo chiesto di essere interpellati, abbiamo avuto un’audizione al Senato, ed è stato molto utile. Ora dobbiamo stringere i tempi. Non chiediamo una legge perfetta: ci sarà modo di migliorarla. Intanto però che si voti una buona legge. Per esempio gli Usa hanno iniziato a legiferare nel 1936, poi nel 1946, poi nel 1995, infine sotto Obama, e aggiornano continuamente. E’ una materia complicatissima, perché andiamo a toccare il cuore della vita democratica, dove gli interessi si legano al tema dell’interesse generale, e dobbiamo affrontare anche il  problema del finanziamento  alla politica.

Adesso che il finanziamento pubblico è stato abolito, saranno i privati che finanzieranno i partiti…

Si. La legge è questa, bisogna prenderne atto e regolarsi di conseguenza. In realtà dalla fondazione della nostra associazione, circa otto anni fa, tutti coloro che si iscrivono al Chiostro firmano l’impegno di rispettare un codice etico. In questo codice c’è una norma (art.10) che dichiara che i lobbisti si astengono da qualsiasi attività di finanziamento della politica. Noi vorremmo che questo divieto fosse previsto per legge,. Personalmente sono contrario a questa formula di finanziamento privato alla politica, ero per il finanziamento pubblico attraverso regole molte severe e con dei tetti molto rigidi. Ritengo che rappresentare interessi particolari sia un atto indispensabile, non solo per l’azienda ma anche per la democrazia. Se non si conoscono gli interessi particolari, come si fa a decidere in nome dell’interesse generale? Anche alla luce dell’esperienza americana, un’eccessiva presenza di finanziamento privato può pesare. Gli Usa sono nati così e vanno avanti così. Però hanno un sistema rigoroso di vigilanza. In Italia, siccome sappiamo che la certezza della pena non c’è, abbiamo chiesto sanzioni pecuniarie elevatissime. Secondo il disegno di legge di Misiani e Verducci, il  lobbista che pratica l’attività senza essere iscritto al registro obbligatorio dovrebbe pagare una multa da 50mila a 250mila euro. Non solo sanzioni pecuniarie, se non nascono fattispecie di reato, ma anche procedimenti disciplinari che possono arrivare alla radiazione dal registro. In quel caso abbiamo chiesto che la notizia della radiazione venga pubblicata su due quotidiani nazionali a spese di colui che viene radiato.

Fonte: L’Indro

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Legge sulle lobby, il tempo è ormai scaduto (Lettera43) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/legge-sulle-lobby-il-tempo-e-ormai-scaduto-lettera43/ Wed, 24 Sep 2014 16:02:43 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2509 (Gianluca Comin*) Trasparenza. Incompatibilità. Autorevolezza del controllore. I punti fermi del testo che Renzi deve mettere nero su bianco. Dopo i tentativi a vuoto di Prodi, Monti e Letta.

È giunto il tempo di mettere mano alla legge sulle lobby. Anzi il tempo è bello che scaduto. E ogni giorno di ritardo non fa che accrescere il divario di pensiero tra i legittimi “portatori di interessi” e una volgata comune che li definisce faccendieri. In mezzo, le istituzioni e i funzionari pubblici che un po’ resistono e un po’ si lamentano dell’invadenza dei lobbisti.
Quindi, basta polemiche e rivendicazioni: si metta a punto un testo e si porti all’approvazione in tempi non biblici, perché comunque arriveremo tardi, persino dopo il Cile che proprio quest’estate ha reso operativo un regolamento stringente, ideato dal governo di destra di Piñera e approvato da quello di sinistra della Bachelet.

SERVE IL CORAGGIO DI RENZI. Nel mondo dei professionisti in realtà si è convinti che questa è #lavoltabuona. Dopo i tentativi del governo Prodi (2007), di Monti (2012) e di Letta (2013) ci vuole il coraggio e la capacità di innovazione di Renzi per rompere luoghi comuni e mettere nero su bianco un testo che ci renda pari agli altri Paesi europei, se non agli Stati Uniti.
Ora si aprirà un fitto dibattito sui dettagli e il sasso l’ha già lanciato nei giorni scorsi con competenza il professor Pierluigi Petrillo, autore tra l’altro dell’unico albo ancora in vigore (ma ben poco applicato), quello del ministero dell’Agricoltura introdotto dall’allora ministro Mario Catania. Mettiamo qualche punto fermo.

1. Trasparenza. È l’ingrediente principale di qualsiasi regolamentazione. Che poi avvenga con un albo al quale obbligatoriamente iscriversi, con un registro volontario o con altre formule sono dettagli. È importante che si sappia che Mario Rossi rappresenta quel gruppo di interessi aziendali, sindacali, associativi, ecc. Altrettanto trasparente deve essere il processo legislativo. Il governo Renzi è sulla buona strada. Il power point seguito da un fitto dibattito online con gli interessati assomiglia alle tecniche europee del libro verde e delle consultazioni regolare. Poi però il processo legislativo da noi e non da ora diventa opaco, spesso in mano a funzionari che anche la politica ha difficoltà ad indirizzare. Quindi trasparenza nel ruolo e nel drafting legislativo. Un esempio? Eccolo.
2. Incompatibilità. Se Paola Bianchi fa la parlamentare, l’assistente parlamentare, il funzionario o il dipendente pubblico, ma anche se fa la giornalista, non può fare la lobbista. Rendiamo netta la separazione e, secondo alcuni, introduciamo anche la norma sul revolving door già in vigore per le autority che impone un periodo di astensione nel passaggio dal pubblico al privato? Su questo punto ho dei dubbi. Secondo me basta la trasparenza, cioè il sapere che Paola Bianchi è una ex parlamentare e si occupa di infrastrutture. Vedremo.
3. Autorevolezza del controllore. Perché la legge non rimanga lettera morta qualcuno si deve occupare a certificare che Mario Rossi è un lobbista ed a rendere cogenti le norme applicate. Può essere una Agenzia, una Autority o la presidenza del Consiglio. Basta andare a vedere quello che fanno gli inglesi, che con una rigorosa selezione hanno nominato, per la presidenza del Registro pubblico dei lobbisti, Alison White (ex Royal Mail, ex Federfarma britannica, ex Business Link West Midlands , ex Ordine degli odontoiatri, quindi esperienza pratica e non figura da astratto legalese) la cui prima dichiarazione è stata: «Mi piace pensare di essere un osso duro. Sono una persona molto resistente e determinata». Rispondeva al labourista Paul Flynn le cui parole sentiamo spesso echeggiare anche nelle nostre aule parlamentari: «I lobbisti sono persone molto preparate, persuasive e ambigue. Stai per prendere clienti molto difficili. Cosa c’è nella tua esperienza che ti può suggerire come affrontare questi mostri?».

* Professore di Strategie di Comunicazione, Luiss, Roma

Fonte: Lettera43.it

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Lobbista scettico. Follow up al “che fare” di Petrillo (The Front Page) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/lobbista-scettico-follow-up-al-che-fare-di-petrillo-the-front-page/ Mon, 22 Sep 2014 21:46:30 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2518 (Massimo Micucci) Non so se ammiro più la preparazione o la pazienza del professor Pier Luigi Petrillo che scrivendo su Formiche.net ha riproposto un approccio razionale e pratico al tema della regolamentazione della attività di Lobbying.

Non nascondo un qualche scetticismo. Finora l’atteggiamento dei decisori é stato per lo più superficiale, saltuario e inconcludente. Dare regole e spazio alla rappresentanza di interessi non è l’esigenza di una categoria di professionisti, ma una necessità del paese e del governo. Gli stati avranno sempre meno risorse e meno potere ma i cittadini saranno più esigenti. Si dovrà fare meglio con meno. Dal lavoro, al welfare ai servizi si dovrà contare sull’impegno attivo della società. Se la rivoluzione promossa dal premier si limitasse al pur indispensabile attivismo legislativo, amministrativo e di governo, i risultati sarebbero comunque effimeri e deludenti. Perché?

Matteo Renzi ripete spesso che la sua bussola sono “Marco, Dario e Margherita”: le persone e non i sindacati, o i politici, i “lobbisti”. Nella società di oggi verso la quale egli mostra più sensibilità e assonanza di ogni leader precedente non c’è “accountability” verso le persone senza “engagement”. Cioè se si chiama in causa il cittadino la disintermediazione é solo una premessa, la trasparenza è un dovere, ma per mettere fine alla lamentela, rilanciare fiducia e crescita ci vuole un interesse concreto, visibile e di prospettiva, da parte dei cittadini e delle imprese. La rappresentanza di interessi dunque deve poter (e saper) fare la sua parte.

Quando si parla di lobbies si intende spesso “retaggi, corporazioni, spinte o poteri di interdizione”. Prendiamone atto perchè , ahimè, i lobbisti più potenti sono quelli meno visibili. Quando si parla di regolamentare peró non è che si vogliono fare più accettabili e controllati “i cattivi”. Le regole servono a dare opportunità e forme di partecipazione agli interessi privati legittimi per farli esprimere liberamente ed interagire con i decisori pubblici. La politica poi decide. Questa è l’essenza di una società libera e dinamica.

La politica più innovativa e illuminata non nasce “imparata”. La politica ha bisogno che “Marco, Dario e Margherita”- per riprendere ancora la narrazione del Presidente del Consiglio- possano parlare e si impegnino nel loro futuro. Il ruolo e la responsabilità che la politica torna ad esercitare non deve essere un ritorno all’autosufficienza, al primato sulla società. Nella società ci sono conoscenze, esperienze, competenze che possono aiutare il governo delle cose. Una nuova classe dirigente dunque non ha bisogno di vecchi maestri, ma di rispettare ed ascoltare la società più di chi l’ha preceduta pur rieservandosi di scegliere.

Se si pensa che i privati debbono investire, bisogna saperci ragionare. Non baste fare leggi e vedere se funzionano. Insomma un governo dell’ottimismo ha bisogno di lobbisti del futuro. Non ci interessa tanto essere riconosciuti come professionisti, nè inventare nuove intermediazioni, ma che gli interessi si confrontino con le decisioni politiche alla luce del sole. Quelli che si attardano a cercare un percorso preferenziale, amicale s’illudono.

Il confronto tra interessi va evidenziato senza demonizzarlo affinché le decisioni politiche siano consapevoli. Anche per liberare spazi grigi ed ipocriti di lobbying “con gli interessi degli altri” come le redazioni dei giornali, le aule dei tribunali e i circoli di cronies. Lasciare inespressi e nascosti gli interessi o fingere che la politica rappresenti per diritto divino un interesse generale, è una menzogna pericolosa ed inutile. Regolare l’attività di Lobbying dunque è semplicissimo, come ha scritto il professor Pier Luigi Petrillo, “banale”. In poche mosse:

  • Un decreto per il governo. Penso si possa fare per decreto una regolamentazione da Palazzo Chigi analoga a quella già sperimentata presso il MIPAAF. Albo di trasparenza, con impegni e vantaggi chiari : avrebbe effetto subito ed un carattere parziale ma vincolante in applicazione della norme Bassanini che obbligano già alla consultazione degli stakeholders.
  • Un regolamanto per le Camere. Si può (analogamente) intervenire sul piano dei regolamenti presso le Camere. Una legge che raccolga tutto avrà invece bisogno di tempo, ma i principi sono chiari ed estensibili: lobbisti e stato in trasparenza entrambi
  • Regole sul confilitto di interessi Si tratta infine di regolare confilitti di interessi ancor più che bloccare le cosiddette ”sliding doors”. Poiché secondo me i rappresentanti del popolo sono lavoratori a tempo determinato, non mi sento di imporre di non lavorare in settori contigui alla loro attività legislativa se non in casi particolari e per un periodo breve.
  • Parità. Tutti i portatori di interessi sono su un piano di parità
  • Reciprocità nelle trasparenza. Qualunque regola si pensi per chi rappresenta gli interessi , deve esserci reciprocità , deve comportare obblighi di consultazione da parte di chi decide. Io ti propongo: tu mi rispondi. Sono i decisori al servizio di cittadini ed imprese non il contrario.

Postilla democratica: si può fare tutto presto e bene. Andrebbe però fatto un chiarimento definitivo, che vale anche per molte altre questioni: fare impresa, rispettando le regole, è un valore positivo e socialmente rilevante, come studiare, lavorare, costruire una famiglia, fare volontariato e non una concessione inevitabile. La collaborazione tra pubblico e privato è linfa vitale del rinnovamento.
Fonte: The Front Page

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Lobby, cominciamo a fare sul serio? (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/lobby-cominciamo-a-fare-sul-serio-formiche/ Thu, 18 Sep 2014 18:31:29 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2487 Il secondo di una serie di approfondimenti su lobby e regolamentazione su Formiche.net a cura di Pier Luigi Petrillo, professore associato di Diritto pubblico e docente di Teorie e tecniche di Lobbying

Ecco la seconda parte dell’intervento del prof. Petrillo. La prima parte si può leggere qui.

Le opzioni di intervento sembrano essere prevalentemente 3: le prime due più “soft”, potenzialmente approvabili in pochissimo tempo; la seconda più “hard” ma più seria.

1) L’opzione-esempio (una sorta di Negroni)
Consapevoli che un disegno di legge in Parlamento rischierebbe di arenarsi, il Presidente del Consiglio può con proprio Decreto regolamentare il rapporto tra Pubblica Amministrazione e lobbisti. Ovviamente tali norme varrebbero solo per Palazzo Chigi, i Ministeri e le Società controllate dalle Stato. Non sarebbe comunque poco ma soprattutto darebbe il buon esempio. Una sorta di sveglia per il Parlamento e il modo migliore di rispondere ai #gufi.

2) L’opzione-esempio invertito (il Negroni sbagliato, ovviamente)
Consapevoli che il Governo non ha voglia di intervenire sul punto, i Presidenti di Camera e Senato intervengono d’imperio, esercitando i poteri d’interpretazione dei regolamenti parlamentari loro attribuiti. Possono così disporre, ad esempio, regole d’accesso pubbliche e trasparenti per i lobbisti ovvero (a mero titolo d’esempio) impegnare i parlamentari a rendere pubblici gli incontri avuti. Gli stessi effetti potrebbero essere prodotti, più democraticamente, facendo approvare una risoluzione dalle rispettive assemblee oppure, per essere ancora più democratici, modificando i regolamenti parlamentari (come propose il sen. Andreatta nel lontano 1988). E’ l’esempio francese dove, da quattro anni, esiste una regolamentazione delle lobby presso l’Assemblea Nazionale introdotta con una risoluzione parlamentare. In questo modo sarebbe il Parlamento a dare la sveglia al governo …

3) L’opzione “all inclusive” (quindi impossibile … una vera Caipirinha)
Il governo presenta alle Camere un disegno di legge, dichiarandolo urgente così da essere calendarizzato in tempi certi. Poiché ci va di sognare, possiamo anche ipotizzare che con questo provvedimento il Legislatore corregga le numerose norme già vigenti ma totalmente disapplicate che dovrebbero imporre trasparenza e partecipazione in taluni procedimenti pubblici. Sempre in questo contesto, si dovrebbero modificare le assurde norme sul finanziamento della politica da parte dei privati.

Ci si chiede: possono esserci altri percorsi normativi? E tra quelli sopra individuati, quale sarebbe l’opzione preferibile?

Fonte: Formiche

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Soldi & politica: così cresce il rischio “neo-feudale” (Avvenire) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/soldi-politica-cosi-cresce-il-rischio-neo-feudale-avvenire/ Wed, 17 Sep 2014 07:18:47 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2421 (Flavio Felice & Fabio G. Angelini) Più volte abbiamo ragionato sui rischi che si celano dietro la «logica statalista» che assegna alla politica il monopolio sulla società. Oggi vorremmo sottolineare un fenomeno speculare, che di quella è figlio naturale: si tratta della «logica neo-feudale» che declassa il ruolo della politica a guardiano degli interessi corporativistici delle lobby.

Questo è un tempo di molti e diversi rischi. Più volte – muovendo dalla prospettiva sturziana, popolare e liberale, tipica dell’economia sociale di mercato – abbiamo ragionato su quelli che si celano dietro la «logica statalista» che assegna alla politica il monopolio sulla società. Oggi vorremmo sottolineare un fenomeno speculare, che – a ben vedere – di quella è figlio naturale e legittimo: si tratta della «logica neo-feudale» che declassa il molo della politica a guardiano degli interessi corporativistici delle lobby.

L’inchiesta che “Avvenire” ha sviluppato sui finanziamenti ai partiti e sulla regolamentazione delle attività lobbistiche testimonia il segnale preoccupante di un sistema opaco e intriso di conflitti di interesse che non solo non fa bene alla nostra democrazia, ma innesca il più classico dei circoli viziosi, per cui istituzioni politiche “estrattive” generano istituzioni economiche della stessa natura che finiscono per perpetuare e rinforzare le prime, a danno della democrazia e dello sviluppo sociale ed economico.

La sveglia lanciata va ben oltre la (pur cruciale) tematica della trasparenza, finendo per incidere – su queste colonne è già stato rimarcato – sulla qualità e sullo stesso funzionamento delle nostre istituzioni, sulla loro capacità di soddisfare i bisogni dei cittadini. Non a caso, è proprio sul terreno della trasparenza del processo decisionale politico che è possibile riconoscere un’istituzione “estrattiva” (che concentra potere e ricchezza nelle mani di pochi) da una “inclusiva” (che potere e ricchezza tende, al contrario, a ridistribuire).

Parlare di riforma delle istituzioni e della pubblica amministrazione senza porre alla base una “vera” e ben calibrata riforma della politica (owero, dei partiti, del loro finanziamento e della legge elettorale) rappresenta un velleitario esercizio di vuota retorica, incapace di rompere quel circolo vizioso di cui il Paese è, da tempo, ostaggio. A nostro parere c’è un campo nel quale, meglio di altri, è possibile cogliere l’essenza di tale discorso: quello della semplificazione amministrativa.

Dagli anni Novanta ai giorni nostri, man mano che i partiti tradizionali si andavano frantumando sotto i colpi della corruzione e delle conseguenti inchieste giudiziarie, sostituiti da cartelli elettorali e partiti post-ideologici, fondati su invadenti leadership personali, il mito della semplificazione amministrativa è diventato il mantra di qualsiasi programma politico. Dopo tanti fallimenti, crediamo che la difficoltà di semplificare le procedure amministrative sia figlia dell’incapacità del sistema politico di gerarchizzare il quadro degli interessi confliggenti attraverso il loro bilanciamento e la scelta di precise priorità politiche. La gerarchizzazione degli interessi comporta, infatti, l’assunzione di responsabilità e l’eventualità che si perda consenso.

Tali scelte, attraverso un trasparente processo legislativo, dovrebbero trovare la propria traduzione nelle leggi e, con riferimento al caso concreto, nell’attività posta in essere dalla pubblica amministrazione nel rispetto del principio di legalità. Proprio la degenerazione del quadro politico e l’incapacità di assumere precise scelte di indirizzo politico, in un contesto istituzionale che non garantisce né la responsabilizzazione sui risultati, né il pieno controllo democratico da parte dei cittadini, sono alla base dell’espansione incontrollata della discrezionalità (e spesso “parzialità”) della pubblica amministrazione e della proliferazione dei centri di potere burocratico che bloccano il Paese,minando la certezza del diritto e dando luogo a gravi forme di disparità di trattamento nell’accesso ai servizi pubblici.

Al costo del non decidere, integralmente a carico dei cittadini e delle imprese, corrisponde dunque il dividendo “neo-feudale” del non decidere che, per il sistema politico, si traduce nella conservazione del potere a vantaggio di pochi e a discapito dei molti. Una forma di irresponsabilità politica che produce effetti devastanti non solo in termini morali, ma anche sul fronte economico, rendendo l’Italia più povera e più inerme nei confronti dei competitori internazionali, nonché incapace di attirare gli investimenti stranieri; è questa, peraltro, una potente concausa della mancata crescita nel nostro Paese.

Al contrario, all’interno di un contesto istituzionale inclusivo, semplificare significherebbe individuare, attraverso un trasparente processo decisionale politico, un determinato bilanciamento tra tutti gli interessi in gioco che, una volta recepito in una legge, l’amministrazione sarebbe chiamata a realizzare in riferimento al caso concreto, con gli strumenti che le sono propri.Qualsivoglia intervento nella direzione di rendere più efficienti le nostre istituzioni, perciò, dovrebbe focalizzarsi su una vera riforma della politica, dei suoi processi decisionali e delle sue relazioni con i portatori di interesse. L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, così come è stata realizzata, in assenza di una chiara regolamentazione delle attività lobbistiche, non va affatto in tale direzione. Così com’è, essa non potrà che aggravare quel circolo vizioso che, rendendo opaco il processo decisionale, incide sulla macchina amministrativa, alimentando il germe estrattivo del nostro sistema istituzionale a discapito dei cittadini, delle imprese e di un equilibrato sviluppo.

Leggi l’inchiesta di Avvenire

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Riforme, Delrio: diritti civili e lobby si faranno ma sui tempi non so (PublicPolicy) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/riforme-delrio-diritti-civili-e-lobby-si-faranno-ma-sui-tempi-non-so-publicpolicy/ Tue, 16 Sep 2014 18:38:59 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2396 Renzi ne ha parlato in aula e la proposta del governo sui diritti civili e sulla regolamentazione delle lobby (ma il premier in aula ha parlato solo di diritti civili; Ndr) si farà entro i mille giorni”.

A dirlo a Public Policy è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, uscendo dall’aula della Camera al termine del discorso di Renzi. Dunque le proposte non saranno varate dal governo entro settembre, come annunciato dal premier? “Sui tempi non sono in grado di dire niente“, ha concluso Delrio.

Fonte: Public Policy

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