rapporto – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Transparency International boccia la Spagna: necessaria la regolamentazione delle lobbies http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/transparency-international-boccia-la-spagna-necessaria-la-regolamentazione-delle-lobbies/ Thu, 25 Sep 2014 19:42:27 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2493 (Giovanni Gatto) La Spagna finisce “dietro la lavagna” per non aver condotto sforzi coerenti e decisi per la regolamentazione del fenomeno lobbistico. È oscuro il quadro del sistema di regolamentazione delle lobby dipinto dalla ONG Transparency International – Spagna, in occasione della presentazione del rapportoUna valutazione delle lobby in Spagna – analisi e proposte”, presso la sede di Madrid della Fondazione Ortega-Marañón.

In particolare la regolamentazione del lobbying si è rivelata “praticamente inesistente” per tre aspetti cruciali: la trasparenza, l’integrità e la parità nell’accesso. Il rapporto ha assegnato un punteggio su una scala di 100 ai tre elementi fondamentali del fenomeno: i risultati sono stati molto deludenti e hanno configurato una situazione che potrebbe essere risolta, secondo i 15 suggerimenti portati avanti della ONG, solo attraverso la pronta ripresa delle discussioni sul una regolamentazione unitaria e organica sulle lobby, uno strumento strategico per la crescita del Paese, che possa dare un vantaggio competitivo nel continuo tentativo di uscire dalla crisi, se attuato in maniera etica e trasparente.

Il problema più preoccupante per il sistema lobbistico spagnolo è risultato essere l’assenza di trasparenza, sia da parte dei gruppi di pressione privati che da parte dei decisori e degli operatori pubblici: solo 10 i punti percentuali garantiti dalle attuali norme in materia. In particolare, ai decisori pubblici o politici è richiesto di mettere in luce i propri rapporti con i rappresentanti degli interessi e di riferire le loro agende; ai lobbisti è invece richiesto di registrare la propria presenza all’interno delle istituzioni (nazionali e regionali) e il prodotto delle loro attività di studio e documentazione. Al Governo è richiesta un’analisi dei rischi associati al fenomeno della corruzione e dell’opacità delle lobby, fenomeno che porta a un notevole dispendio di risorse sia in investimenti errati, che in mancati guadagni.

Non va meglio per quanto riguarda l’integrità: il fenomeno frequente delle “revolving doors”, ossia del passaggio dal ruolo in amministrazioni pubbliche a quello nel management di un’azienda, porta il punteggio totale della valutazione di TI al 35%. In questo caso è suggerita l’applicazione di codici di condotta all’interno delle istituzioni, in particolare le assemblee elettive nazionali e locali. Queste norme, in realtà, sono previste dall’ordinamento spagnolo ma, come accade spesso in altri Paesi di cultura latina (caso lampante: l’Italia, ma anche Messico e Cile), non sono rispettate nei modi e nei tempi adeguati.

Un punteggio ancora inferiore viene dato alla parità d’accesso: la Spagna raggiunge solo il 17% in quanto a possibilità di partecipazione al processo decisionale da parte degli attori economici e politici. A capo del team che ha condotto lo studio sulle lobby in Spagna, che comprendeva il direttore dello studio, Manuel Villoria, il coordinatore Ana Revuelta, i ricercatori Esteban Arribas e Elena Herrero-Beaumont e il vice presidente della fondazione Ortega-Marañón, Jesús Sánchez-Lambas, il presidente di Transparency International Spagna, Jesús Lizcano, in conclusione dei lavori ha affermato: “la figura della lobby, intesa come gruppo di pressione a favore di determinati interessi è positiva per il funzionamento della democrazia, se sviluppata con la trasparenza e l’integrità e un quadro per garantire l’inclusione di tutti i segmenti della società. La mancanza di regolamentazione delle lobby aumenta il rischio di cadere in pratiche inappropriate, come traffico d’influenza o corruzione”.

Il punteggio totalizzato dalla Spagna in merito alla trasparenza del lobbying è pari solo al 21%. Altri, impietosi, numeri raccontano, da un lato, la percezione che i cittadini spagnoli hanno delle lobby; dall’altro, il reale grado di incidenza della corruzione sull’economia del Paese iberico. Secondo l’Eurobarometro 2013, il 77% degli spagnoli ritiene che la corruzione è parte della cultura d’impresa del paese, mentre il 67% ritiene che l’unico modo per avere successo siano le connessioni politiche intessute tra decisori e gruppi di pressione. L’84% degli spagnoli crede che la corruzione e le connessioni siano il modo più semplice per ottenere servizi pubblici. Questa percezione è condivisa anche dalle imprese spagnole: il 91% vede collegamenti eccessivi tra denaro e politica, e il 93% crede che la corruzione e i favoritismi danneggino le contrattazioni. Anche in Europa la percezione del fenomeno è negativa. Oltre il 50% dei cittadini crede che il loro governo sia in gran parte o del tutto guidato da alcuni potenti interessi, mentre l’81% dei cittadini europei ritiene che eccessivi contatti commerciali tra affari e politica generino corruzione nel proprio Paese.

Si potrebbe però dire che “non tutte le lobby vengono per nuocere”: una ricerca condotta da Burson-Marsteller e Cariotipo M5H tra vari membri di organi politici spagnoli ha riportato che, per il 56% di questi ultimi, incontrare i rappresentanti di interesse sia “auspicabile e perfino obbligatorio” per il loro lavoro, e l’86% ritiene la lobby “un contributo allo sviluppo della politica”. Tra i suggerimenti di Transparency International Spagna, raggruppati in 15 punti, vi sono la creazione di un registro dei lobbisti, che deve obbligatoriamente registrare tutte le persone che esercitano attività di lobby a livello nazionale e regionale, nonché la creazione di un organismo vigilante e indipendente dal potere sanzionatorio.

In realtà in Spagna il procedimento di regolamentazione delle lobby ha fatto passi decisi negli ultimi mesi. A inizio anno, il premier Rajoy ha dato l’impulso per una regolamentazione unitaria, sintetica e onnicomprensiva del fenomeno lobbistico, con l’obiettivo di migliorare gli standard di trasparenza e partecipazione dei gruppi di interesse in politica. Nei mesi successivi, però, il governo ha rallentato la corsa per l’istituzione di un registro obbligatorio per i lobbisti e l’attuazione di regole di trasparenza per i decisori, inserendo le proposte legislative nel quadro del Piano governativo di Rigenerazione Democratica, che avrebbe portato a modifiche del Regolamento della Camera bassa, frutto di un compromesso tra Partito Popolare e Convergencia i Unió.

Lo scorso maggio, dopo un’impasse di qualche mese dovuta alle elezioni europee, il tema è tornato in auge grazie all’iniziativa dell’APRI, l’associazione dei professionisti delle relazioni istituzionali spagnola a cui aderiscono 55 partner i quali, forti degli studi portati avanti dall’OCSE e dall’Unione Europea, hanno messo in campo il loro “potenziale di fuoco” nei confronti delle istituzioni. “Quanto maggiore è la trasparenza e la regolamentazione sulla lobby, tanto più è avanzata la democrazia in un Paese”, le parole della lobbista di Cariotipo MH5 Carmen Mateo. “Abbiamo proposto che la registrazione sia obbligatoria, con un emendamento alla legge sulla trasparenza e contrario ad ogni gruppo parlamentare”, ha ricordato Jordi Jané, deputato del partito Convergencia i Unió. “Dei 6500 lobbisti iscritti al Registro per la trasparenza europeo, oltre 300 sono spagnoli”, ha affermato Carolina Carbonell, Direttrice Generale dell’Istituto Internazionale di Diplomazia Corporativa e del Corporate Diplomacy & Public Affairs Executive Program dell’americana Schiller International University. E proprio la regolamentazione comunitaria rimane il modello prediletto per il legislatore spagnolo, nel tentativo di evitare scandali legati alla corruzione e ricostruire con precisione il processo che sta alla base della formazione delle leggi.

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Lobby, D’Alia: Presto ddl governo per distinguere professionisti da faccendieri http://www.lobbyingitalia.com/2013/06/lobby-dalia-presto-ddl-governo-per-distinguere-professionisti-da-faccendieri/ Tue, 25 Jun 2013 11:26:01 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1596 Il ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione, Gianpiero D’Alia, ha ricevuto Robert Mack, presidente della divisione europea del Public Affairs di Burson-Marsteller, società leader nel mercato mondiale delle pubbliche relazioni e della comunicazione. L’occasione è stata data dalla presentazione del V Rapporto sulle attività di Lobbying in Europa, una ricerca che ha coinvolto oltre 600 politici (parlamentari nazionali ed europei, con alti esponenti dei governi nazionali e delle istituzioni della Ue) provenienti da 20 Paesi europei e dall’area di Bruxelles. “L’indagine presentata oggi – ha affermato D’Alia – è una ulteriore conferma della necessità avvertita da questo governo di intervenire per regolamentare le attività di lobbying”.

Sono convinto – ha aggiunto – che una buona democrazia debba fondarsi su un confronto trasparente degli interessi legittimi in campo. Da questo punto di vista, dopo anni di scandali, è venuto il tempo che si possa distinguere il professionista della lobby dal cosiddetto faccendiere, incoraggiando i valori della trasparenza e dell’impegno etico e perseguendo tutte quelle opacità che inquinano il rapporto fra Pubblica Amministrazione e imprese”.

I risultati della ricerca hanno rilevato che quasi il 90 per cento dei politici italiani intervistati sono convinti che le attività di lobbying non siano sufficientemente regolamentate nel nostro Paese, contro una media europea del 56 per cento. Inoltre, il 30 per cento dei policy maker che hanno aderito all’iniziativa sono convinti che il processo di regolamentazione sarà avviato entro i prossimi tre anni. In Europa la percentuale sale al 38 per cento ma resta sempre un dato residuale rispetto al totale. A conferma della necessità di una regolamentazione trasparente, l’83 per cento dei politici italiani intervistati ha sottolineato l’importanza dell’istituzione di un registro obbligatorio per i lobbisti, a fronte di una media europea del 53 per cento.

La richiesta dei parlamentari italiani – ha spiegato il manager di Burson-Marsteller, Robert Mack – è resa ancora più urgente dal dato relativo all’importanza che la Lobby riveste nelle attività politiche: secondo quanto sottolineato dallo studio a livello europeo, quasi 9 intervistati su 10 si sono detti d’accordo o fortemente d’accordo con l’affermazione secondo cui un’attività di lobbying etica e trasparente aiuta l’attività legislativa”.

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