public policy – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Ddl lobby, emendamenti a go go http://www.lobbyingitalia.com/2016/05/ddl-lobby-emendamenti-senato/ Tue, 03 May 2016 17:12:44 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3311 Tanto tuonò che piovve (forse). Per ora sono solo emendamenti quelli che piovono sul ddl lobby da due anni in discussione in Commissione Affari Costituzionali al Senato, che sembra – ripetiamo, sembra – avviarsi verso un confront serio e forse anche ad un’approvazione, dopo la fuga in avanti della Camera col suo (limitato) Registro dei portatori di interessi.

Traffico d’influenza: non è illecito ciò che è lecito

Il più interessante, e probabilmente fondamentale, è l’emendamento presentato dal senatore Pd Gianluca Susta, che va a specificare nel reato di traffico di influenze illecite che “non è illecita l’attività di rappresentanza degli interessi svolta in forma professionale, nei limiti e con le modalità previste dalla normativa vigente in materia, presso le istituzioni e le amministrazioni pubbliche e finalizzata alla partecipazione democratica ai processi decisionali ovvero all’elaborazione ed attuazione delle politiche pubbliche, nel perseguimento di obiettivi leciti, anche di natura non economica“.

Un Registro per tutte le istituzioni

Regolare anche l’attività di lobbying svolta nei confronti dei decisori politici degli enti locali, come i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali; i presidenti e i consiglieri delle Province e delle Città metropolitane; i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali. E’ quello che chiede un emendamento presentato dal senatore Pd Francesco Verducci, cui si aggiunge quello dalla senatrice Pd Laura Puppato  che vorrebbe estendere la valenza nei confronti di “collaboratori parlamentari” e “consiglieri parlamentari, componenti e vertici degli enti pubblici economici e non economici, consiglieri regionali e delle Provincie autonome di Trento e Bolzano“.

Ma l’emendamento Verducci va a sostituire l’intero articolo 2 sulle definizioni, aggiungendo ex novo la definizione di “portatori di interessi particolari”: “i datori di lavoro che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente con i rappresentanti di interessi particolari avente ad oggetto lo svolgimento dell’attività di relazioni  istituzionali per la rappresentanza di interessi, nonché i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi particolari uno o più incarichi professionali aventi ad oggetto” lo svolgimento dell’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi. A differenza della definizione attuale di “attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi“, definita solo come “ogni attività diretta a orientare la formazione della decisione pubblica, svolta anche attraverso la presentazione di proposte, documenti, osservazioni, suggerimenti, richieste di incontri“, la proposta Verducci è molto più articolata e si rivolge a chi svolge l’attività “professionalmente (come già accaduto per il provvedimento della Camera e come richiesto in altro emendamento dalla senatrice Pd Laura Fasiolo). La proposta esclude dalla definizione “le semplici richieste di informazioni sull’iter di un provvedimento legislativo o amministrativo, la partecipazione ad audizioni o a riunioni convocate o sollecitate” dai decisori pubblici.

Articolata e più inclusiva anche la definizione di “rappresentanti di interessi“. Oggi il ddl li definisce come i soggetti che svolgono attività di rappresentanza di interessi, rimandando a quella definizione. Dunque per Verducci i lobbisti sono “i soggetti che rappresentano presso i decisori pubblici, direttamente o indirettamente, su incarico dei portatori di interessi particolari, come definiti alla lettera, interessi leciti di rilevanza non generale, anche di natura non economica, al fine di incidere su processi decisionali pubblici in atto, ovvero di avviare nuovi processi decisionali pubblici, nonché i soggetti che svolgono, anche nell’ambito o per conto di organizzazioni senza scopo di lucro, ovvero di organizzazioni il cui scopo sociale prevalente non è l’attività di rappresentanza di interessi, per conto dell’organizzazione di appartenenza, l’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi“.

Diversa invece la proposta dei senatori Giuseppe Marinello (AP), presidente della commissione Ambiente, e   Antonio Milo (Conservatori e riformisti), che specifica come la rappresentanza di interessi sia la “attività, non sollecitata da decisori pubblici”.

Palla all’ANAC?

Sempre la senatrice Puppato  vorrebbe affidare all’Anac l’attività di controllo sulla trasparenza e la partecipazione dei rappresentanti di interesse ai processi decisionali pubblici. Attualmente il ddl affida questo compito ad un Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi, da istituire ad hoc, che un emendamento del senatore di Forza Italia, Lucio Malan, vorrebbe eliminare, senza però specificare a chi andrebbe il controllo!

Codice di condotta per lobbisti

La senatrice Puppato vorrebbe inserire tra i dati che i lobbisti dovranno riportare nella relazione annuale da consegnare al Comitato di vigilanza anche “le somme o altre utilità eventualmente elargite a titolo di erogazione liberale in favore di partiti, movimenti o gruppi politici organizzati, nei limiti della normativa vigente, nonché una dichiarazione che dette elargizioni non sono legate al conseguimento dell’interesse rappresentato“. Ma il senatore Pd Francesco Russo chiede l’istituzione nel codice di condotta dei lobbisti del “divieto di offrire al decisore pubblico qualsiasi tipo di compenso o altra utilità, ovvero regali, anche d’uso, di valore superiore a 150 euro l’anno“; e il “divieto di elargire a partiti, movimenti o gruppi politici organizzati somme o altre utilità a titolo di erogazione liberale“, in pratica vietando quindi il finanziamento diretto della politica da parte dei lobbisti registrati. Ossimori.

L’emendamento Russo sostituirebbe per intero l’articolo 5 del ddl che attualmente lascia ai lobbisti il compiti di definire un codice di condotta e di depositarlo insieme all’iscrizione al registro, precisando cosa deve prevedere il codice di condotta che nell’emendamento viene definito come un vero e proprio “codice deontologico. Il codice dovrà essere adottato dall’Anac e, oltre ai due divieti già menzionati, dovrà prevedere tra le alter cose: il divieto di rivendicare relazioni ufficiali con l’amministrazione nei loro rapporti con terzi; l’obbligo di identificarsi preventivamente sempre con il proprio nominativo ovvero con il nominativo che risulta nel Registro, dichiarando gli interessi che si rappresentano e gli obiettivi promossi;  l’obbligo di indicare i propri riferimenti e quelli dell’eventuale committente in tutti i documenti comunque consegnati o trasmessi al decisore pubblico; l’obbligo di rispettare i doveri di riservatezza nell’esercizio dell’attività; l’obbligo di fornire ai decisori pubblici informazioni corrette e non fuorvianti; il divieto di esercitare pressioni indebite (non è chiaro cosa voglia dire) nei confronti dei decisori pubblici. Il codice deontologico dovrà indicare infine “le sanzioni in caso di inosservanza dei doveri dei rappresentanti di interessi” e “le modalità di applicazione“.

O studi o fai il praticantato

Alessandro Maran e Francesco Verducci hanno presentato due emendamenti simili che mirano a inserire tra i requisiti per l’iscrizione al registro dei lobbisti il “possesso di una laurea specialistica o di un titolo specialistico equipollente ovvero dimostrare di aver maturato almeno due anni di esperienza continuativa presso un soggetto iscritto al Registro“. La proposta emendativa Maran, tra i requisiti, prevede anche la possibilità di aver acquisito esperienza “alle dipendenze di un gruppo parlamentare”.

Commissioni trasparenti

Tra le novità in ottica “positive”, e cioè dei vantaggi che i soggetti trarrebbero dall’iscrizione ci sarebbe – secondo alcuni emendamenti presentati da Pd, Cor e Ala – la possibilita per i lobbisti di assistere alle procedure informative e istruttorie del procedimento decisorio nelle forme stabilite dalla disciplina dell’organo competente. Inoltre, secondo quanto richiesto da due emendamenti dei senatori Pd Francesco Verducci e Francesco Russo, “Il decisore pubblico non può rifiutare di conoscere le proposte, le richieste, i suggerimenti e ogni altro genere di informazione, purché pertinenti all’oggetto dei processi decisionali, presentati dal rappresentante di interessi iscritto nel Registro“. Gli stessi emendamenti prevedono anche che “il decisore pubblico non può altresì rifiutare le richieste di incontro inoltrate da rappresentanti di interessi iscritti al Registro, se non attraverso risposta motivata, anche telematica“.

Diritti e divieti per i collaboratori parlamentari

Un emendamento del Pd – a prima firma Annamaria Parente ma sottoscritto da altri 28 senatori tra cui qualche M5s – vuole inserire  la disciplina del rapporto di lavoro tra i membri del parlamento e i loro collaboratori. A prevederlo è , presentato al ddl lobby in commissione Affari costituzionali Senato. L’emendamento inserisce l’incarico di collaboratore parlamentare tra quelli che fanno scattare l’incompatibilità con l’attività di lobbying (e qualche collaboratore  non sarà affatto contento…) e, contestualmente, aggiunge un capo II-bis per disciplinare il mestiere. Nello specifico l’emendamento regola anche il rapporto di lavoro tra i membri del Parlamento e i loro collaboratori e rinvia agli uffici di presidenza delle Camere il compito di disciplinare le modalità retributive dei collaboratori La retribuzione – secondo quanto si legge nell’emendamento – “non può essere inferiore ai minimi contrattuali o definiti dalla legge ovvero ad un equo compenso commisurato alla natura e all’orario della prestazione concordata tra le parti“.

Ancora audizioni

Secondo quanto riporta Public Policy, la settimana prossima inizierà, in commissione Affari costituzionali al Senato, un breve ciclo di audizioni sul ddl Lobby. Al termine delle audizioni, qualora emergessero esigenze particolari, potrebbe essere riaperta una breve finestra – al massimo 48 ore – per la presentazione di ulteriori emendamenti. 

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Lobby & Poltrone – Amazon, Spicciariello a capo delle relazioni istituzionali http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/lobby-poltrone-amazon-spicciariello-a-capo-delle-relazioni-istituzionali/ Wed, 13 Apr 2016 16:30:13 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3272 Amazon Italia ha nominato nel ruolo di Senior Public Policy Manager Franco Spicciariello, che va quindi a guidare le relazioni istituzionali centrali e locali del gigante dell’e-commerce e non solo.

Amazon, dalla scorsa estate il maggior retailer al mondo, è una presenza importante nel mercato italiano, anche a seguito dei notevoli investimenti che hanno portato allo sviluppo dei propri Centri di Distribuzione a Castel San Giovanni nel novembre 2011, il proprio Customer Service a Cagliari nel 2013, oltre ad essere presente con i propri uffici anche a Milano dall’ottobre 2012, con un totale di oltre 700 persone in tutta Italia. Una presenza sempre più diffusa quindi, che ha portato l’azienda americana, fondata da Jeff Bezos nel 1995, ad ingaggiare il suo primo responsabile per i rapporti istituzionali in Italia.

Spicciariello, manager classe 1972, si è laureato in Giurisprudenza e in Scienze della Comunicazione presso l’università LUMSA di Roma – dove oggi è docente di “Teorie e tecniche del lobbying istituzionale” alla facoltà di Giurisprudenza – specializzandosi poi presso Harvard e University of Massachusetts di Boston, e iniziando lì la propria carriera quale assistente parlamentare presso la State House del Massachusetts.

Tornato in Italia, ha seguito le relazioni istituzionali di Confcooperative, a riporto del Segretario Generale, per poi andare ad occupare il ruolo di Head of Lobbying della società di consulenza di public affairs Reti Spa. Successivamente è stato ingaggiato da Microsoft Italia nel ruolo di Government Affairs Manager, posizione nella quale ha seguito le relazioni istituzionali locali e supportato il business verso il Public Sector.

Nel 2008 fonda Open Gate Italia – di cui ora lascia il CdA – con altri due soci: l’ex capo delle strategie di Wind, Laura Rovizzi, e all’ex direttore della comunicazione di Sky, Tullio Camiglieri. Prima società italiana focalizzata sull’integrazione fra public & regulatory affairs e comunicazione strategica, la portano in pochi anni sul podio delle società di lobbying italiane, anche grazie ad alleanze internazionali con gruppi quali Grayling e Instinctif. In OGI Spicciariello ha seguito principalmente le practices ICT, sistema delle accise, food e sports business, con focus sulle attività di public affairs, PR e digital lobbying.  

 

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Public Policy_Ddl Concorrenza, a lavoro su Lobby. Verso testo snello con rinvio a DPCM http://www.lobbyingitalia.com/2016/03/public-policy_ddl-concorrenza-a-lavoro-su-lobby-verso-testo-snello-con-rinvio-a-dpcm/ Mon, 07 Mar 2016 12:25:20 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3186 (Public Policy) – Continua al Senato il lavoro dei relatori Salvatore Tomaselli (Pd) e Luigi Marino (Ap) per approntare il primo pacchetto di proprio emendamenti al ddl Concorrenza da presentare domani all’ora di pranzo in commissione Industria al Senato. Per quanto riguarda quello che dovrebbe introdurre norme sulle lobby, secondo quanto si apprende ci sarebbe un nuovo testo, molto “light”, validato da Palazzo Chigi e che rimanderebbe il grosso del lavoro a un dpcm.

Se l’originario e lunghissimo emendamento di Luis Orellana (ex M5s ora Autonomie) prevedeva l’istituzione di un registro nazionale pubblico a cui si dovrebbero iscrivere tutti i lobbisti, un codice etico e il divieto di svolgere attività di lobby ad esempio per giornalisti e amministratori delegati di aziende, il nuovo emendamento dei relatori dovrebbe essere molto snello e rimandare semplicemente l’istituzione del registro e la creazione di una normativa sulle lobby a un decreto del presidente del Consiglio.

Il cambio di orientamento sul punto, si apprende, sarebbe dovuto a una contrarietà del ministro Maria Elena Boschi sul testo Orellana, che porterebbe quindi a un emendamento molto più snello, che riporterebbe in capo a Palazzo Chigi la scelta delle norme da attuare.

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Riforme, Delrio: diritti civili e lobby si faranno ma sui tempi non so (PublicPolicy) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/riforme-delrio-diritti-civili-e-lobby-si-faranno-ma-sui-tempi-non-so-publicpolicy/ Tue, 16 Sep 2014 18:38:59 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2396 Renzi ne ha parlato in aula e la proposta del governo sui diritti civili e sulla regolamentazione delle lobby (ma il premier in aula ha parlato solo di diritti civili; Ndr) si farà entro i mille giorni”.

A dirlo a Public Policy è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, uscendo dall’aula della Camera al termine del discorso di Renzi. Dunque le proposte non saranno varate dal governo entro settembre, come annunciato dal premier? “Sui tempi non sono in grado di dire niente“, ha concluso Delrio.

Fonte: Public Policy

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Lobby, governo pensa a ddl: da giugno gruppo di lavoro e consultazioni (Public Policy) http://www.lobbyingitalia.com/2014/05/lobby-governo-pensa-a-ddl-da-giugno-gruppo-di-lavoro-e-consultazioni-public-policy/ Wed, 21 May 2014 18:40:58 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2332 (Sonia Ricci) Partirà dopo il 13 giugno, a seguito della presentazione del decreto Pubblica amministrazione (a cui sta lavorando il ministero per la Semplificazione), il gruppo di lavoro che dovrà predisporre un regolamento ad hoc sulle lobby. È quanto riferiscono a Public Policy fonti di Palazzo Chigi.

A quanto si apprende, il Governo Renzi potrebbe riproporre un nuovo disegno di legge, magari utilizzando come bozza quello predisposto dal Governo Letta e mai varato dal Cdm. In particolare, a quanto viene riferito, sono tre ministeri che se ne dovrebbero occupare: Pubblica amministrazione, Giustizia e Sviluppo economico. Ma sarà il dicastero della ministra Marianna Madia a guidare i lavori, che dovrebbero concludersi non prima di agosto.

L’avvio dei lavori è previsto anche dal Documento di economia e finanza. Nel Piano nazionale di riforme (una delle tre parti del Def) si legge: “Definire” a giugno 2014 “un provvedimento legislativo per regolare le lobby e le relazioni fra gruppi di interesse e istituzioni, a tutti i livelli”. La riforma viene prevista tra quelle riportate nella sezione “Trasparenza e garanzia dei diritti”.

Come detto, del tema di una regolamentazione delle lobby in Italia, però, non è il governo di Matteo Renzi a essersene occupato per primo. Infatti, già l’ex premier Enrico Letta aveva iniziato ad occuparsene con un apposito ddl governativo, più volte approdato in Cdm, ma mai uscito da Palazzo Chigi. “Di lavoro fatto – spiega a Public Policy una fonte di governo – ce n’è già tantissimo. Il gruppo del Governo Letta aveva già predisposto dei dossier su come funzionano le regolamentazioni delle lobby in tutto il mondo”.

Quindi il testo di analisi “è già stato scritto e contiene le 24 norme dei 24 Paesi che hanno introdotto una regolamentazione”. Per ogni Paese – aggiunge – “c’è una scheda di tre pagine, un’analisi molto abbondante”. Quindi “il nuovo testo potrebbe essere scritto anche in una settimana”. Oltre alla formazione del gruppo di lavoro, che dovrebbe partire dalla seconda metà di giugno, i ministeri dovrebbero anche convocare “le grandi e le piccole lobby, per delle consultazioni“.

Vita e morte del ddl del governo Letta – Il tema delle lobby è tornato alla ribalta a fine dicembre 2013, durante l’esame alla Camera della legge di Stabilità, dopo che il Movimento 5 stelle ha denunciato – con più post sul blog di Beppe Grillo – la presenza in Parlamento (e in particolare fuori dalle commissioni) di alcuni lobbisti. L’iter per regolamentare il settore parte il 24 maggio 2013 (sotto il governo Letta), quando il presidente del Consiglio presentò le linee sulle quali si doveva articolare il ddl in materia di attività delle lobbies e la rappresentanza degli interessi economici.

Successivamente, il 5 giugno, a poco più di un mese dall’avvio dell’esecutivo, si è riunito a Palazzo Chigi un tavolo tra le maggiori società di lobbying italiane e il segretario generale alla presidenza del Consiglio dei ministri Roberto Garofoli, con l’obiettivo di redigere un testo che regolamentasse l’attività dei cosiddetti “portatori d’interessi“.

Secondo le indiscrezioni, il provvedimento prevedeva l’iscrizione a un albo per i soggetti che intendessero “svolgere attività di rappresentanza di interessi particolari nei confronti dei decisori pubblici”. L’albo doveva essere istituito presso l’Autorità garante della concorrenza, che ha avrebbe avuto anche il compito di redigere un codice deontologico. Per accedere nelle sedi delle istituzioni, comprese quelle degli enti locali, il portatore d’interesse – secondo il vecchio ddl – avrebbe dovuto munirsi di un tesserino di riconoscimento rilasciato “secondo le modalità definite da ciascuna amministrazione”.

Tra gli obblighi previsti per i lobbisti anche quello di rendere le note le donazioni fatte ai partiti. Tra i punti sui quali il governo non è riuscito a trovare una sintesi c’era l’obbligo per i decisori pubblici di comunicare in una relazione annuale il nome dei lobbisti con i quali hanno intrattenuto relazioni e dai quali hanno ottenuto suggerimenti e consigli normativi, l’affidamento delle funzioni di controllo al Civit (ora trasformata in Anac) o all’Antitrust, e l’autodichia di Camera e Senato.

Durante il Consiglio dei ministri del 5 luglio 2013 da cui sarebbe dovuto uscire il testo, a un mese esatto dalla riunione con i lobbisti a Palazzo Chigi, Letta annunciò che al ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi era stato affidato “il compito di fare una ricognizione sulla regolamentazione delle lobby a livello europeo”. Una ricognizione, visto che del ddl se ne sono perse le tracce, evidentemente ancora in corso.

Fonte: Public Policy

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Lobby, nel DEF prevista riforma a giugno http://www.lobbyingitalia.com/2014/04/lobby-nel-def-prevista-riforma-a-giugno/ Wed, 09 Apr 2014 15:20:12 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2238 Definire” a giugno 2014 “un provvedimento legislativo per regolare le lobby e le relazioni fra gruppi di interesse e istituzioni, a tutti i livelli“. È quanto si legge nel Piano nazionale di riforme (una delle tre parti del Def) varato ieri dal Consiglio dei ministri. La riforma viene prevista tra quelle riportate nella sezione “Trasparenza e garanzia dei diritti”. Del tema di una regolamentazione delle lobby in Parlamento, però, non il governo di Matteo Renzi a essersene occupato per primo. Infatti, già l’ex premier Enrico Letta aveva iniziato ad occuparsene con un apposito ddl governativo, più volte approdato in Cdm, ma mai uscito da Palazzo Chigi.

VITA E MORTE DEL DDL DEL GOVERNO LETTA

Il tema delle lobby è tornato alla ribalta a fine dicembre 2013, durante l’esame alla Camera della legge di Stabilità, dopo che il Movimento 5 stelle ha denunciato – con più post sul blog di Beppe Grillo – la presenza in Parlamento (e in particolare fuori dalle commissioni) di alcuni lobbisti. L’iter per regolamentare il settore parte il 24 maggio 2013 (sotto il governo Letta), quando il presidente del Consiglio presentò le linee sulle quali si doveva articolare il ddl in materia di attività delle lobbies e la rappresentanza degli interessi economici. Successivamente, il 5 giugno, a poco più di un mese dall’avvio dell’esecutivo, si è riunito a Palazzo Chigi un tavolo tra le maggiori società di lobbying italiane e il segretario generale alla presidenza del Consiglio dei ministri Roberto Garofoli, con l’obiettivo di redigere un testo che regolamentasse l’attività dei cosiddetti “portatori d’interessi”

Secondo le indiscrezioni, il provvedimento prevedeva l’iscrizione a un albo per i soggetti che intendessero “svolgere attività di rappresentanza di interessi particolari nei confronti dei decisori pubblici“. L’albo doveva essere istituito presso l’Autorità garante della concorrenza, che ha avrebbe avuto anche il compito di redigere un codice deontologico. Per accedere nelle sedi delle istituzioni, comprese quelle degli enti locali, il portatore d’interesse – secondo il vecchio ddl – avrebbe dovuto munirsi di un tesserino di riconoscimento rilasciato “secondo le modalità definite da ciascuna amministrazione“.

Tra gli obblighi previsti per i lobbisti anche quello di rendere le note le donazioni fatte ai partiti. Tra i punti sui quali il governo non è riuscito a trovare una sintesi c’era l’obbligo per i decisori pubblici di comunicare in una relazione annuale il nome dei lobbisti con i quali hanno intrattenuto relazioni e dai quali hanno ottenuto suggerimenti e consigli normativi, l’affidamento delle funzioni di controllo al Civit (ora trasformata in Anac) o all’Antitrust, e l’autodichia di Camera e Senato. Durante il Consiglio dei ministri del 5 luglio da cui sarebbe dovuto uscire il testo, a un mese esatto dalla riunione con i lobbisti a Palazzo Chigi, Letta annunciò che al ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi era stato affidato “il compito di fare una ricognizione sulla regolamentazione delle lobby a livello europeo”. Una ricognizione, visto che del ddl se ne sono perse le tracce, evidentemente ancora in corso.

(Public Policy) @PPolicy_News

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