parlamento – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Registro lobbisti, limiti ai doni, report delle attività: le proposte di Montecitorio sul lobbying http://www.lobbyingitalia.com/2016/03/registro-lobbisti-limiti-ai-doni-report-delle-attivita-le-proposte-di-montecitorio-sul-lobbying/ Fri, 11 Mar 2016 10:43:18 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3190 Buone nuove per la trasparenza e l’inclusività del processo decisionale in Italia, almeno nel ramo più importante del Parlamento, la Camera dei Deputati. E’ di ieri la notizia di una nuova ipotesi di Regolamentazione dell’Attività di Lobbying all’interno del Regolamento della Camera alta, incoraggiata dalla presidente Laura Boldrini e a cura dell’on. Pino Pisicchio (Misto).

La Giunta per il Regolamento, nella seduta del 10 marzo, ha discusso due modifiche all’attuale normativa interna a Montecitorio. Già nella seduta del 19 novembre scorso la Giunta “aveva proseguito il dibattito ed è emerso un prevalente orientamento favorevole ad affidare al relatore Pisicchio il compito di definire un testo volto a riaggregare in un unico documento il complesso delle norme vigenti che stabiliscono obblighi dei deputati (e, in particolare, obblighi di dichiarazione), a precisare i principi deontologici al cui rispetto sono tenuti i deputati, a individuare gli aspetti della materia che risultino sprovvisti di disciplina e a specificare ulteriori doveri comportamentali“. Ma, cosa più importante per il settore, la stessa Giunta ha affidato allo stesso Pisicchio il compito di elaborare un normativa sul lobbying.

Nel testo emerso (Ipotesi Regolamentazione Lobbying_Regolamento Camera dei Deputati) nuove importanti proposte che prevedono:

  • L’istituzione di un “registro dell’attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati“, pubblicato sul sito della Camera;
  • La definizione di attività di relazione istituzionale come “ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei membri della Camera”
  • L’obbligo per gli iscritti al registro di “presentare alla Camera una relazione sull’attività di relazione istituzionale svolta nel semestre, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute” due volte l’anno (entro il 30 giugno e il 31 dicembre), con l’indicazione dei soggetti istituzionali contattati.

Il testo riferito alla proposta sul Codice di Condotta per i deputati (Ipotesi Codice Condotta Deputati_Regolamento Camera dei Deputati) conterrebbe invece nuove norme sulla trasparenza come la dichiarazione del proprio status patrimoniale (finalmente obbligatoria), le spese sostenute per la campagna elettorale, le donazioni ricevute direttamente o a mezzo di comitati costituiti a loro sostegno, comunque denominati, a titolo di liberalità per ogni importo superiore alla somma di 5.000 euro l’anno (già esistente) e, soprattutto, l’obbligo di astensione “dall’accettare doni o benefici analoghi, salvo quelli di valore inferiore a 250 euro, offerti conformemente alle consuetudini di cortesia, o quelli ricevuti conformemente alle medesime consuetudini qualora rappresentino la Camera in veste ufficiale“. Viene inoltre disposto un Comitato consultivo sulla condotta dei deputati di 10 persone (4 dall’Ufficio di Presidenza e 6 Deputati) designati dal Presidente della Camera all’inizio di ogni legislatura.

La sanzione applicata, ed è questa la vera svolta culturale, sarà di tipo politico. Come accade nelle maggiori democrazie occidentali.

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Lobby, Camera limita gli accessi: “Non potranno entrare in uffici commissioni” (Il Fatto) http://www.lobbyingitalia.com/2014/11/lobby-camera-limita-gli-accessi-non-potranno-entrare-in-uffici-commissioni-il-fatto/ Tue, 04 Nov 2014 20:53:25 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2677 Il comitato per la sicurezza ha approvato una “regolamentazione più restrittiva”. Una lettera di Luigi Di Maio (M5s) aveva denunciato alla presidente Boldrini la presenza di soggetti esterni: “Ora via la stampa in pensione e gli ex eletti”

I lobbisti non potranno più accedere agli uffici dove si svolgono i lavori delle commissioni parlamentari. Il Comitato per la sicurezza della Camera ha deciso di intervenire sugli accessi con una regolamentazione “più restrittiva”. La decisione arriva dopo la lettera del vicepresidente di Montecitorio Luigi Di Maio che denunciava, il 16 ottobre scorso, la presenza di alcuni soggetti esterni: “E’ più di un anno”, ha detto a ilfattoquotidiano.it il deputato M5s, “che chiedo alla presidente Laura Boldrini. La situazione è tornata ad essere preoccupante durante la discussione dello Sblocca Italia. Abbiamo visto una folla di persone davanti agli uffici, rappresentanti di imprese attaccati alla giacca dei parlamentari per chiedere un intervento sugli emendamenti”. Per questo Di Maio ha scritto alla presidente di Montecitorio e in contemporanea alle associazioni europee che si occupano del fenomeno lobbista. Poi oggi l’intervento del Comitato per la sicurezza che ha comunicato la decisione tramite email alle maggiori società di lobbying.

Le prime polemiche in Parlamento risalgono ad un anno fa quando i 5 Stelle denunciarono la presenza di un lobbista durante la discussione della legge di stabilità con video e foto. “Sono soddisfatto per quanto deciso dal Comitato”, ha continuato Di Maio, “anche se c’è ancora molto da fare. Ad esempio oltre ai rappresentanti delle società, hanno totale libero accesso agli uffici 71 giornalisti parlamentari in pensione e tutti gli ex eletti. Un esempio fra tutti? L’ex Pdl Italo Bocchino: è sempre in Parlamento anche se non è stato eletto e a me risulta lavori per il gruppo Romeo. E potrei citare tantissimi altri casi. E’ una situazione che deve essere regolamenta al più presto: non vogliamo trasferire il lobbismo al di fuori del Parlamento, ma vogliamo che i cittadini sappiano chi entra, con chi parla e perché”. Al Senato è attualmente in discussione in commissione Affari costituzionali un ddl per il registro delle lobby, anche se i tempi per l’arrivo in Aula sono molto lunghi. “Ho chiesto alla Boldrini”, ha concluso Di Maio, “di intervenire prima della discussione della legge di stabilità: sarà un momento delicato e non possiamo accettare che l’intervento delle lobby non sia ulteriormente limitato”.

Intanto a Montecitorio si affrettano a registrare il primo cambiamento in un ambito che vede l’Italia ancora molto indietro. “La nuova normativa – si legge nel comunicato del Comitato per la sicurezza – prevede che siano autorizzati ad accedere al IV e V piano di Palazzo Montecitorio“, dove appunto hanno sede le aule delle commissioni, “soltanto i funzionari del governo, i rappresentanti degli organi costituzionali, i rappresentanti di partiti e movimenti politici, i dipendenti dei gruppi e i collaboratori dei deputati, oltre ai dipendenti della Camera”. Pertanto, tutti i soggetti “che sono attualmente titolari di autorizzazioni di accesso permanenti” – badge verdi e bianchi – “con facoltà di accedere agli uffici delle commissioni” e che non rientrino nelle precedenti categorie “dovranno restituire al Servizio per la sicurezza i loro tesserini, in scadenza mercoledì 5 novembre, i quali saranno sostituiti con nuovi titoli di accesso conformi alle nuove disposizioni”.

Secondo l’analisi di Transparency International, l’Italia si classifica tra i peggiori d’Europa in quanto a trasparenza con un punteggio di 20 su 100. Sono 50 i disegni di legge presentati dal 1948 ad oggi e nessuno è riuscito mai a superare la prova dell’Aula. “Il lobbismo”, dicono dallo staff di Trasparency, “è una delle attività che influisce maggiormente sui processi decisionali e democratici del Paese. Questo vuoto normativo ha fatto sì che potessero prosperare anche soggetti intermedi che rappresentano i propri interessi o di altri con modalità che poco si addicono ad una democrazia matura”. I dati non sono incoraggianti: 11% è il livello di accesso dei cittadini alle informazioni sulle attività di lobbying; 27% la valutazione dei codici di comportamento dei lobbisti e dei decisori pubblici; 22 per cento invece l’equità di accesso e partecipazione al processo decisionale.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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Camera, ristretto accesso lobby. Non potranno seguire lavori (Public Policy) http://www.lobbyingitalia.com/2014/11/camera-ristretto-accesso-lobby-non-potranno-seguire-lavori-lo-ha-deciso-il-comitato-sicurezza-di-montecitorio/ Tue, 04 Nov 2014 12:04:07 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2655 (Public Policy) – Roma, 4 nov – Stretta sugli accessi dei lobbisti a Montecitorio. Il Comitato per la sicurezza della Camera, che si occupa degli accessi, ha infatti approvato una regolamentazione “più restrittiva” per i soggetti esterni che vogliono accedere “agli spazi antistanti le commissioni” durante lo svolgimento dei lavori.

La decisione – secondo quanto riferiscono fonti parlamentari – è stata comunicata, tramite email, alle maggiori società di lobbying ed è stata presa a seguito di alcuni episodi contestati da alcuni parlamentari. A quanto si apprende, alcuni deputati si sono ‘lamentati’ della “libertà – spiega una fonte – con la quale alcuni lobbisti portano avanti la loro attività davanti alle commissioni”.

“La nuova normativa – si legge nel comunicato del Comitato per la sicurezza – prevede che siano autorizzati ad accedere al IV e V piano di Palazzo Montecitorio”, dove appunto hanno sede le aule delle commissioni, “soltanto i funzionari del governo, i rappresentanti del organi costituzionali, i rappresentanti di partiti e movimenti politici, i dipendenti dei gruppi e i collaboratori dei deputati, oltre ai dipendenti della Camera”.

Pertanto, tutti i soggetti “che sono attualmente titolari di autorizzazioni di accesso permanenti” – badge verdi e bianchi – “con facoltà di accedere agli uffici delle commissioni” e che non rientrino nelle precedenti categorie “dovranno restituire al Servizio per la sicurezza i loro tesserini, in scadenza mercoledì 5 novembre, i quali saranno sostituiti con nuovi titoli di accesso conformi alle nuove disposizioni”.

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Crosetto: “Fatta la scelta, si segua fino in fondo il modello americano” (Avvenire) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/crosetto-fatta-la-scelta-si-segua-fino-in-fondo-il-modello-americano-avvenire/ Sat, 13 Sep 2014 08:06:35 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2428 (Angelo Picariello) II politico “passato” dall’altra parte Crosetto: «Fatta la scelta, si segua fino in fondo il modello americano» L’ex sottosegretario (che si occuperà di aerospazio): «Un errore togliere il finanziamento pubblico. Ma tutto sia trasparente. Chi sapeva di Bersani e I’llva?»

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Non c’erano dubbi che togliendo il finanziamento pubblico avremmo messo la politica nella mani dei suoi finanziatori». Guido Crosetto dice addio a una politica che non gli piace più. Forse sarà solo «un periodo sabbatico, tornerò a fare quel che facevo prima». Prima di diventare sindaco di Marene, nel Cuneense, dirigente giovanile della Dc e consigliere economico di Giovanni Goria, quindi leader piemontese di Forza Italia, sottosegretario alla Difesa, infine fra i fondatori di Fratelli d’Italia. Farà l’imprenditore, presidente dell’Aiad, l’associazione che raggruppale imprese del settore aerospaziale, della difesa e della sicurezza. Diciamola in altro modo: farà il lobbista.

“Metterò a disposizione l’esperienza acquisita in un settore del quale mi sono occupato, la Difesa”.

Non mi dica che farà il lobbista di armamenti

È un settore complesso, gli armamenti e la componente militare non sono la parte preminente. Pensi che la produzione più importante è un aereo addestratore dell’Aermacchi, praticamente unico al mondo.

Ma è giusto che un ex parlamentare torni in Parlamento da lobbista?

Premesso che non è il mio caso (mi viene chiesto di operare soprattutto all’estero per accreditare questo settore importante della nostra economia usando i contatti che ho mantenuto), non vedo il problema. Un ex non ha bisogno di entrare in Parlamento per incontrare persone di cui è ancora amico.

Perché è contrario al nuovo finanziamento?

Si passa da un eccesso a un altro. La politica così sarà solo per chi ha dietro una lobby o ha soldi di suo. Ma visto che ormai la scelta è stata fatta, va portata fino in fondo sul modello americano. Non è che negli Usa le lobby siano addomesticate… Ma almeno Ti è tutto chiaro prima del voto, trasparente, uno si può fare un’idea. Le faccio un esempio: scoppiato il caso Ilva, si è scoperto che Ilva ha finanziato Bersani. Tutto regolare, tutto registrato, niente da dire. Ma forse era giusto saperlo prima, in campagna elettorale.

Quale modello di partito potrà reggere a1 nuovo modello auto-finanziato?

Paradossalmente potranno reggere proprio i piccoli, quelli partiti da zero, noi di Fratelli d’Italia, o i 5 Stelle, o anche Ncd. Nati con una rete di sostenitori e simpatizzanti, erano già pronti a questo passa o. Chi nasce nel deserto è più abituato a non sprecare l’acqua.

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Il lobbying e le istituzioni dell’Unione Europea (Caffé Geopolitico) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/il-lobbying-e-le-istituzioni-dellunione-europea-caffe-geopolitico/ Tue, 09 Sep 2014 21:54:33 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2338 (Giulia Tilenni) Conosciute soprattutto per il coinvolgimento nel sistema americano, le lobby (o gruppi di pressione) rivestono un ruolo importante anche nel contesto dell’Unione europea. Ma chi sono i lobbisti? E come si relazionano con il Parlamento e la Commissione?  

DEFINIZIONE E BASE GIURIDICA – La definizione “ufficiale” delle attività di lobbying nel contesto dell’Unione europea – proposta dall’articolo 8 dell’accordo interistituzionale che nel 2011 ha introdotto il Registro europeo per la trasparenza – le descrive come «svolte al fine di influenzare, direttamente o indirettamente, l’elaborazione o l’attuazione di politiche e il processo decisionale delle Istituzioni europee».

Nelle loro diverse formulazioni i Trattati dell’Unione hanno sempre previsto la possibilità di un dialogo diretto tra i cittadini e le Istituzioni secondo il principio della democrazia rappresentativa, come sottolineato dagli articoli 10 e 11 del Trattato sull’Unione europea attualmente in vigore. Se però il coinvolgimento dei gruppi di pressione nel sistema decisionale europeo è vecchio quasi quanto l’Unione, non si può dire lo stesso quanto a definizione e regolamentazione, sulle quali si è iniziato a lavorare dal 2006.

IL LOBBYING NELL’UE – Le lobby che agiscono a livello europeo sono portatrici di interessi transnazionali (legati a tematiche di svariato tipo), che vengono da esse rappresentati nel sistema dell’Unione: per questo loro “ruolo” vengono spesso definite «antenne del sistema democratico».
Non facendo parte della più classica competizione tra maggioranza e opposizione – ed essendo proseguite per lungo tempo in assenza di regolamentazione – il lobbying sulle Istituzioni dell’Unione europea ha posto e pone a tutt’oggi diversi interrogativi. Tra le questioni più rilevanti si ha senza dubbio la presunta “contrapposizione” tra chi ritiene che tale processo abbia incrementato la partecipazione democratica al processo legislativo dell’Unione europea e chi sostiene che questo meccanismo – spesso appannaggio di soggetti o industrie particolarmente influenti – leda gli interessi dei cittadini, mostrandosi come una vera e propria ingerenza esterna sui decisori europei, e, indirettamente, sulle leggi da essi emanate.

I LOBBISTI E L’UNIONE EUROPEA – Si stima che i lobbisti operanti intorno al sistema Unione europea – considerando sia i singoli sia quelli facenti parte di lobby – siano circa 30mila, quasi un migliaio in meno del personale della Commissione europea. Nella pratica la loro attività consiste nell’esercitare pressione su europarlamentari e commissari, cercando di influenzare le loro posizioni con il fine ultimo di avvicinare la legislazione europea alle proprie esigenze (è vero anche il contrario, ovvero l’Unione europea trae da questo processo preziose informazioni sulle necessità del proprio tessuto economico). Il lobbying si esercita più o meno direttamente e con i metodi più disparati – dall’organizzazione di incontri, eventi, forum e campagne alla divulgazione o presentazione di rapporti su uno specifico argomento, passando per la partecipazione a consultazioni pubbliche indette dalle Istituzioni dell’Unione. Tra i caratteri più controversi del processo di lobbying si ha l’utilizzo, ai fini del “reclutamento”, del meccanismo della “revolving door”, la porta girevole: poiché per essere un buon lobbista è necessaria, tra le altre, una buona conoscenza delle politiche, dei processi e dei soggetti che operano in un determinato ambito, i professionisti del settore sono spesso scelti tra le fila di ex parlamentari, burocrati e consulenti o dirigenti di società rilevanti nel settore in questione. Va da sé che la presenza di un meccanismo del genere sollevi dubbi su possibili conflitti di interessi derivati da queste strette interconnessioni tra pubblico e privato.

LA REGOLAMENTAZIONE EUROPEA DEL LOBBYING – Con l’ampliamento del campo di azione delle lobby, che hanno iniziato a esercitare la loro influenza sui parlamentari, oltre che sui commissari, ci si è interrogati sulla necessità di disciplinare meglio le loro attività, intervenendo principalmente sulla loro trasparenza. Le prime azioni concrete in questa direzione hanno avuto luogo dal 2006, anno di diffusione del Libro verde sull’iniziativa europea per la trasparenza redatto dalla Commissione. Il testo, oltre ad abbozzare una prima definizione di lobbying specificamente collegata al contesto europeo, sottolinea sia l’importanza dei gruppi di pressione nel coadiuvare i decisori europei, sia la necessità dell’adozione di misure che possano rendere più trasparente questa pratica. Come riaffermato in una comunicazione quadro del 2008 – emanata sempre dalla Commissione, – la soluzione individuata per risolvere il problema della trasparenza è l’introduzione di un apposito registro corredato da un codice di condotta comune e da meccanismi di controllo e sanzione da applicare in caso di violazioni.
L’accordo interistituzionale tra il Parlamento e la Commissione del luglio 2011 ha decretato l’istituzione del Registro per la trasparenza, al quale coloro che conducono attività di lobbying possono registrarsi per via telematica, aderendo anche al relativo codice di condotta.

IL REGISTRO EUROPEO PER LA TRASPARENZA – Il Registro, oltre a definire che cosa è l’attività di lobbying, identifica le sei categorie (con relative sottocategorie) nelle quali le «organizzazioni, persone giuridiche e lavoratori autonomi impegnati nell’elaborazione e nell’attuazione di politiche dell’Unione» possono registrarsi. Seguendo l’ordine previsto dallo stesso Registro si hanno: società di consulenza specializzate, studi legali e consulenti indipendenti; lobbisti interni e associazioni di categoria professionali; organizzazioni non governative; centri di studio, istituti accademici e di ricerca; organizzazioni rappresentative di chiese e comunità religiose; organizzazioni rappresentative di amministrazioni locali, regionali e comunali, altri enti pubblici o misti.
Si possono identificare almeno due criticità legate al Registro e al suo funzionamento. La prima riguarda i soggetti che dovrebbero effettuare la registrazione – che è attualmente prevista su base volontaria. In particolare, la questione è connessa ai soggetti che non sono tenuti alla registrazione: chiese e partiti politici, così come Autorità locali, regionali e municipali sono escluse dalla registrazione, esattamente come i Governi degli Stati membri, i Governi terzi, le organizzazioni intergovernative e i membri delle rappresentanze diplomatiche. La seconda riguarda gli effetti della volontarietà della registrazione. A parere della Commissione la sola presenza di un registro, anche se questo non include la totalità dei soggetti e degli organismi che esercitano lobbying sulle Istituzioni europee, rappresenta di per sé una garanzia della trasparenza del processo. I critici, però, rilevano come molti attori – anche influenti – abbiano deliberatamente scelto di rimanere fuori dal Registro (che comprenderebbe i due terzi dei soggetti e delle società che esercitano lobbying), non sottoscrivendo così il codice di condotta a questo collegato.

L’IMPATTO SULLE ATTIVITÀ DELL’UNIONE – Secondo alcune stime, il lavoro delle lobby influenza circa il 75% delle decisioni prese dalla Commissione e dal Parlamento. Basta consultare l’elenco dei soggetti iscritti al Registro per la trasparenza per comprendere quanto sia ampio lo spettro di attività in cui le lobby sono impegnate a livello dell’Unione. Si va infatti da settori come energia e tecnologia, tabacco (con la presenza di gruppi di pressione pro e contro l’approvazione di una legislazione orientata a diminuirne il consumo), protezione dei consumatori, cooperazione con i Paesi terzi, istruzione e immigrazione, solo per citarne alcuni.
Per completare il quadro riguardante l’impatto del lobbying sulle politiche dell’Unione occorre infine precisare che parti del processo, in aggiunta alle lobby di cui si è fin qui parlato, sono gli attori statali: i Governi dei Paesi membri e terzi, le organizzazioni non governative e il personale delle missioni diplomatiche, pur senza obbligo di adesione al Registro, cercano infatti di preservare i propri interessi attraverso una stretta collaborazione che coinvolge soprattutto i membri del Parlamento europeo.

Un chicco in più L’utilizzo del termine lobbying per indicare il lavoro dei gruppi di pressione deriva dal fatto che i parlamentari inglesi incontravano il pubblico all’ingresso – la lobby per l’appunto – della House of Commons. Uno dei luoghi di Bruxelles attualmente più gettonati per gli incontri tra lobbisti e assistenti degli europarlamentari è il bar del Parlamento europeo (ribattezzato Mickey Mouse bar per via della forma delle sedie, tra l’altro molto colorate). Pare che i diversi appuntamenti si susseguano in modo simile agli speed dating.

Fonte: Caffé Geopolitico

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Regolamentare le lobbies: serve una legge, non bastano gli interna corporis (Mondoperaio) http://www.lobbyingitalia.com/2014/05/regolamentare-le-lobbies-serve-una-legge-non-bastano-gli-interna-corporis-mondoperaio/ Thu, 22 May 2014 21:43:02 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2335 (Giampiero Buonuomo) Secondo l’agenzia Public Policy, un disegno di legge sulle lobbies – all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri circa dieci mesi fa – è stato rinviato sine die in ragione del fatto che il cuore stesso del lobbismo, il Parlamento nazionale, non potrebbe soffrire una regolamentazione diversa da quella derivante dagli organi interni delle Camere (gli Uffici di presidenza, i quali peraltro in sessant’anni di storia repubblicana si sono guardati bene dall’esercitare questo potere). Quel che è peggio, ad analoga iniziativa del governo Renzi si opporrebbe la sopravvivenza dell’autodichia, che sarebbe stata consacrata dalla sentenza n. 120 del 2014 (relatore G. Amato) e che osterebbe ad ogni ingerenza nel “dominio riservato” delle Camere senza attivare prima un conflitto di attribuzioni.

In effetti con la sentenza n. 120 del 2014 la Corte costituzionale si è riservata la possibilità di decidere – se adeguatamente investita mediante lo strumento del conflitto di attribuzioni – quali siano le norme interne alle Camere, in “nesso funzionale” con l’attività parlamentare che possono impedire l’accesso al giudice esterno perché rientrano appieno nell’esaustiva capacità qualificatoria del regolamento parlamentare. La sentenza Amato ha definitivamente sepolto la tesi “geografica”, indicando quella del “nesso funzionale” tra guarentigia ed attività propria delle Camere: una tesi che era stata sostenuta da alcuni disegni di legge della scorsa legislatura, ripresi nella presente dal senatore Buemi ed illustrati da Testa-Gerardi, Parlamento zona franca, Rubbettino, 2013.

Eppure, se su altri ambiti il dubbio è legittimo, è semplicemente inaudito che si debba arrivare al contenzioso costituzionale per accertare se spetti o no alla legge “esterna” disciplinare la rappresentanza di interessi nelle sedi istituzionali. Ci sarebbe da chiedersi a chi giovi una tesi così autolesionista, che crede utile avvolgere Gulliver in una ragnatela: come se, adducendo immotivate resistenze pseudo-istituzionali, si volesse giustificare un passato inerziale, piuttosto che guardare alle prospettive future della modernizzazione politica nel nostro paese.

Seguendo l’accezione “geografica” dell’autodichia, finora la regolamentazione delle lobbies è stata sottratta alla legge, ma soltanto in virtù di un’interpretazione estensiva del tutto impropria: lo dimostra il fatto che gli Stati Uniti d’America disponevano di un Federal Regulation of Lobbying Act già nel 1946 (che Clinton inasprì con il Lobbying and Disclosure Act of 1995), e che Lobbying Act esistono in moltissimi ordinamenti di stampo anglosassone. Persino la “madre di tutti i Parlamenti”, la Camera dei comuni, ha proceduto a disciplinare la materia con legge nel gennaio scorso: la polemica condotta da Ed Milliband contro il testo è stata, semmai, volta a renderne più stringenti le previsioni.

Non è necessario sottolineare i vantaggi che le esigenze di certezza del diritto – prima che delle stesse garanzie dei soggetti coinvolti nel rapporto di lobbying – ricaverebbero dal sottrarre la materia al cono d’ombra nel quale attualmente esse vive, alimentando pratiche ad alto rischio di fraintendimento; ci si limita a richiamare la nozione di “scambio politico” dei nostri elitisti di inizio Novecento, nonché la critica (immortalata da Schumpeter in Capitalismo, socialismo e democrazia) alla nozione rousseauviana della volontà generale, che annega i moventi del rapporto tra ceti dirigenti e classe politica in un’indistinta notte in cui tutte le vacche sono nere.

Piuttosto va considerato quanto sia inefficace rimettere la normazione in materia all’autocrinia delle Camere (invece di coinvolgerle, come sarebbe giusto, solo nella sua applicazione): non soltanto perché si tratta di uno dei termini del rapporto (il che – di tutta evidenza – spiega anche perché sinora il Parlamento abbia scelto la tattica inerziale); soprattutto perchè l’inefficacia riposa nel fatto che ad ogni regolamentazione corrisponde una possibilità di violazione e ad ogni violazione una possibilità di sanzione.

Nella sua propensione al mito esterofilo, la nostra cultura giuridica approccia la questione delle sanzioni parlamentari verso i terzi richiamando la cella in cui, ancora a fine Ottocento, a Westminster era conservato un posto per chi fosse dichiarato in contempt of the House. Già all’epoca la trasposizione dell’istituto della “autodichia geografica” nella nostra realtà aveva avuto riflessi macchiettistici, come dimostrò il suo utilizzo, nell’estate 1943, da parte del generale Cavallero, a palazzo Madama per evitare le retate badogliane (Ferrari Zumbini, Appunti e spunti per una storia del Parlamento come amministrazione. Il Senato, in “Rivista di storia del Diritto italiano”, 1987).

Ma il mito è stato scardinato dalla moderna declinazione a tutto campo del principio del giusto processo: per restare ai precedenti stranieri, lo smantellamento del presupposto immunitario è avvenuto ad opera del Report of joint committee on parliamentary privilege di Lord Nicholls, nella sessione parlamentare inglese 1998-99; proprio il 7 maggio scorso, a Washington, s’è avuta la trasmissione all’Attorney General del fascicolo del funzionario renitente alla testimonianza dinanzi ad una commissione del Congresso statunitense, affinché la giustizia ordinaria faccia il suo corso.

Da noi il giudice Mezzanotte, da relatore nel 1996 della capostipite sentenza n. 379, quei medesimi princìpi invocò, affinché anche nel micro-ordinamento parlamentare avesse ingresso la “grande regola” dello Stato di diritto. Ancora il 19 maggio scorso, al convegno svoltosi a palazzo della Consulta sugli organi costituzionali, s’è adombrato il rischio di una delegittimazione istituzionale se, come ha detto il giudice costituzionale Marta Cartabia, “non si riconduce l’autonomia a sistema”.

E stiamo ancora a farci domande oziose su quale strumento normativo debba disciplinare il lobbying?

La legge, e solo la legge, può imporre prestazioni personali o patrimoniali coattive (articolo 23 Cost.): sottoporsi ad un controllo dei requisiti di abilitazione per entrare nei Palazzi, firmare un registro per accedere in un locale “dedicato”, dichiarare un contributo economico ad un partito o una misura di sostegno elettorale ad un candidato, sono tutte operazioni la cui imposizione comporta una coercizione e la cui violazione comporta una possibilità di sanzione. Bene sarebbe mantenere – nello spirito del diritto penale minimo, che informa la politica legislativa degli Stati moderni – queste sanzioni per lo più a livello meramente amministrativo: ma anche un ritiro di passi, una fideiussione incamerata, una pubblica reprimenda richiedono un giudice a cui far capo, per dolersi di cattive applicazioni della legge.

Sarà un giudice civile, se vogliamo far prevalere l’aspetto di diritto “civile e politico” di cui all’articolo 5 dell’allegato E della legge 20 marzo 1865, n. 2248; sarà un Tar, se vogliamo far prevalere la “giustizia nell’amministrazione” e sottoporre a scrutinio decisioni che sono imputabili ad un soggetto amministrativo investito di pubblici poteri. Ma un giudice esterno dovrà essere. O vogliamo veramente rimettere la concessione e la revoca di queste decisioni, ed altre consimili che coinvolgono soggetti rappresentativi di interessi (anche economici), al bacio della pantofola, nel chiuso degli interna corporis?

Fonte: Mondoperaio

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Lobbisti in Parlamento, finisce la pacchia (Il Tempo) http://www.lobbyingitalia.com/2014/05/lobbisti-in-parlamento-finisce-la-pacchia-il-tempo/ Sun, 04 May 2014 08:59:40 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2373 (Alberto Di Majo) La Camera dà il via libera al registro degli ingressi. Addio tesserini facili. Una app sul telefono indicherà incontri e contatti dei deputati

La Camera dei deputati guasta la festa ai lobbisti. Nell’ultima seduta l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha dato il via libera al «comitato per il registro delle lobbies». Sarà formato da sindacalisti, funzionari di partito e dirigenti di grandi aziende e costruirà un sistema che si ispira al modello francese ma strizza l’occhio anche alla Casa Bianca. Tutti gli ingressi e le uscite da Montecitorio (e probabilmente anche da Palazzo Madama, che dovrebbe adeguarsi nelle prossime settimane), saranno registrati e messi on line. Non solo. Ci sarà un’applicazione scaricabile su cellulari e tablet che stilerà una sorta di classifica dei politici più «richiesti», proprio sul modello degli Stati Uniti. Basterà un click per vedere quante persone, con nome e cognome, hanno incontrato il premier, un ministro o un parlamentare qualsiasi.

Infine, il corridoio dei presidenti, l’area della Camera che ospita le fotografie dei numeri uno di Montecitorio, sarà adibita a spazio per il confronto tra deputati e lobbisti.

Ovviamente sarà sempre possibile fare «affari» fuori dal Palazzo ma alla Camera dei deputati non ci saranno più gli oltre mille «fantasmi» che risultano accreditati, a vario titolo, per l’intera legislatura.

Una rivoluzione, che è stata proposta dal MoVimento 5 Stelle. «I lobbisti non possono andare e venire dove e come gli pare», tuona il vicepresidente di Montecitorio Luigi Di Maio. «Durante la discussione della legge di stabilità a dicembre la Camera sembrava un mercato, più lobbisti che parlamentari. Tutti a caccia di un piccolo provvedimento che giovasse ai propri imperi economici. Un vero schifo» ha scritto su Facebook. Ci vorrà tempo per regolamentare gli accessi alla Camera dei deputati ma con il sì all’iniziativa è cominciato il percorso. Di Maio è ottimista: «Credo che tra sei mesi sarà tutto pronto». Ci tiene anche a precisare: «Non è una proposta contro nessuno. Tra i cosiddetti lobbisti ci sono anche gli ambientalisti, gli animalisti e tante altre persone impegnate in battaglie importanti. Il punto è che i rapporti tra la politica e le lobby devono essere trasparenti. I gruppi di pressione che si registreranno avranno tempo e modo di confrontarsi con i politici ma alla luce del sole».

I numeri degli accessi a Montecitorio destano qualche ombra: «Sono oltre 1.200 le persone che oggi girano a piede libero alla Camera con tesserini validi per tutta la legislatura, senza contare gli ex parlamentari e i consulenti a zero euro dell’amministrazione». Questi ultimi risultano «collaboratori» della Camera pur non avendo, di fatto, un compito. «Ci sono anche 75 giornalisti pensionati accreditati dalla Stampa parlamentare – racconta Di Maio – Niente contro di loro, ci mancherebbe. Ma bisogna capire che cosa fanno, perché girano tutto il giorno alla Camera. Posso dire che proprio i giornalisti pensionati sono quelli che mi avvicinano più spesso e vogliono sapere come funzionano i provvedimenti in discussione. Mi chiedo sempre perché. In ogni caso vorrei che rappresentanti dell’Associazione della stampa parlamentare entrassero nel comitato».

Ne faranno parte Confindustria, Cgil, Cisl, Uil, Ugl e i partiti. Di Maio ripete che si tratta di dare un’identità alle «ombre che vagano indisturbate nelle stanze del parlamento italiano, entrano nelle commissioni, accedono agli uffici legislativi, scrivono leggi».

La presidente Boldrini ha sposato l’idea. Subito dopo aver ricevuto la lettera dell’esponente del MoVimento 5 Stelle, ha chiesto ai questori di occuparsi della questione. «Poi, certo, – chiarisce Di Maio – serviranno anche una legge sul conflitto di interessi, una legge seria anticorruzione e una sul finanziamento ai partiti».

Intanto parte la crociata contro le lobby, cominciata dai 5 Stelle a dicembre scorso, quando immortalarono in un video un lobbista, un certo Tivelli, che si vantava di essere riuscito a cambiare un emendamento del Pd che avrebbe penalizzato «pensionati lavoratori» con redditi sopra i 150 mila euro. «Tu non avresti potuto fare niente al di sopra dei 150 mila euro compresa la pensione – diceva al telefono, non sapendo di essere ripreso in un video poi pubblicato sul blog di Beppe Grillo – ho dovuto scatenare mari e monti. È stata una battaglia durissima, ho dovuto smuovere tutto», si vantava. E precisava: «Io sono stato questa settimana in full immersion, giorno e notte perché la commissione ha lavorato giorno e notte per fare cazzate dietro…dietro a queste faccende qua, perché avevo una marea di gente che mi chiamava in questa condizione, chi per il lavoro autonomo, chi perché c’hanno privilegi che fanno i Consiglieri di Stato, i professori universitari, ste cose qua, e quindi si sono salvati pure quelli». Chissà se riusciranno a salvarsi ancora.

Fonte: Il Tempo

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Cittadino Di Maio, per ora solo chiacchiere sui lobbisti in parlamento (The Front Page) http://www.lobbyingitalia.com/2014/04/cittadino-di-maio-per-ora-solo-chiacchiere-sui-lobbisti-in-parlamento-the-front-page/ Wed, 30 Apr 2014 16:24:16 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2386 (Massimo Micucci)

Gentile Cittadino Di Maio,
vista la cortesia e il suo impegno torno a scriverle di (noi) lobbisti e cartellini.

Le confermo il sostegno per una diversa e trasparente gestione di accrediti e cartellini alla Camera dei Deputati, aggiungo anche che le proteste contro la vostra iniziativa sul tema dell’accesso ai giornalisti non hanno nulla a che vedere con la libertà di stampa. C’è più bisogno che mai di giornalisti alla Camera, ma quanti col tesserino da giornalista parlamentare fanno davvero i giornalisti? Quanti ex parlamentari e ex giornalisti fanno i lobbisti? Ribadisco altresì che, per svolgere bene il mestiere di rappresentare interessi, passeggiare nelle anticamere è meno importante che conoscere i problemi e saperli rappresentare.

Bene dunque regolamentare gli accessi, ma mi permetta di dirlo con la franchezza che è propria del suo movimento: “too little, too late”. Too late, troppo tardi perché dopo la indignazione di qualche mese fa mi aspettavo una decisione, visto il totale autogoverno della Camera. Credevo aveste già provveduto e che non fossimo ancora alla fase del “comitato” di un gruppo. Non la prenda per una posizione irrispettosa, ma siete voi a dover decidere con la Presidenza e con i questori. Quanti siete a decidere? Perché non l’avete ancora fatto?

Too little perché ormai la società della comunicazione sopravanza le istituzioni. Gli interessi sono ovunque e quasi tutti visibili. Chi voglia conoscere sa bene che ogni decisione o mancata decisione favorisce o meno interessi contrapposti, non solo un astratto cittadino. Non si scandalizzi per gli esempi che le farò, volutamente provocatori. Negli Usa persino il Ceo della Exxon si è dichiarato contro il Fracking sui terreni di sua proprietà , ma la sua compagnia difende, e lo shale gas ha garantito al paese l’autonomia energetica. La legittima lotta contro gli Ogm in Europa è sostenuta dagli ambientalisti, ma conviene alle aziende produttrici di pesticidi chimici. Nulla è neutrale e in una società complessa è bene che i cittadini sappiano vantaggi e svantaggi delle scelte e chi le sostiene.

La persona che avete allontanato dal Parlamento era un consulente della Camera che faceva un altro mestiere sostenendo interessi di alti dirigenti, non di una compagnia privata. Insomma i cartellini sono responsabilità vostra immediata, ma, la regolamentazione della attività di lobbying è stata più volte evocata e promessa. Ce n’era persino una in atto ed è stata colpevolmente cancellata al ministero dell’Agricoltura. Fatela questa legge più che parlarne, altrimenti avranno ragione quelli che pensano che dietro alla retorica dei lobbisti cattivi ci sia l’incapacità a fare passi avanti concreti e l’inconfessata volontà di chiudere le porte della Politica non solo ai cittadini, ma alla realtà e alle competenze della società.

Naturalmente leggi più semplici, meno invasive, e decisioni più rapide e trasparenti (perché non pubblicate i pareri riservati alle commissioni parlamentari?) sarebbero la vera rivoluzione eliminando dal campo i lobbisti del caos, i “lobbisti col sito degli altri” che ahimé vi sono più vicini di quanto crediate. Sostengo le vostre premesse dunque, ma attendo che ci siano conseguenze pratiche.

Fonte: The Front Page

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La Colombia rafforza la normativa sul lobbying http://www.lobbyingitalia.com/2014/03/colombia-lobbying/ Fri, 07 Mar 2014 11:26:36 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2190 Mentre in Italia il tema della regolamentazione dell’attività di lobbying è ormai scomparso dall’agenda politica, gli altri paesi vanno avanti: il Regno Unito ha appena approvato una legge (per quanto criticabile), a breve la Spagna dovrebbe avere la sua, l’Irlanda ci sta lavorando. Ma, il Sudamerica si conferma come un’area importante in relazione al tema. Sono vari infatti i paesi latino-americani ad aver regolato il lobbying: Perù, Argentina, Messico e più recentemente il Cile.

C’è poi anche la Colombia, che era intervenuta nel 2011 regolando il lobbying (chiamato “cabildeo“) presso Càmara de Rapresentates con una Risoluzione parlamentare  che – in un’ottica di trasparenza del processo normativo – istituisce il Registro dei lobbisti inidirizzato sia alle persone fisiche che a quelle giuridiche.

L’iscrizione al Registro prevede il rilascio di un tesserino per l’accesso (comunque non garantito) alla Càmara e la facoltà di entrare in contatto con i parlamentari per la leggitima attività di rappresentanza di interessi. L’articolo 12 della Risoluzione dà le definizione di lobbying (cabildeo) e di lobbista (cabildero).

Per lobbying si intende “lo sforzo – protetto costituzionalmente – realizzato per individui o gruppi di individui organizzati autonomamente, per  far conoscere le loro posizioni in difesa di interessi particolari all’interno del processo legilsativo e in relazione a qualunque proposta della Càmara de Representantes“. Il lobbista invece è “la persona fisica o giuridica che porta avanti con continuità l’attività di lobbying in rappresentanza di interessi propri o altrui, e che è iscritta all’interno del Registro ai sensi del presente regolamento“.

La norma prevede anche la sanzione della cancellazione dal Registro e dell’interdizione alla professione per 5 anni, oltre eventuli aspetti penali, in caso di dichiarazione infedele delle informazioni richieste dal Registro, che al momento vede iscritti 152 lobbisti, quasi tutti rappresentanti di associazioni settoriali.

E’ di ieri però la notizia che la Càmara, a seguito dell’approvazione dello Statuto anticorruzione, ha deciso di regolamentare l’attività di lobbying anche in occasione delle sessioni in PlenariaAncora una volta la Càamara è intervenuta con una semplice risoluzione, stavolta per evitare l’eccessiva pressione dei lobbisti nel palazzo in occasione dell’approvazione di leggi. Noi facciamo le cose con decenza e trasparenza. D’ora in poi l’ingresso dei lobbisti in Aula è vietato“, ha detto il deputato Simon Gaviria, attuale presidente della Camera dei Rappresentanti. 

Con i limiti all’accesso il lobbying regolare non significa che scomparirà il legittimo diritto dei cittadini di essere parte delle discussioni presentate al Congresso per esprimere i loro interessi e discutere delle misure che interessano. “In occasione della plenaria saranno rilasciati permessi eccezionali e speciali, e chiunque voglia fare attività di lobbying dovrà registrarsi e dichiarare ciò che è, quale entità o causa rappresenta” ha ribadito il rappresentante del Partito Liberale. 

Come però avviene spesso in Italia, il testo della Risoluzione non è ancora pubblico, e quindi i lobbisti sono in attesa di conoscere la portata del provvedimento. Arboleda Javier Hoyos, uno dei lobbisti più conosciuti, ha detto di non conoscere nel dettaglio il contenuto. “Ci sono stati due tentativi per via legislativa, uno col progetto di Simon Gaviria e l’altro col progetto di statuto anti-corruzione. Non credo che una risoluzione però sia un problema”, ha detto Hoyos Arboleda. Il lobbista ha anche detto che in questo caso “il problema è che il diavolo è nei dettagli e si deve guardare alla risoluzione definitiva, ma se l’accesso è limitato alla plenaria è normale, mi sembra una scelta logica e ragionevole”.

Simon Gaviria ha sottolineato che la decisione non mira a limitare lobbying. Sarebbe molto difficile, perché la società civile fa costantemente lobbying. Ciò che vogliamo è che sia fatto in modo trasparente“, ha detto il deputato.

 

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Il caso Tivelli e l’ipocrisia del lobbying all’italiana http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/il-caso-tivelli-e-lipocrisia-del-lobbying-allitaliana/ Sun, 22 Dec 2013 11:00:52 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1942 Una premessa. Al consigliere parlamentare della Camera dei Deputati Luigi Tivelli, personaggio di grande spessore e “lobbista reo confesso a sua insaputa”, va tutta la solidarietà degli altri lobbisti di professione. Ciò perché, senza entrare nel merito degli interessi rappresentati dal consigliere Tivelli (per un 40enne vedere difendere certe pensioni d’oro è un delitto), l’unica imputazione che gli si può rivolgere è quella di un eccesso di leggerezza e disattenzione nel parlare al telefono davanti a testimoni. Perché per il resto Tivelli non ha fatto nulla al di fuori della legge. Forse il punto però, è proprio l’assenza di una legge che regoli la professione lobbistica.

Chi è Luigi Tivelli

Alle spalle oltre 30 anni di carriera da grand commis, Tivelli è un personaggio conosciuto e rispettato dall’élite politica, amministrativa e mediatica del paese. Famiglia piccolo borghese, figlio di un dirigente di un piccolo ufficio postale, cresciuto sotto l’influenza culturale di Mazzini, Cattaneo e della Destra Storica, Tivelli diventa un giovane leader del PRI (Partito Repubblicano Italiano) insieme ad Enzo Bianco, lavorando anche in un’associazione di imprese. A 26 anni, nel 1981, vince il concorso per consigliere parlamentare della Camera dei Deputati, avviandosi ad una carriera che lo vedrà ricoprire molti ruoli: nel 1995 è consigliere giuridico del sottosegretario alla Presidenza Guglielmo Negri nel Governo Dini; consigliere parlamentare della presidenza del Consiglio con Romano Prodi nel 1996, e poi Capo di Gabinetto del Ministero per i Rapporti con il Parlamento, Coordinatore della Conferenza dei Capi di Gabinetto, Portavoce di Ministri e membro di varie commissioni governative. Docente di diritto in varie università, vasta è anche la sua attività pubblicistica fatta di collaborazioni con giornali quali Il Messaggero, Il Gazzettino e Il Mattino (tutti editi da Francesco Gaetano Caltagirone) e 22 libri su temi riguardanti la politica e l’amministrazione.

Tivelli e “Il peso delle lobbies”

Curioso rileggere in questi giorni di polemiche (ipocrite e probabilmente sterili) come proprio in uno dei suoi ultimi libri, “Stati Uniti? Italia e USA a confronto” (Rubbettino, 2009) – scritto insieme al politologo italo-americano Joseph La Palombara – Tivelli affronti il problema de “Il peso delle lobbies“.

Racconta Tivelli, partendo da “L’ipocrisia del lobbying all’italiana”, come

Chiunque si rechi ad esempio, alla Camera dei Deputati, al quarto piano, sia nelle ore antimeridiane, che soprattutto nelle ore del tramonto, ferve tutta un’attività di tipo ‘crepuscolare’. Il corridoio principale, corredato da busti austeri, nel piano in cui sono allocate le Commissioni parlamentari, specie quando queste sono chiamate ad affrontare questioni rilevanti, ma non solo in queste occasioni, brulica di una serie di signori che con autorevolezza, compostezza e maggiore o minore riservatezza seguono i lavori delle Commissioni“.

E lì a volte è un via vai tra i parlamentari che escono dalle Aule delle Commissioni e questi signori, dotati di fascicoli dei testi normativi e degli emendamenti, che tentano e in non pochi casi riescono, di tutelare gli interessi delle aziende che rappresentano, vuoi in quanto dirigenti, vuoi in quanto consulente delle aziende stesse. Nulla di male, ma perché non rendere trasparente questo processo? “.

In fondo – aggiunge Tivelli – per i parlamentari sapere chi si ha di fronte, avere la certezza di chi rappresenta cosa, in una logica di trasparenza, sarebbe molto più funzionale corretto ed efficace“.

Una domanda alla quale sarebbe curioso leggere oggi proprio una risposta di Tivelli, che spiega come “regolarmente, in ogni legislatura, vengono presentati dai parlamentari dei più diversi colori i progetti di legge di disciplina del lobbying […]” destinati “a essiccarsi nelle sabbie mobili parlamentari“. E qui il consigliere Tivelli, in riferimento alla mancata approvazione di una legge, accusa “il mondo delle imprese, anche nelle loro rappresentanze più accreditate“, salvando i parlamentari, che invece hanno da sempre fatto di tutto perché una regolamentazione complessiva non superasse nemmeno l’ostacolo della discussione in Commissione.

Tivelli chiude il capitolo sull’Italia ribadendo l’auspicio di una regolamentazione che consentirebbe finalmente a “gli addetti alle relazioni istituzionali [di poter] finalmente muovere i loro passi nel Corridoio dei passi perduti, o nei corridoi antistanti le Commissioni, con l’autorevolezza e la dignità legata al loro ruolo ufficiale“.

Quale ipocrisia?

Come scritto, nelle attività condotte da Luigi Tivelli alla Camera dei Deputati non c’è nulla di male. L’unico appunto – ma non a lui, semmai alla mancanza di regole – è che visti i suoi precedenti ruoli, Tivelli ha un libero accesso ad aree invece interdette ad altri (ma non a tutti, dato che i tesserini sono rilasciati su base discrezionale da parte dei Questori).

E lui stesso del resto, attraverso il suo “Studio Tivelli”, con base a Roma in Via Uffici del Vicario (di fronte agli uffici dei Gruppi parlamentari) propone servizi in maniera molto trasparente attraverso sito e brochure:

“Studio Tivelli, forte di una solida e aggiornata conoscenza degli scenari istituzionali, politici, economici e sociali […] opera con metodologie innovative, e a forte impronta etica, nella comunicazione con le istituzioni. In primo luogo è in grado di “accompagnare” il cliente nella progettazione e costruzione di relazioni stabili e durature con le istituzioni pubbliche. 

A tal fine aiuta il cliente a costruire un dialogo con le istituzioni, soprattutto, ma non solo, tramite l’elaborazione e trasmissione di report, position paper, memorie e altri materiali conoscitivi. In questo campo di attività lo Studio può fornire supporti informativi e di documentazione in sinergia con una primaria società impegnata nel monitoraggio parlamentare e istituzionale. Nei casi in cui lo si reputi necessario, si possono progettare e promuovere iniziative di sensibilizzazione e orientamento dell’opinione pubblica, e dell’opinione istituzionale, a sostegno dei legittimi interessi rappresentati dall’azienda cliente”.

 

Per sintetizzare con una sola parola: “lobbying”. Puro, legittimo e semplice “lobbying”.

Ma ecco che un grandissimo tecnico del diritto e della politica, forse tramortito dal clamore mediatico della sua telefonata registrata e pubblicata su YouTube da un deputato del Movimento 5 Stelle, rilascia una a dir poco deludente dichiarazione all’ADN Kronos:

‘Sono solo un ex funzionario della Camera desolato e rattristato. […] Tutto nasce da una telefonata, tra il serio e il faceto, fatta a un amico. […] Lungi da me svolgere alcuna attività lobbistica, per la quale non avrei titoli né incarichi. Credo che scambiare opinioni o impressioni con i deputati sia legittimo per chiunque. […] Non mi è mai passato per la testa di condizionare il comportamento di deputati e tanto meno dei gruppi, in qualsivoglia occasione. Questo è lo stile proprio, non solo mio, ma di tutti quelli che sono o sono stati funzionari parlamentari”. 

Un peccato. In questo modo Tivelli ha mancato la possibilità di riaffermare la legittimità dell’attività di lobbying, già affermata nei suoi scritti, rilanciando anzi la questione della trasparenza e della necessità di una regolamentazione che consenta di fare rappresentanza di interessi in modo chiaro e democratico, senza privilegi per alcuni (ex parlamentari, ex funzionari parlamentari, ecc.).

Ma Tivelli ha perso anche l’occasione per dare una lezione ad alcuni di quei deputati che oggi lo criticano, che se leggessero i suoi libri potrebbero trovare molto da imparare. Gli stessi che pur diffondendo un hashtag quale #fuorilelobby, non risulta abbiano mai (per ora?) presentato un progetto di legge per regolamentare il lobbying, e si dimenticano di avere anche loro a che fare giornalmente con i lobbisti, che sono i primi spesso ad aiutarli a scovare alcune delle nefandezze che poi vengono denunciate su blog e giornali grazie al loro know how tecnico.

Ipocrisia del lobbying all’italiana, appunto.

 

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