ocse – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 24 May 2016 16:31:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.3 Cile, approvata dopo 10 anni la “Ley de lobby” http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/cile-approvata-dopo-10-anni-la-ley-de-lobby/ Thu, 23 Jan 2014 16:47:18 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2114 Il Cile è la quarta nazione del continente sudamericano ad avere la sua “Ley de lobby” (chiamato anche cabildeo) dopo Argentina, Colombia e Perù, seppur in maniera diversa tra loro.

Un risultato che arriva dopo dieci anni. Il primo progetto presentato dall’Esecutivo della Presidenta Michelle Bachelet risale infatti al 2003, cui ne è seguito un secondo nel 2008, subito fermatosi l’anno successivo. L’attuale Esecutivo ha invece presentato un nuovo progetto nel luglio 2012, che ha avuto semaforo verde dopo la lettura di Camara e Senado del testo a loro inviata dalla Commissione mista delle due camere, ai sensi dell’articolo 67 della Costituzione cilena.

Il voto finale è arrivato nella notte tra mercoledì e giovedì da parte della Cámara de Diputados, con un’ampia maggioranza di 64 deputati a favore e un’astensione. Dopo un passaggio formale per la Corte Costituzionale, il Capo dello Stato ha ora tre mesi di tempo per approvare il regolamento connesso, e la legge entrerà in vigore dopo tre mesi dalla promulgazione (art.  69 della costituzione cilena), anche se sarnno ormai il prossimo Congreso e Governo a vederne l’attuazione.

Vai al testo della “Ley de lobby” cilena.

La legge definisce (Articolo 2) “lobby” quell’attività remunerata – denominata invece “gestione di interessi particolari”, se non remunerata – esercitata da una persona fisica o giuridica, cilena o straniera, che mira a promuovere, difendere o rappresentare un particolare interesse per influenzare le decisioni delle istituzioni nell’esercizio delle loro funzioni, e considera tale ogni tipo sforzo mirato ad influire sul processo normativo o decisionale.

Lo spettro dei soggetti pubblici richiamati dalla norma in termini di “lobbying passivo” è estremamente ampio (Articolo 3 e 4). Esso include: i ministri, i sottosegretari, capi dei servizi, direttori regionali dei servizi pubblici, i sindaci e i governatori, i segretari ministeriali regionali e gli ambasciatori. Ci sono poi il Contralor General e il Subcontralor General de la República (organo che ha un misto di competenze equivalenti a quelle dei nostri Consiglio di Stato, Corte dei Conti e Ragioneria Generale dello Stato), la Banca centrale: Presidente, il Vice Presidente e gli amministratori, Forze Armate e di Polizia. Nel caso del Congresso, la norma riguarda deputati, senatori, il Segretario Generale e l’Assistente Segretario della Camera dei Deputati, il Segretario Generale e il Vice Segretario Tesoriere del Senato e i segretari dei comitati di ciascuna Camera.

Registro volontario, passivo, automatico

La particolarità della “Ley de lobby” cilena sta nel fatto che non è previsto un unico registro obbligatorio dei lobbisti, mentre sono invece previsti (Articolo 7) un registro ognuno presso Contraloría, Banco Central, Congreso, Ministerio Público, Poder Judicial. Inoltre la registrazione può (non deve) avvenire preventivamente o arriva in automatico da parte dell’istituzione al momento in cui si realizza l’attività di lobbying, dandone pubblicità sul web con aggiornamento mensile. Gli emendamenti approvati lungo il processo hanno quindi annacquato il progetto originale, che parlava di “creazione di registri pubblici dei lobbisti […] ai quali questi dovranno iscriversi obbligatoriamente e in via preventiva tutte quelle persone che esercitano la gestione dell’attività di lobbying”.

Tra le informazioni da inserire nel registro da parte delle istituzioni dovranno esserci le audizioni e le riunioni relative alla rappresentanza di interessi particolari, con indicazione dei dati del soggetto rappresentante, dell’interesse, dei presenti alla riunione. La non comunicazione di tali informazioni o la falsa rappresentazione comporta pesanti sanzioni amministrative. Le istituzioni coinvolte dovranno inoltre inserire nei registri anche i viaggi compiuti a carico delle lobbies, e le donazioni e i regali di qualsiasi genere ricevuti.

Obbligo di par condicio

La legge prevede (Articolo 11) anche un obbligo di parità di trattamento per i soggetti che richiedano di essere auditi su una stessa materia, mentre per i lobbisti c’è l’obbligo (Articolo 12) di fornire ogni tipo di informazione richiesta dalle istituzioni in relazione al singolo provvedimento, ed è previsto anche un obbligo informativo nei confronti dei clienti rappresentati degli effetti di questa legge.

Per quanto riguarda il regime sanzionatorio (Articolo 14) per violazione della legge, questa rimanda alle norme statutarie di ogni istituzione per la quale è previsto un registro. Sanzioni di vario genere sono previste anche per tutti i funzionari pubblici coinvolti nella rapporto coi lobbisti.

Trasparenza e polemiche

Nonostante il risultato ottenuto, considerato da Governo e maggioranza di centrodestra come “un importante passo avanti verso la trasparenza”, inevitabile qualche polemiche, come quella ad esempio del senatore socialista Camilo Escalona, che ha sottolineato come ci sia il rischio di mettere alla berlina i decisori pubblici “mentre i grandi interessi possono continuare ad agire impuniti”. Da più parti c’è però soddisfazione per aver compiuto un importante passo verso la trasparenza, nonostante il testo approvato sia considerato un po’ da tutti come perfettibile. Ma è lapidario il commento di un esperto rilasciato al sito SentidosComunes, con cui questo ha espresso la soddisfazione di trovarsi a fianco di nazioni quali USA, Canada, Messico e Unione Europea: “Siamo nell’OCSE del resto”. Stesso organismo di cui fa parte anche l’Italia, il cui Governo la scorsa estate – dopo il fallimento nella ricerca di un accordo in Consiglio dei Ministri su un ddl governativo per regolare il lobbying – ha preferito deferire al Ministero delle Politiche UE il compito di fare una ricerca sulle normative esistenti…

 

 

]]>
Il metodo della trasparenza. Lobby e dintorni (Parte #1) http://www.lobbyingitalia.com/2013/11/il-metodo-della-trasparenza-lobby-e-dintorni-parte-1/ Thu, 14 Nov 2013 15:45:42 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1829 L’accountability di singoli e istituzioni trova il proprio fondamento nella trasparenza, che non è solo mezzo e al contempo fine, ma altresì metodo di svolgimento di ogni attività che abbia pubblica rilevanza. I soggetti che in qualunque ruolo devono rendere conto del proprio operato sono oggi chiamati ad agire secondo modalità idonee a consentire che i propri comportamenti siano pubblicamente verificati e, comunque, giudicati. In questo modo, la loro responsabilità viene sostanziata mediante il controllo che qualunque interessato può operare sui fini perseguiti, sulle motivazioni che ne sono alla base, sulle valutazioni compiute, sugli obiettivi raggiunti e sulle cause di eventuali scostamenti da quelli inizialmente previsti.

Il suddetto controllo può essere, dunque, effettuato solo laddove funzioni istituzionali che richiedono l’utilizzo di pubbliche risorse vengano espletate secondo procedimenti che trovino nella trasparenza il proprio connotato. Di tale principio nelle sue più varie accezioni si è più volte scritto: giova evidenziarne il “filo rosso”.

La posizione di inaccessibilità di cui lo Stato ha sempre goduto rispetto ai soggetti amministrati – collocati in una situazione di sudditanza, per molti versi ancora presente – va da anni gradatamente sfumando. A partire dal 1990 (L. n. 241), la legge ha ammesso che la “casa di vetro” dell’Amministrazione cominciasse a essere illuminata, permettendo al singolo soggetto di accedere agli atti di un procedimento pubblico di cui egli fosse parte in causa. La trasparenza, nonostante le buone intenzioni che inizialmente ne hanno lastricato la strada, non è stata mai compiutamente attuata. A essa da ultimo è stato dedicato un provvedimento (il decreto c.d. “Trasparenza”, d.lgs. n. 33/2013, qui se ne è scritto) che, smentendo l’intitolazione, crea opacità per confusione alla collettività destinataria di informazioni di non agevole fruizione (nonché complicazioni operative a chi sia tenuto ad applicarlo).

E’ stata così ottenuta non la disclosure annunciata, bensì una burocrazia digitalizzata. Peraltro, il decreto citato non è il Foia (Freedom of Information Act); la trasparenza non è “reattiva”, cioè non si concretizza nell’obbligo di assolvere a precise istanze informative avanzate da parte di soggetti interessati, ma viene realizzata solo se proattivamente prevista ovvero qualora qualche amministrazione decida di aprire il forziere della conoscenza di questo o quel dato che la riguardi; in Italia il “rendere conto” non connota spontaneamente lo stile delle istituzioni, come dovrebbe invece avvenire in un Paese evoluto. Gli open data, anch’essi strumento di trasparenza (openness), nonché miniera di elementi da elaborare in funzione dell’innovazione tecnologica, della crescita imprenditoriale e quindi anche del Paese, restano spesso più un auspicio che un “dato” effettivo (come qui si spiega).

Per altro verso, anche l’Agenda digitale, che dovrebbe consentire efficienza alla P.A. e risparmi allo Stato, per molti profili è ancora irrealizzata: l’intrico di competenze e decreti finalizzati ad attuarla ne sanciscono, di fatto, lo stallo (come qui si dimostra). Dal settore amministrativo l’esigenza di trasparenza si è progressivamente estesa a quello normativo, al fine di conferire all’attività di rule making l’evidenza pubblica necessaria per ogni procedimento avente a oggetto gli interessi dei cittadini (come qui si è visto).

La “qualità della regolamentazione”, strumento di semplificazione e dunque di efficienza, è a tutt’oggi un mero auspicio, mentre in ambito europeo continuano le iniziative volte a perseguirla (in materia di semplificazioni, da ultimo, ottobre 2013). La sempre maggiore complessità e numerosità degli interessi da considerare nell’attività di produzione normativa evidenzia l’esigenza di una trasparenza ancora più ampia, affinché la collettività destinataria delle leggi possa verificare l’agire del pubblico decisore e le valutazioni da parte di quest’ultimo poste alla base delle sue scelte.

Poiché non vi è controllo che non abbia a oggetto il procedimento seguito e le motivazioni su cui si basano le decisioni assunte, risulta necessario che il legislatore adotti la trasparenza quale metodo operativo: funzionali a ciò risultano l’analisi e la verifica di impatto (AIR e VIR), che si basano sulla misurazione degli oneri amministrativi (MOA). Gli strumenti citati trovano momento importante nelle consultazioni pubbliche che, preventivamente all’emanazione dell’atto di legge, consentono di portare a conoscenza del pubblico decisore ogni elemento essenziale della materia da disciplinare, affinché egli possa valutare l’impatto delle disposizioni sui portatori degli interessi rappresentati. Dunque, in sede di consultazioni, detti interessi vengono messi a confronto sulla base dell’opera di esposizione e valorizzazione svolta da parte di sappia adeguatamente spiegarli: è poi compito del legislatore quello di compararli, decidere quale soddisfare o cercare comunque una mediazione, dando poi chiara ed evidente descrizione del proprio operato mediante i documenti a ciò finalizzati.

Da quanto fin qui esposto e in forza del più volte richiamato criterio di trasparenza, ci si aspetterebbe che l’attività dei c.d. gruppi di pressione, quali interlocutori delle istituzioni affinché a specifici interessi sia riconosciuta rilevanza in forza dell’attività da essi svolta, trovasse nel nostro ordinamento ambiente normativo idoneo a far sì che essa avvenga secondo criteri di chiarezza, correttezza e pubblica evidenza. Invece, in Italia già solo il termine “lobbisti”, usato per indicare chi intenda esercitare un qualche ruolo attivo – dall’informazione, alla persuasione, all’influenza alla pressione – nei riguardi pubblico decisore, evoca pratiche truffaldine, corruzione, malaffare, clientelismo e, in ogni caso, fini illegali.

Pare che J. F. Kennedy dicesse che un “lobbista” gli consentiva di capire in dieci minuti questioni che i suoi assistenti gli avrebbero spiegato in tre giorni e in decine di fogli. Ciò sintetizza l’importanza che lobby regolamentate come strumenti di comunicazione dinamica ed efficace di istanze diverse potrebbero rivestire per un miglior funzionamento delle istituzioni, per l’efficienza nell’intero sistema e per la democrazia stessa, che nella rappresentanza degli interessi della collettività si sostanzia e che nella trasparenza dei metodi per soddisfarli trova la manifestazione più compiuta.

Giova rammentare che la trasparenza è stata sancita quale principio di funzionamento delle istituzioni comunitarie, nonché quale strumento per avvicinare le istituzioni stesse ai cittadini, con il trattato di Amsterdam (art. 1, comma 2 TUE), in vigore dal 1999. Nel Libro Bianco sulla governance europea (2001), poi, la UE ha affrontato temi dei quali la trasparenza rappresenta espressione: tra questi, l’accesso a documenti istituzionali e a informazioni sui consulenti di cui la Commissione si avvale, la consultazione delle parti interessate e la valutazione d’impatto prima della presentazione delle proposte legislative, ciò per “garantire che si tenga debitamente conto delle esigenze dei cittadini e di tutte le parti interessate”.

Il fine che si è inteso perseguire è quello di offrire a queste ultime “un canale strutturato per le loro reazioni, critiche e proteste”, “rafforzare la cultura della consultazione e del dialogo” e in questo modo, mediante processi che in quanto pubblici e condivisi sono per definizione anche più trasparenti, pervenire a una maggiore “responsabilizzazione di tutte le parti in causa” (come chiarito altresì nella successiva comunicazione contenente “Principi generali e requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate” del 2002, oltre che nel Libro verde di cui in appresso). Nel 2005, poi, la Commissione ha avviato un’analisi della sua strategia generale in materia di trasparenza (c.d. Iniziativa Europea per la Trasparenza), comprendente tra l’altro “la gestione delle attività dei gruppi di interesse e delle organizzazioni della società civile”.

Nell’ambito di detta iniziativa, ha adottato il Libro verde  (2006) al fine di “identificare i settori suscettibili di miglioramenti e stimolare un dibattito su tali settori”: tra questi, la definizione di “le attività dei rappresentanti dei gruppi di interesse (lobbisti)” e i “feedback sui requisiti minimi in materia di consultazione” che “contribuiscono a garantire una interazione trasparente tra i rappresentanti dei gruppi di interesse e la Commissione”. Peraltro, nel Libro Verde si ribadisce l’importanza di un “alto grado di trasparenza per garantire che l’Unione sia aperta a un controllo pubblico e renda conto del proprio operato”. In tale prospettiva, appare evidente come il “lobbismo” vale a dire “tutte le attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee” non potesse non costituire oggetto di considerazione in un ambito, quello europeo, ove i benefici derivanti da istituzioni e attività trasparenti sono stati percepiti con molto anticipo rispetto al nostro Paese.

La regolamentazione delle lobby è minimale e volontaria: si sostanzia nell’iscrizione a un registro (dal 2011 comune tra Commissione e Parlamento) che ha lo scopo di far conoscere ai cittadini le organizzazioni, le persone giuridiche e i lavoratori autonomi le cui attività possono avere incidenza sui processi decisionali dell’Unione europea. Il registro contiene informazioni riguardanti il tipo di attività, gli interessi perseguiti e le risorse destinate alle proprie attività da parte di detti soggetti. Essi sono tenuti all’osservanza di un codice di condotta, recante generici obblighi di comportamento (che, a propria volta, si integrano con le regole riguardati i funzionari europei, volte al fine di scongiurare pericoli di corruzione o imparzialità nello svolgimento dei propri compiti), per la cui violazione sono previste sanzioni che tuttavia, a detta degli interessati (si veda la ricerca Ocse di seguito citata), non vengono effettivamente irrogate.

L’attività di lobbying in Europa è stata oggetto di ricerche pubblicate di recente (Burson-Marsteller, Alter-EU e OCSE). Nonostante talune differenze tra le percentuali, esse evidenziano l’esigenza che per l’attività stessa un incremento del livello di trasparenza. Perché la trasparenza è l’elemento che conferisce all’attività di cui si sta trattando un effettivo valore aggiunto, come si vedrà in appresso.

 

Fonte: Vitalba Azzollini – Leoni Blog

]]>
L’OCSE affronta il tema del lobbying http://www.lobbyingitalia.com/2013/07/locse-affronta-il-tema-del-lobbying/ Mon, 01 Jul 2013 11:16:51 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1590 L’associazione italiana Il Chiostro tra i relatori al forum promosso dall’OCSE su integrità e trasparenza nell’attività di lobbying.

Il Chiostro-per la trasparenza delle lobby, associazione italiana che raccoglie 150 professionisti del  lobbying e delle relazioni esterne, è intervenuta al forum “Transparency and Integrity in Lobbying. How to Win Back Trust?”, promosso dall’Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico (OCSE), che si è tenuto il 27 e 28 giugno 2013 presso il centro conferenze OCSE a Parigi.

Come socio fondatore il Chiostro ha agito in rappresentanza di Public Affairs Community of Europe (PACE), la comunità internazionale di public affairs nata a Roma nel 2011, che raggruppa le associazioni nazionali e i professionisti del lobbying a livello europeo.

Giuseppe Mazzei, Presidente del Chiostro e Micol Bertoni, Responsabile dei rapporti internazionali del Chiostro e Segretario generale di P.A.C.E, hanno preso parte alla seconda sessione del forum dal titolo “Open Government in the 21st century: What level of transparency in lobbying practices?
”, dove sono stati discussi i meccanismi per assicurare che all’interno di un’attività di lobbying i processi decisionali pubblici siano trasparenti e le informazioni facilmente accessibili. Meccanismi considerati cruciali per lo svolgimento di un “governo aperto” e che permetterebbero di rafforzare la fiducia dei cittadini nel processo decisionale pubblico.

Ringraziamo caldamente l’OCSE per averci dato l’opportunità di partecipare ad un forum di così alto livello. Siamo orgogliosi, infatti, di prendere parte in rappresentanza di Public Affairs Community of Europe (PACE) ad una dibattito così importante per il futuro dell’attività di lobbying”, ha spiegato Mazzei.

Coerentemente alle raccomandazioni dell’OCSE in merito alla possibilità di garantire in modo democratico l’accesso all’attività di lobbying a tutte le entità, crediamo che un aspetto fondamentale dovrebbe essere la definizione di lobbista. PACE ha sempre sottolineato, infatti, la necessità di identificare la figura del rappresentate di interessi in modo ampio, con chiunque cioè entri in contatto con i decisori pubblici ponendosi l’obiettivo di influenzarne l’attività politica. Crediamo necessario quindi l’istituzione di un registro che potrebbe essere reso obbligatorio a livello europeo solo se esauriente e coerente con la grande varietà di dinamiche istituzionali di cui i singoli paesi sono portatori”.

Come sottolineato “giustamente dall’OCSE per garantire adeguatamente l’interesse pubblico, la divulgazione degli aspetti legati all’attività di lobbying e ai lobbisti deve essere rimandata ad un registro pubblico costantemente aggiornato con informazioni che siano facilmente consultabili dall’apparato statale, dalla società civile e dal mondo degli interessi privati. Ogni paese dovrebbe poi nominare un supervisore indipendente al fine di controllare correttamente il funzionamento del registro”, conclude Mazzei.

Il forum, “Transparency and Integrity in Lobbying. How to Win Back Trust?”, nasce dal forte e urgente di bisogno di un confronto tra mondo pubblico e privato, sul modo in cui i governi possano recuperare la fiducia nei confronti dei propri cittadini, sempre più distanti dalle istituzioni pubbliche come testimoniano gli ultimi sondaggi politici. Fiducia necessaria per attuare riforme decisive ed efficaci e per creare quelle condizioni che consentano un largo coinvolgimento dei portatori di interesse promuovendo allo stesso tempo trasparenza e integrità nell’attività di lobbying. Solo fondamenta solide possono permettere di attuare le decisioni pubbliche nell’attuale contesto di ripresa economica, dove le riforme strutturali comportano scelte difficili e impopolari che deteriorano la fiducia dei cittadini e dei mercati, basilari per promuovere sviluppi sociali ed economici.

]]>