moavero – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Lobby, governo pensa a ddl: da giugno gruppo di lavoro e consultazioni (Public Policy) http://www.lobbyingitalia.com/2014/05/lobby-governo-pensa-a-ddl-da-giugno-gruppo-di-lavoro-e-consultazioni-public-policy/ Wed, 21 May 2014 18:40:58 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2332 (Sonia Ricci) Partirà dopo il 13 giugno, a seguito della presentazione del decreto Pubblica amministrazione (a cui sta lavorando il ministero per la Semplificazione), il gruppo di lavoro che dovrà predisporre un regolamento ad hoc sulle lobby. È quanto riferiscono a Public Policy fonti di Palazzo Chigi.

A quanto si apprende, il Governo Renzi potrebbe riproporre un nuovo disegno di legge, magari utilizzando come bozza quello predisposto dal Governo Letta e mai varato dal Cdm. In particolare, a quanto viene riferito, sono tre ministeri che se ne dovrebbero occupare: Pubblica amministrazione, Giustizia e Sviluppo economico. Ma sarà il dicastero della ministra Marianna Madia a guidare i lavori, che dovrebbero concludersi non prima di agosto.

L’avvio dei lavori è previsto anche dal Documento di economia e finanza. Nel Piano nazionale di riforme (una delle tre parti del Def) si legge: “Definire” a giugno 2014 “un provvedimento legislativo per regolare le lobby e le relazioni fra gruppi di interesse e istituzioni, a tutti i livelli”. La riforma viene prevista tra quelle riportate nella sezione “Trasparenza e garanzia dei diritti”.

Come detto, del tema di una regolamentazione delle lobby in Italia, però, non è il governo di Matteo Renzi a essersene occupato per primo. Infatti, già l’ex premier Enrico Letta aveva iniziato ad occuparsene con un apposito ddl governativo, più volte approdato in Cdm, ma mai uscito da Palazzo Chigi. “Di lavoro fatto – spiega a Public Policy una fonte di governo – ce n’è già tantissimo. Il gruppo del Governo Letta aveva già predisposto dei dossier su come funzionano le regolamentazioni delle lobby in tutto il mondo”.

Quindi il testo di analisi “è già stato scritto e contiene le 24 norme dei 24 Paesi che hanno introdotto una regolamentazione”. Per ogni Paese – aggiunge – “c’è una scheda di tre pagine, un’analisi molto abbondante”. Quindi “il nuovo testo potrebbe essere scritto anche in una settimana”. Oltre alla formazione del gruppo di lavoro, che dovrebbe partire dalla seconda metà di giugno, i ministeri dovrebbero anche convocare “le grandi e le piccole lobby, per delle consultazioni“.

Vita e morte del ddl del governo Letta – Il tema delle lobby è tornato alla ribalta a fine dicembre 2013, durante l’esame alla Camera della legge di Stabilità, dopo che il Movimento 5 stelle ha denunciato – con più post sul blog di Beppe Grillo – la presenza in Parlamento (e in particolare fuori dalle commissioni) di alcuni lobbisti. L’iter per regolamentare il settore parte il 24 maggio 2013 (sotto il governo Letta), quando il presidente del Consiglio presentò le linee sulle quali si doveva articolare il ddl in materia di attività delle lobbies e la rappresentanza degli interessi economici.

Successivamente, il 5 giugno, a poco più di un mese dall’avvio dell’esecutivo, si è riunito a Palazzo Chigi un tavolo tra le maggiori società di lobbying italiane e il segretario generale alla presidenza del Consiglio dei ministri Roberto Garofoli, con l’obiettivo di redigere un testo che regolamentasse l’attività dei cosiddetti “portatori d’interessi“.

Secondo le indiscrezioni, il provvedimento prevedeva l’iscrizione a un albo per i soggetti che intendessero “svolgere attività di rappresentanza di interessi particolari nei confronti dei decisori pubblici”. L’albo doveva essere istituito presso l’Autorità garante della concorrenza, che ha avrebbe avuto anche il compito di redigere un codice deontologico. Per accedere nelle sedi delle istituzioni, comprese quelle degli enti locali, il portatore d’interesse – secondo il vecchio ddl – avrebbe dovuto munirsi di un tesserino di riconoscimento rilasciato “secondo le modalità definite da ciascuna amministrazione”.

Tra gli obblighi previsti per i lobbisti anche quello di rendere le note le donazioni fatte ai partiti. Tra i punti sui quali il governo non è riuscito a trovare una sintesi c’era l’obbligo per i decisori pubblici di comunicare in una relazione annuale il nome dei lobbisti con i quali hanno intrattenuto relazioni e dai quali hanno ottenuto suggerimenti e consigli normativi, l’affidamento delle funzioni di controllo al Civit (ora trasformata in Anac) o all’Antitrust, e l’autodichia di Camera e Senato.

Durante il Consiglio dei ministri del 5 luglio 2013 da cui sarebbe dovuto uscire il testo, a un mese esatto dalla riunione con i lobbisti a Palazzo Chigi, Letta annunciò che al ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi era stato affidato “il compito di fare una ricognizione sulla regolamentazione delle lobby a livello europeo”. Una ricognizione, visto che del ddl se ne sono perse le tracce, evidentemente ancora in corso.

Fonte: Public Policy

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Giuseppe Mazzei: «Le lobby? Il problema è la politica» http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/giuseppe-mazzei-le-lobby-il-problema-e-la-politica/ Tue, 24 Dec 2013 08:31:58 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1961 lobbisti in parlamento? «Ci sono sempre stati». A dirlo senza mezzi termini è Giuseppe Mazzei, presidente de Il Chiostro, l’associazione «per la trasparenza delle lobby» nata nel giugno del 2008. Malgrado oggi «in molti si straccino le vesti», il problema dell’Italia non sono le lobby ma «l’assenza di una legge che regoli» questo genere di attività. Eppure lui e la sua associazione hanno più volte presentato proposte in tal senso.
«È UNA QUESTIONE POLITICA». Si tratta, ha detto il giornalista e docente di comunicazione a Lettera43.it, di una «volontà politica».
Nel Palazzo c’è infatti «una lobby oscura contraria alla regolamentazione» che ha messo «i bastoni fra le ruote» al varo di un provvedimento di regolamentazione predisposto dalla presidenza del Consiglio. E molti ex parlamentari sfruttano il loro status per portare avanti interessi di parte.

Il tema delle lobby è tornato alla ribalta. La vicenda ha stupito i più.
RISPOSTA.
 Colpisce che a meravigliarsi siano state proprio quelle persone che invece non avrebbero dovuto mostrare meraviglia.
D. In che senso?
R. La presenza di figure che in parlamento fanno attività di lobbying è una cosa risaputa da tempo…
D. Ma nessuno ha mai fatto niente.
R.
 Da diversi anni l’associazione che presiedo si batte per l’approvazione di una legge che regolamenti l’attività di lobbying. Pensi, siamo noi lobbisti a chiederla con forza.
D. Però?
R. Il parlamento non ne ha mai discusso. Quindi mi domando: perché, visto che il tema appassiona tanto, nessuno ha mai varato una legge che metta nero su bianco delle regole precise?
D. Sta dicendo che il problema è prima di tutto politico?
R. Certo. Fra i tanti elementi di arretratezza che caratterizzano questo Paese c’è anche la mancanza di una legge di questo tipo. In Italia l’attività di lobbying è vista esclusivamente come un abuso, ma da che mondo è mondo la democrazia vive anche della rappresentanza degli interessi. Che, aggiungo, deve essere portata avanti da persone serie e corrette e alla luce del sole, in trasparenza. Non dal primo che capita.
D. Perché la vostra proposta di regolamentazione è rimasta lettera morta?
R.
 Il problema ha molteplici sfaccettature. In molti non la vogliono perché sanno che se questa legge passa come la proponiamo noi dovrebbero smettere di fare attività di lobbying. Ad altri, che sono in palese conflitto di interessi, toccherebbe la stessa sorte. Poi ci sono quelli che fanno finta di non capire che questo tema non va affrontato con manicheismo ma con il buonsenso.
D. Però sono il governo e il parlamento ad avere in mano il pallino del gioco.
R.
 Anche all’interno della maggioranza di governo qualcuno ha messo i bastoni fra le ruote.
D. C’è un partito che più degli altri ha frenato l’iter del provvedimento?
R.
 No, si tratta di una logica trasversale. In quasi tutti i partiti figurano persone che non lo vogliono. Ci sono forze in cui ce ne sono di più e altre in cui se ne contano di meno.
D. Molti parlamentari traggono giovamento da questo vuoto normativo?
R.
 Ho fatto il giornalista politico per tanti anni, preferisco non fare dietrologie. Stando ai fatti, dico però che quando si affronta l’argomento molti parlamentari storcono il naso. Dal 1970 a oggi sono state presentate oltre 50 proposte di legge in tal senso.
D. Che fine hanno fatto?
R.
 Sono rimaste tutte nel cassetto. Se nessuno ha mai fatto niente un motivo ci sarà.
D. Detta così, sembra che i primi lobbisti siano fra coloro che alloggiano nel Palazzo.
R.
 In parlamento c’è una lobby oscura contraria alla regolamentazione che non è composta solo da sedicenti lobbisti o da lobbisti contrari alla trasparenza. Mi lasci aggiungere un particolare, secondo me fondamentale.
D. Prego.
R. So per certo che ci sono molti ex parlamentari che fanno attività di lobbying alla Camera e al Senato. Questo crea delle problematiche non indifferenti.
D. In che senso?
R.
 Queste persone sfruttano i privilegi degli ex parlamentari. Sono più lobbisti degli altri. Ciò crea una disparità di trattamento inaccettabile: tutti dovremmo poter giocare ad armi pari.
D. Quali sono i contenuti principali della vostra proposta di legge?
R.
 Prima di tutto sosteniamo che la platea dei decisori pubblici debba essere la più vasta possibile: si va dal governo alle autorità indipendenti fino a toccare tutti i livelli della pubblica amministrazione. Tutti coloro che prendono decisioni «pubbliche» devono esserne oggetto.
D. In questo contesto i lobbisti che ruolo giocherebbero?
R.
 Sarebbero quelli autorizzati ad avere un’interlocuzione, per presentare proposte e suggerimenti di cui deve rimanere una traccia, con le figure citate poc’anzi.
D. Chiedete che venga creato un vero e proprio ordine professionale?
R.
 Parlerei di un semplice elenco e non di un albo professionale. Questo dovrà essere pubblico: potranno iscriversi quelle persone con la fedina penale pulita che si impegneranno a rispettare un codice etico e ovviamente le leggi in vigore in Italia.
D. Cosa accadrebbe in caso di violazione di queste regole di comportamento?
R.
 Dovrà essere prevista una punizione con sanzioni prevalentemente pecuniarie molto elevate. Al lobbista che esercita la professione senza essere iscritto nel registro verrà combinata una multa che va da un minimo di 50 mila ad un massimo di 500 mila euro.
D. Poi?
R. C’è la necessità di affermare il principio secondo cui nessuno può essere al tempo stesso funzionario pubblico e lobbista, parlamentare e lobbista, ministro e lobbista… In più, ogni anno, il lobbista dovrà presentare una relazione per dire cosa ha fatto e di cosa si è occupato più le persone che ha consultato.
D. Crede che questa volta si riuscirà ad arrivare ad una soluzione tangibile?
R. Confido molto nel premier Letta, che conosce bene questi temi, così come nel ministro Moavero e nel sottosegretario Patroni Griffi. Ci vuole coraggio, bisogna metterci la faccia. All’inizio del nuovo anno porteremo avanti una nuova e fortissima azione di convincimento.

Giuseppe Mazzei è un giornalista, saggista e docente italiano. È stato responsabile rapporti con le Authority della RAI, e poi Direttore dei rapporti istituzionali del gruppo Allianz dal 2004. E’ il presidente dell’associazione “Il Chiostro, per la trasparenza delle lobbies”

Fonte: Lettera43

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Lobby, da riunione 5 giugno a Cdm 5 luglio: vita e morte del ddl del Governo http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/lobby-da-riunione-5-giugno-a-cdm-5-luglio-vita-e-morte-del-ddl-del-governo/ Fri, 20 Dec 2013 19:20:45 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1918 Il tema è tornato alla ribalta in questi giorni grazie alle denunce del Movimento 5 Stelle e martedì scorso il presidente del Senato Pietro Grasso ha ribadito che “occorre una seria legge sulle ‘lobby’, una regolamentazione ferrea e trasparente per non consegnare le politiche pubbliche agli interessi dei privati“. Eppure l’intenzione da parte del Governo di regolamentare l’attività di lobbying all’interno delle istituzioni c’era eccome.

Il 5 giugno, a poco più di un mese dall’avvio dell’esecutivo guidato da Enrico Letta, si riunisce a Palazzo Chigi un tavolo tra le maggiori società di lobbying italiane e il segretario generale alla presidenza del Consiglio dei ministri Roberto Garofoli, con l’obiettivo di redigere un testo che regolamenti l’attività dei cosiddetti“portatori d’interessi”.

I lavori procedono e le bozze di ddl si susseguono una dopo l’altra. Il provvedimento prevede, secondo le indiscrezioni, l’iscrizione ad un albo per “i soggetti che intendano svolgere attività di rappresentanza di interessi particolari nei confronti dei decisori pubblici“. L’albo deve essere istituito presso l’Autorità garante della concorrenza, che ha anche il compito di redigere un codice deontologico. Per accedere nelle sedi delle istituzioni, comprese quelle degli enti locali, il portatore d’interesse deve munirsi di un tesserino di riconoscimento rilasciato “secondo le modalità definite da ciascuna amministrazione“. Tra gli obblighi previsti per i lobbisti anche quello di rendere le note le donazioni fatte ai partiti.

Tra i punti sui quali il Governo non riuscirebbe a trovare una sintesi ci sarebbero l’obbligo per i decisori pubblici di comunicare in una relazione annuale il nome dei lobbisti con i quali hanno intrattenuto relazioni e dai quali hanno ottenuto suggerimenti e consigli normativi, l’affidamento delle funzioni di controllo al Civit o all’Antitrust, e l’autodichia di Camera e Senato.

Durante il Consiglio dei ministri del 5 luglio da cui sarebbe dovuto uscire il testo, a un mese esatto dalla riunione con i lobbisti a Palazzo Chigi, Letta annuncia che “al ministro (per gli Affari europei Enzo Moavero; Ndr) è stato affidato il compito di fare una ricognizione sulla regolamentazione delle lobby a livello europeo”. Una ricognizione, visto che del ddl se ne sono perse le tracce, evidentemente ancora in corso.

Fonte: Public Policy

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Ainis – Quei corridoi senza luce http://www.lobbyingitalia.com/2013/07/m-ainis-quei-corridoi-senza-luce/ Thu, 11 Jul 2013 16:24:56 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1443 La notizia è che non c’è notizia. Sui due provvedimenti che il Consiglio dei ministri aveva in calendario? L’abolizione delle Province, la regolamentazione delle lobby? E’ salpato il primo, è rimasto all’ancora il secondo. Ma il primo sarebbe salpato in ogni caso, giacché sulle Province dovrà esercitarsi la revisione costituzionale complessiva cui s’accinge il Parlamento; e semmai c’è il rischio che i due procedimenti s’intralcino a vicenda.

Quanto alle lobby, dopo 54 progetti di legge andati in fumo, avremmo preferito il sapore dell’arrosto. Invece il governo, pur avendo un testo bell’e pronto, ha chiesto al ministro Moavero un esame comparato con gli altri Paesi europei. Ma perché, non l’avevano già fatto prima di scrivere le norme? E non è bastato l’esame comparato sugli stipendi dei parlamentari (nel 2011), una scusa per non cavare poi un ragno dal buco?

Diciamolo: la non notizia è una cattiva notizia. Per ragioni etiche, ma se vogliamo anche semantiche. Difatti lobby, in inglese, significa corridoio. Un ambiente contiguo alle stanze del potere, dove i lobbisti trasmettono le loro richieste ai signori del potere. Nel mondo anglosassone, però, i corridoi sono illuminati da finestre, insomma aperti al controllo della pubblica opinione. Perché così vuole la legge, e infatti negli Usa il Lobbying Act risale al 1946, e viene aggiornato di continuo.

Come d’altronde in Canada, Israele, Svizzera, Germania e varie altre contrade. In Italia, viceversa, non c’è legge, sicché ogni incontro si trasforma in un appuntamento clandestino. Come quello fra due amanti, o magari fra due ladri.Ma adesso basta, bisogna darci un taglio. Anzitutto nell’interesse dei lobbisti, che a certe condizioni svolgono una funzione utile per lo stesso legislatore.

Come diceva J. F. Kennedy, un lobbista mi fa capire in dieci minuti questioni che i miei assistenti spiegherebbero in tre giorni. In secondo luogo perché senza trasparenza non c’è democrazia. E l’Italia dei mercati sotterranei, dei poteri trasversali, della P4 che segue la P3 che segue la P2, è ben poco democratica.

In terzo luogo per elidere il sospetto dalla nostra cittadella pubblica, come succede quando un ex ministro si trasferisce il giorno dopo nella tolda di comando di un’azienda, o quando un servizio delle «Iene» denuncia che le multinazionali pagano i parlamentari.

E in quarto luogo, sì: per restaurare l’autorità perduta dello Stato. Ce n’è bisogno proprio adesso, mentre il ministro Cancellieri segnala l’azione paralizzante delle lobby, mentre il Consiglio nazionale forense e altri organismi dell’Avvocatura le rispondono esigendo pubbliche scuse.

C’è un che di sbilanciato nel rapporto che le grandi corporazioni private intrattengono con le istituzioni pubbliche. Potenti e prepotenti le prime, impotenti le seconde. Ecco perché una legge sulle lobby servirebbe a ordinare i posti in tavola, e servirebbe a noi tutti per osservare la distribuzione del menu. Ne guadagnerebbe la trasparenza della nostra vita pubblica, ma pure la libertà di concorrenza.

Non a caso l’indice della libertà economica misurato dalla Heritage Foundation ci colloca, nel 2012, alla 92esima posizione in tutto il mondo, nonché penultimi in Europa (peggio di noi solo la Grecia). Ma in Italia funziona così: la concorrenza rantola, le liberalizzazioni languono, e neanche noi ci sentiamo troppo bene.

 

Michele Ainis, costituzionalista, è ordinario nell’università di Roma Tre. Ha pubblicato un romanzo (Doppio riflesso, Rizzoli 2012) e una ventina di volumi (l’ultimo è Privilegium, Rizzoli 2012) su temi politici e istituzionali.

Fonte: http://bit.ly/134qXAl

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Rinviata la stretta sulle lobby «Materia molto delicata» http://www.lobbyingitalia.com/2013/07/rinviata-la-stretta-sulle-lobby-materia-molto-delicata/ http://www.lobbyingitalia.com/2013/07/rinviata-la-stretta-sulle-lobby-materia-molto-delicata/#comments Sat, 06 Jul 2013 16:38:58 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1458 Il ministro Moavero dovrà studiare la «coerenza» con le leggi in vigore negli altri Paesi Ue

Sulle lobby professionali il governo per ora non decide. E blocca gli schemi di disegno di legge entrati ieri in Consiglio dei ministri: «Abbiamo fatto un inizio di discussione ma si tratta di materia molto delicata», ha detto il presidente del Consiglio. Dunque, ha aggiunto Enrico Letta, è stato deciso di «affidare un approfondimento al ministro Enzo Moavero, una sorta di ricognizione comparata per garantire al provvedimento una logica di coerenza con gli altri Paesi europei». Moavero, ha concluso il premier non precisando quando durerà questa fase istruttoria supplementare, «lavorerà per far sì che le indicazioni che seguiremo siano compatibili con la normativa nei Paesi Ue, oltre a quella che vige per il Parlamento europeo e per la Commissione europea».

La materia è davvero delicata. Perché mette insieme due esigenze. La prima è quella di far emergere con norme più stringenti l?attività dei lobbisti professionali. Sull?altro fronte, le associazioni dei lobbisti reclamano più trasparenza nella pubblica amministrazione spesso sensibile solo alle posizioni dominanti dei grandi gruppi. A febbraio del 2012, per esempio, quando fu varato il primo regolamento dell?attività di rappresentanza di interessi al ministero delle Politiche agricole e forestali, una grande e potente organizzazione agricola non ha gradito perché così anche i «piccoli » vengono messi in condizione di fare lobbying.

Il testo del ddl, 12-13 articoli, è stato rimaneggiato e ancora non ha trovato una versione definitiva. Il Consiglio – durante il quale più di un ministro si è lamentato per non avere ricevuto in tempo il testo (o i testi) – era stato preceduto da almeno tre riunioni tra i capi del legislativo dei vari dicasteri. Tra i nodi da sciogliere c’è l’albo per i lobbisti (che alcuni vorrebbero fosse solo un elenco), i controlli affidati all’Antitrust (che altri vorrebbero di competenza della Civit), le diverse opzioni sul grado di trasparenza da imporre alla pubblica amministrazione, il tetto di 150 euro per regali e le «altre utilità» elargite dai lobbisti.

Poi, brucia l’elenco accurato in cui, secondo uno dei testi elaborati, rientrano i «decisori pubblici» che non possono iscriversi all?albo (o elenco) dei lobbisti a meno non abbiano cessato l’incarico o il mandato da due anni: «Ministri, sottosegretari, parlamentari (e loro collaboratori) dirigenti dei ministeri, membri delle autorità, sindaci, consiglieri regionali, provinciali e comunali». Un elenco che comprende anche i dipendenti pubblici, i giornalisti, i dirigenti dei partiti e dei sindacati.

Il governo spera di trovare in Europa il bandolo della matassa che per ora impedisce un rapporto codificato tra decisori e lobbisti. Ferpi e Assorel, due associazioni del settore pubbliche relazioni, in qualche modo certificano la divisione avvenuta nel governo: «Ci auguriamo che il testo in approvazione sia il più vicino possibile a quello elaborato dalla presidenza del Consiglio che, anticipando prassi e regole future, è stato oggetto di trasparente confronto». Per Claudio Velardi, lobbista ed ex capo dello staff di D’Alema a Palazzo Chigi, «il governo sta cercando una soluzione troppo complicata quando basterebbe adottare quella già sperimentata al ministero dell’Agricoltura».

Sul fronte delle polemiche tra governo e avvocati, il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri ha risposto alla lettera del Consiglio nazionale forense a lei indirizzata e pubblicata sui quotidiani: «Il ministro ha parlato di lobby che bloccano le riforme, non di una lobby specifica. Né tantomeno di quella degli avvocati per il cui ruolo non ha mai avuto mancanza di rispetto»

Fonte: Corriere della Sera

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