micucci – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 I lobbisti per legge in Parlamento (TheFrontPage.it) http://www.lobbyingitalia.com/2015/02/i-lobbisti-per-legge-in-parlamento-thefrontpage-it/ Wed, 11 Feb 2015 18:59:11 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2717 Colleghi lobbisti, tutto bene ma… cominciamo a sembrare una compagnia di giro. Una ventina di professionisti sono stati chiamati in Parlamento a dire la loro sul lavoro che sta facendo la prima commissione del Senato, per riunire in un solo progetto di legge la regolazione dell’attività lobbistica.

Ne rendono conto Public Policy e Lobbying Italia, i Senatori presenti (tra loro, la Presidente Anna Finocchiaro), il Senatore  Roberto Kociancich e il relatore  Francesco Campanella, che sono apparsi attenti, curiosi e interessati. I DDL abbinati al AS 281 sono tanti, di tempo ne è passato tantissimo, anche per l’Italia. Ci sono state leggi regionali, decreti ministeriali e tante promesse. Ormai la questione non è quella di un riconoscimento professionale: le leggi anticorruzione e per la trasparenza sono talmente diffuse e intricate, da rendere la modulistica e gli obblighi contrattuali in materia di conflitti più spessa di un manuale di manutenzione aerea. I regolatori arrivano dopo.

Intanto però i decision maker sono influenzati dai media (un po’ meno), dai Social Media (sempre più), dalla magistratura (come prima) e dai lobbisti “di stato”; insomma più da “queste” lobbies che dagli elettori o da lobbisti di professione. Troppo spesso anche i Parlamentari si sentono deboli e incerti, in tempi di tsunami regolatorio. Ma le cose stanno cambiando, proprio perché la politica sta riprendendo peso.

La mia paura è che una discussione fatta di ceppi alle “sliding doors” e di paletti per definire l’ “ordine” citrullo dei lobbisti, sia vecchia e inutile. Il problema centrale è la trasparenza, la parità di accesso ed i conflitti di interesse in atto. Come c’è stato detto anche al Senato dalla stessa Finocchiaro: i Parlamentari sanno benissimo cosa è una campagna di lobbying, e il senatore Kociancich ha espresso il dubbio che volessimo indicare un recinto. Ricordandoci che sono tanti gli eletti che “rappresentano” più una categoria che l’interesse generale, ed anche per questo vengono eletti. Già, i sindacalisti presidiano le commissioni lavoro, gli avvocati e i magistrati (insieme) quelle di giustizia e sugli Ordini, i farmacisti, che pure dovrebbero non rappresentare insieme l’Ordine e i vigilati, contano più delle multinazionali farmaceutiche.

I dirigenti pubblici, poi, sono uniti in sindacati reali e de facto che presidiano tutto. Abbiamo avuto un consulente gratuito che usava le facilities del Parlamento per esercitare, ed un parlamentare europeo tedesco che è ufficialmente consulente retribuito anche dei gruppi per cui presenta mozioni. Chi svolge un ruolo di supporto alla rappresentanza, allora, più che metter recinti e sanzioni, dovrebbe imparare a far politica anche per chi non la sa fare, a convincere i clienti ad esser policy maker più che trick maker. Emendamenti, inserzioni malandrine in provvedimenti omnibus ci saranno a lungo. La legge Severino ed il cretinismo informativo ci spacceranno ancora per faccendieri e trafficanti, ma intanto va fatta un’opera di educazione e comunicazione reciproca.

Gli alfieri del “fuori i lobbisti”, del resto, sono assititi da un “lobbista ombra” che è proprietario della Casaleggio e Associati, ma protestano perché funzionari della Camera o del Governo svolgano corsi, presso società private, di drafting legislativo. Forse dovrebbero andarci a lezione! E dovrebbero far seguire alle parole i fatti, visto che anche questa parte politica aveva promesso regole, e per ora ha ottenuto restrizioni che lasciano il passo, col sistema dei tesserini amici, solo ai “sottobraccisti” di sempre.

Il ruolo dei parlamentari non è svilito dall’ascolto di interessi privati. Gli stessi parlamentari a 5stelle scrivono giustamente alle aziende della loro zona, il ruolo è semmai svilito dalla mancanza di trasparenza, dall’assenza di un “levelled field”, e questo può darlo solo un Freedom of Information Act, un Parlamento che funzioni meglio ed una maggiore apertura e reciprocità. Sì, apertura. Fate una legge se volete, regolate, risconoscete, ma soprattutto apritevi, gentili rappresentanti del popolo, ascoltate. Impariamo tutti che interessi diversi debbono confrontarsi affinché i decisori possano decidere con consapevolezza. Il diritto a informare e influenzare lo stabilisce la Costituzione.

Solo abbattendo le barriere i lobbisti saranno consulenti strategici. Solo con la trasparenza e con l’interazione fra cittadini ed interessi che gli eletti potranno decidere in piena indipendenza e alla luce del sole. Altrimenti, lobbisti e decisori saranno entrambi grigi e opachi passacarte del nulla.

Massimo Micucci

Ps: sui Ddl presentati trovate trovate qui e qui le nostre idee e proposte.

Link: http://www.thefrontpage.it/2015/02/11/i-lobbisti-per-legge-in-parlamento/

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Lobby, per società norme necessarie. E sul registro c’è l’ok (PublicPolicy) http://www.lobbyingitalia.com/2015/02/lobby-per-societa-norme-necessarie-e-sul-registro-ce-lok/ Wed, 11 Feb 2015 07:52:44 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2713 I pareri di Ferpi, SEC, Il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia

Regolamentare il settore, in maniera semplice e chiara per ottenere risultati concreti e non solo per aumentare la burocrazia. È un quadro articolato quello sulle lobby che esce dal ciclo di audizioni in commissione Affari costituzionali al Senato sul ddl “Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi particolari nelle relazioni istituzionali” in cui, però, abbondano i punti in comune. Sul registro obbligatorio tutti sono d’accordo (anche se con qualche sfumatura diversa), mentre emerge qualche distanza sulla gestione delle cosiddette ‘revolving door’, cioè il passaggio tra pubblica amministrazione e società di rappresentazione di interessi.

REGISTRO OBBLIGATORIO: OK QUASI UNANIME

Ferpi, Sec, il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia, concordano sull’obbligatorietà del Registro a cui i portatori di interesse devono iscriversi, così come stabilito dal ddl. L’unica sfumatura è quella di Reti, per cui il Registro dovrebbe essere volontario e prevedere meccanismi di premialità. Secondo Sec, invece, per le società di consulenza il Registro dovrebbe essere ancora più ‘stringente’ perchè queste dovrebbero pubblicare anche i nominativi dei clienti per i quali svolgono l’attività e dei relativi compensi. Per il Chiostro, l’iscrizione dovrebbe essere consentita solo a chi rispetta determinati requisiti di onorabilità, mentre per FB dovrebbe essere accompagnato da un codice deontologico da sottoscrivere.

Anche per Open Gate gli iscritti al Registro dovrebbero essere tenuti al rispetto di un codice deontologico di condotta che possa rappresentare una codificazione di quelle best practices che i rappresentanti, ma anche i decisori pubblici, dovranno seguire. Molti rappresentanti hanno poi espresso la necessità che anche le associazioni di categoria, come sindacati, Confindustria o l’Anci, siano comprese, e quindi regolati, come portatori di interessi. Quasi unanime anche la necessità che il Registro sia unico e non diviso per amministrazioni.

INTERVENTO NORMATIVO NECESSARIO

Su un punto tutte le società di lobbying si sono espresse all’unanimità: un intervento normativo è ormai necessario. L’opportunità fornita dal ddl all’esame della commissione è quella di superare un vuoto normativo, si legge nel documento depositato da Reti. “È importante raggiungere una regolamentazione completa ed esaustiva del settore perché una legislazione chiara permette di favorire la trasparenza e ridurre comportamenti opachi che danneggiano la classe politica e i cittadini”, è il punto di vista di Sec. “È opportuno che il disegno di legge valorizzi il ruolo delle società di consulenza come ‘rappresentanti di interessi particolari’ che spesso permettono anche a soggetti che non sono in grado di agire singolarmente, ad esempio perché di piccole dimensioni, di poter presentare direttamente le proprie proposte. Ai fini del ddl è rilevante – spiega ancora il documento – che vengano considerati decisori pubblici non solo parlamentari e relativi staff, ministri e uffici di diretta collaborazione, dirigenti generali dei ministeri, ma anche le Autorità indipendenti e i rappresentanti delle Amministrazioni locali“. Regolare per raggiungere una maggiore trasparenza è un concetto sottolineato da tutte le società. Ferpi e Sec, per esempio, sottolineano il ruolo delle consultazioni per un maggior coinvolgimento trasparente dei portatori di interesse.

REVOLVING DOOR: PROBLEMA RISOLVIBILE

Il tema del passaggio da ruoli di decisori pubblici a quello di portatori di interessi, non è un tema trattato dal ddl 281, ma è comunque uno degli argomenti sensibili per regolare il settore delle lobby. Per Ferpi è “necessario limitare il fenomeno delle ‘revolving doors’ per garantire trasparenza e parità di accesso e limitare viceversa i casi di concorrenza sleale”. Il Chiostro propone una finestra di 2-4 anni prima del passaggio da un ruolo pubblico a quello di lobby, mentre per Ogi sono sufficienti due anni. C’è poi chi, come Reti, non ritiene quello delle ‘revolving door’ un problema, ma un tema da affrontare, e risolvere, in chiave di conflitto di interessi.

È LA VOLTA BUONA?

I senatori hanno dimostrato molti interesse ai rilievi mossi dalle associazioni e dalle società, riferiscono alcuni partecipanti all’audizione. “Servono norme semplici, efficaci e durature”, sottolinea Patrizia Rutigliano, presidente Ferpi. “Abbiamo espresso questi concetti e i senatori li hanno fatti propri dimostrando la volontà di proseguire il lavoro intrapreso”, aggiunge.

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Lobbista scettico. Follow up al “che fare” di Petrillo (The Front Page) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/lobbista-scettico-follow-up-al-che-fare-di-petrillo-the-front-page/ Mon, 22 Sep 2014 21:46:30 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2518 (Massimo Micucci) Non so se ammiro più la preparazione o la pazienza del professor Pier Luigi Petrillo che scrivendo su Formiche.net ha riproposto un approccio razionale e pratico al tema della regolamentazione della attività di Lobbying.

Non nascondo un qualche scetticismo. Finora l’atteggiamento dei decisori é stato per lo più superficiale, saltuario e inconcludente. Dare regole e spazio alla rappresentanza di interessi non è l’esigenza di una categoria di professionisti, ma una necessità del paese e del governo. Gli stati avranno sempre meno risorse e meno potere ma i cittadini saranno più esigenti. Si dovrà fare meglio con meno. Dal lavoro, al welfare ai servizi si dovrà contare sull’impegno attivo della società. Se la rivoluzione promossa dal premier si limitasse al pur indispensabile attivismo legislativo, amministrativo e di governo, i risultati sarebbero comunque effimeri e deludenti. Perché?

Matteo Renzi ripete spesso che la sua bussola sono “Marco, Dario e Margherita”: le persone e non i sindacati, o i politici, i “lobbisti”. Nella società di oggi verso la quale egli mostra più sensibilità e assonanza di ogni leader precedente non c’è “accountability” verso le persone senza “engagement”. Cioè se si chiama in causa il cittadino la disintermediazione é solo una premessa, la trasparenza è un dovere, ma per mettere fine alla lamentela, rilanciare fiducia e crescita ci vuole un interesse concreto, visibile e di prospettiva, da parte dei cittadini e delle imprese. La rappresentanza di interessi dunque deve poter (e saper) fare la sua parte.

Quando si parla di lobbies si intende spesso “retaggi, corporazioni, spinte o poteri di interdizione”. Prendiamone atto perchè , ahimè, i lobbisti più potenti sono quelli meno visibili. Quando si parla di regolamentare peró non è che si vogliono fare più accettabili e controllati “i cattivi”. Le regole servono a dare opportunità e forme di partecipazione agli interessi privati legittimi per farli esprimere liberamente ed interagire con i decisori pubblici. La politica poi decide. Questa è l’essenza di una società libera e dinamica.

La politica più innovativa e illuminata non nasce “imparata”. La politica ha bisogno che “Marco, Dario e Margherita”- per riprendere ancora la narrazione del Presidente del Consiglio- possano parlare e si impegnino nel loro futuro. Il ruolo e la responsabilità che la politica torna ad esercitare non deve essere un ritorno all’autosufficienza, al primato sulla società. Nella società ci sono conoscenze, esperienze, competenze che possono aiutare il governo delle cose. Una nuova classe dirigente dunque non ha bisogno di vecchi maestri, ma di rispettare ed ascoltare la società più di chi l’ha preceduta pur rieservandosi di scegliere.

Se si pensa che i privati debbono investire, bisogna saperci ragionare. Non baste fare leggi e vedere se funzionano. Insomma un governo dell’ottimismo ha bisogno di lobbisti del futuro. Non ci interessa tanto essere riconosciuti come professionisti, nè inventare nuove intermediazioni, ma che gli interessi si confrontino con le decisioni politiche alla luce del sole. Quelli che si attardano a cercare un percorso preferenziale, amicale s’illudono.

Il confronto tra interessi va evidenziato senza demonizzarlo affinché le decisioni politiche siano consapevoli. Anche per liberare spazi grigi ed ipocriti di lobbying “con gli interessi degli altri” come le redazioni dei giornali, le aule dei tribunali e i circoli di cronies. Lasciare inespressi e nascosti gli interessi o fingere che la politica rappresenti per diritto divino un interesse generale, è una menzogna pericolosa ed inutile. Regolare l’attività di Lobbying dunque è semplicissimo, come ha scritto il professor Pier Luigi Petrillo, “banale”. In poche mosse:

  • Un decreto per il governo. Penso si possa fare per decreto una regolamentazione da Palazzo Chigi analoga a quella già sperimentata presso il MIPAAF. Albo di trasparenza, con impegni e vantaggi chiari : avrebbe effetto subito ed un carattere parziale ma vincolante in applicazione della norme Bassanini che obbligano già alla consultazione degli stakeholders.
  • Un regolamanto per le Camere. Si può (analogamente) intervenire sul piano dei regolamenti presso le Camere. Una legge che raccolga tutto avrà invece bisogno di tempo, ma i principi sono chiari ed estensibili: lobbisti e stato in trasparenza entrambi
  • Regole sul confilitto di interessi Si tratta infine di regolare confilitti di interessi ancor più che bloccare le cosiddette ”sliding doors”. Poiché secondo me i rappresentanti del popolo sono lavoratori a tempo determinato, non mi sento di imporre di non lavorare in settori contigui alla loro attività legislativa se non in casi particolari e per un periodo breve.
  • Parità. Tutti i portatori di interessi sono su un piano di parità
  • Reciprocità nelle trasparenza. Qualunque regola si pensi per chi rappresenta gli interessi , deve esserci reciprocità , deve comportare obblighi di consultazione da parte di chi decide. Io ti propongo: tu mi rispondi. Sono i decisori al servizio di cittadini ed imprese non il contrario.

Postilla democratica: si può fare tutto presto e bene. Andrebbe però fatto un chiarimento definitivo, che vale anche per molte altre questioni: fare impresa, rispettando le regole, è un valore positivo e socialmente rilevante, come studiare, lavorare, costruire una famiglia, fare volontariato e non una concessione inevitabile. La collaborazione tra pubblico e privato è linfa vitale del rinnovamento.
Fonte: The Front Page

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Compagni lobbisti, il problema è politico (The Front Page) http://www.lobbyingitalia.com/2014/08/compagni-lobbisti-il-problema-e-politico-the-front-page/ Wed, 27 Aug 2014 18:38:50 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2362 (Massimo Micucci) Renzi in agosto s’è dichiarato solo contro le lobbies romane ed il capitalismo di relazione. La differenza tra le due cose c’è, ma per gli addetti ai lavori. Compagni lobbisti il problema è politico. Chi fa Lobbying sa che il tema è male espresso, ma che il premier ha molte ragioni. Parla per farsi capire non per sottili distinguo. Le lobbies romane. L’esperto di casta Stella ha subito spiegato che si tratta soprattutto di lobbies statali. Quelle delle piccole e grandi clientele statali.
Non hanno bisogno di “difensori esterni” visto che il 70% della economia italiana è Stato: per questo i beneficiari ne disegnano e contrastano i provvedimenti. I lobbisti di stato hanno intercettato con miriadi di sigle sindacali gran parte della spesa pubblica di un trentennio. Dipendenti dei due rami del parlamento, giudici che difendono  altri giudici, dirigenti sindacalisti che difendono altri dirigenti. A loro volta manager pubblici si collegano e segnalano a vicenda occupando posti in Cda e qualche volta diventando ministri. Una rete relazionale di amici degli amici che scrivono e cancellano le regole come loro conviene. Persino ad personam.
Nemici dichiarati della “operazione ruspa” esegeti del nun se pò fa. Per loro viene bene il termine “oligarchia estrattiva” usato anche per i regimi post-comunisti. Il premier li chiama lobbisti , ma chi deve capire ha capito.
Per ridurne l’influenza basta ridurre il peso soverchiante della macchina statale. Più facile a dirsi, come si vede. In una area di confine poi ci sono le lobbies di cui i giornali parlano a “seconda”, a seconda di chi è il giornale. Quelle che Renzi definisce del capitalismo relazionale. I salotti romani e le direzioni dei giornali che, con sempre più difficoltà, “fanno l’agenda”: costruttori, industriali con interessi diversi e protetti, che oscurano od evidenziano i temi all’ordine del giorno dalle paginone di questa Italia analogica. Sono lobbies prevalenti, potenti, abituate a strillare ma sono sotto gli occhi di tutti. I De Benedetti, Confalonieri, Caltagirone, Tronchetti Provera.
Chi vuole il controllo dei rifiuti contro chi vuole lo stadio. Chi vuole le cubature per sé non le vuole per gli altri. A cavallo tra stato e parastato poi stanno i gruppi ex monopolisti. In qualche caso hanno subito asimmetrie in favore del mercato, il che li ha migliorati, in altri hanno continuato a lucrare su monopoli o cartelli di fatto. Le grandi partecipate statali hanno subito uno scossone con il sovvertimento degli incarichi sperati. Il primo segno è il ridimensionamento del lobbismo degli investimenti in comunicazione e del dialogo preferenziale.
La vecchia logica dei campioni nazionali (grandi lobbisti coi soldi degli altri) viene sostituita dalla sfida se non del mercato delle valorizzazioni e privatizzazioni. Attorno a questi “primi cerchi del potere” c’è poi una pletora di interessi diversamente orientati il cui peso controverso e viene furbescamente “raccontato”  dai lobbisti dei media .
Per esempio: in Parlamento sono più forti i farmacisti o le case farmaceutiche? I tabaccai o le multinazionali del tabacco? È più conveniente il gioco legale o il gioco illegale? Chi ha prevalso in termini di finanziamenti: l’eolico o gli idrocarburi? Dove ha guadagnato di più lo stato? Quanto vale ormai l’industria nazionale dell’informatica, quanto il digitale?
Per capire qualcosa del peso reale delle lobbies bisognerebbe poter indicare vantaggi e svantaggi dei diversi interessi. Per capire come scegliere la politica dovrebbe ascoltare le lobbies en plein air, non dietro le quinte. E ricavarne qualche conseguenza per il sistema.
Quando il governo semplifica, apre le porte agli investimenti, riforma l’economia e il lavoro fa il lobbista dell’Italia. I lobbisti degli investitori si rallegrano. Renzi in europa fa utilmente il lobbista dell’Italia e non solo di ciò che è italiano. Quando garantisce condizioni per investire. Se alla riapertura si favorisse un dialogo politico alla luce del sole con gli interessi e tra interessi e decisori, la politica sarebbe più preparata ed autonomia. Insomma siamo alle solite: levate la lettera scarlatta al lobbista e mettete a confronto le ipotesi. Altrimenti il governo ed il premier saranno condizionati non dai lobbisti cattivi, ma dai cattivi lobbisti quelli che non vogliono cambiar nulla.
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Cittadino Di Maio, per ora solo chiacchiere sui lobbisti in parlamento (The Front Page) http://www.lobbyingitalia.com/2014/04/cittadino-di-maio-per-ora-solo-chiacchiere-sui-lobbisti-in-parlamento-the-front-page/ Wed, 30 Apr 2014 16:24:16 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2386 (Massimo Micucci)

Gentile Cittadino Di Maio,
vista la cortesia e il suo impegno torno a scriverle di (noi) lobbisti e cartellini.

Le confermo il sostegno per una diversa e trasparente gestione di accrediti e cartellini alla Camera dei Deputati, aggiungo anche che le proteste contro la vostra iniziativa sul tema dell’accesso ai giornalisti non hanno nulla a che vedere con la libertà di stampa. C’è più bisogno che mai di giornalisti alla Camera, ma quanti col tesserino da giornalista parlamentare fanno davvero i giornalisti? Quanti ex parlamentari e ex giornalisti fanno i lobbisti? Ribadisco altresì che, per svolgere bene il mestiere di rappresentare interessi, passeggiare nelle anticamere è meno importante che conoscere i problemi e saperli rappresentare.

Bene dunque regolamentare gli accessi, ma mi permetta di dirlo con la franchezza che è propria del suo movimento: “too little, too late”. Too late, troppo tardi perché dopo la indignazione di qualche mese fa mi aspettavo una decisione, visto il totale autogoverno della Camera. Credevo aveste già provveduto e che non fossimo ancora alla fase del “comitato” di un gruppo. Non la prenda per una posizione irrispettosa, ma siete voi a dover decidere con la Presidenza e con i questori. Quanti siete a decidere? Perché non l’avete ancora fatto?

Too little perché ormai la società della comunicazione sopravanza le istituzioni. Gli interessi sono ovunque e quasi tutti visibili. Chi voglia conoscere sa bene che ogni decisione o mancata decisione favorisce o meno interessi contrapposti, non solo un astratto cittadino. Non si scandalizzi per gli esempi che le farò, volutamente provocatori. Negli Usa persino il Ceo della Exxon si è dichiarato contro il Fracking sui terreni di sua proprietà , ma la sua compagnia difende, e lo shale gas ha garantito al paese l’autonomia energetica. La legittima lotta contro gli Ogm in Europa è sostenuta dagli ambientalisti, ma conviene alle aziende produttrici di pesticidi chimici. Nulla è neutrale e in una società complessa è bene che i cittadini sappiano vantaggi e svantaggi delle scelte e chi le sostiene.

La persona che avete allontanato dal Parlamento era un consulente della Camera che faceva un altro mestiere sostenendo interessi di alti dirigenti, non di una compagnia privata. Insomma i cartellini sono responsabilità vostra immediata, ma, la regolamentazione della attività di lobbying è stata più volte evocata e promessa. Ce n’era persino una in atto ed è stata colpevolmente cancellata al ministero dell’Agricoltura. Fatela questa legge più che parlarne, altrimenti avranno ragione quelli che pensano che dietro alla retorica dei lobbisti cattivi ci sia l’incapacità a fare passi avanti concreti e l’inconfessata volontà di chiudere le porte della Politica non solo ai cittadini, ma alla realtà e alle competenze della società.

Naturalmente leggi più semplici, meno invasive, e decisioni più rapide e trasparenti (perché non pubblicate i pareri riservati alle commissioni parlamentari?) sarebbero la vera rivoluzione eliminando dal campo i lobbisti del caos, i “lobbisti col sito degli altri” che ahimé vi sono più vicini di quanto crediate. Sostengo le vostre premesse dunque, ma attendo che ci siano conseguenze pratiche.

Fonte: The Front Page

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Il Fatto parla di lobby e dintorni (con qualche imprecisione) http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/il-fatto-parla-di-lobby-e-dintorni-con-qualche-imprecisione/ Wed, 22 Jan 2014 09:10:50 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2109 Anacaitpr. Non è un errore di battitura, magari al posto di Anacapri. Anacaitpr sta per Associazione  nazionale allevatori del cavallo agricolo italiano da tiro pesante rapido ed è una delle 84 persone giuridiche portatrici di interessi particolari al ministero delle Politiche agricole, quello di Nunzia De Girolamo. In una sola parola: lobbismo.

In Italia, solo nel mondo dell’agricoltura si è tentato di regolamentare e rendere trasparente questa attività che evoca realtà sinistre che si muovono nell’ombra, capaci di curare solo gli interessi particolari a scapito di quelli della collettività. Un business che è impossibile quantificare e che gira attorno alla politica e alle grandi burocrazie. Ci sono i benefici che si ricavano dalle leggi e dagli assalti alla diligenza. E poi ci sono i contributi a partiti e parlamentari.

Per quale motivo un’azienda dovrebbe finanziare un deputato o un senatore? I settori più invadenti sono questi: assicurazioni, banche, energia, tabacchi, sanità, editoria, gioco d’azzardo. E il governo Letta, come già con Monti, rappresenta il terreno ideale per le lobby. Massimo Micucci, socio dell’ex dalemiano Claudio Velardi in Reti, società di lobbying, ha descritto in una lettera aperta al Movimento 5 Stelle (che vuole cacciare i lobbisti dal Parlamento) la giungla attuale:

Anche questo governo aveva in programma una regolamentazione della rappresentanza di interessi e non se ne è fatto nulla perché quella ‘lobby del caos’ che è la tecnocrazia dominante, ha sbarrato il passo al tentativo di rendere davvero obbligatorie interazione e trasparenza”.

L’ACCUSA è rivolta a quelli che preferiscono mantenere il loro potere di mediazione, come capi di gabinetto e funzionari ministeriali, e che bloccano ogni tentativo riformista. Micucci si chiede anche che fine abbia fatto l’Unità per la trasparenza del ministero delle Politiche Agricole [per saperlo, leggere qui], incaricata di redigere l’elenco dei lobbisti “agricoli”. L’organismo, infatti, non è stato aggiornato dai tempi del ministro tecnico Catania e sul sito del Mipaaf è possibile leggere tra i componenti il nome di Ernesto Carbone, oggi parlamentare renziano. Dice: “È una sciatteria del ministero di cui non so nulla. Da vicecapo di gabinetto di Catania ne facevo parte, ma ora non più. Se non funziona più è un’occasione persa”.

Nell’elenco c’è di tutto: associazioni di cavalli, allevatori, frantoi, energie agroforestali, industriali di carni, salumi e vino, consorzi della pesca.

OLTRE ALLA FILIERA ministeriale, c’è poi quella parlamentare. Micucci riassume altro caos: “I presidenti di commissione favoriscono gli emendamenti che gli piacciono, i gruppi fanno spesso da passacarte. La  presenza del governo in aula, nonostante tutta l’attività sia di origine governativa, è scarsa o concertata sulla base dei provvedimenti che interessa seguire. Se un provvedimento interessa i commercialisti ci va un sottosegretario che si occupa o ha rappresentato i commercialisti”.

PER GLI EX POLITICI, e non solo, il lobbismo è una grande occasione per riconvertirsi e mettere a frutto le loro relazioni nel Palazzo. Da qui nascono società come Reti, ma non solo. In Italia ci sono altre quattro società di spessore, che vantano clienti importanti, bisognosi di curare i loro affari presso i “decisori politici”: Cattaneo Zanetto (quest’ultimo è stato un forzista molto inserito), Fb e associati (Fb sta per Fabio Bistoncini), UtopiaLab di Giampiero Zurlo, Open Gate Italia di Franco Spicciariello. Cattaneo Zanetto, sul suo sito, si rifiuta di pubblicare l’elenco dei clienti per una questione di riservatezza, Open Gate invece lo fa e c’è persino l’Uefa-Europa League. Nel suo advisory board c’è Giorgio Mulè, direttore di Panorama , caso ufficiale di giornalista-lobbista.

Altro esempio è il sito centrista di Formiche , dove informazione e relazioni si legano a doppio filo. Gli incroci di interessi e nomi sono ampi e fittissimi. Da Open Gate (dove siede anche Tullio Camiglieri, ex uomo Sky) c’è un link che rimanda ad Arel, il centro studi di Enrico Letta. Alcuni numeri della pensosa rivista che produce sono aperti da saggi di Giulio Napolitano, docente universitario di diritto e figlio di Re Giorgio.

Questo è il lobbismo italico, bellezza. E questi i servizi che offre. Da una sito già citato: “Mappatura dei principali decision maker e influencer; programma di accreditamento con i decisori politici di Governo e Parlamento; attività diretta di rappresentanza degli interessi del cliente; presentazione di emendamenti e position paper presso le istituzioni; monitoraggio dell’attività legislativa; reporting periodico sull’iter dei provvedimenti legislativi; intelligence sullo scenario politico italiano”.  Sì anche l’intelligence. Del resto come auspica Micucci, con una regolamentazione “noi faremmo i consulenti politici e non i peripatetici nei corridoi”.

Fonte: Fabrizio D’Esposito – Il Fatto Quotidiano

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Lettera aperta sui lobbisti al cittadino Di Maio http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/lettera-aperta-sui-lobbisti-al-cittadino-di-maio/ Mon, 20 Jan 2014 13:53:24 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2094

Gentile Vice Presidente della Camera, cittadino Luigi Di Maio,

Lei vuol cacciare i lobbisti dal Parlamento. E’ una semplificazione, ma da lobbista le dico che forse ha ragione. Condivido quanto lei ha affermato per spiegarsi: “La nostra è una battaglia di trasparenza. Vogliamo dare un nome e un cognome a tutte le persone che avvicinano i parlamentari nelle stanze dove si prendono le decisioni”.

Non mi ritenga insolente se aggiungo che non basta. I lobbisti spesso ne sanno più dei parlamentari, a parte quei parlamentari che fanno i lobbisti, e tutti sanno che quando il Parlamento sceglie in nome di un interesse generale, qualcuno ci guadagna e qualcun altro ci rimette. Per chi fa il lobbista alla luce del sole è diventato più noioso, che dannoso, sentir parlare di lobbying, di assalti alle diligenze e francamente anche di regolamentazione. Quanto ai pasticci che vengono combinati sono soprattutto farina del sacco dei decision makers pubblici che non sentono nessuno e ignorano le conseguenze delle decisioni assunte.

Anche questo governo aveva in programma una regolamentazione della rappresentanza di interessi e non se ne è fatto nulla perché quella “lobby del caos” che è la tecnocrazia  dominante, ha sbarrato il passo al tentativo di rendere davvero obbligatorie interazione e trasparenza. Dal ponte di comando è arrivato l’ “indietro tutta”. A proposito: perché invece di chiedere solo delle chiacchiere personali non chiede al Ministro Di Girolamo che fine ha fatto l’Unità Tecnica per la Trasparenza presso il MIPAAF? L’unico registro dei lobbisti esistente. Vorrà dire che ci regoleremo da soli.

Lei, signor Vice Presidente, ha ragione da vendere quando cerca di saperne di più e di portare trasparenza. Se ci riuscirà, farà l’interesse dei cittadini e dei lobbisti seri. Da quando faccio attività di lobbying (14 anni) non ho mai avuto permessi permanenti, cioè quei cartellini che sono regolati anche da lei attraverso la Presidenza della Camera. Quando qualche cliente ha chiesto di incontrare un parlamentare, per lo più, è avvenuto su appuntamento, non durante i lavori delle Commissioni e spesso presso i gruppi.

Nei giorni scorsi se ci fossero stati on line i provvedimenti in corso di elaborazione e anche i suggerimenti dei lobbisti, ci sarebbe stato meno affollamento nelle salette e si sarebbero fatte meno fesserie. Se i pareri dati alle Commissioni dei due rami del Parlamento, dagli uffici studi fossero pubblici da subito ci saremmo evitati la tarantella della webtax. Per dirne una di cui s’è discusso apertamente.

Gentile cittadino di Maio, il mio grido è più alto del suo: lei vede che piovono da ogni dove provvedimenti accroccati, con coperture dubbie o insistenti. Non è che lasciato da solo il Parlamento ha dimostrato di far meglio quelle tre leggi l’anno che l’Europa  ci obbliga a fare. I presidenti di Commissione favoriscono gli emendamenti che gli piacciono, i gruppi fanno spesso da passacarte. La presenza del Governo in aula, nonostante tutta l’attività sia di origine governativa è scarsa o concertata sulla base dei provvedimenti che interessa seguire. Se un provvedimento interessa i commercialisti (invento naturalmente nda) ci va un Sottosegretario che si occupa o ha rappresentato i commercialisti. Quale diligenza? Parlamento e governo sono spesso autobus fermi dallo sfasciacarrozze.

Lo tsunami che ha visto assemblare decine provvedimenti (non più Omnibus ma Frankenstein)  fa finalmente dire a qualche deputato: fermiamoci. Altrimenti ci vorrà l’esercito per spalare i decreti attuativi. Il segretario del PD ha detto anche che non si fanno le leggi per aprire un dibattito. Magari. Se tutti prendessero un impegno del genere Lei vedrebbe diminuire le pretese. Una sola considerazione politica: per dimezzare il lobbismo improprio, clientelare e relazionale  potreste con un colpo eliminare il Senato e il fenomeno sarebbe almeno circoscritto ad una sola lettura e ad una sola camera. La scelta di concentrarsi su poche questioni poi, se mantenuta, sarebbe una sana dieta depurativa e per chi fa il nostro mestiere, che è ormai di consulenza politica, sarebbe un bel salto di qualità.  Il tutto andrebbe accompagnato da una vegana sottrazione di “ciccia” (funzioni e risorse) allo Stato. Noi faremmo i consulenti politici e non i peripatetici nei corridoi.

Mi scusi la franchezza cittadino Vice Presidente: date meno diligenze da assaltare, cioè meno incentivi, meno gestione di cose improprie, meno intromissioni dello Stato e ci sarà meno da influenzare anche legittimamente. Rendete invece possibile una collaborazione trasparente con i privati sulle tante cose che si possono fare. Spenderete meno per fare di più. Per me potreste dunque eliminare i permessi di sosta selettivi, equivoci e spesso inutili, davanti alle commissioni. A patto che  veniate voi a parlare , dove vi pare, con le aziende, i professionisti, le associazioni, i cittadini. On line, offline mettendoci la faccia e anche in diretta streaming, che la società ha molto da dire e qualcosa da insegnare

Atti immediati? Un registro dei visitatori/lobbisti è un atto amministrativo. Perché non lo fate? Perché non fate applicare anche la norma che prevede un’analisi di impatto regolatorio e l’obbligo di consultazione degli stakeholders?

La saluto rispettosamente

Massimo Micucci

PS: tutti noi lobbisti, più o meno cattivi abbiamo davanti calendari, alert, analisi, profili, iter dei provvedimenti, comparazioni internazionali, pro e contro. Siamo ormai analisti politico-economici e di comunicazione che conoscono il processo di decison making. Fatevi dare una mano. Alla luce del sole.

– Fonte: TheFrontPage.it ]]> Velardi: «Serve una legge sulle lobby» http://www.lobbyingitalia.com/2013/05/il-tempo-velardi-serve-una-legge-sulle-lobby/ Wed, 29 May 2013 18:39:07 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1501 «Trafficante sarà Lei!», è il nuovo libro di Massimo Micucci e Santo Primavera che sarà presentato oggi pomeriggio alle cinque nella sala Tarantelli di palazzo Vidoni in corso Vittorio Emanuele II

«Trafficante sarà Lei!», è il nuovo libro di Massimo Micucci e Santo Primavera che sarà presentato oggi pomeriggio alle cinque nella sala Tarantelli di palazzo Vidoni in corso Vittorio Emanuele II, 116 a Roma.

All’incontro, oltre agli autori, partecipano Gianpiero D’Alia, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Pier Luigi Petrillo, Professore di Teoria e Tecniche di Lobbying dell’Università Unitelma Sapienza e Claudio Velardi, Comunicatore e lobbista. Il libro affronta il tema della nuova legge anticorruzione, che prevede incrementi di pena, ridefinizione di reati e l’introduzione di nuove fattispecie come il traffico di influenze illecite.

È proprio quest’ultimo punto il centro della riflessione di Micucci e Primavera, che si soffermano sull’esigenza di una regolamentazione dell’attività di lobby, come già avviene altrove. «Un paese di traffici: leciti e illeciti, dovuti o voluti, coperti, giustificati, tollerati, divertiti, sfacciati, omertosi, familistici, di clan, di partito, di tifoserie» scrive Claudio Velardi nella prefazione.

«Nel frattempo – continua – non si è fatta nessuna legge sulla lobbying, cioè sulla faccia buona del pianeta della rappresentanza di interessi, che attende da decenni non la nascita dell’ennesima Casta ma la semplice creazione di un registro, attraverso cui formalizzare i rapporti in atto o intercorsi tra istituzioni, aziende e rappresentanze di interessi».

 

Fonte: Il Tempo

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Io, lobbysta senza registro (Milano Finanza) http://www.lobbyingitalia.com/2007/09/io-lobbysta-senza-registro/ Sat, 08 Sep 2007 00:00:00 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/2007/09/io-lobbysta-senza-registro/ Le lobby affilano le armi e si attrezzano per sbarcare in Parlamento. L’appuntamento è per la metà di settembre, quando il Senato inizierà a discutere il disegno di legge sulle liberalizzazioni, che ha avuto il via libera della Camera sotto il fuoco di fila dei gruppi di pressione.

Il testo uscito da Montecitorio ha fatto storcere il naso a molti difensori della deregolamentazioni. «Hanno vinto le lobby», è stato il refrain ripetuto anche da alcuni ministri e da presidenti di authority. Tanto che, secondo il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, bisognerebbe «immaginare una sorta di business plan delle liberalizzazioni che deve definitivamente procedere senza cedere alle pressioni delle lobby, che in questa fase sembrano essersi fatte più forti ed efficaci». Sulla stessa lunghezza d’onda il commissario per la privacy, Mauro Paissan: «Attorno al disegno di legge Bersani sulle liberalizzazioni», ha criticato l’ex deputato dei Verdi, «Parlamento e governo sono apparsi alla mercé di lobby, corporazioni e categorie, ognuna delle quali ha rosicchiato un articolo o un comma a proprio beneficio. Il riferimento è ai tassisti, ai notai, al pubblico registro automobilistico, alle banche, ai benzinai, ai farmacisti e ad altri ancora». Milano Finanza ha così provato a verificare numeri, metodi e obiettivi degli uomini che, all’interno di aziende e associazioni di categoria, si occupano per professione di relazioni istituzionali.

Anzitutto, quanto guadagnano i lobbisti e qual è il giro d’affari complessivo? Alcuni dati sono stati elaborati da Franco Spicciariello, Government Affairs Manager di Microsoft Italia e organizzatore del primo master in relazioni istituzionali presso l’università privata Lumsa: «Se negli Stati Uniti la spesa totale in attività di lobbying è passata da 1,44 miliardi di dollari del 1998 a 2,2 miliardi nel 2005, quella europea si aggira oggi tra 750 milioni e 1 miliardo di euro l’anno.In Italia mancano dati ufficiali,ma credo che per il lobbying in senso stretto possiamo stimare un valore intorno al 10% di quello europeo». Spicciariello, che anima anche il sito lobbyingitalia.com ed è autore con Emanuele Calvario del libro «Introduzione alle relazioni istituzionali », ha calcolato che gli stipendi dei lobbisti in Italia oscillano fra 35 mila e 350 mila euro lordi, a seconda dei ruoli ricoperti. La professione si evolve. Fino a circa 10 anni fa più che il lobbista esisteva la figura del faccendiere, il brasseur d’affaires, che prendeva sottobraccio il deputato o il ministro per inserire qualche comma favorevole in una legge o in un decreto.

Il punto di svolta, secondo Paolo Zanetto, fondatore e partner della Cattaneo Zanetto & C., società specializzata in public affairs e relazioni istituzionali, c’è stato con Mani pulite: «Con l’inchiesta giudiziaria, l’attività del lobbista ha subito una trasformazione radicale. Non più uomo di entrature, amico del politico di grido, bensì professionista in grado di analizzare lo scenario del decision making, di individuare gli interlocutori rilevanti e di spiegare loro tutte le possibili conseguenze gradite o sgradite di un provvedimento. In particolare, quando si tratta della Finanziaria».

Da settimane Palazzo Chigi è al lavoro per regolamentare il settore. Gli uomini più vicini al premier Romano Prodi puntano a un provvedimento che ricalcherebbe le legislazioni sui gruppi di pressione che sono in vigore in altri stati della Ue e al Parlamento europeo. L’articolato, ancora in corso di elaborazione, prevederebbe sia obblighi che diritti per le lobby. Da un lato ci sarà per esempio l’obbligo di trasparenza per i gruppi di pressione, con l’iscrizione in un registro apposito per poter entrare in contatto con i membri del governo o del Parlamento. Dall’altro ci saranno i diritti, come quello di parlare con il politico. Poi tutti i contatti saranno indicati nel «registro ». In questo modo, secondo le intenzioni che filtrano da ambienti dalla presidenza del consiglio, si metteranno ordine e chiarezza in relazioni spesso opache. Il disegno di legge scaturirà a livello tecnico da un gruppo di lavoro costituito dal ministro per l’attuazione del programma, Giulio Santagata, di stretta intesa con Prodi. L’organismo ha coinvolto finora, per pareri e opinioni, una serie di aziende, attraverso audizioni e questionari. In linea di massima, sottolineano fonti di Palazzo Chigi, tutte si sarebbero dichiarate a favore della normativa. Il lavoro della commissione governativa di esperti sembra agli sgoccioli. L’argomento viene affrontato anche da due proposte legislative: la prima, che vede adesioni bipartisan, ha come primo firmatario Francesco Colucci di Forza Italia; la seconda è d’iniziativa di Pino Pisicchio (Italia dei Valori).Mentre quella di Colucci ha un impianto snello, con la previsione di registri pubblici cui i lobbisti potranno iscriversi alla Camera e al Senato, la proposta di legge di Pisicchio prevede per i gruppi di pressione anche una relazione semestrale sulla loro attività, un meccanismo sanzionatorio in caso di violazioni e una regolarizzazione dei rapporti con le strutture di vertice dei ministeri. La disponibilità che Palazzo Chigi avrebbe ricevuto dalle aziende non collima, però, con quella di molti lobbisti che nutrono in particolare dubbi sull’opportunità e l’efficacia dell’istituzione di un registro pubblico. Così come le norme approvate dalle sole due regioni che hanno regolato il settore, ossia Toscana e Molise, sono criticate dai lobbisti. «Non sembrano adeguate», rileva Spicciariello, « perché identificano le lobby esclusivamente con le realtà di tipo associativo, e le aziende sono di fatto tagliate fuori». «A questo punto a livello nazionale sarebbe preferibile un’autoregolazione », è stata la conclusione finale di un recente seminario tra addetti ai lavori per la presentazione del libro «Fare lobby» di Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto.

Michele Arnese – Milano Finanza

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