legacoop – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Ue, la carica dei 6.486 lobbisti. Ma i padroni sono tedeschi http://www.lobbyingitalia.com/2014/04/ue-la-carica-dei-6-486-lobbisti-ma-i-padroni-sono-tedeschi/ Wed, 09 Apr 2014 08:37:23 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2241 Ecco l’elenco dei gruppi di pressione europei. Dalla Germania centinaia di associazioni di settore

C’è anche la fondazione Brigitte Bardot, che perora instancabilmente la causa degli animali. Oppure spunta fuori la Chiesa luterana evangelica di Finlandia. Dall’Italia, poi, arriva l’Associazione dialoghisti adattatori cinetelevisivi. Sì, perché tra Bruxelles e Strasburgo, ossia tra le sedi di Commissione e Parlamento europeo, tutti vogliono poter dire la loro facendo legittime pressioni sui vari organi decisionali. Benvenuti nel poliedrico mondo dei lobbisti “regolarizzati”, con tanto di lista e codice di condotta. Ebbene, quello che spesso sfugge ai radar è che nel relativo elenco, ribattezzato “Transparency Register”, ci sono in tutto 6.486 lobbisti. Categoria, questa, all’interno della quale rientra un po’ di tutto, dai più importanti gruppi privati e pubblici a singole persone fisiche, passando per associazioni che a prima vista sembrerebbero rappresentare micro-interessi. Il tutto con sorprese non da poco.

Il registro è una realtà “codificata” dall’Eu ropa già da qualche anno, nel tentativo di rendere trasparente il modo in cui un gruppo di pressione si relaziona all’istituzione comunitaria per “influenzarne” in qualche modo le decisioni. Il problema è che, nonstante gli sforzi, l’obiettivo della trasparenza europea sembra a dir poco vacillante. Chi vince L’Europa è troppo schiava dei diktat della Germania? Chissà, magari sarà anche merito del fatto che in mezzo al gruppone dei 6.486 lobbisti i tedeschi sembrano farla da padrone. Basta consultare le griglie riportate on line in ordine alfabetico per rendersi conto di quante volte ricorrano organismi di volta in volta ribattezzati “bundesverband”, “bundesvereinigung”, “deutscher verband” e “arbeitgemeinschaft”.

Di cosa si tratta? Semplice, di centinaia e centinaia di associazioni e cooperative che si occupano di tutto e che rappresentano tutto: pasticcieri, apicoltori, tabaccai, ceramisti, agricoltori di ogni tipo e chi più ne ha più ne metta. Questo, naturalmente, accanto a grossi gruppi tedeschi di pressione che sono direttamente presenti all’interno dell’elenco, da E.On ad Adidas, passando per Deutsche Bank e Bayer. Ma i colossi internazionali, nella lista, sono anche tanti altri. Ci sono compagnie petrolifere come Chevron, Shell e Total, banche come Bofa, Bnp Paribas e Banco Bilbao, case farmaceutiche come Bristol-Myers Squibb, la già citata Bayer e Glaxo, maxi-fondi di investimento come BlackRock (che in Italia sta facendo man bassa di banche), e poi Air France, Facebook, Google, British American Tobacco, Philip Morris, Imperial Tobacco, Arcelor-Mittal, Alstom. Ma è chiaro che un elenco esaustivo non sarebbe possibile.

Le rappresentanze “lobbistiche” italiane, pur numerose, sembrano arrancare rispetto a quelle di altre paesi. Nell’elenco, tra le altre, ci sono Eni, Enel, Rai, Fs, Cassa Depositi, Fiat, Fincantieri, Finmeccanica e Mediaset. Ci sono associazioni di categoria come Legacoop (coop rosse), Confcommercio, Ance (costruttori), Ania (assicurazioni), Abi (banche), Unioncamere (le camere di commercio che ora Matteo Renzi vorrebbe abolire), Uil (il sindacato di Luigi Angeletti), Aiscat (i concessionari autostradali guidati da Fabrizio Palenzona). Spuntano pure enti pubblici come l’Ice, l’università di Bologna Alma Mater e l’Autorità portuale di Ancona. E altre associazioni come Arcigay e Altroconsumo.

La questione

Ma è efficace questo maxi-elen co con 6.486 lobbisti? La risposta potrebbe essere affermativa se la trasparenza fosse garantita. Teoricamente ogni lobbista dovrebbe indicare il fatturato che trae dalla sua attività e quali sono i clienti per i quali lavora. Nella pratica, però, molto spesso le schede informative non riportano questi dati. Per tale ragione molti osservatori credono che il registro in questione sia “tutto fumo e niente arrosto”. Anche perché i controlli sono ballerini e alcuni finiscono col chiedere l’ammissio ne all’elenco solo per questioni di marketing. Accanto a questi, però, ci sono organismi che invece sanno fare pressione, e anche molto bene. Tedeschi in primis.

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(La Notizia) @ssansonetti

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Economia e lobby: Chi dà l’assalto alla Finanziaria http://www.lobbyingitalia.com/2007/10/economia-e-lobby-chi-da-lassalto-alla-finanziaria/ Fri, 19 Oct 2007 00:00:00 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/2007/10/economia-e-lobby-chi-da-lassalto-alla-finanziaria/ Avvocati e giornalisti, ex parlamentari e soprattutto dirigenti “allevati” in casa. Al tempo della Finanziaria in particolare qualcuno di loro esce allo scoperto, anche se la maggioranza preferisce rimanere all’ombra dei palazzi della politica per rappresentare a big e peones le istanze e gli interessi di cui sono portatori. E magari per lavorare ai fianchi le frange di scontenti delle due coalizioni allo scopo di ribaltare risultati sulla carta già acquisiti.

Sono i lobbisti delle grandi organizzazioni imprenditoriali e di categoria: molti di loro rivestono ufficialmente ruoli diversi dalla responsabilità dei rapporti istituzionali, ma rimane quello il core business dell’attività. «Un’attività strategica per le associazioni di rappresentanza», è il parere di Maurizio Beretta, direttore generale di Confindustria. «E non a caso – aggiunge – l’associazionismo, che in Italia ha avuto un grande sviluppo, svolge un’importantissima attività di lobby. Le grandi associazioni, come Confindustria, sono in grado di fornire approfondimenti, contenuti e ricerche e hanno una rappresentanza vasta che le caratterizza per essere espressione di interessi diffusi e trasparenti. Svolgono l’importante funzione – sottolinea – di riportare l’attenzione della politica sulla necessità di confrontarsi con i problemi concreti e con le esigenze della società moderna».

Beretta è in Confindustria dal 2004 dopo una lunga carriera in Rai e una più breve permanenza alla Fiat. Ma chi sono e che cosa fanno i suoi colleghi lobbisti di altre organizzazioni? Nella galassia confindustriale le organizzazioni più importanti contano a loro volta su lobbisti di riferimento. Farmindustria ha puntato su Enrica Giorgetti, già alla direzione lobby proprio dell’organizzazione con sede in viale dell’Astronomia e al gruppo Autostrade. Per Federchimica questo ruolo è svolto da Andrea Cortesi. E per Confitarma i rapporti con le istituzioni sono prerogativa di Gennaro Fiore, da lungo tempo nell’organizzazione degli armatori dopo essere stato, tra l’altro, alla Flotta Lauro. Quanto a Confedelizia affida il suo confronto con la politica al segretario generale Marco Bertoncini, che è stato anche consigliere comunale a Piacenza e utilizza un’intensa attività pubblicistica per sostenere le tesi dell’associazione dei proprietari di immobili.

Dall’industria all’artigianato e alla piccola impresa il passo è breve. In Confartigianato la responsabilità delle relazioni istituzionali ricade su Stefania Muttari, laureata in Scienze politiche e specializzata in discipline parlamentari alla Luiss, che riferisce direttamente al segretario generale Cesare Fumagalli, sociologo entrato nell’organizzazione un quarto di secolo fa. Ma Fumagalli ammette di non proporre decisioni al vertice dell’organizzazione senza prima aver sentito l’ufficio studi (che fornisce compatibilità e fattibilità economiche alle proposte da avanzare in sede politica) e le organizzazioni territoriali, che danno il polso della situazione. La Cna conta prima di tutto sul segretario generale Giancarlo Sangalli, i cui rapporti sono a 360 gradi, anche per i suoi incarichi passati o presenti alla Camera di commercio e all’Aeroporto di Bologna e nell’universo Unioncamere. I rapporti istituzionali sono tenuti da Sergio Silvestrini (responsabile del dipartimento economico, marchigiano d’origine) e da Sergio Gambini, già parlamentare ds che nella sua attività istituzionale si era interessato soprattutto di pmi, commercio e turismo.

Dall’artigianato al commercio, con un altro ex parlamentare, Giuseppe Fortunato, che è il capo dei rapporti istituzionali della Confesercenti. Fortunato veniva eletto nelle Marche per la Dc: è un apparente controsenso, considerato che la Confesercenti è tradizionalmente considerata vicina alla sinistra, ma dimostra la trasversalità di incarichi così delicati. Del resto, lasciate le aule parlamentari, Fortunato si era subito impegnato nel lobbismo per conto di aziende. «Nel nostro Paese – assicura – c’è scarsa pratica di relazioni istituzionali. Chi è stato in Parlamento invece è a conoscenza dei rapporti tra organismi, dell’iter di formazione dei provvedimenti e può quindi tracciare percorsi che non sono quelli nudi e crudi della elaborazione di proposte da offrire al legislatore, come capita in molti casi, nei momenti di emergenza o durante la canonica approvazione della Finanziaria». Nella Confcommercio è il direttore generale Luigi Taranto ad avere la responsabilità dei rapporti istituzionali, anello di congiunzione tra il presidente e gli esperti nei vari dipartimenti, dall’economico al legislativo, dell’organizzazione. In Parlamento comunque la Confcommercio conta su Giambattista D’Angelo, una presenza storica nel Palazzo. Così come ormai storiche sono, in altri settori, le presenze nelle aule parlamentari di Carlo Capoccioni dell’Abi (Associazione bancaria italiana) e di Alberto De Gaetani dell’Ania, l’associazione delle compagnie assicuratrici.

La Lega delle cooperative, probabilmente dopo le polemiche relative alla scalata alla Bnl, ha accentrato i rapporti istituzionali nelle mani dello stesso presidente Giuliano Poletti e del vicepresidente Giorgio Bertinelli anche se in molte occasioni pubbliche compaiono il responsabile dell’ufficio legislativo, Bruno Busacca, e la titolare delle politiche economiche, Vanda Giuliano. In Confcooperative invece il lobbista è il numero due dell’organizzazione, Vincenzo Mannino, da una vita nella confederazione. Lo affianca il direttore centrale Giuseppe Maggi, che proviene dall’ufficio legislativo, e starebbe emergendo anche la figura di Sabina Valentini, responsabile del servizio sindacale.

Molto importante è il lobbismo per le confederazioni agricole, che spesso nella catena delle organizzazioni imprenditoriali rischiano di fare da vaso di coccio tra vasi di ferro. La Coldiretti un tempo non aveva bisogno di lobbisti: eleggeva fino a settanta deputati democristiani e in sostanza teneva in scacco i governi. Oggi, con il segretario generale Franco Pasquali, a tessere i rapporti con le istituzioni è Vincenzo Gesmundo, potente segretario organizzativo. E originario di Caserta, dove veniva eletto l’allora presidente della Coldiretti, il pugliese Arcangelo Lobianco, con 100mila preferenze. Per la Confagricoltura le relazioni istituzionali rientrano tra le competenze del direttore generale Vito Bianco che ha dalla sua tanto la formazione giuridica quanto l’esperienza amministrativa. Bianco, dopo aver mosso i primi passi della carriera universitaria presso la cattedra di Diritto amministrativo, grazie a una borsa di studio entrò all’ufficio legislativo della Confagricoltura di cui è diventato dg nel ’99. Ma con due pause: è stato capo della segreteria tecnica del ministro Alfredo Diana e sottosegretario nel governo di Lamberto Dini. «Nel nostro settore più che in altri – spiega – il confronto con Parlamento e governo non è che una faccia dei rapporti istituzionali. Molto rilevante è infatti sia il ruolo delle regioni sia quello dell’Unione europea”. Ed è per questo che Bianco si correla praticamente tutti i giorni con l’ufficio di Bruxelles della confederazione, guidato da Sandro Mascia. E del resto non è un caso che nella Cia i rapporti istituzionali rientrano tra gli incarichi di Claudio Di Rollo, ufficialmente responsabile della segreteria del presidente. Di Rollo è stato per dodici anni a Bruxelles per conto del ministero dell’Agricoltura, della Federconsorzi e quindi della stessa Cia.

E che differenza c’è tra fare il lobbista a Bruxelles e il lobbista a Roma? «A Bruxelles c’è uno scadenzario legislativo noto da tempo, non si hanno sorprese dell’ultimo minuto anche se poi in sede deliberante non mancano i colpi di mano – sottolinea – è necessaria più diplomazia per tessere le indispensabili relazioni internazionali. A Roma la situazione è sempre più incerta, spesso il confronto con le categorie arriva già a cose fatte benché si parli tanto di concertazione e comunque è evidente una disparità di trattamento tra Confindustria e sindacati da un lato e le altre rappresentanze di interessi dall’altro».

E per chi sgarra la multa è di 21.000 euro

Un passo in avanti molto significativo ma non definitivo. E’ il parere degli addetti ai lavori in relazione al varo da parte di Palazzo Chigi del disegno di legge che per la prima volta regolamenta l’attività di lobbying. A metterlo a punto è stato il ministro Giulio Santagata con la collaborazione, tra gli altri, del consigliere di stato Michele Corradino e di docenti universitari come Nicola Lupo e Pierluigi Petrillo. Il registro dei lobbisti sarà tenuto dal Cnel e ogni anno i portatori d’interesse dovranno specificare l’attività realizzata, le personalità incontrate, le risorse impiegate. Chi contravviene a tali regole rischia un’ammenda fino a 21mila euro e la sospensione fino a quattro anni dal registro.

Per ora, però, l’attività controllata è più ristretta rispetto ad altri Paesi che dispongono già di una normativa per disciplinare le lobby. I riflettori sono infatti puntati solo sui rapporti tra lobbisti e governo, mentre la regolamentazione non scatterà per parlamentari, partiti e per tutti processi decisionali concertativi, che si concludono cioè con la firma di protocolli da parte di organizzazioni imprenditoriali e sindacati.

Dove si studia per fare il rappresentante di interessi

Cercasi 10mila lobbisti disperatamente. A tanto ammontano le previsioni di occupazione nel settore da qui a dieci anni. Ma come si può entrare nel mondo dei “public affairs”? In Italia sono ancora pochi gli istituti adeguati e tutti con sede a Roma. Il primo in assoluto è stato il Master della Lumsa. A organizzarlo è Franco Spicciariello, Government Affairs Manager di Microsoft Italia con esperienze a Bruxelles e negli Usa. Il corso scatterà a inizio del prossimo anno e costa 3800 euro per 300 ore complessive di impegno. Il 22 ottobre partirà ancora a Roma l’iniziativa in “Comunicazione e gestione delle relazioni istituzionali” organizzata da Running, l’istituto di formazione diretto da Stefano Colarieti e filiazione di Reti, la società di lobbying di Claudio Velardi. Per 60 ore di lezioni il costo è di 2mila euro, Iva esclusa. E dal 23 novembre prende avvio alla Luiss il seminario su “Lobbying e relazioni istituzionali”, diretto da Mauro Miccio, ad dell’Eur spa e docente di Comunicazione d’impresa. Per quattro incontri e 18 ore di formazione costa 1300 euro più Iva.

Pietro Romano – Il Mondo

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