Il chiostro – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 24 May 2016 16:31:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.3 Lobby, gli scandali non smuovono il governo (Il Fatto Quotidiano) http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/lobby-gli-scandali-non-smuovono-il-governo-il-fatto-quotidiano/ Thu, 21 Apr 2016 07:52:35 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3301 In 40 anni 58 proposte di legge. Mai approvate. Norma attesa dal 1976, nonostante le polemiche e gli annunci. Per non parlare degli scandali. Come “Tempa Rossa”. Il ddl che dovrebbe regolamentare l’attività dei portatori di interessi è bloccato al Senato. Malgrado gli annunci e le promesse di illustri esponenti del governo. A cominciare dai ministri Boschi e Orlando. “Non presenteremo un nostro provvedimento”, assicura il sottosegretario alle Riforme Pizzetti. Che annuncia l’utilizzo da parte dell’esecutivo del testo degli ex M5s Orellana e Battista

Tutti la vogliono. Almeno a parole. A cominciare dal ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi (“Serve arrivare ad avere un provvedimento del genere”) e dal Guardasigilli Andrea Orlando (“È uno strumento contro la corruzione”). Per non parlare del governatore della Puglia, Michele Emiliano, che ne ha ribadito la necessità un minuto dopo aver appreso della sconfitta al referendum sulle trivelle. Ma poi, nei fatti, siamo sempre fermi al punto di partenza. E così nonostante i ripetuti scandali, ultimo in ordine di tempo quello che ha coinvolto l’ormai ex ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi e il compagno Gianluca Gemelli, in Italia la legge sulle lobby resta un vero e proprio miraggio. Nonostante la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, più di un anno fa, abbia scelto e adottato come testo base tra i 18 depositati, il disegno di legge presentato dai senatori ex Movimento 5 Stelle Lorenzo Battista e Luis Alberto Orellana. Ddl poi ripresentato a Montecitorio dalla deputata di Scelta civica Adriana Galgano. Ma senza successo. Risultati, infatti, zero. Con tanti saluti alla sbandierata trasparenza.

TESTO A TESTO – Ma cosa intende fare a questo punto il governo di Matteo Renzi? Nei giorni scorsi erano trapelate indiscrezioni relative alla possibilità, da parte dello stesso esecutivo, di elaborare un nuovo testo che bypassasse quello del duo Orellana-Battista. Ipotesi adesso smentita dal sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti (Pd). “La nostra intenzione è quella di ripartire proprio dal ddl dei due senatori ex M5S – spiega contattato da ilfattoquotidiano.it –. Valuteremo se presentare degli emendamenti, ma non disporremo un nuovo testo. Il termine per la presentazione dei testi di modifica è stato posticipato a giovedì 21 aprile dopodiché, una volta terminata la discussione dei provvedimenti in calendario, primo fra tutti quello sul conflitto di interessi, verrà avviato l’esame del testo”, conclude. Staremo a vedere. La cosa certa, al momento, è che la questione si trascina ormai da troppo tempo. “Il prossimo 15 giugno festeggeremo il quarantesimo anniversario della presentazione del primo disegno di legge sulle lobby: dal 1976 ad oggi ne sono stati depositati cinquantotto, tutti rimasti lettera morta”, dice Pier Luigi Petrillo, docente di Teoria e tecniche del lobbying all’Università Luiss di Roma e uno dei massimi esperti della materia. “Il perché di questo ritardo? Alla politica conviene avere un paravento dietro il quale nascondersi per non assumersi la responsabilità delle proprie decisioni – risponde –. In termini di comunicazione è molto più efficace scaricare sulle lobby colpe che invece sono tutte ascrivibili alla classe politica, che da sempre agisce assecondando interessi di parte spesso sgraditi al proprio elettorato”.

LOBBISTI AL TRAGUARDO – Con un ulteriore paradosso. Rappresentato dal fatto che sono le stesse società che fanno lobbying ‘alla luce del sole’ (da Open Gate a Utopia Lab, da Comin&Partners a Reti e Il Chiostro) a chiedere l’intervento del governo per regolamentare il settore. Addirittura con decretazione d’urgenza. Senza dimenticare la campagna #occhiaperti lanciata dalla comunità digitale Riparte il futuro, uno dei principali soggetti animatori di Foia4Italy. “La verità – aggiunge Petrillo – è che già domani mattina lo stesso Renzi potrebbe dare il buon esempio: basterebbe un decreto a sua firma per obbligare tutti i ministri a rendere pubblici gli incontri con i portatori di interessi. In questo modo, come in tutte le moderne democrazie, i cittadini potrebbero monitorare l’attività dei propri governanti”. Finora l’unico esponente del governo che mette online i suoi appuntamenti è il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, che ha proposto l’adozione di un codice di autoregolamentazione valido per tutti i decisori pubblici (leggere l’articolo di Peter Gomez). “Ma quello del segretario del Psi è un caso isolato – ricorda il docente –. E gli altri? Mi auguro che il Parlamento abbia tempo e modo di chiudere al più presto la partita. È positiva la decisione del governo di non ripartire daccapo, però bisogna fare in modo che questa volta si arrivi al traguardo. Altrimenti si tratterà solo dell’ennesima occasione sprecata”.

INTERESSI ALLE STELLE – Altro problema aperto. E di quelli scandalosi. Che in parte spiega le resistenze di Camera e Senato a discutere e approvare una legge sulle lobby. “Molti ex parlamentari svolgono attività di lobbying in modo irregolare – rivela Petrillo –. Anche in questo caso, il legislatore dovrebbe intervenire per vietare ogni attività di intermediazione fra gli ex deputati e senatori e gli attuali eletti. Un aspetto che però nessuno dei diciotto disegni di legge depositati nell’attuale legislatura a Palazzo Madama ha tenuto in considerazione”, conclude il docente della Luiss. Nel frattempo, in attesa di una norma che regoli definitivamente l’attività dei portatori di interesse, bisognerà accontentarsi del nuovo codice etico previsto per i deputati e curato dal presidente del Gruppo Misto, Pino Pisicchio. Una prima parte (riguardante fra le altre cose il conflitto di interessi) è già stata approvata. La seconda, dal titolo emblematico – “Ipotesi di regolamentazione dell’attività di lobbying da parte della Camera dei deputati” – dovrebbe essere ratificata entro il prossimo 26 aprile. L’attuale impostazione non piace però al Movimento 5 Stelle. “Abbiamo presentato degli emendamenti affinché gli incontri fra lobbisti e deputati vengano certificati anche fuori dal Palazzo – dice il deputato Danilo Toninelli –. Prevedendo sanzioni sia nei confronti dei lobbisti, che arrivano fino alla cancellazione dall’apposito registro, sia degli eletti, con pene pecuniarie e sospensione dai lavori dell’Aula”. Il tutto nell’attesa di una proposta di legge organica sulle lobby targata M5S.

Giorgio Velardi, Il Fatto Quotidiano

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I veri lobbisti vogliono un registro. Intervista a Mazzei [L’Indro] http://www.lobbyingitalia.com/2015/08/i-veri-lobbisti-vogliono-un-registro-intervista-a-mazzei-lindro/ Fri, 28 Aug 2015 06:19:13 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2915 In un momento in cui le parole “lobby”, “lobbisti”, “lobbying” sono ingiustamente utilizzate come elementi di malaffare, dopo le dichiarazioni del pentastellato Fantinati al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, riportiamo un’intervista sempre attuale de L’Indro a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente de Il Chiostro (associazione che vuol promuovere la cultura, la pratica e la regolamentazione della trasparenza nella rappresentanza degli interessi) in merito al processo di regolamentazione dell’attività di lobbying in Italia.

«L’Italia e l’Europa hanno urgentemente bisogno di una riforma del sistema del lobbying. E’ quanto emerge dal report “Lobbying in Europe: Hidden Influence, Privileged Access”, pubblicato oggi (15 aprile), prima ricerca comparata europea sulla trasparenza del fenomeno del lobbying. L’analisi mostra che su 16 Paesi europei, solo 7 possiedono delle forme di regolamentazione del lobbying, e l’Italia non è tra questi».

Questo è l’incipit di Transparency International Italia. Giusta visione, perché la trasparenza, soprattutto quando si parla di decisioni collettive è necessaria e indispensabile. Eppure in Italia un registro per i lobbisti esisteva. Dove? Presso il Ministero dell’Agricoltura. L’unico in Italia. Voluto dall’ex ministro Catania. Ma improvvisamente, quasi per magia, questo registro è sparito. E’ una voce che circolava, ma da bravi giornalisti non ci siamo fermati ai “rumors”, siamo andati in fondo alla questione, decisamente grave. Ci siamo rivolti a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente dell’associazione Il Chiostro , non solo per chiedere della sparizione del registro, ma per avere delucidazioni sulla situazione (lavorativa/legislativa) in cui vivono i lobbisti trasparenti. Giudicate voi perché tardiamo tanto per regolamentare un mestiere che da sempre è considerato “in ombra”.

Ma è vero che è “sparito” il registro dei Lobbisti al Ministero dell’Agricoltura (l’unico in Italia)? E’ Possibile?

Si. E’ sconcertante. Il registro, purtroppo, non ha mai funzionato. E’ stato istituito dal ministro Catania. Quando arrivò la De Girolamo coloro che erano presenti nell’unità per la trasparenza – l’ ufficio che doveva presiedere alle attività di questo registro – furono dislocati in altre funzioni. Bisogna sottolineare che ci eravamo iscritti circa in un centinaio: era un primo passo. Ma non si erano iscritti i principali grandi gruppi di interesse. Smantellata di fatto  l’Unità per la Trasparenza  con il ministro Martina ci siamo accorti che il registro fisicamente è stato cancellato!

Cosa avete fatto?

Ho scritto una lettera al ministro Martina (in data 9 febbraio) chiedendo delle spiegazioni, e naturalmente non ho avuto una risposta. Tramite fonti personali ho ricostruito  la faccenda in questa maniera: sembra che il Ministro si sia meravigliato, leggendo la mia lettera, in cui facevo presente che un registro istituito con un Decreto Ministeriale non potesse essere  cancellato dalla sera alla mattina senza un atto normativo. Qualcuno ha spiegato al Ministro che il registro dei lobbisti in realtà era stato cancellato con un Decreto Ministeriale in cui era contenuta, stranamente, anche l’eliminazione di quest’ultimo. Il registro è stato cancellato all’insaputa del Ministro. Sembra, però, che il ministro Martina lo voglia ripristinare.

Ma come è potuta avvenire questa cancellazione? Si sono sbagliati?

Sempre secondo fonti interne al Ministero, un collaboratore del Ministro, incaricato di predisporre un Decreto Ministeriale per l’implementazione delle misure anticorruzione, ha previsto, bontà sua, anche la cancellazione del registro. A questo punto ho scritto una seconda lettera, alla quale il Ministro non ha ancora risposto. Aspettiamo ancora da parte del Ministero due azioni: il ripristino del  registro e una severa punizione per chi, per combattere la corruzione, ha introdotto la norma che ha cancellato l’unico  registro dei lobbisti della storia italiana. All’insaputa del Ministro. Al posto dell’Unità per la trasparenza è stata istituita una nuova struttura che avrebbe dovuto ereditare, sempre in nome della trasparenza, le competenze della precedente, tra cui il registro. Ma non si vede niente. Non si trattano in questa maniera dei professionisti che si iscrivono ad un registro, e questo viene cancellato così.

Chi sono i nemici della legge sulla regolamentazione dell’attività lobbistica?

Alcuni lobbisti non la vogliono, e sono divisi in varie categorie. Quelli vecchio stile, che non vedono il motivo per cambiare la situazione, mantengono un atteggiamento conservatore. Abbiamo i lobbisti in malafede, che vogliono mantenere lo status quo per continuare a lavorare “sotto banco”, al limite della legalità. Gli abusivi, coloro che non dovrebbero, nemmeno lontanamente, potersi avvicinare a questa professione. Poi ci sono quelli in “mala fede”e illegali : coloro che utilizzano modi scorretti, illegittimi ed illegali, un crescendo di azioni contra legem. Infine ci sono quelli che sono in conflitto di interessi, hanno un doppio cappello pubblico e privato , senza commettere reato svolgono l’attività da lobbista. Per esempio coloro che sono consulenti di un Ministro e al tempo stesso rappresentanti di una categoria: assistenti parlamentari, giornalisti parlamentari, membri della pubblica amministrazione e così via.

Ci sono molti disegni di legge al chiodo…

I Disegni di legge sull’argomento non sono mai mancati. Nel corso degli anni c’è stata un’evoluzione, nel senso che sono migliorati. L’intensa attività dell’associazione “Il Chiostro”, ha puntato allo sdoganamento del dibattito. Noi abbiamo spiegato a varie personalità (alti magistrati, docenti unviersitari, grand commis d’état, parlamentari, ministri,direttori di giornali etc.) che cos’è il Lobbismo. Tutto questo ha portato dei risultati: oggi si dibatte del lobbismo in termini più sereni rispetto al passato, anche se non mancano ogni tanto su certi giornali inutili generalizzazioni che incolpano le lobby di tutto e del contrario di tutto, senza mai indicare quali lobby e in che modo si siano rese responsabili di pressioni indebite sui decisori pubblici. La trasparenza su questo argomento farebbe elevare maggiormente il livello di democrazia nel Paese.

Finalmente però è stato adottato un testo base, questo è un buon punto di partenza, dopo tanto…

Si, finalmente un momento positivo. Il Governo Renzi nel DEF del 2014 aveva preso l’impegno formale di presentare entro giugno (del 2014), contestualmente alla Riforma della Giustizia, un disegno di legge organico sulla regolamentazione dell’attività di lobbying a tutti i livelli. Abbiamo insistito perchè il Governo rispettasse questo impegno; ma il Governo tarda. Ma l’impegno è agli atti, non è stato sconfessato, diciamo che è stata un’inadempienza. Nel frattempo ci sono stati molti parlamentari che hanno presentato proposte di legge. Al Senato circa una decina, che hanno presentato disegni di legge che  la commissione affari costituzionali sta esaminando dopo aver nominato un relatore, il Senatore Campanella (ex M5S), che ha scelto tra i tanti disegni di Legge quello del Senatore Alberto Orellana, come testo base. Questo significa che si è avviata la procedura. Entro il 23 aprile bisogna presentare gli emendamenti. Si spera che nel giro di un mese e mezzo la Commissione riesca a licenziare il testo. Noi prenderemo delle iniziative presso la presidenza del Senato e della Commissione perché si evitino ritardi e si arrivi, entro fine luglio all’approvazione ,della legge in Senato. Alla Camera l’iter potrebbe essere leggermente più spedito, quindi potremmo avere il voto definitivo sulla legge entro dicembre, massimo febbraio (2016).

Perché Nunzia di Girolamo (nel 2013) si oppose con tanta tenacia ad una regolamentazione dell’attività lobbistica, definendola addirittura «proposta sovietica»?

Per quanto riguarda il disegno di legge del governo Letta, avevamo chiesto norme generali e non di dettaglio. Poi ci fu qualcuno che, ad arte, volle inserire norme più specifiche  sui regali ai politici, I pranzi offerti dai lobbisti, le rendicontazioni ultra dettagliate degli incontri tra rappresentanti di interessi e pubblici decisori. La De Girolamo eccepì, insieme ad altri, che la legge voleva sindacare sul fatto che il parlamentare dovesse rendere conto di quel che faceva. Cosa ci sia di sovietico in tutto questo non riesco a capire. “Sovietico” è il contrario di trasparenza. Nessuno si deve vergognare di incontrare il lobbista, siamo persone che fanno un lavoro trasparente. La realtà è che non volevano procedere. Purtroppo Letta, che  avrebbe potuto e dovuto impuntarsi e costringere il Consiglio dei ministri ad approvare il testo, non lo fece.

Come mai non parla nessuno della “sparizione” del registro? Non è uscito sui giornali…

Io ne avevo parlato con qualche altra grande testata, ma non ho avuto grandi riscontri. Sono gli stessi giornali che tuonano contro le lobby a tacere quando c’è da scriverne in modo serio. Quando i lobbisti trasparenti segnalano un abuso  ti dicono che non è notiziabile.

Ma che fine hanno fatto i Disegni di legge di Quagliariello e D’Alia, incaricati proprio da Letta?

Non sono andati avanti. Se vogliamo essere più precisi, i disegni di legge che sono più organici, che a nostro parere individuano meglio l’impostazione del problema, sono quelli presentati alla Camera dall’On. Antonio Misiani e quello presentato al Senato da Francesco Verducci. Partono da un’impostazione, fondamentale: il primo articolo definisce l’attività di lobbiyng come attività concorrente alla formazione delle decisioni pubbliche ispirata ai principi di trasparenza e correttezza. Se si tratta di  un’attività concorrente alle decisioni pubbliche, allora c’è  l’ esigenza di fare una legge severissima nei confronti dei lobbisti e dei decisori pubblici. Noi chiediamo, come associazione Il Chiostro, che la vigilanza sul registro futuro e sull’intera attività dei lobbisti sia affidata all’Autorità Nazionale anti-corruzione. Non perché il lobbismo abbia a che fare con la corruzione, ma perchè I lobbisti seri non hanno nulla da temere e perchè controlli più severi servono, spesso, non tanto sui lobbisti quanto su alcuni loto interlocutori pubblici. E quindi è bene che sia l’Anac a vigilare.

Sembra quasi che sia lo Stato a non ascoltare le vostre richieste di trasparenza…

Nella mancanza di trasparenza prospera di tutto. Ci sono tanti che ne traggono vantaggio: c’è chi non vuole far sapere cosa fa, non per nascondere atti illegali, ma perché in questo modo si possono fare giochi di potere (non parlo di tangenti o simili). Con la trasparenza tutto questo deve venir fuori. Noi abbiamo chiesto di essere interpellati, abbiamo avuto un’audizione al Senato, ed è stato molto utile. Ora dobbiamo stringere i tempi. Non chiediamo una legge perfetta: ci sarà modo di migliorarla. Intanto però che si voti una buona legge. Per esempio gli Usa hanno iniziato a legiferare nel 1936, poi nel 1946, poi nel 1995, infine sotto Obama, e aggiornano continuamente. E’ una materia complicatissima, perché andiamo a toccare il cuore della vita democratica, dove gli interessi si legano al tema dell’interesse generale, e dobbiamo affrontare anche il  problema del finanziamento  alla politica.

Adesso che il finanziamento pubblico è stato abolito, saranno i privati che finanzieranno i partiti…

Si. La legge è questa, bisogna prenderne atto e regolarsi di conseguenza. In realtà dalla fondazione della nostra associazione, circa otto anni fa, tutti coloro che si iscrivono al Chiostro firmano l’impegno di rispettare un codice etico. In questo codice c’è una norma (art.10) che dichiara che i lobbisti si astengono da qualsiasi attività di finanziamento della politica. Noi vorremmo che questo divieto fosse previsto per legge,. Personalmente sono contrario a questa formula di finanziamento privato alla politica, ero per il finanziamento pubblico attraverso regole molte severe e con dei tetti molto rigidi. Ritengo che rappresentare interessi particolari sia un atto indispensabile, non solo per l’azienda ma anche per la democrazia. Se non si conoscono gli interessi particolari, come si fa a decidere in nome dell’interesse generale? Anche alla luce dell’esperienza americana, un’eccessiva presenza di finanziamento privato può pesare. Gli Usa sono nati così e vanno avanti così. Però hanno un sistema rigoroso di vigilanza. In Italia, siccome sappiamo che la certezza della pena non c’è, abbiamo chiesto sanzioni pecuniarie elevatissime. Secondo il disegno di legge di Misiani e Verducci, il  lobbista che pratica l’attività senza essere iscritto al registro obbligatorio dovrebbe pagare una multa da 50mila a 250mila euro. Non solo sanzioni pecuniarie, se non nascono fattispecie di reato, ma anche procedimenti disciplinari che possono arrivare alla radiazione dal registro. In quel caso abbiamo chiesto che la notizia della radiazione venga pubblicata su due quotidiani nazionali a spese di colui che viene radiato.

Fonte: L’Indro

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Lobby, per società norme necessarie. E sul registro c’è l’ok (PublicPolicy) http://www.lobbyingitalia.com/2015/02/lobby-per-societa-norme-necessarie-e-sul-registro-ce-lok/ Wed, 11 Feb 2015 07:52:44 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2713 I pareri di Ferpi, SEC, Il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia

Regolamentare il settore, in maniera semplice e chiara per ottenere risultati concreti e non solo per aumentare la burocrazia. È un quadro articolato quello sulle lobby che esce dal ciclo di audizioni in commissione Affari costituzionali al Senato sul ddl “Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi particolari nelle relazioni istituzionali” in cui, però, abbondano i punti in comune. Sul registro obbligatorio tutti sono d’accordo (anche se con qualche sfumatura diversa), mentre emerge qualche distanza sulla gestione delle cosiddette ‘revolving door’, cioè il passaggio tra pubblica amministrazione e società di rappresentazione di interessi.

REGISTRO OBBLIGATORIO: OK QUASI UNANIME

Ferpi, Sec, il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia, concordano sull’obbligatorietà del Registro a cui i portatori di interesse devono iscriversi, così come stabilito dal ddl. L’unica sfumatura è quella di Reti, per cui il Registro dovrebbe essere volontario e prevedere meccanismi di premialità. Secondo Sec, invece, per le società di consulenza il Registro dovrebbe essere ancora più ‘stringente’ perchè queste dovrebbero pubblicare anche i nominativi dei clienti per i quali svolgono l’attività e dei relativi compensi. Per il Chiostro, l’iscrizione dovrebbe essere consentita solo a chi rispetta determinati requisiti di onorabilità, mentre per FB dovrebbe essere accompagnato da un codice deontologico da sottoscrivere.

Anche per Open Gate gli iscritti al Registro dovrebbero essere tenuti al rispetto di un codice deontologico di condotta che possa rappresentare una codificazione di quelle best practices che i rappresentanti, ma anche i decisori pubblici, dovranno seguire. Molti rappresentanti hanno poi espresso la necessità che anche le associazioni di categoria, come sindacati, Confindustria o l’Anci, siano comprese, e quindi regolati, come portatori di interessi. Quasi unanime anche la necessità che il Registro sia unico e non diviso per amministrazioni.

INTERVENTO NORMATIVO NECESSARIO

Su un punto tutte le società di lobbying si sono espresse all’unanimità: un intervento normativo è ormai necessario. L’opportunità fornita dal ddl all’esame della commissione è quella di superare un vuoto normativo, si legge nel documento depositato da Reti. “È importante raggiungere una regolamentazione completa ed esaustiva del settore perché una legislazione chiara permette di favorire la trasparenza e ridurre comportamenti opachi che danneggiano la classe politica e i cittadini”, è il punto di vista di Sec. “È opportuno che il disegno di legge valorizzi il ruolo delle società di consulenza come ‘rappresentanti di interessi particolari’ che spesso permettono anche a soggetti che non sono in grado di agire singolarmente, ad esempio perché di piccole dimensioni, di poter presentare direttamente le proprie proposte. Ai fini del ddl è rilevante – spiega ancora il documento – che vengano considerati decisori pubblici non solo parlamentari e relativi staff, ministri e uffici di diretta collaborazione, dirigenti generali dei ministeri, ma anche le Autorità indipendenti e i rappresentanti delle Amministrazioni locali“. Regolare per raggiungere una maggiore trasparenza è un concetto sottolineato da tutte le società. Ferpi e Sec, per esempio, sottolineano il ruolo delle consultazioni per un maggior coinvolgimento trasparente dei portatori di interesse.

REVOLVING DOOR: PROBLEMA RISOLVIBILE

Il tema del passaggio da ruoli di decisori pubblici a quello di portatori di interessi, non è un tema trattato dal ddl 281, ma è comunque uno degli argomenti sensibili per regolare il settore delle lobby. Per Ferpi è “necessario limitare il fenomeno delle ‘revolving doors’ per garantire trasparenza e parità di accesso e limitare viceversa i casi di concorrenza sleale”. Il Chiostro propone una finestra di 2-4 anni prima del passaggio da un ruolo pubblico a quello di lobby, mentre per Ogi sono sufficienti due anni. C’è poi chi, come Reti, non ritiene quello delle ‘revolving door’ un problema, ma un tema da affrontare, e risolvere, in chiave di conflitto di interessi.

È LA VOLTA BUONA?

I senatori hanno dimostrato molti interesse ai rilievi mossi dalle associazioni e dalle società, riferiscono alcuni partecipanti all’audizione. “Servono norme semplici, efficaci e durature”, sottolinea Patrizia Rutigliano, presidente Ferpi. “Abbiamo espresso questi concetti e i senatori li hanno fatti propri dimostrando la volontà di proseguire il lavoro intrapreso”, aggiunge.

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“Lobbying all’italiana”: il rapporto di Transparency International alla Camera http://www.lobbyingitalia.com/2014/11/lobbying-allitaliana-il-rapporto-di-transparency-international-alla-camera/ Wed, 05 Nov 2014 12:13:13 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2653 La presentazione del rapporto della sezione italiana di Transparency International “Lobbying all’italiana“, presso la Sala della Mercede della Camera dei Deputati, è stata l’ultima occasione di confronto e analisi del sistema lobbistico italiano per professionisti del settore e mondo politico.

I risultati del rapporto: bassi livelli di trasparenza, partecipazione, integrità

Il rapporto (qui il link), annunciato negli scorsi giorni, è stato elaborato da un team tutto italiano composto da professionisti del settore (lobbisti, comunicatori, professionisti del public affairs e delle relazioni istituzionali, tra cui Gianluca Sgueo e Francesco Macchia), esponenti del mondo accademico e membri italiani di Transparency International, ONG sempre attiva sul tema della lotta alla corruzione e della trasparenza che sta portando avanti un progetto di analisi dei sistemi lobbistici di tutti (o quasi) i sistemi europei (atteso per inizio 2015 il report comparativo finale dei 18 ordinamenti analizzati, chiamato “Lifting the Lid on lobbying“, cofinanziato dalla Commissione Europea).

Come per gli altri Paesi precedentemente analizzati, la conclusione dell’organizzazione è stata netta e impietosa: l’Italia necessita urgentemente di una regolamentazione del lobbying e si trova tra i Paesi con il più basso livello di trasparenza in base ai parametri utilizzati. Chiara Putaturo, membro del team di studio assieme a Susanna Ferro e Davide Del Monte per Transparency, ha illustrato i risultati della ricerca, in particolare riferendosi alla valutazione di tre principali indicatori.

Livello di trasparenza, 11%: livello bassissimo, che si spiega per l’assenza di un registro (presente in Italia solo nell’esperienza – ormai conclusa – del MIPAAF o – assai confusamente – a livello regionale). Il “decreto trasparenza” del 2013 ha avvicinato i cittadini alle istituzioni grazie alle previsioni sugli Open Data, ma sia il suo uso, che la sua applicazione, che la sua diretta fruibilità appaiono limitati.

Livello di integrità, 27%: emerge la necessità di codici etici adeguati per lobbisti e decisori. Attualmente, esiste un Codice etico per funzionari statali, mentre per i lobbisti si possono registrare solo le iniziative di Ferpi e de Il Chiostro, le principali associazioni di categoria del settore.

Ultimo indicatore, il livello delle pari condizioni d’accesso, 22%: in Italia sono previste dai regolamenti parlamentari delle consultazioni, che però risultano spesso informali, e per di più la consultazione dei gruppi non è bilanciata da regole che permettano la fruibilità dei risultati di audizioni o studi presentati ai decisori. Risultato finale: 20%.

In effetti, basterebbe citare una ricerca del Global Corruption Barometer del 2013 per comprendere la necessità di una regolamentazione: il 70% cittadini in Italia ritiene che poteri siano corrotti: ciò testimonia che i cittadini conoscono il fenomeno ma lo ritengono opaco. TI Italia definisce il lobbying come “qualsiasi forma di comunicazione da parte di un gruppo di pressione verso decisori per influenzare il processo decisionale”. Il problema essenziale è di natura culturale: più di 50 proposte legislative presentate nell’ultimo mezzo secolo non sono andate a buon fine, e hanno portato, secondo il rapporto, a un tipo di lobbying “ad personam” legato più a rapporti personali che alla discussione di contenuti, e alla convinzione che la figura del lobbista fosse affine a quella del faccendiere o massone. Il Registro Europeo per la Trasparenza è uno dei pochi strumenti in cui è possibile tener conto dei lobbisti che hanno sede in Italia (612 nell’ottobre 2014), ma il carattere volontario e non onnicomprensivo del Registro rende questo dato inconsistente. Il report contiene, infine, delle concrete proposte da parte di TI: un registro pubblico obbligatorio per lobbisti gestito dall’Autorità anticorruzione o dalla Presidenza del Consiglio; la trasparenza dell’iter legislativo; la pubblicità degli incontri e il controllo degli accessi ai decisori politici; un Freedom Of Information Act (con diritto di accesso agli atti pubblici); una regolazione del fenomeno delle revolving doors; un codice etico per i lobbisti (o l’attuazione di linee guida nazionali per la categoria); la tutela e l’indipendenza dei giornalisti, destinando in particolare maggiori risorse e tutele giudiziarie per giornalismo d’inchiesta e indipendente, per ostacolare il fenomeno dei giornalisti “parziali” nei confronti di eventuali finanziatori.

Ben più interessante il riscontro che l’analisi ha poi trovato nel confronto con esponenti, da un lato, del mondo politico e, dall’altro, dell'”industria” del lobbying italiano.

Il mondo politico: ottimi auspici, qualche imprecisione, poca determinazione

Il Sottosegretario di Stato al Ministero delle Riforme costituzionali e Rapporti con il Parlamento, Ivan Scalfarotto, ha considerato tre punti di forza del gruppo che fa lobbying: autorevolezza sociale del gruppo che preme (che deriva dalle maggiori risorse a disposizione, dal maggiore consenso di base o dalla maggiore professionalità sul campo); competenza specifica in un settore (in quanto spesso il lobbista ne sa più del decisore generalista); accesso privilegiato alle sedi delle decisioni (in due modi: conoscenza personale dei decisori maturata con esperienze precedenti; dimestichezza con le procedure decisionali e facilità nell’accesso ai luoghi di decisione). Scalfarotto ha individuato due problemi del fenomeno lobbying: la tenuta dei decisori, ossia la capacità di esporsi e documentarsi sull’argomento; la trasparenza dei lobbisti. Il Governo auspica, da parte propria, una rapida discussione sui ddl in esame alle camere. Punti focali dell’analisi di TI sono la “legge Severino”, che ha previsto piani anticorruzione da mandare a Cantone da parte degli attori pubblici; la statistica sui lobbisti in Italia, la cui attività è concentrata più sulla legislazione di settore che su affari generali e bilancio; la connotazione negativa dei lobbisti in Italia a causa essenzialmente dell’assenza di legislazione.

Anna Masera, responsabile della comunicazione per la Camera dei Deputati, ha espresso un monito sulla richiesta di trasparenza generica portata avanti negli ultimi tempi: secondo la sua opinione, spesso un resoconto scritto dei lavori di una Commissione è uno strumento migliore, più autorevole e professionalmente meglio fruibile di una diretta streaming dei lavori parlamentari, che forse presterebbe il fianco a strumentalizzazioni politiche inficiando la correttezza del processo decisionale.

Il viceministro per le Infrastrutture e i Trasporti e segretario nazionale del Partito Socialista Riccardo Nencini (autore, in particolare, della legge toscana sulle lobby all’epoca del proprio incarico come Presidente del Consiglio regionale),  ha annunciato piccoli passi avanti in materia di regolamentazione delle lobby in seno alle istituzioni nazionali: oltre alla presentazione di un coraggioso emendamento allo Sblocca Italia non ammesso (portato avanti dai deputati del Gruppo Misto – Partito Socialista Italiano (PSI) Pastorelli, Di Lello e Di Gioia), attualmente la Commissione competente del Senato (Commissione 1°, Affari Costituzionali) sta lavorando ai vari ddl sull’attività di rappresentanza di interessi (A.S. 281); inoltre, il 3 novembre scorso il Quirinale ha varato la legge delega sul Codice degli appalti che prevede la parola “gruppi di pressione/lobby” su una legge nazionale per la prima volta. Nencini si è concentrato su diverse questioni riguardanti il lobbying. Il tema decisivo, tralasciato da TI Italia, è la relazione tra gruppi di pressione e alti dirigenti dello Stato, non considerati (erroneamente) influenti quanto i decisori politici. Spesso, infatti, all’interno della struttura amministrativa dei dicasteri sono presenti decision makers più incisivi di chi occupa posizioni politiche pubbliche. Altro tema “caldo”: l’ipocrisia italiana, figlia di una cultura decennale (di stampo “cattocomunista”) che fa sì che ciò che appartiene al mondo del profitto sia nascosto. È la ragione madre per la quale, secondo Nencini non c’è ancora legge sulle lobby. C’è grande difficoltà, nella cultura italiana, di distruggere il campo dell’opacità, attraverso meccanismi presenti in altri ordinamenti. Fondamentale poi è anche l‘individuazione del campo semantico in cui inscrivere l’attività di lobbying: non si tratta solo di combattere meglio la corruzione. Il codice degli appalti è scritto soprattutto per dare efficienza, certezza, semplicità per la realizzazione di opere pubbliche e evitare costi eccessivi. Ulteriore questione urgente riguarda i partiti politici: in Italia non ci sarà più, nei prossimi anni, finanziamento pubblico ai partiti: l’urgenza è di avere maggiore trasparenza per comprendere i fenomeni di fundraising, in particolare il crowdfunding, che nei prossimi mesi si succederanno sul modello anglosassone. Infine: sarà importante offrire opportunità uguali in trasparenza e partecipazione: in particolare, va ridiscusso il rapporto di fiducia, ultimamente degenerato negli ultimi atti del Governo Renzi, molto spesso arrivati alla discussione alle Camere senza poi l’effettiva possibilità di modifiche al testo discusso.

Sono intervenuti alla discussione anche esponenti dell’opposizione all’attuale Governo, l’uno “esterno al partito” (il vicepresidente della Camera per il MoVimento 5 Stelle Luigi Di Maio) e l’altro “interno” (Giuseppe “Pippo” Civati) al partito che detiene l’attuale maggioranza parlamentare, il PD.

Di Maio ha ribadito la necessità, espressa già durante le discussioni sulla Legge di Stabilità 2014 e ribadita in occasione della conferenza con la promessa di documentare con foto “l’assalto alla diligenza” per la discussione della Stabilità 2015, di una maggiore regolamentazione degli accessi ai locali della Camera; si è però detto d’accordo sul che le lobby non siano il male, ma uno strumento fondamentale nel processo decisionale. Di Maio ha però dimostrato scarsa dimestichezza con il termine “lobbista”, forse a causa della ritrosia culturale che spesso porta a definire le “lobby” come esponenti del potere occulto e cattivo, e a confonderle con le attività portate avanti da altri soggetti, spesso definiti da stampa e politica come faccendieri (tirando in ballo anche, erroneamente, la vicenda-Scarpellini).

politiciTra le proposte, quella di sfruttare il principio dell’autodichia (spesso utilizzata dalla Camera e dal Senato per dichiarare illegittimo qualsiasi provvedimento che regolasse le due istituzioni, che detengono la competenza assoluta sull’argomento) per regolamentare l’accesso alle Camere direttamente nei regolamenti parlamentari, e in particolare vietare o registrare l’accesso di chi, in qualità di giornalista parlamentare o ex parlamentare o, ancora, invitato su discrezione di personale delle Camere o parlamentari, ha maggiori opportunità di influenzare il decisore rispetto a chi non possiede gli stessi strumenti di relazione. In realtà, a detta del vicepresidente della Camera, non è stato ancora messo all’ordine del giorno un provvedimento in materia (“per cui basterebbe il parere positivo di sole 20 persone nell’ambito della Presidenza della Camera”), ed è ravvisata una volontà politica rimasta inespressa all’interno del Parlamento.

Civati si è detto d’accordo ad attribuire il controllo dell’eventuale registro dei lobbisti all’antitrust, piuttosto che all’autorità anticorruzione, per dare sin dall’inizio un’immagine positiva all’attività di lobbying; si è detto altresì favorevole a regole di trasparenza per i politici. Non si è però mostrato fiducioso sul Governo (che non ha in programma un’iniziativa diretta, il che fa presupporre l’indisponibilità a produrre sul tema un decreto legge, attualmente principale fonte di produzione di norme in Italia), ponendo l’accento sulla questione della “disintermediazione” e del mancato bilanciamento tra Governo e Parlamento.

I lobbisti: bisogno di regole per crescere in autorevolezza

tavolo lobbistiLa parola è poi andata ai lobbisti, e in particolare ai rappresentanti delle due maggiori associazioni di settore: Giuseppe Mazzei, presidente de Il Chiostro – per la trasparenza delle lobby, e Patrizia Rutigliano, di FERPI.

Mazzei, nel ricordare che la propria associazione è stata tra le prime a proporre un codice etico volontario per chi esercita attività di pressione, ha specificato che la normativa sul lobbying non significa necessariamente anticorruzione, ma piuttosto partecipazione e miglioramento della qualità della normazione. “Se non c’è regolamentazione è colpa di lobby “occulte”, come quelle burocratiche. Va bene che vigili l’autorità anticorruzione, ma quando il legislatore si è occupato di questo ha realizzato un reato, il “traffico di influenze illecite”, rivelatosi una norma che è interpretabile troppo largamente e quindi inutile. Infatti, non si spiega cosa sia “indebitamente” e cosa sia illecito”, le sue parole. Mazzei si aspettava la diretta applicazione da parte del Governo di nuove regole sul lobbying, come contenuto del DEF 2014. Altro punto importante da affrontare è la lotta ai conflitti di interesse, in particolare all’accesso indebito di soggetti che rappresentano interessi privati in modo opaco (ex parlamentari, giornalisti). Ulteriore questione su cui focalizzarsi, infine, è il finanziamento della politica: “Deve essere chiaro che il finanziamento non è un corrispettivo per poi avere una decisione favorevole. Otto anni fa Il Chiostro ha applicato un codice etico per evitare di utilizzare il finanziamento come strumento di lobbying. Tutti gli iscritti lo devono rispettare. I lobbisti non sono quelli che fanno relazione, ma trasmettono contenuti, e una regolamentazione eviterebbe il lobbismo di relazione. Inoltre, le sanzioni devono essere non penali, ma pecuniarie e disciplinari. Il codice etico deve far parte della regolamentazione, con norme severissime per l’immagine dei lobbisti e del Paese. E qui richiamo anche i giornalisti: presentare le lobby come negative è lesivo per la cultura dell’Italia”.

Patrizia Rutigliano, presidente di FERPI, associazione che riunisce comunicatori e lobbisti, afferma che “anche la comunicazione finanziaria deve essere regolamentata per evitare generalizzazioni negative. Sono attività che servono per promuovere valori delle aziende. Aziende e PA spesso vanno insieme, per quanto riguarda i rapporti di consulenza. La regolamentazione deve tenere conto di tutti gli attori: ONG, sindacati, politici, aziende, associazioni. L’autorità super-partes non deve essere l’anticorruzione, perché ha la tendenza a bloccare ciò che si sviluppa, e porterebbe a distorsioni come il reato di traffico di influenze. Necessarie accountability e trasparenza, ma attenzione a quest’ultimo concetto: mettere tutto sul sito web in maniera disequilibrata può essere nocivo. A volte non si possono rendere pubblici elementi strategici dell’azienda, soprattutto per società quotate. Lo studio sulla regolamentazione deve contenere tutte le norme presentate dai parlamentari, ma bisogna ascoltare tutti i portatori di interessi per avere un’idea onnicomprensiva del fenomeno”.

Gianluca Comin, comunicatore, giornalista, lobbista, durante la propria carriera ha avuto modo di approfondire tutti gli aspetti del lobbismo italiano. Secondo Comin la regolamentazione della materia è necessaria per tre motivi: il nuovo modo di lavorare del lobbista, la richiesta portata avanti dai lobbisti stessi e le nuove regole sul finanziamento della politica. L’ex capo delle relazioni istituzionali di Enel ha affrontato due aspetti sempre più importanti nell’attività di relazione: il nuovo ruolo dei social e la necessità sempre maggiore di conoscere gli aspetti giuridici della materia. Punti fermi di una legge sulle lobby, affermati più da lobbisti che da decisori, secondo lui devono essere “la trasparenza reciproca (ad esempio, predisponendo un elenco con gli obiettivi di chi fa lobbying e una lista degli incontri dei decisori pubblici), necessaria al momento in cui i partiti faranno fundraising (tutto trasparente in America); la previsione di incompatibilità (per una migliore chiarezza dei ruoli sarebbe, ad esempio, auspicabile il metodo utilizzato per gli avvocati, che devono sospendere l’iscrizione all’albo per esercitare altre professioni). Chi deve controllare tutto? Antitrust, camere, anticorruzione, ma anche una commissione terza ex-novo come in Gran Bretagna. Legarsi all’anticorruzione però sarebbe danno di immagine, serve un soggetto terzo, serio e autorevole, e lo richiedono i lobbisti stessi”. Anche in questo caso, la raccomandazione finale al governo riguarda “il futuro problema del finanziamento di partiti e movimenti. È ipocrita essere eletti senza finanziamenti, di cui devono occuparsi dei professionisti, come accade per il no profit. Serve regolamentare il crowdfunding, per il quale sono necessarie l’autorevolezza di chi chiede i soldi e la professionalità nelle tecniche di fundraising”.

Lelio Alfonso, anch’egli con diverse esperienze professionali nel campo della politica (lobbista, politico, manager, docente universitario) ritiene “necessario riaprire il tema di riforma dei regolamenti parlamentari, abbandonato ultimamente, così come quello della semplificazione delle leggi e della burocrazia. Il Parlamento, poi, è troppo spesso svuotato della capacità di legiferare (i voti di fiducia hanno tagliato fuori il Legislativo). C’è la possibilità di cambiare i regolamenti, e tutto avverrebbe a costo zero; le due camere hanno regolamenti diversi e si sta cambiano quella col regolamento migliore. Ruolo ostativo da parte dei burocratici? No, sono professionisti che spesso aiutano i lobbisti per far capire meglio ai decisori la posizione. Riguardo le authority, meglio l’antitrust piuttosto che cercarne un’altra nuova, ce ne sono abbastanza. In ogni caso, il buon professionista aiuta a fare leggi migliori, e il Paese ne deve essere grato. Serve massima accountability per un’attività che non è assolutamente ostacolo alle scelte della collettività”.

zanettoUltimo tra i lobbisti a parlare è stato Paolo Zanetto, che ha partecipato al gruppo di lavoro di Transparency è ha espresso la necessità di una legge sul lobbying, “per due ragioni. La prima è storica: al momento la compensazione degli interessi è sempre più frequente, a causa del continuo ricorso al decreto legge governativo e alla poca abitudine del governo di utilizzare consultazioni pubbliche, il che crea necessariamente presupposto per azioni di lobbying a porte chiuse (nella fase di gestazione del provvedimento) o di molti emendamenti nella fase successiva dell’iter. Secondo, l’esigenza di trasparenza nel quadro del finanziamento della politica. Oggi la politica deve adattarsi in ottica della fine del finanziamento pubblico ai partiti (lo testimoniano le due cene di fundraising del PD). Se questa è la direzione intrapresa da quel partito, è necessaria la trasparenza. Non si parla di compliance, ma di atteggiamento culturale che sta cambiando. Anche Cattaneo & Zanetto presenterà a breve un’iniziativa sulla trasparenza”.

Conclusioni: un quadro ancora incerto, in attesa di passi concreti del Governo

In conclusione, il confronto è stato utile per ravvisare le principali problematiche del fenomeno lobbistico in Italia e le diverse istanze in merito. L’iniziativa di Transparency International Italia è risultata opportuna per la discussione però, in molti casi, non ha considerato alcuni aspetti dell’attività di lobbying (su tutti, il grande potere delle strutture ministeriali) che in Italia sono caratteristici e non possono essere affrontati come negli altri casi europei analizzati. Non sono state portate avanti proposte concrete sulla regolamentazione, in particolare sullo strumento da utilizzare per attuare una legge sulle lobby (decreto governativo? Disegno di legge di iniziativa parlamentare? Norme ministeriali? Regolamenti parlamentari?). Sono state ravvisate anche alcune imprecisioni, o forse imparzialità, nella definizione di lobbying (basta definire “comunicazione” ogni tipo di attività di lobby che va dall’articolo di giornale, alla commissione di uno studio a un think tank, alla vera e propria attività di presentazione degli emendamenti?), di lobbista (i sindacati sono lobby?) e di decisore pubblico (lo sono solo i ministri e parlamentari, o anche i membri del Gabinetto o delle Direzioni Generali dei ministeri?).

La richiesta, a più voci, è diretta soprattutto al Governo e punta ad un’iniziativa forte e decisa al di là di vuoti proclami lasciati poi irrealizzati. Si rende necessario un sostegno dell’iniziativa parlamentare da parte dell’Esecutivo, ormai in Italia vero e proprio fulcro decisionale, senza la quale la regolamentazione omogenea e nazionale del lobbying diventa irrealizzabile.

(GattoGiov)

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