formiche – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Lobby, cominciamo a fare sul serio? (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/lobby-cominciamo-a-fare-sul-serio-formiche/ Thu, 18 Sep 2014 18:31:29 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2487 Il secondo di una serie di approfondimenti su lobby e regolamentazione su Formiche.net a cura di Pier Luigi Petrillo, professore associato di Diritto pubblico e docente di Teorie e tecniche di Lobbying

Ecco la seconda parte dell’intervento del prof. Petrillo. La prima parte si può leggere qui.

Le opzioni di intervento sembrano essere prevalentemente 3: le prime due più “soft”, potenzialmente approvabili in pochissimo tempo; la seconda più “hard” ma più seria.

1) L’opzione-esempio (una sorta di Negroni)
Consapevoli che un disegno di legge in Parlamento rischierebbe di arenarsi, il Presidente del Consiglio può con proprio Decreto regolamentare il rapporto tra Pubblica Amministrazione e lobbisti. Ovviamente tali norme varrebbero solo per Palazzo Chigi, i Ministeri e le Società controllate dalle Stato. Non sarebbe comunque poco ma soprattutto darebbe il buon esempio. Una sorta di sveglia per il Parlamento e il modo migliore di rispondere ai #gufi.

2) L’opzione-esempio invertito (il Negroni sbagliato, ovviamente)
Consapevoli che il Governo non ha voglia di intervenire sul punto, i Presidenti di Camera e Senato intervengono d’imperio, esercitando i poteri d’interpretazione dei regolamenti parlamentari loro attribuiti. Possono così disporre, ad esempio, regole d’accesso pubbliche e trasparenti per i lobbisti ovvero (a mero titolo d’esempio) impegnare i parlamentari a rendere pubblici gli incontri avuti. Gli stessi effetti potrebbero essere prodotti, più democraticamente, facendo approvare una risoluzione dalle rispettive assemblee oppure, per essere ancora più democratici, modificando i regolamenti parlamentari (come propose il sen. Andreatta nel lontano 1988). E’ l’esempio francese dove, da quattro anni, esiste una regolamentazione delle lobby presso l’Assemblea Nazionale introdotta con una risoluzione parlamentare. In questo modo sarebbe il Parlamento a dare la sveglia al governo …

3) L’opzione “all inclusive” (quindi impossibile … una vera Caipirinha)
Il governo presenta alle Camere un disegno di legge, dichiarandolo urgente così da essere calendarizzato in tempi certi. Poiché ci va di sognare, possiamo anche ipotizzare che con questo provvedimento il Legislatore corregga le numerose norme già vigenti ma totalmente disapplicate che dovrebbero imporre trasparenza e partecipazione in taluni procedimenti pubblici. Sempre in questo contesto, si dovrebbero modificare le assurde norme sul finanziamento della politica da parte dei privati.

Ci si chiede: possono esserci altri percorsi normativi? E tra quelli sopra individuati, quale sarebbe l’opzione preferibile?

Fonte: Formiche

]]>
La carica delle lobby per fregare gli italiani (La Notizia) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/la-carica-delle-lobby-per-fregare-gli-italiani-la-notizia/ Thu, 18 Sep 2014 07:49:30 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2479 (@SSansonetti) Una vorace pattuglia di pluripoltronati. Ecco i Richelieu con il piede in due e più staffe

Lobbisti voraci, il cui appetito di poltrone non sembra conoscere soddisfazione. E pazienza se spesso si cumulano poltrone pubbliche e private a palese rischio di conflitto d’interessi. Il tutto avviene con la massima tranquillità, come se niente fosse. I casi, con il dibattito generale concentrato sui temi politici ed economici, sfuggono sempre ai radar. Ma stanno spuntando fuori come funghi dopo la pioggia. Si pensi alla situazione di Simonetta Giordani, ex sottosegretario ai beni culturali all’epoca del governo guidato da Enrico Letta. Terminata l’esperienza, ha sfruttato l’ultima tornata di nomine nelle società di Stato riuscendo a strappare un posto nel consiglio di amministrazione delle Ferrovie guidate da Michele Mario Elia. Allo stesso tempo la Giordani, che prima della parabola governativa lavorava in Autostrade per l’Italia, si è apparecchiata anche un bel rientro nel gruppo dal quale proveniva.

L’INCROCIO
Si dà infatti il caso che abbia assunto un ruolo di responsabilità all’interno degli affari istituzionali di Atlantia, la holding della famiglia Benetton che ha evidenti interessi nel settore dei trasporti (controlla Autostrade e Aeroporti di Roma). In questa veste la Giordani, fanno sapere dal gruppo, si sta occupando di “sostenibilità ambientale”. Ma a quanto pare non è stato intravisto nessun rischio di attrito nel fatto che siede contemporaneamente in Fs e Atlantia. “Non ci sono norme che prevedono un’incompatibilità”, aggiungono dal gruppo, “né le due aziende hanno ravvisato ostacoli”. Certo, non c’erano dubbi. Chissà come l’ha presa Francesco Delzio, il grande capo delle relazioni istituzionali di Atlantia-Autostrade, altro lobbista che ha una certa dimestichezza con salotti e salottini. Oltre a essere presidente di Ad Moving, la concessionaria di pubblicità del settore autostradale, siede nel comitato scientifico della fondazione Symbola (presieduta dal Pd Ermete Realacci e sostenuta da colossi come Eni ed Enel Green Power), e nel comitato editoriale di Inpiù (pubblicazione on line che fa capo al presidente della Bnl Luigi Abete e al fratello Giancarlo). Nel consiglio di amministrazione delle Ferrovie, però, insieme alla Giordani siede Giuliano Frosini, anche lui lobbista con la specialità delle “revolving doors”. Fino a una manciata di giorni fa si trovava sulla poltrona di responsabile affari istituzionali di Terna. Situazione abbandonata perché insostenibile, se solo si considerano gli interessi sovrapponibili che Ferrovie e Terna hanno in materia di energia e reti ad alta tensione. Niente paura, però. Frosini è riuscito subito a sistemarsi a capo delle relazioni istituzionali di Gtech, l’ex Lottomatica per la quale aveva lavorato dal 2004 al 2011. Il colosso dei giochi, evidentemente, l’ha richiamato per farsi aiutare nella gestione di tutta una serie di patate bollenti. In primis la fase post acquisizione dell’americana Igt, operazione destinata a spostare all’estero il baricentro della società con tutta una serie di implicazioni fiscali e concessorie già all’attenzione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Di sicuro Frosini sarà in grado di mettere a frutto tutto il suo bagaglio di conoscenze. Basti pensare che è stato capo della segretaria particolare dell’allora ministro del lavoro Antonio Bassolino.

GLI ALTRI
E che dire di Paolo Messa? Già portavoce dell’ex vicepremier Marco Follini, è da tempo il factotum del periodico Formiche (estrazione folliniana). Ma vanta anche una collaborazione con il presidente di Finmeccanica Gianni De Gennaro. La società, contattata da La Notizia, ha precisato che Messa non è legato direttamente a Finmeccanica, “ma ha un rapporto con il presidente e il Centro studi americani”. Di quest’ultimo think tank, del resto, De Gennaro è presidente. E tra i finanziatori del pensatoio, oltre ad Acea, Bnl, Eni, Telecom, Unicredit, Vodafone e Wind, c’è proprio Finmeccanica. Ancora Finmeccanica è tra i soci ordinari di Italiadecide, altro think tank presieduto da Luciano Violante. E tra gli stessi soci ordinari, neanche a dirlo, c’è Messa. Il quale, però, esattamente come Delzio, siede pure nel comitato editoriale di Inpiù (fratelli Abete). Senza contare che è consulente di Invimit, la società immobiliare del Tesoro per ora guidata da Elisabetta Spitz, ex moglie proprio di Follini. Ma la stessa Spitz e il presidente Vincenzo Fortunato, a quanto pare, sono a un passo dall’uscita.

]]>
A chi conviene non regolamentare le lobby? (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/a-chi-conviene-non-regolamentare-le-lobby/ Tue, 16 Sep 2014 14:47:46 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2296 Il primo di una serie di approfondimenti su lobby e regolamentazione a cura di Pier Luigi Petrillo, professore associato di Diritto pubblico e docente di Teorie e tecniche di Lobbying

Ogni giorno il Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, accusa le lobby di fermare lo sviluppo del paese. Prima di lui, l’accusa era stata mossa dai suoi predecessori: Enrico Letta, Mario Monti, Silvio Berlusconi, per limitarci agli ultimi. E con loro anche i Presidenti di Camera e Senato, periodicamente, “urlano” contro le lobby che invadono i palazzi. Eppure non si hanno notizie né di interventi governativi né di interventi parlamentari finalizzati a regolamentare i gruppi di pressione.

Ogni giorno si scopre, così, che dietro ai “gufi” che vogliono lasciare immobile il Paese ed impediscono le riforme necessarie, ci sono le lobby, ogni sorta di lobby, con l’effetto che tutto è lobby, perfino i funzionari pubblici: si pensi alle “lobby” dei magistrati (“no alla riduzione delle ferie”), a quella dei dirigenti pubblici (“no alla riduzione degli stipendi”) o perfino a quella dei senatori (“no alla riduzione del Senato”).

In questo quadro le lobby continuano ad essere il paravento della politica: basta dire che è colpa delle lobby per scrollarsi di dosso ogni responsabilità. E appare ovvio che se le lobby fossero regolamentate e la loro azione fosse pubblica, ecco che i cittadini scoprirebbero il gioco dello scarica barile: il paravento d’incanto cadrebbe e si scoprirebbe che la colpa di certo immobilismo non sono le lobby ma la politica.

LE ULTIME TAPPE DI UN TIMIDO TENTATIVO DI FARE SUL SERIO

Rispetto a vent’anni fa, tuttavia, qualche barlume di speranza comincia a vedersi. Nel 2007, durante il secondo governo Prodi, l’allora Ministro per l’attuazione del programma di governo, Giulio Santagata, spronato dal suo capo di gabinetto, il Consigliere di Stato Michele Corradino (ora componente dell’ANAC), fece approvare dal Consiglio dei Ministri il primo e unico disegno di legge in materia d’iniziativa governativa. Qualche mese dopo il governo fu sfiduciato e il testo dimenticato.

Nel 2012, sotto il governo Monti, ci riprovò Mario Catania, allora Ministro dell’Agricoltura, istituendo l’obbligo per i lobbisti “agricoli” di iscriversi in un elenco pubblico. La netta contrarietà delle principali organizzazioni di categoria (Coldiretti, Cia, Confagricoltura) fece naufragare l’esperimento.

Nel 2013 è il premier Enrico Letta, in prima persona, a farsi promotore di una coerente regolamentazione del lobbying, chiedendo al segretario generale di Palazzo Chigi, Roberto Garofoli, e al sottoscritto, di predisporre una bozza di disegno di legge. Ma il Consiglio dei Ministri, dopo avere approvato i principi della regolamentazione nel maggio 2013, decise di bocciare il testo predisposto, considerandolo troppo stringente.

E siamo arrivati al governo Renzi: entro giugno 2014, aveva dichiarato il Premier nel Documento di Economia e Finanza 2014 (DEF), avremo una regolamentazione dei gruppi di pressione. Sono passati 3 mesi da quella scadenza ma non c’è traccia nemmeno di una qualche bozza. Eppur si muove: nel silenzio generale, il Vice Ministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini (forse l’unico a credere davvero all’importanza di questa questione), è riuscito ad inserire nel disegno di legge delega di riforma del codice degli appalti, un principio legato alla trasparenza dei gruppi di pressione; anni luce lontani dalla regolamentazione delle lobby ma almeno è un segnale.

E’ ripartito da qui Giovanni Grasso, il giornalista dell‘Avvenire che, venerdì e sabato scorso, ha dedicato sul suo giornale un’inchiesta al rapporto tra politica e gruppi di pressione, invitando il Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, a prendere la palla in mano, trattandosi, anzitutto, di una questione di trasparenza della Pubblica Amministrazione (centrale e periferica).

MA PER FARE (DAVVERO) SUL SERIO, DA DOVE RIPARTIRE?

Ripartiamo dall’inchiesta di Grasso; rileggiamo gli stimoli recenti pervenuti da lobbisti d’eccezione come Gianluca Comin, per anni direttore delle relazioni istituzionali in Enel, o Stefano Lucchini, per anni a capo dell’Eni e ora in Intesa, o le proposte avanzate da Claudio Velardi, Massimo Micucci e l’ottimo gruppo del “Rottamatore”, da Fabio Bistoncini (“vent’anni da sporco lobbista”), da Franco Spicciariello e il suo sito lobbyingitalia.com, da Gianluca Sgueo su Formiche.net, da esperti come Giovanni Galgano e Giuseppe Mazzei de “Il Chiostro”, da studiosi come Maria Cristina Antonucci e Marco Mazzoni, dal collega Alberto Alemanno della New York University, dal gruppo #lobby (purtroppo non più attivo) degli ultimi 7 anni di #VeDrò, da riviste come Percorsi Costituzionali e AGE-Analisi Giuridica dell’Economia e proviamo ad offrire al Legislatore qualche idea su come e per cosa fare sul serio.

Fonte: Formiche.net

]]>
Open + Data + Lobby = Democrazia (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2014/07/open-data-lobby-democrazia-formiche-net/ Fri, 25 Jul 2014 20:51:50 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2512 Ultimamente si è tornato a parlare in Italia di trasparenza e accesso agli atti. Con l’evento veneziano sull’Italia digitale sono tornati alla ribalta (ma non l’avevano mai davvero abbandonata) i promotori di #FOIA4ITALY, gruppo ben nutrito di attivisti di varia estrazione che propone l’adozione di un FOIA italiano. Cos’è il FOIA? Si tratta di un acronimo. Freedom of Information Act. Ossia una legge che disciplina la trasparenza dell’attività delle istituzioni, prevedendo obblighi per i decisori pubblici e attribuendo diritti ai cittadini. L’Italia, sostengono quelli di Foia4Italy, ha una legge sull’accesso agli atti inadeguata per una democrazia moderna. Serve l’approccio americano che, almeno in teoria, pone un obbligo generalizzato di diffusione delle informazioni a carico delle amministrazioni.

Appunto, la questione è tutta li, nel “a meno che”. E infatti le eccezioni sono molto numerose. Legate prevalentemente alla sicurezza nazionale, ma non solo. I limiti possono arrivare anche indirettamente, ad esempio dal tempo che le amministrazioni si prendono per rendere note le informazioni. Il caso dei finanziamenti alla politica, e quindi in senso lato del lobbying, è emblematico. Un articolo apparso sul New York Times il 17 luglio titolava in modo significativo: “Data Delayed, Democracy Denied” (QUI l’articolo). Ossia, il ritardo nel rilascio dei dati pubblici è una negazione di fatto della democrazia.

In questo caso la responsabilità ricade sulla Federal Election Commission, o FEC, organo deputato alla raccolta (e successivo rilascio) dei dati sulle donazioni ai candidati alle elezioni federali. La FEC dichiara di rendere pubblici il 95% dei dati in suo possesso entro 30 giorni dalla ricezione. Il fatto è che quando OpenSecrets, la no profit di Washington che monitora l’attività politica e lobbistica statunitense, è andata a fare un controllo sui dati messi a disposizione dalla FEC, si è accorta che mancavano all’appello le informazioni di 347 candidati su 703. Praticamente il 50% delle informazioni assenti! Alla richiesta di chiarimenti inoltrata da OpenSecrets nei confronti della FEC, quest’ultima ha risposto laconicamente “non abbiamo ancora terminato di processare le informazioni mancanti”.

Il bello – si fa per dire – è che non c’è nulla che possa fare se non denunciare pubblicamente l’accaduto. é qualcosa, ma ovviamente non equivale a una sanzione per i funzionari della FEC, né tanto meno alla certezza che non verranno ripetuti i ritardi.

Tutto questo per dire che l’entusiasmo con il quale si assume acriticamente la bontà del FOIA, o più in generale del suo approccio idealistico alla trasparenza, rivela una certa ingenuità. C’è sicuramente molto da migliorare nella legislazione italiana sulla trasparenza. Ma quando le informazioni si fanno sensibili, la reticenza delle amministrazioni alla diffusione è una condizione diffusa, FOIA o non FOIA. E questo, del resto, ce lo conferma l’intera ultima serie di House of Cards, che si regge sul medesimo equivoco. C’è una questione di finanziamenti poco chiari al Presidente degli Stati Uniti, e una partita  tra il protagonista, Frank Underwood, e il suo avversario, giocata sui tempi entro i quali quelle informazioni potrebbero divenire di dominio pubblico. Come va a finire non lo scrivo, casomai non l’abbiate ancora vista.

Fonte: Formiche.net

]]>
Vi spiego perché a Renzi serve un lobbista. Parola di lobbista (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2014/06/vi-spiego-perche-a-renzi-serve-un-lobbista-parola-di-lobbista-formiche/ Thu, 05 Jun 2014 17:35:50 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2359 (Alberto Cattaneo) I numeri sono drammatici e raccontano dell’impotenza di questo governo (e di tutti quelli passati in anni recenti) a produrre una legislazione di qualità che poi vuol dire credibile, certa e, soprattutto, applicabile. Invece i numeri raccontano una realtà diversa, quella delle leggi non attuabili perché necessitano di altri leggi (i cosiddetti decreti attuativi) che assomigliano a treni dei desideri che mai arrivano. I numeri dunque: il “Salva Italia” di Monti richiedeva norme attuative per il 22% dei suoi articoli, il “Cresci Italia” per il 40%, la Finanziaria 2013 per il 20% e l’elenco può continuare ancora a lungo fino a citare la cosiddetta delega fiscale che appunto delega la burocrazia dei ministeri a legiferare un pò su tutto l’universo. Gli esperti dei ministeri, ad oggi, devono scrivere più di mille e trecento decreti. Naturalmente con calma, oltreché con difficoltà. Risultato: ne mancano più della metà con casi curiosi tipo il Destinazione Italia, che avrebbe dovuto rilanciare il nostro Paese presso investitori esteri e che richiedeva 34 decreti attuativi di cui nemmeno uno è stato ancora scritto.

UN CONSIGLIO PER RENZI

Mi permetto di dare il consiglio a Renzi di coinvolgere nel suo staff qualche lobbista. Già perché il lobbista – e non il faccendiere con cui spesso viene confuso – difende interessi privati e per farlo deve essere in grado di promuovere una legislazione per l’appunto credibile, certa e applicabile. Se no, col cavolo che gli interessi vengono difesi. Poi questa legislazione promossa dai lobbisti può piacere o meno, può promuovere la difesa di un privilegio di casta o può supportare la liberalizzazione di un settore e così via, esattamente come lo è un programma politico di una parte o dell’altra e quindi di un interesse o di un altro. Può piacere o meno ma almeno avremmo delle leggi e non dei puzzle di cui manca sempre un pezzo.

NON SOLO PROVOCAZIONE

La mia è una provocazione? Sì certo. Ma solo in parte. In fondo i “lobbisti pubblici” già esistono e sarebbero i capi di gabinetto o i capi delle segreterie tecniche che devono promuovere gli interessi dei loro ministeri, con un “capo lobbista” nella figura del ministro per i rapporti con il Parlamento che ha, infatti, il compito di difendere gli obiettivi del governo nel momento in cui devono trasformarsi in legge (non me ne voglia nessuno ma per me la parola “lobbista” è positiva e non negativa). E allora perché non chiedere a qualche lobbista di lasciare il proprio lavoro e mettersi dall’altra parte? Perché non approfittare delle competenze dei lobbisti degli interessi privati e trasformarli in lobbisti dei cosiddetti interessi pubblici? Il “cosiddetti” è naturalmente d’obbligo.

LOBBISTI ALL’OPERA

Mi sbaglierò di certo, ma sono convinto che farebbero molto bene e che la qualità della legislazione sarebbe migliore perché, come i loro colleghi “privati”, dovranno essere premiati sui loro risultati. Vedremmo quindi i “lobbisti pubblici” partecipare alla stesura iniziale delle leggi; fare pressione sui tempi; partecipare direttamente ai tavoli tecnici dove nascono i decreti attuativi… Insomma, li vedremmo prendersi “cura” della qualità di una legge e quindi della reale difesa di un interesse.

BINGO

E se poi dovesse mai passare una legge sulla lobby (manca poco perché è prevista per giugno… forse…) sarebbe perfetto perché in un solo colpo garantiremmo trasparenza (perché la legge sulla lobby ha questo come obiettivo!) sia nel lobbismo privato che in quello pubblico. Bingo.

Fonte: Formiche

]]>
I mejo lobbisti di Google (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2014/04/i-mejo-lobbisti-di-google-formiche/ Tue, 15 Apr 2014 10:27:04 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2389 Per chi lavorano i “mejo” lobbisti americani? Semplice: Google. Il colosso del web e dell’innovazione da qualche anno non ne sbaglia una. Merito anche di una strategia di lobbying mirata, efficace, aggressiva (quando serve) e sempre puntuale.

(1) Guardate qui. Google ha puntato anzitutto sugli investimenti in public affairs. Nel 2003 l’azienda era ben oltre la centesima posizione tra i top spenders. Appena 10 anni dopo è nella top 10, piazzandosi quarta per spesa complessiva. La professionalità si paga:

ie-fallback-lobbying

(2) Assieme alla capacità di reclutare i migliori lobbisti e metterli in condizione di usufruire di budget faraonici, Google ha capito l’importanza della politica nazionale. Il secondo passo della strategia di lobbying è stato investire sulle donazioni elettorali:

Google-Campaign-Donation

 

 

(3) Terzo passaggio della strategia è stata la creazione di un solido network di pensiero. Finanziando università, centri di ricerca, think tank, Google ha alimentato un dibattito vivace sui temi dell’innovazione e della tecnologia, e nel contempo si è garantita un posizionamento di immagine e reputazione niente affatto trascurabile. Se oggi il settore del “civic tech” cresce al ritmo del 23% l’anno, è merito anche degli investimenti dell’azienda:

knight-civic-tech-growth

è il caso di dire, una volta ancora, che PR per “pranzi e ricevimenti” non basta più. Il lobbying è sempre più parte integrante di una strategia aziendale complessiva. Pensarlo, prima di metterlo in pratica, è un dovere di qualsiasi imprenditore.

Fonte: Formiche

]]>
Caro governo Letta, perché non provi a misurare la qualità delle leggi? http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/caro-governo-letta-perche-non-provi-a-misurare-la-qualita-delle-leggi/ Sun, 12 Jan 2014 21:14:51 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2080 (Alberto Cattaneo) Il tema della qualità della produzione legislativa non è sexy. Lo sappiamo. Ma è tremendamente importante per stabilire la salute di una democrazia. La capacità di fare delle legge efficaci è, infatti, prerequisito per il funzionamento di un sistema democratico.

IL TERMOMETRO DELLA FIDUCIA
E dirò di più è il termometro delle fiducia tra cittadini e Stato: migliore la qualità dell’attività legislativa e alta la sua trasparenza, maggiore la fiducia verso la politica. Il sottosegretario Giovanni Legnini nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa ha reso nota la seconda rilevazione sul monitoraggio legislativo del Governo. È un documento interessante in quanto vuole essere una sorta di metro di giudizio, per usare le sue stesse parole della “qualità della legislazione primaria e della capacità delle amministrazioni centrale di garantire l’attuazione delle leggi attraverso la tempestiva adozione di provvedimenti secondari ad esse demandati”.

DIVERSE LETTURE
I risultati possono essere letti in diversi modi e molto dipende da quale giudizio si vuole dare a questo Governo (e ai precedenti). Esercizio da cui stiamo volentieri lontano. Sottolineiamo solo alcuni dati: sono aumentate le leggi auto applicative, cioè che non necessitano di decreti attuativi per essere efficaci, ma nello stesso tempo i provvedimenti attuativi rimangono 311 (per il solo Governo Letta) di cui 272 non adottati e tra questi 155 senza termine espresso (che tradotto significa che difficilmente vedranno la luce).

TROPPE LEGGI, POCA EFFICACIA
Per chi fa il lobbista da ormai dieci anni questi dati sono usuali e possono essere sintetizzati in “si legifera tanto e con scarsa efficacia”. È un dramma perché al netto del contenuto della legislazione, positivo o negativo dipende dalle situazioni, il tessuto produttivo del nostro Paese, gli investitori esteri, la stessa società civile chiedono espressamente certezza legislativa, che in genere è inversamente proporzionale al numero di leggi, e efficacia, il cui nemico numero uno sono appunto i decreti attuativi (o il ritardo della loro emanazione se siete più ottimisti). E qui, oggettivamente, siamo messo molto male.

L’INFLUENZA DEI LOBBISTI
Facendo il lobbista ho sempre pensato che la qualità della produzione legislativa sia strettamente legata alla qualità dell’attività di lobbying, almeno in un’accezione ampia del termine. E quindi guardo al tipo di analisi presentate dal Governo quasi come un metro della mia capacità professionale. In sostanza se la capacità di fare meglio le leggi aumenta, migliore è stata l’attività di chi ha influenzato, a vari livelli, tale capacità. Se questa mia affermazione fosse corretta, e lo credo fermamente se no tradirei lo spirito della mia professione, il tema dell’accountability e della trasparenza della produzione legislativa così come presentata dal Governo manca almeno di due aree di indagine.

ASSENZA DI RIFLESSIONE
La prima è la totale assenza di una riflessione sulla qualità della partecipazione delle parti interessate nella fase di scrittura delle leggi. In particolare sarebbe importante un dato che illustri l’effettivo utilizzo – previsto per legge ma spesso (sempre?!) disatteso – dell’AIR (Analisi impatto regolatorio) che richiederebbe una rilevazione appropriata delle esigenze dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche interessate dal provvedimento attraverso una consultazione mirata. Per farla semplice dovrebbe essere il momento, normato per legge, dove gli interessi particolari rappresentino i loro interessi e avanzino in modo trasparente le loro proposte. Cioè, l’AIR sarebbe lo strumento con cui anche lo Stato Italiano istituzionalizza un processo trasparente di lobbying. Perché allora il Governo non ci dà qualche numero su come è o non è utilizzato l’AIR?

IL RUOLO DEL PARLAMENTO
La seconda è la totale assenza di un numero che provi a identificare la qualità dell’intervento del Parlamento in sede di produzione legislativa. Siccome il 99% delle leggi di questo Paese sono di ispirazione governativa, quale è, ad esempio, il numero di emendamenti parlamentari approvati e quindi il tasso di modifica di un testo governativo da parte del Parlamento? Sarebbe un modo per valutare l’efficacia del ruolo del Parlamento. Ma anche su questo aspetto l’analisi del Governo brilla per mancanza di approfondimenti come se la produzione legislativa fosse una prerogativa dell’esecutivo (legge primaria) e della burocrazia (legge secondaria).

MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA
Perdonate l’accostamento ardito ma se si vuole davvero provare a misurare l’efficacia della produzione legislativa ci interessa sapere anche la qualità dell’attività di Parlamento e Lobby. Non sarebbe forse corretto? Non aiuterebbe forse tutti ad avere maggiore consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie responsabilità? Direi proprio di sì. Caro sottosegretario, vogliamo dunque provare a migliorare questo monitoraggio? Io, per quanto riguarda la lobby, sono a disposizione.

 

Fonte: Formiche.net

]]>
Lobby, sempre sotto la lente http://www.lobbyingitalia.com/2013/11/lobby-sempre-sotto-la-lente/ Sun, 03 Nov 2013 16:58:45 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1787 Continua l’epopea dei watchdog, le associazioni private che intervengono dove la politica e le istituzioni non arrivano: monitorare la trasparenza del lobbying. E denunciare, se necessario, malaffare e corruzione. Ce ne sono due che meritano un cenno:

Il primo è LobbyLens (Qui) – un sito australiano di monitoraggio istituzionale che raccoglie e combina le informazioni relative alla spesa delle aziende per la rappresentanza di interessi, il budget del governo e gli appalti. Scopo: controllare che tutto sia regolare. La grafica è essenziale. Una sorta di world cloud ridotto all’osso. Diviso in suppliers, agencies, lobbyists e industries, ti dice chi ha speso quanto in cosa. Molto utile per ricercatori, data miners e giornalisti investigativi.

Il secondo è Spinwatch (Qui) – è una vecchia conoscenza. Un sito inglese (e prevalentemente inglese quanto a contenuti, anche se loro dichiarano di essere interessati a tutta Europa) che unisce lo spirito investigativo a quello informativo. Per questo ospita un blog e una serie di articoli di approfondimento, divisi per temi. E fa anche campagne di sensibilizzazione (attualmente sono impegnati sul fronte del registro dei lobbisti inglesi). Apprezzabile peraltro il tentativo di informare con grafici e tabelle, strumento prezioso di lavoro per chi fa ricerca sul tema. Questa, per esempio, dedicata al registro Uk:

138cde2035440fb343bbe90ed6848cd4_M

 

Fonte: Gianluca Sgueo – Formiche.net

]]>
And the winner is… Luigi Bisignani http://www.lobbyingitalia.com/2013/06/and-the-winner-is-luigi-bisignani/ Wed, 12 Jun 2013 23:03:23 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1525 (Gianluca Sgueo) And the winner is…ancora lui, il once innominabile, e oggi presentissimo in tv e in libreria, e in grande spolvero. Luigi Bisignani, parliamo di lui ovviamente.

Ospite ieri a Bersaglio mobile di Mentana, LB ha assistito (più che dare vita) a una gran puntata. Ed è stato anche fortunato. Ci si sono messi Ferrara e Mentana a litigare (qualcuno dice volutamente, io non credo, conoscendo la presenza scenica “ingombrante” di Ferrara). Il video del loro diverbio è cliccatissimo su youtube (guarda qui e leggi il breve commento di Formiche qui).

La trasmissione integrale la potete vedere qui. C’è poco da dire. LB – “il battitore libero senza padroni ne padrini“, come si definisce lui, ma poi vira sui più confortevoli giornalista e consulente – appare in forma. Dispensa consigli istituzionali su come dovrebbe comportarsi un Presidente del Consiglio, racconta (Andreotti, Sindona, Craxi, Lima) facendo capire di sapere molto di più. Non reagisce mai alle tante provocazioni degli ospiti. Anzi, ne incassa il riconoscimento, soprattutto di Ferrara, che lo chiama “inquilino prestigioso dei Palazzi e figura indispensabile della nostra democrazia“. Quando è proprio costretto a difendersi lo fa evadendo con eleganza (“le idee sono meglio del potere“). Addirittura oggi ottiene una menzione (implicita) sul blog di Beppe Grillo.

La conferma della buona riuscita della comparsata tv ce la dà Twitter che, come sempre, si rivela ottimo termometro delle reazioni del pubblico (di un certo tipo, almeno, quello a cui piace informarsi). Quelle che hanno accompagnato la trasmissione di ieri oscillano tra l’ironico, lo scettico e l’interessato. Nessuna offesa o presa di distanze plateale. “Il sorriso di Bisignani mi ricorda quello enigmatico e beffardo dei ritratti dei fiamminghi”, scrive nomfup, seguito a breve distanza da Goffredo De Marchis “Montezemolo, Santanchè, Andreotti e Berlusconi. I punti di riferimento di Bisignani sembrano una barzelletta“. Poche ore prima una gongolante casa editrice (Chiarelettere) scriveva si aver raggiunto le 50mila copie del libro, aggiungendo ironicamente “Fino a stasera basteranno?“ Definitivo, infine, Paolo Madron, che commenta così la trasmissione “mai come ieri sera si è visto che twitter è il cameriere che spia la tivù dal buco della serratura. Per poi parlarne” male”.

E tutto questo fa riflettere  sul fatto che le lobby si confermano argomento più mediatico che tecnico. Qualcuno sostiene sia colpa della mancanza di regole. Per esempio Claudio Velardi su ItaliaOggi (Velardi dice tante altre cose interessanti, l’intervista vale la pena di essere letta. La trovate Qui). Vero. Forse. A me pare che il richiamo della parola lobby sia talmente forte che, soprattutto in un Paese di retroscenisti come il nostro, non riusciamo proprio a collocarla entro un contesto sobrio e, appunto, tecnico. Continuiamo a dirci che dovrebbe stare lì, tra le cose serie, salvo poi constatare che attira attenzioni legittime, ma di tutt’altro tipo. Vedremo se il nascituro DDL governativo sulle lobbies cambierà le carte in tavola.

Per ora invece le carte parlano chiaro, pure troppo se alla fine della fiera il messaggio è che conviene essere Bisignani. Anzi, “super-Bisignani”, come Ferrara definisce il premier.

]]>
E intanto l’Europa si divide sulle lobby http://www.lobbyingitalia.com/2013/06/e-intanto-leuropa-si-divide-sulle-lobby/ Mon, 10 Jun 2013 23:00:28 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1521 (Gianluca Sgueo) Ieri ho pubblicato un articoletto su ItaliaOggi. Nel pezzo metto a confronto due indagini recenti fatte in Europa sul tema lobby. Alla prima ha lavorato Burson-Marsteller ed è già conclusa (leggi Qui). Una ricerca ottima, che offre una panoramica interessante sul quadro europeo. La seconda è ancora in corso. L’ha organizzata l’OCSE, si chiuderà a fine settimana e verrà presentata a Parigi a fine mese.

Le due ricerche hanno molte cose in comune. Due su tutte: l’essere propositive e il mettere in evidenza una certa diversità di vedute sul tema lobby. Propositive perché sono state commissionate e realizzate per sollecitare sia i governi europei (non solo quello italiano) che l’Europa a intervenire – o intervenire meglio – sul tema. Di diverse vedute perché tra le tante cose fanno emergere anche una diversità di vedute su come regolare il tema. é il segno che il dibattito è vivo o che il problema cambia radicalmente a seconda del punto di vista di chi lo guarda?

Ecco qui un estratto del pezzo:

Politici da una parte, lobbisti dall’altra: entra nel vivo il dibattito europeo sulla riforma delle lobby. Lunedì Burston Marsteller ha presentato l’ultima ricerca sulle regole da dare alle lobby. Il prossimo appuntamento è fissato per il 27 giugno, quando l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico presenterà i risultati del sondaggio che sta svolgendo sulla lobby in Europa.

Le opinioni però divergono. Lo conferma il parziale diffuso a inizio settimana dall’OCSE, con il caso emblematico della trasparenza. Da una parte, aumentano i lobbisti favorevoli a regole più trasparenti. Nel precedente sondaggio, del 2010, erano la metà del campione. Oggi superano il 60% (addirittura 90% nello studio di Burston Marsteller). Dall’altra però manca l’accordo sul contenuto da dare alla trasparenza. Spiega l’OCSE che su 10 lobbisti, 9 chiedono più trasparenza nei nomi dei professionisti e delle aziende. Idea che raccoglie un consenso tiepido tra i parlamentari (57% del campione). Se il 41% dei lobbisti chiede più trasparenza sul contenuto degli atti normativi prima della loro approvazione, tra i parlamentari solo il 14% è disposto a battersi per questa causa.

Le questioni più delicate da risolvere restano tre: quali regole dare alle lobby, cosa fare dei codici di condotta e come intervenire sulle “porte girevoli”. Il 57% dei parlamentari e il 51% dei lobbisti affiderebbero a strutture governative il compito di disciplinare i lobbisti e vigilare sulla loro attività. Il problema è che mentre 3 lobbisti su 10 sono favorevoli all’auto-regolamentazione, nessun parlamentare è favorevole all’autodichia. Sette su 10 la considerano addirittura controproducente.

I codici di condotta incassano il giudizio positivo della maggioranza degli intervistati. Con una perplessità: pochi li giudicano efficaci come deterrente. Per il 61% il rispetto delle regole deontologiche non porta alcun beneficio concreto e, in ogni caso, violare una norma deontologica non dà quasi mai luogo a sanzioni.

Tutto da rifare, infine, sulle revolving doors. Una parte degli intervistati (il 13%) giudica troppo stringenti le regole che disciplinano il passaggio da un incarico politico a uno lobbistico e le vorrebbe più “soft”. Il 25% crede invece che siano troppo permissive, e auspica un giro di vite. La maggioranza, il 63% del totale, è concorde nel giudicarle del tutto inadeguate.

Fonte: Formiche

]]>