finanza – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Banche, energia, tech dominano il lobbying europeo http://www.lobbyingitalia.com/2015/12/banche-energia-tech-dominano-il-lobbying-europeo/ Sat, 12 Dec 2015 11:18:09 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3086 Il nuovo rapporto di Transparency International, pubblicato a inizio dicembre, ha fatto il punto sulle attività di lobbying presso la Commissione Europea nell’ultimo anno. È stato preso in analisi il periodo trascorso da quando la Commissione ha attuato le nuove regole sulla trasparenza e cominciato a pubblicare gli incontri con i lobbisti. L’ONG ha rilevato che, nonostante i progressi compiuti dalle Istituzioni comunitarie, resta ancora sommersa gran parte delle attività dei lobbisti europei, che rappresentano aziende dal valore di 1,5 miliardi di euro.

I numeri. Nell’ultimo anno ci sono stati 7.000 incontri tra alti dirigenti della Commissione e lobbisti, il 75% dei quali rappresentavano le grandi multinazionali della finanza, delle telecomunicazioni, dell’informatica e dell’energia. I dati sono però ulteriormente “camuffati” dalla contemporanea presenza dei negoziati per il TTIP, l’accordo transatlantico tra l’Unione Europea e gli USA, che rimangono segreti, e dal fatto che gli incontri tra lobbisti e decisori di Parlamento Europeo e Consiglio non sono ancora coperti dalle stesse regole di trasparenza a cui è sottoposta la Commissione. Ciò quindi non permette di delineare l’esatto quadro della mappa delle influenze di Bruxelles.

È però possibile definire quali siano le società o associazioni maggiormente incontrate dai vari commissari, e analizzare “ex post” quale sia stato il livello di influenza in base alle azioni adottate. In particolare ha fatto scalpore la “lista degli incontri” del commissario digitale Oettinger, che è stato oggetto delle attenzioni dei giganti del tech come Google, Microsoft o Apple per il 93% dei casi, in un momento in cui sono in corso di decisione molti provvedimenti-chiave per il Mercato Digitale Unico Europeo. Miguel Arias Cañete, commissario per il Clima e l’Energia, ha invece avuto più contatti con lobbisti (212) rispetto a Oettinger (180).

I gruppi di interesse però non incontrano sempre il vertice decisionale comunitario, anzi: solo nel 19% dei casi il lobbying ha avuto come oggetto un commissario, mentre nel 70 % dei casi sono stati svolti incontri con i membri dei gabinetti.

Per quanto riguarda il budget impiegato per attività di lobbying, al vertice rimangono le multinazionali dell’energia ExxonMobil e Shell (rispettivamente 4,75 e 4,5 milioni di € impiegati), del tech (Microsoft 4,5 e Google 3,5 milioni) e della finanza (Deutsche Bank 4 e Dow 3,75 milioni). Enel prima italiana in questa speciale classifica, con una spesa di 2 milioni di euro in lobbying. Incuriosisce come tra le società che hanno avuto più incontri e hanno un maggior numero di lobbisti registrati a Bruxelles ci sia Airbus, che impiega 1/10 del budget rispetto alle sopracitate multinazionali della Silicon Valley. Le ONG hanno avuto maggior accesso ai decisori della Commissione in materie come Salute e Ambiente (circa gli stessi incontri rispetto alle aziende).

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Banca Etica: “Riformare le lobby per fare davvero il libero mercato” (Repubblica.it) http://www.lobbyingitalia.com/2014/10/banca-etica-riformare-le-lobby-per-fare-davvero-il-libero-mercato-repubblica-it/ Sat, 04 Oct 2014 16:08:23 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2603 Le proposte di Ugo Biggeri, presidente dell’istituto popolare. I ‘portatori di interessi’ del mondo finanziario contano sul budget più alto di tutti presso le istituzioni europee: un esercito di 1.700 addetti per 120 milioni di fatturato

(Raffaele Ricciardi) Limitare e rogolamentare il potere della lobby finanziaria, “probabilmente la più potente al mondo” (copyright dell’ex commissario Ue, Algirdas Semeta), per realizzare un mercato veramente più libero. E’ la proposta che Banca Popolare Etica mette sul tavolo mentre la discussione sulle norme dell’attività di lobbying riprende piede.

La finanza ha in effetti una potenza di fuoco data da 1.700 addetti, per un fatturato di oltre 120 milioni di euro l’anno, per premere sui decisori e far valere i suoi interessi. Su questo “esercito di lobbisti della finanza” che affolla le istituzioni europee a Bruxelles, e riceve le sue cartucce ogni anno da banche e altre imprese del settore per poter sostenere la sua attività, insiste la riflessione.

I numeri emergono da un incontro, nell’ambito del Festival di Internazionale, al quale il presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri, con altri ospiti internazionali, porta la voce di chi “si è dato la missione di svolgere il ruolo di banca con l’intento di realizzare una connessione virtuosa tra le aspettative dei risparmiatori e l’attenzione verso ciò in cui si investe, con la volontà di riformare gli aspetti più controversi della finanza nel suo complesso”.

I dati sono stati messi in fila in un recente rapporto di Corporate Europe Observatory (Ceo), intitolato “la potenza di fuoco della lobby finanziaria“. Le analisi dicono che in sede europea, il mondo finanziario supera la spesa in attività di lobby di ogni altro gruppo di interesse con un fattore di 30 a 1. Secondo il rapporto di Ceo il dato (prudenziale) di 120 milioni di euro l’anno speso dalle lobby finanziarie è da mettere a confronto con una disponibilità intorno ai 2 milioni per Ong, società civile e sindacati. Un rapporto di 60 a 1 che fa impallidire i pur evidenti squilibri presenti in altri settori. Ad esempio per quanto riguarda l’agro-alimentare, la stima è di 50 milioni di euro dell’industria a fronte di 12 milioni per associazioni di consumatori, Ong e sindacati.

Per Biggeri il punto di partenza è che “la crisi che ancora viviamo è indubbiamente partita dal mondo finanziario, ma ormai di questo aspetto nessuno parla più“. L’ostacolo all’imprimere una vera svolta al settore è data dalla “disparità di forze in campo: nella finanza ci sono poche, grandissime, industrie che gestiscono masse pari a dieci volte il Pil mondiale: nessuno ci potrà convincere che operano in un vero libero mercato“. Questa posizione dominante “produce le risorse ingenti che permettono di fare attività di lobby, tenendo lontana la politica dal mettere in atto quei cambiamenti che invece servirebbero“.

L’esempio portato da Biggeri riguarda la principale delle istituzioni finanziarie europee: “La stessa Bce, nell’avviare uno ‘stakeholder engagement’ che dovrebbe ascoltare le istanze verso il mondo della finanza, secondo la ricostruzione del Ceo ha in realtà coinvolto 95 membri provenienti dal settore della finanza, ma nessuna associazione, rappresentanza della società civile o dei sindacati. Come si può in questo modo incidere e riformare il sistema?“, si chiede il presidente di Banca Etica.

Banche e multinazionali, ecco il registro delle grandi lobby

In Italia, a livello normativo, qualcosa pare in movimento. Il viceministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini, oggi ospite a un convegno sul tema a Firenze, ha anticipato la volontà di accelerare. Il luogo deputato all’intervento, ha osservato a Formiche.net, è “il ddl delega sulla riforma degli appalti, che ha avuto il via dal governo lo scorso 29 agosto andrà a breve al Senato, dove speriamo sarà approvato entro novembre, per poi passare alla Camera e aver l’ok entro aprile. Puntiamo ad emanare il decreto legislativo entro l’autunno 2015“. Nel rispetto della delega, sarà “un primo approccio, ma faremo un lavoro per gettare trasparenza nei processi“, spiega Nencini.

Al ministero c’è una commissione ad hoc che sta studiando le priorità, che vanno dall’istituzione di un registro pubblico alla trasparenza nelle discussioni e nella condivisione delle informazioni. Per Biggeri, “meccanismi di partecipazione chiari e trasparenza dei processi” sono la base perché “ogni processo di decisione sia gradualmente più condiviso alle opinioni di tutti i ‘portatori di interessi’ di un settore“. Ben venga dunque lo studio di elenchi di professionisti delle lobby, ma “non può che essere un primo passo di un movimento culturale di apertura del mondo della finanza a chi vive quotidianamente le sue scelte: le questioni della finanza devono interessare tutti e le lobby devono diventare portatrici di interessi dei cittadini“.

Fonte: Repubblica.it

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Politico: I servizi a pagamento per lobbisti portano ricavi e utili http://www.lobbyingitalia.com/2014/02/politico-i-servizi-a-pagamento-per-lobbisti-portano-ricavi-e-utili/ Wed, 05 Feb 2014 07:21:14 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2172 Politico, dal web alla carta. A sette anni dal debutto online la testata americana viaggia a gonfie vele su due fronti

C’è un giornale in America, Politico, che si muove controcorrente. Nato esclusivamente online all’inizio del 2007, col passare del tempo si è evoluto fino a sfornare un’edizione quotidiana cartacea diffusa gratuitamente in 40 mila copie.

La testata, che ha sede a Washington, come dice il nome si occupa in gran parte della vita politica nei centri di potere d’oltreoceano.

A cominciare dalla Casa Bianca. La campagna elettorale, che ha visto nel 2012 la conferma di Barack Obama alla presidenza, è stata uno degli appuntamenti nodali per i 300 giornalisti di Politico (al momento del debutto erano soltanto in 12). Prima ancora lo era stata la corsa alla presidenza del 2008, che aveva visto lo storico insediamento del primo afroamericano a guidare gli Stati Uniti.

L’autorevolezza del giornale è fuori discussione. Basti pensare che l’uomo della comunicazione di Obama, Dan Pfeiffer, va a dormire ogni sera verso le 23 dopo uno scambio di e-mail con Mike Allen, considerato il guru della politica-gossip in forza a Politico, e si risveglia poco dopo le 4 di mattina con la lettura dei testi dello stesso giornalista. Non solo. Politico è seguito da molti americani che vivono all’estero e che rappresentano il 10% dei seguaci del sito Internet.

Secondo alcuni osservatori la forza di questo giornale è di non avere cominciato con un’iniziativa costretta a evolversi, ma come un medium digitale che esce anche in forma cartacea.

Il web è nel suo Dna. Eppure, dopo la prima elezione di Obama, in molti lo davano per spacciato: troppo di nicchia, si pensava. Eppure è sopravvissuto alla grande. Ben LaBolt, che si è occupato della campagna di rielezione di Obama, sostiene che ciò è avvenuto grazie a due elementi: da un lato il grande successo delle pubblicazioni di settore e, dall’altro, lo sviluppo delle testate d’opinione. Lungi dall’imparzialità, Politico ha adottato uno stile diretto che non teme di comunicare un punto di vista particolare.

Negli scorsi giorni i giornalisti, insieme ai fondatori John F. Harris e Jim VandeHei, ex giornalisti al Washington Post, hanno festeggiato i sette anni di vita. Si respira entusiasmo. Il valore aggiunto sta nella specializzazione. Per esempio, otto giornalisti si occupano a tempo pieno dell’Obamacare, la riforma sanitaria, per trasmettere notizie che contano. La logica è quella di offrire un servizio in settori come l’energia, la difesa, la fiscalità, il commercio. E si tratta di contenuti a pagamento, che hanno permesso alla testata di conseguire un utile. Così, almeno, si dice tra gli addetti ai lavori, visto che l’editore Robert Albritton non pubblica i conti. In ogni caso, le visite mensili al sito sarebbero state intorno a 4 milioni nel 2011. Oltre mille organizzazioni si sono abbonate al servizio Pro, che costa fra 3 mila e 100 mila dollari (2.200-74.000 euro) a seconda del numero di adesioni. Un lobbista o un avvocato attivo nel comparto energetico, in procinto di partecipare a una riunione, ha bisogno di conoscere più cose possibili in quel ramo: il servizio di Politico gli permette di farlo.

Quanto al giornale stampato, assicura circa metà dei ricavi grazie alla pubblicità. Ogni copia è densa di annunci: non di prodotti commerciali ma di messaggi provenienti da lobby, gruppi, compagnie petrolifere e altri che cercano di influenzare il Congresso. Recentemente Politico si è insediato a New York, adottando il nome Capital.

Fonte: ItaliaOggi

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