democrazia – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 24 May 2016 16:31:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.3 Il report di Transparency Italia sul lobbying: una legge per i “gruppi di pressione” (Repubblica.it) http://www.lobbyingitalia.com/2014/11/il-report-di-transparency-italia-sul-lobbying-una-legge-per-i-gruppi-di-pressione-repubblica-it/ Tue, 04 Nov 2014 13:08:25 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2645 Transparency International presenta il suo report sulla rappresentanza degli interessi in Italia. Tra dati allarmanti  –  solo l’11% dei rapporti tra politica e “gruppi di pressione” è in chiaro  –  e le proposte per approvare finalmente una legge sul “traffico d’influenze”

Ci hanno provato cinquanta volte, dalla nascita della Repubblica a oggi, con altrettanti disegni di legge. Ma non c’è mai stato verso: qualche discussione in commissione, qualche passaggio in Aula. Nulla da fare: il velo che nel nostro Paese copre e protegge il lobbying non è mai stato alzato. E i gruppi di pressione che cercano di orientare l’attività politica, di influire sui processi di formazione delle decisioni pubbliche, si sono sempre mossi nell’ombra, in un’opacità poco tollerabile per le istituzioni democratiche. Parte da questa fotografia “Lobbying e Democrazia. La rappresentanza degli interessi in Italia,” il report preparato dalla sezione nostrana di Transparency International, l’associazione che in tutto il mondo lotta contro la corruzione.

I numeri e l’etica pubblica. A voler utilizzare la statistica, i dati sono allarmanti: il livello di accesso da parte dei cittadini italiani alle informazioni sui gruppi di pressione è valutato intorno all’11%, nulla. Mentre gli “standard etici” raggiunti nel rapporto tra lobbisti e decisori pubblici arriva al 27%: tre quarti delle loro “frequentazioni” sono fuori dai canoni dell’etica pubblica. E va ancora peggio se ci si sofferma a considerare l’eguaglianza di rappresentanza e partecipazione ai processi decisionali. Qui, altro che democrazia: solo il 22% delle scelte pubbliche riesce a raggiungere, in questo contesto, standard adeguati.

Il lobbyng ad personam. Il punto centrale indicato da Transparency International è proprio la mancanza di regolazione, l’assenza di una legge che consenta, per lo meno, di tracciare i binari sul quale far muovere la rappresentanza degli interessi. E se si può parlare, senza pericolo di smentite, di un “caso Italia”  –  siamo quasi gli unici nel mondo occidentale a non avere una legge in materia  –  allo stesso tempo bisogna evitare di confondere ciò che appare da ciò che accade: perché anche se per il nostro ordinamento i lobbisti non esistono, la realtà è diversa: fatta di un lobbying ad personam che troppo spesso, basta ricordare le inchieste su Expo 2015 o sulla P4, sfocia nella totale noncuranza delle leggi e dell’interesse pubblico.

Il modello europeo. Basterebbe alzare un attimo gli occhi, verso Bruxelles. Perché in Europa, un elenco dei gruppi di pressione esiste eccome. Si chiama Registro per la Trasparenza, ed è stato adottato nel 2011 dalla Commissione Europea: a ottobre 2014, erano censiti 612 lobbisti italiani. E basta scorrere i nomi per rendersi conto che al “traffico di influenze” partecipano tutti: associazioni, Ong, rappresentanti delle industrie che si occupano di telecomunicazioni, energia, tabacco. Poi le fondazioni bancarie, le aziende farmaceutiche.  Interessi di parte, tutti legittimi: ma che sono costretti, da un vuoto normativo, a muoversi alla luce del sole in Europa ma nell’ombra delle Aule parlamentari italiane.

Virtuosi nel deserto. Qualche esempio virtuoso esiste comunque nel nostro Paese. Bisogna abbandonare il livello statale e passare a quello regionale: in Toscana, Molise e Abbruzzo esistono dei registri, in queste regioni il lobbying non è più un’attività che si fa a porte chiuse. Nella consapevolezza che rendere trasparente “chi chiede cosa” aiuta a separare la rappresentanza legittima degli interessi dall’alveo concettuale della corruzione. Insomma, fare una legge è possibile: ad oggi le proposte in questo senso presentate in Parlamento sono nove e lo stesso governo Renzi definisce come una sua priorità la messa a punto di una normativa efficace.

Cinque passi per una legge. Infine, le proposte di Transparency International. Si parte dall’istituzione, da parte del governo, di un registro pubblico dei lobbisti, garantito da un’autorità super partes. Poi l’apertura al pubblico del processo legislativo, soprattutto nelle prime fasi, quando vengono raccolte quelle “informazioni” che poi orienteranno l’iter delle leggi. Poi, l’obbligo per i parlamentari di rendere pubblici i dettagli dei loro incontri con i lobbisti: basta bar e ristoranti al centro di Roma o le sale d’attesa degli aeroporti. Ancora: l’adozione del Freedom of Information Act e la regolamentazione del “Revolving Doors”: impedire, per un determinato periodo di tempo, che chi ha fatto parte delle istituzioni possa poi passare senza soluzione di continuità alla rappresentanza di interessi particolari. Sfide difficili, ma alla portata di una democrazia moderna e matura. Ovvero quella che vuole evitare che i gruppi di pressione diventino il fattore dominante del sistema politico.
Fonte: Carmine Saviano – Repubblica.it

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Pier Luigi Petrillo: Le lobby e la vitalità della democrazia (LUISS) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/pier-luigi-petrillo-le-lobby-e-la-vitalita-della-democrazia-luiss/ Wed, 17 Sep 2014 18:40:52 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2476 Sono stato studente in LUISS quasi vent’anni fa: frequentavo Giurisprudenza a via Parenzo. Tornarci da docente è stata ed è una grande emozione e un onore“. Pier Luigi Petrillo oggi è Professore Associato di Diritto comparato e Consigliere giuridico per il Semestre Europeo, l’Expo e l’UNESCO nel Ministero dell’Ambiente, ma non dimentica la sua esperienza alla LUISS, dove ha iniziato come studente e dove poi è diventato docente di Teorie e Tecniche del Lobbying presso il Dipartimento di Scienze Politiche.

In quanto esperto del rapporto tra pubblica amministrazione e gruppi di pressione, Petrillo sostiene che “in tutte le democrazie l’attività di lobbying è considerata un elemento essenziale del processo decisionale. La presenza di cittadini, associazioni, società che si organizzano per cercare di influenzare il decisore pubblico al fine di ottenere un vantaggio, è ciò che dimostra la vitalità della democrazia, la sua essenza pluralista“. In Italia, tuttavia, c’è ancora un forte pregiudizio riguardo questo ruolo, in ampia parte dovuto all’assenza di regole che impongono una reale trasparenza sui processi di lobbying. “O meglio – come spiega il docente – le regole ci sono, ma il Legislatore fa di tutto per non rispettarle”.

La situazione è simile a quella di un paziente che “dichiara di voler fare una cosa e poi fa l’opposto” e che per questo ha bisogno di una cura. “Quando analizzo la regolamentazione italiana del fenomeno lobbistico, parlo di regolamentazione strisciante ad andamento schizofrenico. Significa che ci sono già molte norme in materia di trasparenza del processo decisionale, ma queste norme vengono disapplicate dagli stessi soggetti che le hanno approvate (Governo, Parlamento, regioni ecc.)“.

A proposito del suo percorso professionale di supporto alle istituzioni pubbliche, Petrillo ricorda con particolare affetto la Professoressa Carmela Decaro, docente LUISS di Diritto Pubblico Comparato. “La conobbi quando ricopriva l’incarico di vice segretario generale della Presidenza della Repubblica. Mi chiese di collaborare con lei al Quirinale. E in quel periodo ho imparato un metodo di lavoro che è risultato fondamentale per tutti gli incarichi successivi. Senza dubbio devo tutto a lei”.

Un metodo che gli è servito anche per “leggere” i suoi altri due grandi interessi, la cultura e l’ambiente, e per apprendere come seguire percorsi lunghi e complessi come le task force per l’UNESCO, che ha guidato prima al Ministero dell’Agricoltura, poi al Ministero della Cultura e ora al Ministero dell’Ambiente. “L’UNESCO è regolata da convenzioni, protocolli e programmi internazionali. Quando un paese vuole candidare un sito o un patrimonio immateriale nelle prestigiose Liste del Patrimonio culturale materiale e immateriale dell’UNESCO deve attenersi scrupolosamente a quelle regole e avviare un processo di riflessione, di studio, di ricerca e, ovviamente, di mediazione che dura, mediamente, 6-7 anni per ciascuna candidatura“.

E ora che il suo compito è divulgare tutto quello che ha imparato, ogni volta che torna alla LUISS per stare dall’altra parte delle aule, Petrillo si paragona ai suoi vecchi docenti. “Al primo giorno di lezione, mi chiedo come saranno gli studenti, come reagiranno alle mie suggestioni, se saprò coinvolgerli e trasmettergli informazioni che non avevano, utili per la loro professione futura. Da studente apprezzavo questo genere di professori e non dimenticherò mai le lezioni di Diritto costituzionale del Professor Panunzio o di Dottrina dello Stato dei Professori Galizia e Frosini o di Diritto commerciale del Professor Mosco: docenti che hanno saputo trasmettermi molto e che cerco di imitare“.

Fonte: LUISS.it

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Fare lobby, antico esercizio di democrazia (Libero) http://www.lobbyingitalia.com/2014/07/fare-lobby-antico-esercizio-di-democrazia-libero/ Sun, 06 Jul 2014 15:07:49 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2449 (Luciano Capone) Al di la delle degenerazioni italiane, causate dalla mancanza di norme, i gruppi di pressione sono indice di libertà. Un libro spiega come creare professionisti, sulle orme degli Stati Uniti.

Recensione libro: Lobbista non è una parolaccia

Nell’uso comune dei media e nella percezione dell’opinione pubblica la parola “lobby” è sinonimo di gruppo di pressione che, complottando da dietro le quinte, mira a sostenere con la corruzione oscuri interessi a favore di potentati vari: aziende, banche, gruppi finanziari, istituzioni e politici. Le varie P2, P3, P4 o certi club, come per esempio la Commissione Trilaterale, il Gruppo Bilderberg, Aspen Institute, faccendieri alla Bisignani & c., corruttori di politici operanti all’interno delle istituzioni in Italia e in Europa vengono correntemente definiti lobbisti e viene definita lobby la loro attività, su cui i media esercitano scarso controllo. Nascono così e si alimentano trame oscure, sospetti di complotti disposti da misteriose, potentissime supersegrete lobby sovranazionali, cui non sfuggono nemmeno l’omicidio di John F. Kennedy e le traversie politico-giudiziarie di Silvio Berlusconi.

Il libro di Pier Giorgio Cozzi (“Professione lobbista. Portatori d’interesse o faccendieri?”, Lupetti editore, Milano, settembre 2013, pagg. 264, euro 16) sostiene invece che, in un contesto pluralista, la lobby, in quanto legittima e trasparente rappresentanza di interessi di aziende, associazioni, enti o gruppi presso le istituzioni centrali e periferiche (stato e regioni), sia l’alternativa democratica al malcostume e alla corruzione dilaganti.

Diviso in quattro parti, il testo passa in rassegna il lobbismo com’è conosciuto nel mondo occidentale; illustra articolatamente le tecniche per fare lobby; prende in considerazione il “caso Italia”, le leggi anticorruzione e gli eventi collegati a questo fenomeno. L’ultima parte è una appendice riferita alla descrizione dei provvedimenti legislativi e normativi presi da Unione europea, stato e regioni per “agire” nei confronti delle lobby.

Aggiungono interesse al volume: la descrizione di alcuni casi italiani di lobbismo che hanno riscosso successo, delle associazioni nazionali di relazioni pubbliche e di public affair, le  considerazioni di Paul Seaman sull’attualità degli stakeholder e sul cambiamento in atto della loro funzione nell’impresa e nella società.

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Democrazia e Lobbying, alla Bocconi, in una Infografica http://www.lobbyingitalia.com/2013/10/democrazia-e-lobbying-alla-bocconi-in-una-infografica/ Tue, 01 Oct 2013 17:22:12 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1802 Lunedì è iniziato il corso su Lobbying e Democrazia in Bocconi. è una buona notizia. Il fatto che un ateneo scelga di offrire ai propri studenti un percorso di formazione su un tema così attuale (e, paradossalmente, così poco conosciuto) non può che far bene al dibattito.

Peraltro la maggior parte dell’offerta formativa in circolazione ha un taglio professionale: è cioè post-universitaria e finalizzata a formare i futuri professionisti della rappresentanza. Solamente a Roma e Milano ci sono almeno 5 master sul tema lobby e public affairs. Invece sono pochissimi i casi di insegnamenti universitari (o para-universitari, come questo in Bocconi) in cui lo scopo è discutere del tema, spiegandolo agli studenti. Pura teoria, senza l’ossessione della pratica, che in certi casi (e questo è uno di quelli) fa bene.

In tutto 8 lezioni, ciascuna divisa in due parti: la prima dedicata all’esposizione dei temi principali; la seconda destinata all’approfondimento, attraverso la discussione in aula, per elaborare volta per volta una serie di punti utili a costruire le risposte alle domande di fondo del corso.

Le prime 4 lezioni del corso sono dedicate alle regole del lobbying: nel mondo, negli Stati Uniti e in Europa e in Italia (a livello nazionale e locale). Le 3 centrali dedicate agli attori del lobbying: sistema industriale, terzo settore, società civile. L’ultima è dedicata ai lobbisti: come si formano, quanto guadagnano, dove lavorano. é prevista la presenza di 3 ospiti in rappresentanza dell’impresa, della società civile e naturalmente del mondo dei lobbisti (QUI il programma completo).

La prima lezione ha riguardato soprattutto la “scollatura” tra il racconto mediatico delle lobby e la conoscenza reale del tema. La domanda di fondo era: quanto ne sa il “signor Mario Rossi” del lobbying? Molto poco, anche se è convinto del contrario. Il poverino non sa che gran parte delle notizie che ruminano i media hanno il rating C–, spazzatura. Tra questi il famoso servizio de Le Iene (lo trovate QUI), oppure una altrettanto celebre intervista televisiva a un lobbista americano che, a domanda esplicita, risponde “tutti firmano assegni nei confronti dei politici ai parti di Washington”.

Conclusione: la realtà del lobbying è nota a pochi a causa di una narrazione mediatica distorta, e contemporaneamente a causa di una regolazione molto approssimativa e lacunosa. La geografia delle lobby, nel mondo, ci dice che pochi – pochissimi – Paesi hanno introdotto regole sul tema. La maggior parte dei governi sceglie di non regolare affatto il lavoro dei lobbisti, o di regolarlo con norme blande.

E poichè è di chiarezza che c’è bisogno, questa è la prima di una serie di Infografiche esclusive e inedite create appositamente per la lezione.

http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/files/2013/11/infografica-lobby.jpg

 

Fonte: Gianluca Sgueo – Formiche.net

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Quagliariello – “Lobby come Democrazia” http://www.lobbyingitalia.com/2013/05/lobby-democrazia-quagliariello-magna-carta-percorsi-costituzionali/ Thu, 09 May 2013 08:59:42 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1584 Intervento del Ministro per le riforme, Sen. Gaetano Quagliariello, in occasione della presentazione dell’ultimo volume della rivista scientifica Percorsi Costituzionali, “Lobby come Democrazia”, Giovedì 9 maggio 2013, ore 18.00, Auditorium Gestore Servizi Energetici (GES) – Viale Maresciallo Pilsudski 92

Cari amici,
mi dispiace di non aver potuto assistere al dibattito, la convocazione del consiglio dei ministri me lo ha impedito ma c’era da assumere provvedimenti urgenti e importanti. Consentitemi quindi ora, a chiusura di questo incontro, alcune considerazioni con le quali avrei dovuto introdurlo. Comincio innanzi tutto con alcuni ringraziamenti: al presidente Nando Pasquali per aver ospitato la presentazione del nuovo volume di “Percorsi Costituzionali”; al presidente Bassanini e al presidente Parisi per aver accettato di partecipare alla  tavola rotonda introducendo un tema tanto urgente quanto complesso come quello della rappresentanza degli interessi; ancora, ringrazio i numerosi ospiti che hanno animato la discussione, ringrazio tutti i presenti e vorrei infine ringraziare il professor Giuseppe de Vergottini per l’autorevolezza con la quale dirige “Percorsi Costituzionali” e il professor Tommaso Frosini per la dedizione con cui ne coordina l’attività.

Il tema oggetto di questo numero è di grande attualità. Se infatti l’esigenza di regolamentare l’attività di rappresentanza degli interessi legittimi nell’ambito dei processi decisionali si è evidenziata soprattutto con la crisi dei partiti politici di stampo novecentesco, tradizionali mediatori degli interessi della società civile presso le istituzioni pubbliche, è nell’ultimo periodo che essa ha assunto un carattere di autentica urgenza. E’ infatti nei periodi di crisi che si impone la necessità di ripensare le linee di politica economica e di regolamentazione settoriale; è nei momenti di stasi dell’economia che tendono a mettersi in moto processi di liberalizzazione e di  apertura alla concorrenza; è quando il barile si è esaurito, e non resta che raschiarne il fondo, che il decisore politico è portato ad ampliare il raggio dei propri interventi, a esercitare una maggiore creatività, ad avventurarsi in settori scarsamente esplorati, a mettere in discussione situazioni consolidate, a toccare “santuari” ritenuti inviolabili.

E’ in questi momenti che più forte si fa la pressione dei portatori di interessi, non di rado contrastanti tra loro, ma è anche in questi momenti che più proficuo può rivelarsi l’apporto di elementi conoscitivi all’autorità titolare della decisione politica, in funzione dello schema classico “conoscere per deliberare”. Insomma: non solo la rappresentazione degli interessi, laddove ovviamente legittimi, non è da criminalizzare, nella misura in cui il decisore politico sia capace di comporre la pluralità di interessi particolari in un interesse generale. Essa può essere addirittura funzionale a un’attività decisionale consapevole. Ciò che tuttavia in Italia difetta, contribuendo a conferire al concetto di lobby un’accezione negativa e ad alimentare nei confronti delle deliberazioni politiche sospetti di opacità e asservimento a esigenze diverse da quelle della collettività, è una regolamentazione dell’attività dei gruppi di interesse particolare che integrandola nei processi di decisione la renda trasparente. E solo la trasparenza, come segnalato anche dall’OCSE, assicura che tale attività non diventi un mezzo per alterare la concorrenza o per condizionare indebitamente le decisioni.

E’ muovendo da questi presupposti che il gruppo di lavoro politico – istituzionale voluto dal presidente Napolitano, del quale ho avuto l’onore di far parte insieme al presidente Violante, al presidente Onida e al ministro Mauro, ha dedicato alle lobbies un capitolo della propria relazione finale, messa a disposizione delle forze politiche come possibile base di partenza per un’opera di legiferazione largamente condivisa. In particolare, il gruppo di lavoro ha proposto l’introduzione di una disciplina che riprenda e integri fra loro i modelli, ampiamente sperimentati, in vigore negli Stati Uniti e presso il Parlamento Europeo. Tale disciplina dovrebbe fondarsi su alcuni assi portanti:

  • L’istituzione di un albo di portatori di interessi presso le assemblee parlamentari e regionali;
  • La previsione, per costoro, di un diritto ad essere ascoltati nell’ambito del l’istruttoria legislativa relativa a provvedimenti che incidono su interessi da loro rappresentati;
  • L’esplicitazione da parte del decisore, nelle relazioni che accompagnano i provvedimenti, delle ragioni della propria scelta, e l’impegno a evitare possibili situazione di conflitto di interessi.

Ovviamente, ci tengo a precisarlo, si tratta solo di una proposta fra le tante possibili, sulla quale aprire un dibattito. Ma io intendo porre questo tema fra quelli sui quali intervenire e lo inserirò nello scadenzario delle riforme che a breve presenterò per consentire ai cittadini di vigilare sul rispetto degli impegni assunti.

Che il nostro Paese sia maturo per una rivoluzione normativa di questo genere lo testimonia il fatto che, laddove l’attività lobbistica è regolata, il contributo espresso dall’Italia attraverso enti locali, gruppi industriali o finanziari, associazioni di settore, università, stampa e organizzazioni non governative, è connotato da un elevato tasso di dinamismo. E a chi dovesse sostenere che una formalizzazione della rappresentanza degli interessi avvantaggerebbe questi ultimi laddove sono più forti o addirittura dominanti, si potrebbe rispondere il contrario: è proprio l’assenza di una regolamentazione ad avvantaggiare i grandi players, spesso titolari di
relazioni dirette con il mondo politico, a discapito di chi, più debole, in un contesto disordinato fatica a rappresentare le proprie istanze. L’auspicio è che in un momento di forte cambiamento, nel quale più forte si fa nei confronti della politica la domanda di trasparenza, la risposta sia all’altezza della sfida. Che non ci si limiti a lanciare qualche osso al cane sempre affamato dell’antipolitica, ma si cavalchi quest’onda per giungere a una reale modernizzazione del nostro sistema democratico e dei processi decisionali in tutti i loro aspetti.

Il tema approfondito quest’oggi e sviscerato nell’ultimo volume di “Percorsi Costituzionali” è senz’altro uno di questi, e direi che nella complessità del mondo di oggi si colloca fra i più importanti.

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