de girolamo – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 24 May 2016 16:31:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.3 I veri lobbisti vogliono un registro. Intervista a Mazzei [L’Indro] http://www.lobbyingitalia.com/2015/08/i-veri-lobbisti-vogliono-un-registro-intervista-a-mazzei-lindro/ Fri, 28 Aug 2015 06:19:13 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2915 In un momento in cui le parole “lobby”, “lobbisti”, “lobbying” sono ingiustamente utilizzate come elementi di malaffare, dopo le dichiarazioni del pentastellato Fantinati al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, riportiamo un’intervista sempre attuale de L’Indro a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente de Il Chiostro (associazione che vuol promuovere la cultura, la pratica e la regolamentazione della trasparenza nella rappresentanza degli interessi) in merito al processo di regolamentazione dell’attività di lobbying in Italia.

«L’Italia e l’Europa hanno urgentemente bisogno di una riforma del sistema del lobbying. E’ quanto emerge dal report “Lobbying in Europe: Hidden Influence, Privileged Access”, pubblicato oggi (15 aprile), prima ricerca comparata europea sulla trasparenza del fenomeno del lobbying. L’analisi mostra che su 16 Paesi europei, solo 7 possiedono delle forme di regolamentazione del lobbying, e l’Italia non è tra questi».

Questo è l’incipit di Transparency International Italia. Giusta visione, perché la trasparenza, soprattutto quando si parla di decisioni collettive è necessaria e indispensabile. Eppure in Italia un registro per i lobbisti esisteva. Dove? Presso il Ministero dell’Agricoltura. L’unico in Italia. Voluto dall’ex ministro Catania. Ma improvvisamente, quasi per magia, questo registro è sparito. E’ una voce che circolava, ma da bravi giornalisti non ci siamo fermati ai “rumors”, siamo andati in fondo alla questione, decisamente grave. Ci siamo rivolti a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente dell’associazione Il Chiostro , non solo per chiedere della sparizione del registro, ma per avere delucidazioni sulla situazione (lavorativa/legislativa) in cui vivono i lobbisti trasparenti. Giudicate voi perché tardiamo tanto per regolamentare un mestiere che da sempre è considerato “in ombra”.

Ma è vero che è “sparito” il registro dei Lobbisti al Ministero dell’Agricoltura (l’unico in Italia)? E’ Possibile?

Si. E’ sconcertante. Il registro, purtroppo, non ha mai funzionato. E’ stato istituito dal ministro Catania. Quando arrivò la De Girolamo coloro che erano presenti nell’unità per la trasparenza – l’ ufficio che doveva presiedere alle attività di questo registro – furono dislocati in altre funzioni. Bisogna sottolineare che ci eravamo iscritti circa in un centinaio: era un primo passo. Ma non si erano iscritti i principali grandi gruppi di interesse. Smantellata di fatto  l’Unità per la Trasparenza  con il ministro Martina ci siamo accorti che il registro fisicamente è stato cancellato!

Cosa avete fatto?

Ho scritto una lettera al ministro Martina (in data 9 febbraio) chiedendo delle spiegazioni, e naturalmente non ho avuto una risposta. Tramite fonti personali ho ricostruito  la faccenda in questa maniera: sembra che il Ministro si sia meravigliato, leggendo la mia lettera, in cui facevo presente che un registro istituito con un Decreto Ministeriale non potesse essere  cancellato dalla sera alla mattina senza un atto normativo. Qualcuno ha spiegato al Ministro che il registro dei lobbisti in realtà era stato cancellato con un Decreto Ministeriale in cui era contenuta, stranamente, anche l’eliminazione di quest’ultimo. Il registro è stato cancellato all’insaputa del Ministro. Sembra, però, che il ministro Martina lo voglia ripristinare.

Ma come è potuta avvenire questa cancellazione? Si sono sbagliati?

Sempre secondo fonti interne al Ministero, un collaboratore del Ministro, incaricato di predisporre un Decreto Ministeriale per l’implementazione delle misure anticorruzione, ha previsto, bontà sua, anche la cancellazione del registro. A questo punto ho scritto una seconda lettera, alla quale il Ministro non ha ancora risposto. Aspettiamo ancora da parte del Ministero due azioni: il ripristino del  registro e una severa punizione per chi, per combattere la corruzione, ha introdotto la norma che ha cancellato l’unico  registro dei lobbisti della storia italiana. All’insaputa del Ministro. Al posto dell’Unità per la trasparenza è stata istituita una nuova struttura che avrebbe dovuto ereditare, sempre in nome della trasparenza, le competenze della precedente, tra cui il registro. Ma non si vede niente. Non si trattano in questa maniera dei professionisti che si iscrivono ad un registro, e questo viene cancellato così.

Chi sono i nemici della legge sulla regolamentazione dell’attività lobbistica?

Alcuni lobbisti non la vogliono, e sono divisi in varie categorie. Quelli vecchio stile, che non vedono il motivo per cambiare la situazione, mantengono un atteggiamento conservatore. Abbiamo i lobbisti in malafede, che vogliono mantenere lo status quo per continuare a lavorare “sotto banco”, al limite della legalità. Gli abusivi, coloro che non dovrebbero, nemmeno lontanamente, potersi avvicinare a questa professione. Poi ci sono quelli in “mala fede”e illegali : coloro che utilizzano modi scorretti, illegittimi ed illegali, un crescendo di azioni contra legem. Infine ci sono quelli che sono in conflitto di interessi, hanno un doppio cappello pubblico e privato , senza commettere reato svolgono l’attività da lobbista. Per esempio coloro che sono consulenti di un Ministro e al tempo stesso rappresentanti di una categoria: assistenti parlamentari, giornalisti parlamentari, membri della pubblica amministrazione e così via.

Ci sono molti disegni di legge al chiodo…

I Disegni di legge sull’argomento non sono mai mancati. Nel corso degli anni c’è stata un’evoluzione, nel senso che sono migliorati. L’intensa attività dell’associazione “Il Chiostro”, ha puntato allo sdoganamento del dibattito. Noi abbiamo spiegato a varie personalità (alti magistrati, docenti unviersitari, grand commis d’état, parlamentari, ministri,direttori di giornali etc.) che cos’è il Lobbismo. Tutto questo ha portato dei risultati: oggi si dibatte del lobbismo in termini più sereni rispetto al passato, anche se non mancano ogni tanto su certi giornali inutili generalizzazioni che incolpano le lobby di tutto e del contrario di tutto, senza mai indicare quali lobby e in che modo si siano rese responsabili di pressioni indebite sui decisori pubblici. La trasparenza su questo argomento farebbe elevare maggiormente il livello di democrazia nel Paese.

Finalmente però è stato adottato un testo base, questo è un buon punto di partenza, dopo tanto…

Si, finalmente un momento positivo. Il Governo Renzi nel DEF del 2014 aveva preso l’impegno formale di presentare entro giugno (del 2014), contestualmente alla Riforma della Giustizia, un disegno di legge organico sulla regolamentazione dell’attività di lobbying a tutti i livelli. Abbiamo insistito perchè il Governo rispettasse questo impegno; ma il Governo tarda. Ma l’impegno è agli atti, non è stato sconfessato, diciamo che è stata un’inadempienza. Nel frattempo ci sono stati molti parlamentari che hanno presentato proposte di legge. Al Senato circa una decina, che hanno presentato disegni di legge che  la commissione affari costituzionali sta esaminando dopo aver nominato un relatore, il Senatore Campanella (ex M5S), che ha scelto tra i tanti disegni di Legge quello del Senatore Alberto Orellana, come testo base. Questo significa che si è avviata la procedura. Entro il 23 aprile bisogna presentare gli emendamenti. Si spera che nel giro di un mese e mezzo la Commissione riesca a licenziare il testo. Noi prenderemo delle iniziative presso la presidenza del Senato e della Commissione perché si evitino ritardi e si arrivi, entro fine luglio all’approvazione ,della legge in Senato. Alla Camera l’iter potrebbe essere leggermente più spedito, quindi potremmo avere il voto definitivo sulla legge entro dicembre, massimo febbraio (2016).

Perché Nunzia di Girolamo (nel 2013) si oppose con tanta tenacia ad una regolamentazione dell’attività lobbistica, definendola addirittura «proposta sovietica»?

Per quanto riguarda il disegno di legge del governo Letta, avevamo chiesto norme generali e non di dettaglio. Poi ci fu qualcuno che, ad arte, volle inserire norme più specifiche  sui regali ai politici, I pranzi offerti dai lobbisti, le rendicontazioni ultra dettagliate degli incontri tra rappresentanti di interessi e pubblici decisori. La De Girolamo eccepì, insieme ad altri, che la legge voleva sindacare sul fatto che il parlamentare dovesse rendere conto di quel che faceva. Cosa ci sia di sovietico in tutto questo non riesco a capire. “Sovietico” è il contrario di trasparenza. Nessuno si deve vergognare di incontrare il lobbista, siamo persone che fanno un lavoro trasparente. La realtà è che non volevano procedere. Purtroppo Letta, che  avrebbe potuto e dovuto impuntarsi e costringere il Consiglio dei ministri ad approvare il testo, non lo fece.

Come mai non parla nessuno della “sparizione” del registro? Non è uscito sui giornali…

Io ne avevo parlato con qualche altra grande testata, ma non ho avuto grandi riscontri. Sono gli stessi giornali che tuonano contro le lobby a tacere quando c’è da scriverne in modo serio. Quando i lobbisti trasparenti segnalano un abuso  ti dicono che non è notiziabile.

Ma che fine hanno fatto i Disegni di legge di Quagliariello e D’Alia, incaricati proprio da Letta?

Non sono andati avanti. Se vogliamo essere più precisi, i disegni di legge che sono più organici, che a nostro parere individuano meglio l’impostazione del problema, sono quelli presentati alla Camera dall’On. Antonio Misiani e quello presentato al Senato da Francesco Verducci. Partono da un’impostazione, fondamentale: il primo articolo definisce l’attività di lobbiyng come attività concorrente alla formazione delle decisioni pubbliche ispirata ai principi di trasparenza e correttezza. Se si tratta di  un’attività concorrente alle decisioni pubbliche, allora c’è  l’ esigenza di fare una legge severissima nei confronti dei lobbisti e dei decisori pubblici. Noi chiediamo, come associazione Il Chiostro, che la vigilanza sul registro futuro e sull’intera attività dei lobbisti sia affidata all’Autorità Nazionale anti-corruzione. Non perché il lobbismo abbia a che fare con la corruzione, ma perchè I lobbisti seri non hanno nulla da temere e perchè controlli più severi servono, spesso, non tanto sui lobbisti quanto su alcuni loto interlocutori pubblici. E quindi è bene che sia l’Anac a vigilare.

Sembra quasi che sia lo Stato a non ascoltare le vostre richieste di trasparenza…

Nella mancanza di trasparenza prospera di tutto. Ci sono tanti che ne traggono vantaggio: c’è chi non vuole far sapere cosa fa, non per nascondere atti illegali, ma perché in questo modo si possono fare giochi di potere (non parlo di tangenti o simili). Con la trasparenza tutto questo deve venir fuori. Noi abbiamo chiesto di essere interpellati, abbiamo avuto un’audizione al Senato, ed è stato molto utile. Ora dobbiamo stringere i tempi. Non chiediamo una legge perfetta: ci sarà modo di migliorarla. Intanto però che si voti una buona legge. Per esempio gli Usa hanno iniziato a legiferare nel 1936, poi nel 1946, poi nel 1995, infine sotto Obama, e aggiornano continuamente. E’ una materia complicatissima, perché andiamo a toccare il cuore della vita democratica, dove gli interessi si legano al tema dell’interesse generale, e dobbiamo affrontare anche il  problema del finanziamento  alla politica.

Adesso che il finanziamento pubblico è stato abolito, saranno i privati che finanzieranno i partiti…

Si. La legge è questa, bisogna prenderne atto e regolarsi di conseguenza. In realtà dalla fondazione della nostra associazione, circa otto anni fa, tutti coloro che si iscrivono al Chiostro firmano l’impegno di rispettare un codice etico. In questo codice c’è una norma (art.10) che dichiara che i lobbisti si astengono da qualsiasi attività di finanziamento della politica. Noi vorremmo che questo divieto fosse previsto per legge,. Personalmente sono contrario a questa formula di finanziamento privato alla politica, ero per il finanziamento pubblico attraverso regole molte severe e con dei tetti molto rigidi. Ritengo che rappresentare interessi particolari sia un atto indispensabile, non solo per l’azienda ma anche per la democrazia. Se non si conoscono gli interessi particolari, come si fa a decidere in nome dell’interesse generale? Anche alla luce dell’esperienza americana, un’eccessiva presenza di finanziamento privato può pesare. Gli Usa sono nati così e vanno avanti così. Però hanno un sistema rigoroso di vigilanza. In Italia, siccome sappiamo che la certezza della pena non c’è, abbiamo chiesto sanzioni pecuniarie elevatissime. Secondo il disegno di legge di Misiani e Verducci, il  lobbista che pratica l’attività senza essere iscritto al registro obbligatorio dovrebbe pagare una multa da 50mila a 250mila euro. Non solo sanzioni pecuniarie, se non nascono fattispecie di reato, ma anche procedimenti disciplinari che possono arrivare alla radiazione dal registro. In quel caso abbiamo chiesto che la notizia della radiazione venga pubblicata su due quotidiani nazionali a spese di colui che viene radiato.

Fonte: L’Indro

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Il Ministro De Girolamo, Coldiretti e la cattura del regolatore http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/il-ministro-de-girolamo-coldiretti-e-la-cattura-del-regolatore/ Mon, 16 Dec 2013 23:54:58 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1928 La fotografia di Nunzia De Girolamo, Ministro per le Politiche Agricole che, lo scorso 4 dicembre, partecipa ad una manifestazione a tutela del Made in Italy  lungo il confine del Brennero,  indossando la tuta gialla di Coldiretti, a visuale, fosforescente testimonianza della propria adesione alle istanze del principale movimento degli imprenditori agricoli italiani è stata a lungo commentata sulla stampa nazionale, sottolineandone spesso l’inopportunità istituzionale.

Le critiche più consistenti all’esponente del Governo Letta, tuttavia, sono tuttavia arrivate da Confindustria. La più grande organizzazione della rappresentanza imprenditoriale italiana ha dichiarato che la partecipazione del Ministro alla manifestazione era da considerare «sconcertante» in quanto dimostrava di «non tenere in debita considerazione tutte le disposizioni Ue che regolano l’originalità dei prodotti agroalimentari». E se la risposta del Ministro è parsa piccata – De Girolamo ha dichiarato: «Parteciperò ad altre decine, centinaia, migliaia di manifestazioni, senza paura di intimidazioni, ogni qualvolta sarò in gioco la difesa dell’Italia e delle sue produzioni, indipendentemente dalla bandiera di chi organizza quella protesta, perché penso che la difesa degli interessi nazionali vada perseguita con una sola bandiera: quella italiana.» – vale la pena tornare sulla questione, perché poche volte nella vita di un politologo capita di assistere ad una manifestazione più concreta di una nozione teorica. In questo caso si tratta del concetto di cattura del regolatore da parte del regolato.

George Stigler, economista con Premio Nobel per la sua analisi delle politiche pubbliche, ha definito la cattura del regolatore come quel processo per cui, le agenzie pubbliche, istituzionalmente chiamate a stabilire regole generali e indirizzate al perseguimento dell’interesse della collettività per un certo settore produttivo (industria, servizi, agricoltura), agiscono invece in modo tale da favorire il comparto specifico su cui sono chiamati a creare norme. Di fatto, con la sua presenza ad una manifestazione per il perseguimento degli interessi di alcuni soggetti agricoli per cui doveva porre regole in vista dell’interesse collettivo, Nunzia De Girolamo non si qualifica solo per essere un soggetto davvero interessante per chi studi le complesse strade di transizione della comunicazione politica, con il riferimento nazional-populista alla «difesa dell’interesse nazionale sotto una sola bandiera: quella dell’Italia». Il Ministro registra un nuovo record di esemplificazione pratica del concetto di cattura del regolatore. Non è un caso che un altro storico soggetto della rappresentanza collettiva degli interessi organizzati, Confindustria, sia intervenuta segnalando la questione della partecipazione, considerata irrituale anche da un soggetto associativo tradizionalmente avvezzo alla pratica nel contesto politico del neo-corporativismo degli anni 80.

Perché in realtà Coldiretti è una lobby e fa lobbying in maniera puntuale, strutturata e stabile nei confronti del Ministero delle Politiche Agricole. E se da un lato non c’è nulla di male o di sorprendente in questo – è ovvio che una delle principali associazioni di categoria si prodighi per garantire la più adeguata tutela e promozione degli interessi dei propri associati presso chi è chiamato a decidere – quello che lascia perplessi è l’atteggiamento generale tenuto dal Ministro nei confronti della lobby dei produttori agricoli. Nonostante la manifestazione al Brennero sia stata la prima occasione pubblica in cui il Ministro ha indossato fisicamente la casacca degli agricoltori italiani, non sono mancate in passato occasioni in cui De Girolamo ha sposato in pieno l’opinione espressa da Coldiretti.

La ‘forza amica del Paese’ come si definisce l’associazione di categoria, guidata dallo scorso 15 novembre da Roberto Moncalvo, che con i suoi 33 anni si attesta come il più giovane leader tra i rappresentanti delle imprese e dei lavoratori, ha infatti influenzato l’opinione del Ministro su una pluralità di tematiche sin dall’inizio dell’azione del Governo: in primo luogo opponendosi con forza all’esperimento del registro della trasparenza, stabilito presso il MIPAAF con un decreto ministeriale durante la precedente esperienza del Governo Monti. Le parole di Sergio Marini, allora Presidente di Coldiretti, sul registro come esperimento per la regolamentazione delle lobby erano state senza appello: «Lobby è quella forma di pressione che rappresenta esclusivamente l’interesse particolare e che pertanto non dovrebbe trovare spazio, a prescindere, nell’interlocuzione con le istituzioni. Le lobby ‘all’italiana’ hanno già fatto sufficientemente del male al paese per poterle legittimare in qualsivoglia forma».

Pertanto Coldiretti, Confederazione italiana agricoltori, Confagricoltura, ovvero le organizzazioni di rappresentanza degli interessi agricoli più numerose, rappresentative, dotate di expertise e di collocazione strategica nei processi produttivi avevano tutte boicottato l’esperimento del registro. Non solo non si sono iscritte, condannando l’esperienza alla più completa irrilevanza nei fatti, anche sulla scorta di alcune iscrizioni davvero peculiari (come l’Associazione Nazionale Allevatori del Cavallo Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido o il Consorzio di Tutela della Melannurca Campana o l’Unione Importatori Esportatori Industriali Commissionari Grossisti Ingrassatori Macellatori Spedizionieri Carni Bestiame e Prodotti Derivati, senza nulla voler togliere alla attività di tali organizzazioni), ma devono aver determinato un certo orientamento sfavorevole del Ministro De Girolamo nei confronti della regolamentazione in genere del lobbying. Tale posizione è sfociata nelle pubbliche dichiarazioni contrarie alle forme di regolamentazione proposte nel corso del Consiglio dei Ministri del 5 luglio scorso. De Girolamo, riferendosi ad uno dei due testi presentati in CdM e successivamente rinviati ad un più attento esame comparativo – ne avevamo già parlato su queste colonne – aveva affermato che si trattava di una proposta illiberale e degna dell’URSS. Una visione altrettanto netta e deterministica di quanto già rappresentato in materia di lobby da parte del Presidente di Coldiretti. Una comunità di intenti, declinata in maniera più moralistica dalla organizzazione degli agricoltori e più ideologica dal Ministro, davvero degna di nota.

Ma i temi su cui è possibile registrare una sostanziale identità di vedute tra il Ministro e Coldiretti non si limitano alla tutela attiva, anche contro l’U.E., del Made in Italy agroalimentare contro la contraffazione proveniente dai confini amici dell’Europa, o alla sostanziale valutazione negativa verso l’esperimento, peraltro davvero poco incisivo, di regolamentazione delle lobby dentro al MIPAAF. Un altro tema  davvero rilevante di politica agricola, come la possibilità di inserire coltivazioni biotech nel territorio italiano, ha registrato la totale identità di vedute tra la principale associazione di rappresentanza degli imprenditori agricoli e il Ministro. Da sempre Coldiretti ha assunto una posizione di assoluta intransigenza nei confronti di ogni tipo di innovazione biotecnologica delle colture in Italia, collegando, in maniera concettualmente non del tutto appropriata, la difesa del Made in Italy con la genuinità dei prodotti alimentari tradizionali, da sempre assoggettati all’uso massiccio della chimica.

Per scongiurare l’avvento della colza e del mais geneticamente modificati, Coldiretti ha realizzato un capolavoro di lobbying, commissionando nell’ottobre 2012 un sondaggio sulla percezione della pericolosità da parte degli italiani degli OGM e utilizzando il dato emergente, la diffidenza di 7 italiani su 10 verso il cibo biotech, per convincere gli esponenti di tutti i gruppi parlamentari del Senato  a confermare mediante  un ordine del giorno che il contrasto agli ogm sia una posizione unanime dell’intero Parlamento, alla fine di maggio 2013. Il Ministro De Girolamo, anche in questa circostanza ha condiviso in pieno la posizione di Coldiretti, spingendosi fino a dichiarare in un’intervista, lo scorso 24 giugno, che: «Faremo un decreto a tre firme, con i Ministri Lorenzin e Orlando. .. L’Europa lo potrebbe impugnare, è vero, e ci esponiamo a una violazione delle regole comunitarie». Puntuale come poche cose nel nostro Paese, il decreto interministeriale per bloccare la coltivazione del mais OGM in Italia è arrivato il 12 luglio scorso. Si tratta di un decreto motivato da questioni di urgenza e limitato al caso specifico della coltivazione del mais, che è stato lodato pubblicamente da parte di Coldiretti e che ha invece fatto registrare alcune perplessità da parte di altre organizzazioni della rappresentanza associata degli interessi, come Confagricoltura.

E a nulla sembra essere valso che la Corte di Giustizia della U.E. abbia con la sentenza C-36/11 dello scorso 6 settembre, affermato il principio giuridico che uno Stato non può impedire in via generale la coltivazione di organismi geneticamente modificati, che siano già iscritti nel registro europeo delle sementi. In questo senso la condanna dell’Italia in materia di OGM sembra rappresentare uno dei tasselli del più ampio mosaico dei complessi rapporti tra istituzioni europee e Ministero delle Politiche Agricole italiano; senza dubbio, il sostegno personale e diretto del Ministro De Girolamo a Coldiretti a tutela dell’interesse nazionale del Made in Italy non ha contribuito a modificare il quadro, restituendo anzi l’immagine di un decisore politico che si lascia consigliare in maniera troppo complessiva e persistente da un singolo gruppo di pressione. Una vera e propria, complessiva regulatory capture, insomma.

– Fonte: Maria Cristina Antonucci – L’Indro

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Lobby, addio trasparenza al ministero dell’Agricoltura? http://www.lobbyingitalia.com/2013/11/lobby-addio-trasparenza-al-ministero-dellagricoltura/ Tue, 12 Nov 2013 15:48:58 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1766 L’annuncio arrivò in un Salone dell’Agricoltura del MIPAAF piena di giornalisti e… lobbisti. E sì, perché quel mercoledì 1 febbraio 2012 Mario Catania, allora ministro delle Politiche Agricole del governo Monti, rese pubblico il testo di un Decreto Ministeriale – il n.2284 del 2012 – per regolamentare la partecipazione dei gruppi di interessi ai processi decisionali del ministero. In sintesi, un embrione di regolamentazione dell’attività di lobbying. Il primo vero atto con obblighi e diritti per rappresentanti di interessi e per la pubblica amministrazione dopo 40 e più progetti di legge e il “ddl Santagata” del governo Prodi, nessuno dei quali andati in porto.

IL GIUBILO DELLE ORGANIZZAZIONI

Una scelta, quella del ministro Catania, che fu accolta con giubilo da organizzazioni come la Ferpi e Il Chiostro, che per la prima volta vedevano una professione troppo spesso vituperata – nonostante il fondamentale apporto in termini di know-how che i lobbisti forniscono a governo e Parlamento –venire pienamente legittimata con regole precise, per quanto limitate (visto che si riferiscono al solo Ministero dell’Agricoltura).

LA GESTIONE DELL’ELENCO

A gestire l’elenco dei portatori di interesse e a curare le procedure di consultazione dei lobbisti iscritti il decreto ha istituito un’Unità per la Trasparenza (a costo zero), guidata dal consigliere di Stato, Michele Corradinotutt’oggi capo di gabinetto del ministero, supportato da uno staff di giovani ma esperti giuristi coordinati da Pier Luigi Petrillo della Luiss e Unitelma Sapienza.

NUMERI E TAPPE

Dopo una presentazione del decreto ministeriale che ha visto coinvolte organizzazioni di rappresentanza, aziende e società di consulenza, per fornire indicazioni sulle finalità della norma e sugli adempimenti e i diritti ad essa collegati, l’Unità della Trasparenza ha dato il via alle iscrizioni all’elenco dei portatori di interesse, che ad oggi vede in lista 84 persone giuridiche (oltre a 20 persone fisiche). Si tratta di associazioni di rappresentanza (Assoelettrica, Assobioplastica, Federchimica, ecc.); qualche grande azienda come Assicurazioni Generali, Enel e Vodafone; fino alle principali società di consulenza di public affairs come Cattaneo & Zanetto, FB & Associati e Open Gate Italia, quest’ultima proprio oggi citata dal Corriere della Sera come iscritta al registro ministero ora retto da Nunzia De Girolamo in un pezzo su lobby e sigarette elettroniche a firma di Lorenzo Salvia.

 IL SIGNIFICATO DELL’ELENCO

Con l’elenco dei lobbisti l’Italia si era quindi avviata verso un percorso che la avvicinava all’UE – che ha un Registro per la Trasparenza, per quanto limitato – e ad altri paesi con regolamentazioni più o meno recenti come USA, Canada, Austria, Germania e Francia.

I PRIMI PROBLEMI

Superato l’entusiasmo iniziale di alcuni però, sono poi arrivati i primi problemi. A scorrere l’elenco infatti, si può notare immediatamente l’assenza dei “grandi” del settore, a cominciare proprio dalle associazioni di rappresentanza: Coldiretti, Confagricoltura, CIA e le cooperative (Confcooperative e Lega Coop).

LE OBIEZIONI DI ALCUNE ASSOCIAZIONI

Queste, sin da prima dell’emanazione del decreto, avrebbero posto obiezioni all’esistenza di un elenco dei portatori di interessi, cui si sono ben guardate dall’iscriversi non essendo obbligatorio (e qui l’errore lo ha fatto il ministero, mormorano alcuni addetti ai lavori). Un’assenza che inevitabilmente pesa sulla legittimità politica e la funzionalità dell’elenco stesso, rimasto per certi versi “zoppo”. Del resto l’allora presidente di Coldiretti, Sergio Mariniera stato chiaro: “Lobby è quella forma di pressione che rappresenta esclusivamente l’interesse particolare e che pertanto non dovrebbe trovare spazio, a prescindere, nell’interlocuzione con le istituzioni. Le Lobby ‘all’italiana’ hanno già fatto sufficientemente del male al paese per poterle legittimare in qualsivoglia forma”. In sintesi il lobbista che dà del lobbista agli altri, e che dice loro: qui la lobby me la faccio solo io.

I CAMBIAMENTI CON IL GOVERNO LETTA 

Con l’avvio della nuova legislatura e l’arrivo a capo del ministero di Nunzia De Girolamo, un vento nuovo è spirato sul tema della regolamentazione delle lobbies. Anzi, più di uno. Il primo è stato di cambiamento e trasparenza, con le indicazioni dei saggi indicati dal presidente della Repubblica, e poi il presidente del Consiglio Enrico Letta in prima fila per una regolamentazione – visto anche il lavoro realizzato da un gruppo ad hoc sul tema del suo think-net VeDrò – con i ministri delle Riforme Quagliariello (ex “saggio”) e quello della Pubblica amministrazione D’Alia al lavoro su un ddl.

LE NOVITA’ AL MINISTERO

Ma a luglio il vento di trasparenza si trasforma in vento di conservazione – si osserva tra alcuni addetti ai lavori – e dopo uno scontro in consiglio dei ministri Letta – considerando il lobbismo “una materia molto delicata e molto importante” – decide di chiudere la questione dando “mandato al ministro Moavero di fare un esame comparato con i principali Paesi europei”. Come se di studi sulla regolamentazione del lobbying non ne esistessero abbastanza, e dimenticando forse che proprio il Ministero delle Politiche Ue guidato da Moavero Milanesi aveva commissionato uno studio (questo probabilmente non a costo zero) ad un gruppo di lavoro guidato dal costituzionalista il professor Tommaso Edoardo Frosini.

LE VISIONI DIFFERENTI

Il punto di rottura nel governo fu la diatriba Quagliarello-D’Alia, arrivati in consiglio dei Ministri con due ddl differenti e di diversa ispirazione. Ma tra i critici più feroci di una regolamentazione che doveva portare trasparenza nel rapporto tra lobby e politica c’era proprio il nuovo Ministero delle Politiche Agricole, Nunzia De Girolamo, che al riguardo parlò addirittura di proposta “illiberale” e “sovietica”. E a domanda sul perché non avesse fatto partire tutto il piano anti lobby dell’Agricoltura la risposta fu: “Manca solo una circolare per estenderlo agli uffici di diretta emanazione del Ministro. Ed evitare i regalini pure per il personale”.

CHE COSA E’ SUCCESSO 

Ma quella circolare non è mai stata emanata. A richiesta di informazioni in via informale dal MIPAAF fanno sapere che la sperimentazione non è ancora partita. Dopo due anni! E infatti su nessuno dei disegni di legge presentati dal Ministro De Girolamo è stata mai avviata alcuna consultazione con gli iscritti all’elenco, mentre sono state ovviamente chiamate a discuterne – con i soliti incontri informali – alcune organizzazioni, scelte sulla base di rapporti consolidati e senza alcuna trasparenza. Nulla di illecito, ci mancherebbe. Anche perché che poi non vengano rispettate le norme sull’AIR che la consultazione la imporrebbero, è purtroppo pratica comune di tutti i Ministeri. E i risultati spesso si vedono in termini di qualità della normazione e di impatto economico.

UNITA’ SMANTELLATA 

Sperimentazione non avviata a parte però – secondo quanto risulta a Formiche.net, e nonostante non ci siano aggiornamenti sul sito – l’Unità per la Trasparenza sarebbe nella pratica stata smantellata. Il coordinatore, il professor Petrillo, ora lavora per l’Unesco e per il Ministero dei Beni Culturali; l’avvocato Ernesto Carbone è oggi un deputato PD (renziano di ferro); Carlo Sacchetto continua il suo lavoro di direttore dell’Associazione professionale trasformatori tabacchi italiani (Apti); Angelo Grimaldi invece è passato attraverso la revolving door ed è andato a seguire le relazioni istituzionali per il gruppo assicurativo Unipol. Infine, anche il segretario dell’Unità risulta destinato a seguire altri incarichi.

CONCLUSIONE 

Il tutto in attesa di una riorganizzazione, che al ministro non sembra interessare, supportata in questo anche dalle organizzazioni di settore. Anche perché il MIPAAF mica è il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali dell’URSS…

 

Fonte: Arnaldo Selmosson – Formiche.net

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Ministro De Girolamo: «Lobby, nessun insabbiamento ma dico no a una legge sovietica» http://www.lobbyingitalia.com/2013/07/nunzia-de-girolamo-a-repubblica-lobby-nessun-insabbiamento-ma-dico-no-a-una-legge-sovietica/ Sun, 07 Jul 2013 17:31:39 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1489 Legge sulle lobby sì, ma no allo spettro dell’Unione Sovietica. Nunzia De Girolamo, ministro Pdl dell’Agricoltura, boccia il resoconto degli incontri coi lobbisti. Sul tetto dei 150 euro peri regali polemizza: «Io contro? Non è vero».

C’è maretta nel governo sul ddl. Prevale la casta? «No, per la semplice ragione che non c’è stato scontro, ma solo riflessioni, perché la legge è importante e va fatta bene. È difficile litigare quando le notazioni sono bipartisan su una proposta poco liberale, poco adatta alla cultura del Paese e poco attinente allo scopo del ddl, cioè disciplinare le lobby. I commenti di Zanonato, Alfano e Bonino, o quelli di Quagliariello e Orlando non erano diversi tra loro».

Affidare il confronto con l’estero a Moavero non è un modo per insabbiare? «Assolutamente no. Vogliamo fare questa legge e gli abbiamo solo chiesto di verificare come hanno funzionato quelle simili negli altri Paesi. Giusto prevedere un elenco dei lobbisti e disciplinare i rapporti, ma non si può chiedere agli italiani, quando tutti insistono sulla semplificazione, di complicare il dialogo con la pubblica amministrazione. La norma prevede che chiunque interloquisce con gli attori istituzionali, cioè un numero smisurato di persone, dev’essere iscritto nella lista e poi fare una relazione sugli incontri. Così non si sburocratizza, come chiedono non solo i nostri elettori del Pdl, ma tutti i cittadini, ma si complica il sistema».

Se gli incontri restano segreti che legge è? «Bisogna fare l’elenco dei lobbisti e agire con trasparenza. Ma imporre il resoconto annuale è burocrazia e c’è solo il rischio che gli incontri avvengano lo stesso, ma fuori dal palazzo. Io, in Consiglio, non ho parlato perché il mio ministero ha già adottato le nuove regole sulle lobby, c’è già l’elenco, ogni legge è on-line, il lobbista può suggerire cambiamenti e se non li accetto devo motivare il mio no. E soprattutto c’è già il tetto dei 150 euro per i regali».

Ma allora ha protestato o no per questo tetto? «Non è vero, è la solita polpetta avvelenata da prima Repubblica».

Ne è proprio sicura? Tutti d’accordo quindi? «Immagino di si, perché non se n’è parlato affatto».

Non è che cercate di sfuggire al finanziamento trasparente ai partiti? «Assolutamente no. Comunque la disciplina sulle lobby non è una nuova legge anti-corruzione. Se non va bene si cambi, ma non in questa sede».

Quagliariello non vuole il resoconto degli incontri, lei è d’accordo? «Non l’ha detto solo lui, ma tutti, dicendo che era un obbligo inutile».

Anche lei non vuole che sia noto l’elenco di chi ha incontrato? «Ci mancherebbe altro, ma che torniamo all’Unione Sovietica? Viva la libertà. Io voglio vivere in un paese liberale, dove non c’è la sfiducia preconcetta nei confronti della politica. Quando faccio degli incontri penso al bene del Paese, non certo ai fatti miei. Sono stanca dell’approccio da sospetto. Non si possono fare le leggi avendo paura della mela marcia che guasta la politica».

Franceschini vuole i parlamentari fuori, ma allora che legge è? «Non possiamo cambiare la Costituzione, l’attività delle Camere è già disciplinata».

Come mai non ha fatto partire tutto il piano anti lobby dell’agricoltura? “Manca solo una circolare per estenderlo agli uffici di diretta emanazione del Ministro. Ed evitare i regalini pure per il personale”.

Fonte: “La Repubblica”

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