ddl lobby – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Ddl lobby, emendamenti a go go http://www.lobbyingitalia.com/2016/05/ddl-lobby-emendamenti-senato/ Tue, 03 May 2016 17:12:44 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3311 Tanto tuonò che piovve (forse). Per ora sono solo emendamenti quelli che piovono sul ddl lobby da due anni in discussione in Commissione Affari Costituzionali al Senato, che sembra – ripetiamo, sembra – avviarsi verso un confront serio e forse anche ad un’approvazione, dopo la fuga in avanti della Camera col suo (limitato) Registro dei portatori di interessi.

Traffico d’influenza: non è illecito ciò che è lecito

Il più interessante, e probabilmente fondamentale, è l’emendamento presentato dal senatore Pd Gianluca Susta, che va a specificare nel reato di traffico di influenze illecite che “non è illecita l’attività di rappresentanza degli interessi svolta in forma professionale, nei limiti e con le modalità previste dalla normativa vigente in materia, presso le istituzioni e le amministrazioni pubbliche e finalizzata alla partecipazione democratica ai processi decisionali ovvero all’elaborazione ed attuazione delle politiche pubbliche, nel perseguimento di obiettivi leciti, anche di natura non economica“.

Un Registro per tutte le istituzioni

Regolare anche l’attività di lobbying svolta nei confronti dei decisori politici degli enti locali, come i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali; i presidenti e i consiglieri delle Province e delle Città metropolitane; i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali. E’ quello che chiede un emendamento presentato dal senatore Pd Francesco Verducci, cui si aggiunge quello dalla senatrice Pd Laura Puppato  che vorrebbe estendere la valenza nei confronti di “collaboratori parlamentari” e “consiglieri parlamentari, componenti e vertici degli enti pubblici economici e non economici, consiglieri regionali e delle Provincie autonome di Trento e Bolzano“.

Ma l’emendamento Verducci va a sostituire l’intero articolo 2 sulle definizioni, aggiungendo ex novo la definizione di “portatori di interessi particolari”: “i datori di lavoro che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente con i rappresentanti di interessi particolari avente ad oggetto lo svolgimento dell’attività di relazioni  istituzionali per la rappresentanza di interessi, nonché i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi particolari uno o più incarichi professionali aventi ad oggetto” lo svolgimento dell’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi. A differenza della definizione attuale di “attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi“, definita solo come “ogni attività diretta a orientare la formazione della decisione pubblica, svolta anche attraverso la presentazione di proposte, documenti, osservazioni, suggerimenti, richieste di incontri“, la proposta Verducci è molto più articolata e si rivolge a chi svolge l’attività “professionalmente (come già accaduto per il provvedimento della Camera e come richiesto in altro emendamento dalla senatrice Pd Laura Fasiolo). La proposta esclude dalla definizione “le semplici richieste di informazioni sull’iter di un provvedimento legislativo o amministrativo, la partecipazione ad audizioni o a riunioni convocate o sollecitate” dai decisori pubblici.

Articolata e più inclusiva anche la definizione di “rappresentanti di interessi“. Oggi il ddl li definisce come i soggetti che svolgono attività di rappresentanza di interessi, rimandando a quella definizione. Dunque per Verducci i lobbisti sono “i soggetti che rappresentano presso i decisori pubblici, direttamente o indirettamente, su incarico dei portatori di interessi particolari, come definiti alla lettera, interessi leciti di rilevanza non generale, anche di natura non economica, al fine di incidere su processi decisionali pubblici in atto, ovvero di avviare nuovi processi decisionali pubblici, nonché i soggetti che svolgono, anche nell’ambito o per conto di organizzazioni senza scopo di lucro, ovvero di organizzazioni il cui scopo sociale prevalente non è l’attività di rappresentanza di interessi, per conto dell’organizzazione di appartenenza, l’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi“.

Diversa invece la proposta dei senatori Giuseppe Marinello (AP), presidente della commissione Ambiente, e   Antonio Milo (Conservatori e riformisti), che specifica come la rappresentanza di interessi sia la “attività, non sollecitata da decisori pubblici”.

Palla all’ANAC?

Sempre la senatrice Puppato  vorrebbe affidare all’Anac l’attività di controllo sulla trasparenza e la partecipazione dei rappresentanti di interesse ai processi decisionali pubblici. Attualmente il ddl affida questo compito ad un Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi, da istituire ad hoc, che un emendamento del senatore di Forza Italia, Lucio Malan, vorrebbe eliminare, senza però specificare a chi andrebbe il controllo!

Codice di condotta per lobbisti

La senatrice Puppato vorrebbe inserire tra i dati che i lobbisti dovranno riportare nella relazione annuale da consegnare al Comitato di vigilanza anche “le somme o altre utilità eventualmente elargite a titolo di erogazione liberale in favore di partiti, movimenti o gruppi politici organizzati, nei limiti della normativa vigente, nonché una dichiarazione che dette elargizioni non sono legate al conseguimento dell’interesse rappresentato“. Ma il senatore Pd Francesco Russo chiede l’istituzione nel codice di condotta dei lobbisti del “divieto di offrire al decisore pubblico qualsiasi tipo di compenso o altra utilità, ovvero regali, anche d’uso, di valore superiore a 150 euro l’anno“; e il “divieto di elargire a partiti, movimenti o gruppi politici organizzati somme o altre utilità a titolo di erogazione liberale“, in pratica vietando quindi il finanziamento diretto della politica da parte dei lobbisti registrati. Ossimori.

L’emendamento Russo sostituirebbe per intero l’articolo 5 del ddl che attualmente lascia ai lobbisti il compiti di definire un codice di condotta e di depositarlo insieme all’iscrizione al registro, precisando cosa deve prevedere il codice di condotta che nell’emendamento viene definito come un vero e proprio “codice deontologico. Il codice dovrà essere adottato dall’Anac e, oltre ai due divieti già menzionati, dovrà prevedere tra le alter cose: il divieto di rivendicare relazioni ufficiali con l’amministrazione nei loro rapporti con terzi; l’obbligo di identificarsi preventivamente sempre con il proprio nominativo ovvero con il nominativo che risulta nel Registro, dichiarando gli interessi che si rappresentano e gli obiettivi promossi;  l’obbligo di indicare i propri riferimenti e quelli dell’eventuale committente in tutti i documenti comunque consegnati o trasmessi al decisore pubblico; l’obbligo di rispettare i doveri di riservatezza nell’esercizio dell’attività; l’obbligo di fornire ai decisori pubblici informazioni corrette e non fuorvianti; il divieto di esercitare pressioni indebite (non è chiaro cosa voglia dire) nei confronti dei decisori pubblici. Il codice deontologico dovrà indicare infine “le sanzioni in caso di inosservanza dei doveri dei rappresentanti di interessi” e “le modalità di applicazione“.

O studi o fai il praticantato

Alessandro Maran e Francesco Verducci hanno presentato due emendamenti simili che mirano a inserire tra i requisiti per l’iscrizione al registro dei lobbisti il “possesso di una laurea specialistica o di un titolo specialistico equipollente ovvero dimostrare di aver maturato almeno due anni di esperienza continuativa presso un soggetto iscritto al Registro“. La proposta emendativa Maran, tra i requisiti, prevede anche la possibilità di aver acquisito esperienza “alle dipendenze di un gruppo parlamentare”.

Commissioni trasparenti

Tra le novità in ottica “positive”, e cioè dei vantaggi che i soggetti trarrebbero dall’iscrizione ci sarebbe – secondo alcuni emendamenti presentati da Pd, Cor e Ala – la possibilita per i lobbisti di assistere alle procedure informative e istruttorie del procedimento decisorio nelle forme stabilite dalla disciplina dell’organo competente. Inoltre, secondo quanto richiesto da due emendamenti dei senatori Pd Francesco Verducci e Francesco Russo, “Il decisore pubblico non può rifiutare di conoscere le proposte, le richieste, i suggerimenti e ogni altro genere di informazione, purché pertinenti all’oggetto dei processi decisionali, presentati dal rappresentante di interessi iscritto nel Registro“. Gli stessi emendamenti prevedono anche che “il decisore pubblico non può altresì rifiutare le richieste di incontro inoltrate da rappresentanti di interessi iscritti al Registro, se non attraverso risposta motivata, anche telematica“.

Diritti e divieti per i collaboratori parlamentari

Un emendamento del Pd – a prima firma Annamaria Parente ma sottoscritto da altri 28 senatori tra cui qualche M5s – vuole inserire  la disciplina del rapporto di lavoro tra i membri del parlamento e i loro collaboratori. A prevederlo è , presentato al ddl lobby in commissione Affari costituzionali Senato. L’emendamento inserisce l’incarico di collaboratore parlamentare tra quelli che fanno scattare l’incompatibilità con l’attività di lobbying (e qualche collaboratore  non sarà affatto contento…) e, contestualmente, aggiunge un capo II-bis per disciplinare il mestiere. Nello specifico l’emendamento regola anche il rapporto di lavoro tra i membri del Parlamento e i loro collaboratori e rinvia agli uffici di presidenza delle Camere il compito di disciplinare le modalità retributive dei collaboratori La retribuzione – secondo quanto si legge nell’emendamento – “non può essere inferiore ai minimi contrattuali o definiti dalla legge ovvero ad un equo compenso commisurato alla natura e all’orario della prestazione concordata tra le parti“.

Ancora audizioni

Secondo quanto riporta Public Policy, la settimana prossima inizierà, in commissione Affari costituzionali al Senato, un breve ciclo di audizioni sul ddl Lobby. Al termine delle audizioni, qualora emergessero esigenze particolari, potrebbe essere riaperta una breve finestra – al massimo 48 ore – per la presentazione di ulteriori emendamenti. 

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Petrolieri & co. : che fine ha fatto la legge sulle lobby (L’Espresso) http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/petrolieri-co-che-fine-ha-fatto-la-legge-sulle-lobby-lespresso/ Thu, 07 Apr 2016 13:00:34 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3236 Tutti i disegni di legge sono fermi, a dispetto delle intenzioni più volte dichiarate, così come la legge sul conflitto di interessi. Ma ora il governo, per riscattarsi dal caso Guidi, dice di volere intervenire

Dobbiamo cercare di arrivare ad avere una legge», dice Maria Elena Boschi. Come impegno è un po’ poco, ma il messaggio che il ministro vuole mandare dalle poltrone dello studio di Porta a porta è che il governo intende accelerare sulla legge che dovrebbe regolare il rapporto tra i parlamentari e i lobbisti, i portatori di interessi che lavorano per aziende, multinazionali, categorie professionali o sociali.

Legge che non c’è e la cui assenza è illuminata dalla vicenda di Federica Guidi, dalle telefonate tra l’ex ministro dello Sviluppo economico, già accusata di conflitto di interessi per via dell’azienda di famiglia, Ducati Energie, e il suo compagno, Gianluca Gemelli, accusato di «traffico di influenze illecite».

L’accusa di Gemelli cita l’articolo 346 bis del codice penale, un reato voluto dal ministro Cancellieri che però da solo non regolamenta le molteplici forme con cui le lobby si interfacciano con le istituzioni, ed è insufficiente a definire i confini di quella che potremmo considerare un’attività di lobby positiva, come nota Pier Luigi Petrillo, professore di Teorie e tecniche del lobbying alla Luiss Guido Carli di Roma: «Si è introdotto il reato di traffico, che descrive il lobbying illecito, senza tracciare prima i confini del lobbying lecito».

Per ora però le intenzioni, ribadite da Boschi, non hanno prodotto molto. Sono quasi due anni che la commissione Affari costituzionali del Senato ha in mano una serie di testi sulla materia, più o meno stringenti. Ed è quasi un anno che tra le dodici diverse proposte è stato individuato un testo base, quello dell’ex Cinque Stelle Luis Orellana, su cui sono stati presentati circa 250 emendamenti.

«Ma non sono neanche ancora stati raccolti in un fascicolo», dice all’Espresso Orellana, «tant’è che non ho potuto ancora leggerli, non essendo io membro della prima commissione». Dopo le dichiarazioni di Maria Elena Boschi i più scommettono che la presidente Anna Finocchiaro faccia riprendere l’iter, perché nel merito non se ne discute da giugno 2015, salvo l’impegno messo a verbale nella seduta del 25 novembre scorso, quando la commissione si riprometteva di «riprendere l’esame del disegno di legge».

Cosa mai successa. Tra gli aspetti positivi del testo di Orellana c’è il cosiddetto divieto “revolving doors“: il rappresentate o il dirigente dell’istituzione pubblica, se cambia lavoro, non potrà diventare lobbista, almeno per due anni.

A parziale discolpa dei senatori bisogna dire che la commissione ha prima dedicato molti mesi alla riforma costituzionale e poi ora ha sotto esame, tra le altre, la legge sul conflitto di interessi già approvata alla Camera (anche questa sarebbe stata utile nel caso Guidi, anche se il testo in questione non avrebbe impedito la nomina della vicepresidente di Confidustria) e la riforma della legge sul sostegno all’editoria. Comunque, mentre si attende di capire come il governo voglia concretizzare l’impegno dichiarato e se la commissione del Senato possa accelerare, la Camera dei deputati potrebbe esser la prima a intervenire.

Un testo fotocopia di quello di Orellana è stato infatti presentato anche Montecitorio dalla deputata di Scelta Civica Adriana Galgano, anche se il successo per ora è lo stesso. Scarso: presentata a ottobre 2015, assegnata alla prima commissione, l’iter non è cominciato. Più fortunato potrebbe esser invece Pino Pisicchio. La giunta per il regolamento, infatti, venerdì 8 aprile chiude il termine per la presentazione degli emendamenti al testo che porta la firma del deputato centrista e che punta a istituire «un registro dei soggetti che svolgono attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati». Sarebbe solo un protocollo, e durerebbe solo fino alla fine della legislatura (questo perché altrimenti dovrebbe passare al voto dell’aula) ma sarebbe un primo passo avanti: «Molto piccolo», commenta Orellana, «perché a differenza di quello che potrebbe fare una legge vera e propria riguarda solo i deputati e non tutti gli altri decisori pubblici su cui i portatori di interessi esercitano le loro legittime pressioni. Non c’è il governo, tanto per cominciare e quindi non ci sarebbe stata la Guidi, e non ci sono i dirigenti dei ministeri che spesso sono più preziosi di noi parlamentari». «Entro la fine di aprile possiamo approvarlo», dice comunque Pisicchio. E almeno sapremmo chi può entrare a Montecitorio oltre ai deputati e ai giornalisti.

Con il protocollo della Camera, non si risolve certo il tema degli incontri fuori dalle istituzioni, né il tema dei finanziamenti delle aziende alla politica, che d’altronde non risolve neanche il testo Orellana che prevede sanzioni per chi non si iscrive ai registri e l’obbligo per i portatori di interessi di pubblicare un annuale report su chi si è incontrato e perché. «Si potrebbe inserire anche l’obbligo di un report per i decisori pubblici», ragiona Orellana con l’Espresso, «così da incrociare i dati e verificare le dichiarazioni, ma certo gli incontri informali, a casa o in un caffè, si potrà sempre trovare il modo di tenerli segreti». Quello di Pisicchio sarebbe comunque un passo verso un registro sul modello delle istituzioni europee, dove c’è il “Registro per la Trasparenza”, un database dove sono iscritte quasi 10mila lobby, di tutti i Paesi, Italia inclusa. Se ne iscrivono 50 ogni settimana tra uffici di consulenza, gruppi di categoria, di settore, dell’industria o studi legali, liberi professionisti, associazioni professionali, charity e ovviamente ong e gruppi religiosi.

E proprio al modello europeo pensa il professor Petrillo che ancora a Annalisa Chirico de Il Foglio dice: «Non serve l’ennesimo albo professionale, io li abolirei tutti. Basterebbe introdurre un registro, sul modello europeo, fissando criteri di accesso trasparenti». Parlamentari e ministri, però, dovrebbero poi esser obbligati «a tenere un’agenda conoscibile degli incontri con i portatori di interesse». Il cittadino così potrebbe valutare la frequenza degli incontri e gli effetti sulle norme approvate. Sui finanziamenti, invece: «Le lobby non dovrebbero finanziare le campagne elettorali», dice ancora il professore. Ma qui l’orientamento è diverso. Nessuna delle leggi presentate affronta il tema, che d’altronde è stato normato con la riforma del finanziamento dei partiti, mantenendo solo il 2 per mille come forma di finanziamento pubblico e consentendo i finanziamenti privati anche da società e associazioni.

Fonte: Luca Sappino, L’Espresso

http://goo.gl/EiQrGo

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La Notizia_Lobbisti regolati per legge. Il Pd cerca la sponda “grillina” http://www.lobbyingitalia.com/2016/02/la-notizia_lobbisti-regolati-per-legge-il-pd-cerca-la-sponda-grillina/ Wed, 10 Feb 2016 09:43:25 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3171 La legge sulla regolamentazione delle lobby potrebbe vedere la luce. Con la possibilità di mettere nero su bianco alle procedure di accesso ai centri decisionali, Parlamento in primis, da parte dei lobbisti. E questa volta non si tratta dell’ennesima proposta piena di buone intenzioni. Perché c’è già un accordo di massima nella maggioranza per l’approvazione del testo-base del senatore, Luis Orellana (Gruppo Misto), trasformato in emendamento al ddl Concorrenza in esame al Senato. Ma c’è poco da brindare: la proposta è subito finita sotto il fuoco incrociato dei lobbisti stessi, che chiedono un intervento più incisivo, e del Movimento Cinque Stelle, creando un’insolita intesa.

NEL MIRINO – Il tema ha appassionato molto i parlamentari: sono sedici le proposte di legge depositate nella legislatura in corso; sette alla Camera e nove al Senato. La soluzione è stata cercata anche con modalità diverse: a Montecitorio, viste le difficoltà nel trovare un accordo, si stava approntando un nuovo regolamento, fermo però da tempo, mentre a Palazzo Madama si stava percorrendo la strada della normativa. E in questo contesto si inserisce un ragionamento pratico. “Senza una riforma dei regolamenti parlamentari, qualsiasi intervento legislativo rischia di essere vanificato”, spiega un deputato del Partito democratico in via informale.

COSA PREVEDE – La discussione è confluita nel calderone del ddl Concorrenza. “Avrei preferito una discussione su uno specifico disegno di legge”, ammette Luis Orellana. “Ma per concretezza ho presentato un emendamento per recepire testo”, aggiunge. L’iniziativa del senatore, ripresentata alla Camera dalla deputata di Scelta Civica Adriana Galgano, prevede l’istituzione di un registro dei rappresentanti di interessi con un comitato che vigili sul loro operato. E, secondo quanto risulta a La Notizia, i partiti di maggioranza e il governo sono orientati all’approvazione. Il relatore della legge, il senatore del Pd, Salvatore Tomaselli, non si sbilancia: “Guardo con favore alla proposta. C’è la necessità di varare una normativa sulla questione. Ed è meglio inserirlo in un provvedimento, già in seconda lettura, invece di ripartite da zero con una proposta di legge”. Stando alle previsioni in settimana dovrebbe iniziare il confronto sulla questione a Palazzo Madama. “Io – aggiunge Orellana – ho pensato a una normativa che possa includere tutte le attività degli enti pubblici”.

NO M5S E LOBBISTI – Le opposizioni sono sul piede di guerra. “Al testo manca un intervento sul cosiddetto sistema ‘delle porte girevoli’, la prassi per cui le lobby diventano un ufficio di collocamento per i politici”, afferma Giovanni Endrizzi, capogruppo del Movimento Cinque Stelle nella commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama. A fargli eco il collega Vito Crimi, ex presidente dei senatori pentastellati: “La prima cosa che bisognerebbe fare è l’intervento sugli accessi dei lobbisti nei Palazzi, che vanno assolutamente tracciati, per sapere chi invita chi”. Si dirà, i soliti grillini. E invece, seppure in un’ottica diversa, anche tra i lobbisti c’è chi manifesta perplessità. Antonio Iannamorelli, direttore operativo di Reti, società di lobbying e Pubblic Affairs, mette in evidenza le criticità del testo: “Serve un registro volontario che conceda agli iscritti dei reali diritti. In questo caso ci sarebbe davvero una corsa dei lobbisti a iscriversi, anche se fosse previsto un pagamento per l’iscrizione”.

IL PARADOSSO – Ma quali sono i diritti? “Prima di tutto un badge unico concesso annualmente per accedere ai luoghi di decisione e poi la certificazione della risposta in un termine congruo da parte dell’interlocutore. Altrimenti di corre il rischio di far partire la corsa all’escamotage per evitare l’iscrizione”, aggiunge Iannamorelli. E per paradosso i lobbisti dovranno fare attività di lobbying per una legge che regolamenti il loro lavoro. Cercando la sponda con i ‘nemici’ dei 5 Stelle.

Fonte: Stefano Iannaccone, La Notizia

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Che fine ha fatto il “ddl lobbying”? Lo chiedono anche i lobbisti http://www.lobbyingitalia.com/2016/01/che-fine-ha-fatto-il-ddl-lobbying-lo-chiedono-anche-i-lobbisti/ Tue, 12 Jan 2016 10:48:17 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3122 Un articolo di Public Policy a cura di Fabio Napoli fa il punto sulla situazione attuale della regolamentazione delle lobby in Italia, ancora in attesa di passi decisi in questa direzione da parte del Governo.

In questa legislatura se ne sono occupati sia il governo Letta che quello Renzi ma una vera regolamentazione delle lobby stenta ancora a partire.

Per ora il ddl che se ne occupa è ancora fermo in prima lettura in commissione Affari costituzionali del Senato. Dopo il quinto slittamento del termine per presentare gli emendamenti i gruppi parlamentari hanno presentato – a giugno 2015 – circa 250 emendamenti che attendono di essere votati. Il ddl, se tutto va bene, dovrebbe essere esaminato dopo la proposta di legge sul terzo settore, in via di esame in 1a commissione.

Eppure era l’aprile del 2014 quando il governo Renzi inserì la regolamentazione delle lobby nel Piano nazionale di riforme (una delle tre parti del Def). L’esecutivo avrebbe dovuto licenziare un ddl a giugno di quell’anno, termine poi slittato a settembre.

Arrivato l’autunno il governo abbandonò il progetto di un disegno di legge governativo per puntare sui progetti depositati in Parlamento. Ancora prima ci aveva provato il governo Letta, con un apposito ddl governativo, più volte approdato in Cdm e mai uscito da Palazzo Chigi. Il ddl dell’esecutivo, dopo diversi tavoli di lavoro, sembrava essere pronto per essere licenziato quando il 5 luglio 2013 l’allora premier Enrico Letta annunciò il rinvio e la decisione di affidare al ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi il compito di fare “una ricognizione sulla regolamentazione delle lobby a livello europeo” che non venne mai portata a termine.

Intanto, sui vari canali di comunicazione i professionisti del settore non perdono occasione di confrontarsi sulla necessità di una regolamentazione del settore, anche avviando interessanti discussioni su Twitter aperte alla partecipazione di lobbisti e consulenti per i public affairs, o condividendo le ultime notizie italiane e internazionali sulle best practice di regolamentazione del settore. Servirà però un deciso intervento di Palazzo Chigi per compiere i primi passi verso una normativa nazionale.

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Min. Orlando ribadisce: serve norma per regolamentare le lobby http://www.lobbyingitalia.com/2015/10/min-orlando-ribadisce-serve-norma-per-regolamentare-le-lobby-ansa/ Wed, 07 Oct 2015 07:49:58 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2975 Rappresentanza di interessi parte integrante del processo legislativo. Obiettivo di dotarsi di procedure trasparenti e tracciabili. Necessità di portare a un punto di approdo finale le proposte di legge attualmente in discussione in Parlamento.

Ieri a Roma nella sede della Banca d’Italia, durante la presentazione del Rapporto Onu sulla lotta alla corruzione in Italia, nel convegno organizzato dal Ministero della Giustizia e dall’Autorità nazionale Anticorruzione, il ministro Orlando si è focalizzato su questi punti nella (ennesima) promozione di una norma sul lobbying in Italia.

Nella formazione delle decisioni pubbliche è da sempre parte integrante del processo politico legislativo (sia locale che nazionale) la rappresentanza di interessi particolari. Le democrazie devono dotarsi di procedure trasparenti e tracciabili di rappresentanza degli interessi a ridosso del processo decisionale, ciò che è tanto più necessario in quanto il nostro Paese è ancora di recente intervenuto in materia di finanziamento pubblico ai partiti politici, abolendolo nella forma diretta“.

Sono state approvate in questa materia leggi regionali (in Toscana, in Molise, in Abruzzo) e sono in
discussione in Parlamento varie proposte. Abbiamo bisogno di portare questa discussione a un punto di approdo finale“.

L’ultima indiscrezione sul passaggio in aula del ddl lobby attualmente depositato in commissione Affari Costituzionali risale allo scorso settembre.

 

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Con il nuovo anno, ddl lobby in aula? [Public Policy] http://www.lobbyingitalia.com/2015/09/il-ddl-sulle-lobby-arrivera-in-aula-a-inizio-2016-forse-public-policy/ Tue, 15 Sep 2015 14:18:17 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2941 Il disegno di legge sulla regolamentazione delle lobby, fermo in prima lettura in commissione Affari costituzionali al Senato da diversi mesi, non potrà arrivare in aula prima della fine dell’anno. Dunque se ne riparla a inizio 2016. La conferma è arrivata a Public Policy da una fonte di governo.

La 1° commissione di Palazzo Madama è infatti alle prese con il ddl di riforma della Costituzione e con il ddl delega del governo di riforma del terzo settore, che in questi giorni ha ripreso ad essere esaminato. Tempi stretti, dunque, anche in considerazione del fatto che il 15 ottobre inizia la sessione di bilancio e i lavori delle commissioni dovranno concentrarsi solo sulla legge di Stabilita’.

Proprio in questi giorni, tuttavia, la commissione Affari costituzionali ha messo all’ordine del giorno un nuovo disegno di legge, quello per la Giornata nazionale della memoria delle vittime dell’immigrazione (domani scadrà il termine degli emendamenti e mercoledì verrà esaminato in sede referente).

Il ddl sulle lobby, sul quale sono già stati depositati circa 250 emendamenti, aveva subito già diversi slittamenti: per cinque volte il termine per presentare le proposte emendative in commissione era stato posticipato, da aprile a giugno.

Sarà questa #lavoltabuona?

Fonte: Public Policy

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Lobby & Stato: Pistelli-Eni, revolving doors inappropriate? http://www.lobbyingitalia.com/2015/07/lobby-e-stato-pistelli-eni-revolving-doors-inappropriate/ Sat, 04 Jul 2015 14:05:40 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2843 In molti hanno criticato la scelta di Lapo Pistelli, passato da un seggio parlamentare a una scrivania dei piani alti di Eni. Per ovviare alle critiche, basterebbe una norma sulle revolving doors in una legge sulle lobby: che però rischia di essere accantonata dopo le dichiarazioni della senatrice Finocchiaro.

Lapo Pistelli, viceministro degli Affari Esteri del governo Renzi, lo scorso 15 giugno ha annunciato di voler lasciare il PD e la politica per diventare senior Vice President dell’Eni. A 51 anni, l’ex candidato sindaco di Firenze (sconfitto proprio da Renzi, suo ex collaboratore negli incarichi da assessore al Comune di Firenze, alle primarie per la candidatura comunale del 2009) passa dal pubblico al privato diventando un lobbista, a tutti gli effetti, della società del cane a sei zampe. “Mi occuperòspiegadi promuovere il business internazionale e di tenere i rapporti con gli stakeholders, in Africa e in Medio Oriente, e dei progetti sulla sostenibilità”.

Sin dai tempi di Enrico Mattei, Eni è uno dei maggiori strumenti di “diplomazia economica” dello Stato italiano (sebbene l’azienda sia una società per azioni dal 1992), in particolare nei principali poli petroliferi mondiali (Baltico, Nordafrica, Asia-Pacifico). Eni, a partire dagli anni Sessanta, ha contribuito a molte scelte di policy estera dei governi italiani, che molto spesso hanno creato imbarazzi con le diplomazie occidentali nell’ottica del conflitto bipolare (basti pensare all’avvicinamento ai “Paesi non allineati” nel secondo dopo guerra, o alla Libia negli anni Ottanta fino alla fine del regime di Gheddafi), con logiche tipiche del realismo politico e della diplomazia parallela a quella statale, che hanno portato anche a spiacevoli dubbi sulla trasparenza (si veda, ad esempio, l’inchiesta di Report del 2012). Ciononostante, la compagnia petrolifera rimane uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana, e le nomine dei vertici spesso sono fotografia della situazione politica nazionale.

La scelta di Pistelli ha destato interesse all’interno del settore delle relazioni istituzionali, in particolare in merito al pericolo del cosiddetto fenomeno delle “revolving doors”, ovvero del passaggio (spesso immediato, se non a volte addirittura solo formale ad attestazione di una evidente commistione tra interessi pubblici e privati) dall’attività politica a quella privata, o viceversa. Il dibattito sulle revolving doors e sulla trasparenza dei rapporti tra gruppi di pressione e decisori politici è attuale in tutto il mondo (uno dei più recenti articoli di Politico ne parla in merito all’Unione Europea, ma se ne discute anche negli USA, nel Regno Unito, in Germania).

Al momento dell’annuncio di Pistelli, che segue l’altro “non-renziano” Enrico Letta nella scelta di lasciare la politica per lavorare nel settore privato (l’ex premier ha detto sì alla prestigiosa università parigina della Sorbona), molte forze politiche hanno espresso la preoccupazione di una sovrapposizione tra gli interessi statali e quelli petroliferi. Il deputato di Sel Giulio Marcon ha presentato una interrogazione parlamentare con i deputati di Sel Scotto, Airaudo e Palazzotto, per chiarire quali rapporti intercorressero tra l’ad di Eni Descalzi e Pistelli quando deteneva la carica di viceministro. Il MoVimento 5 Stelle ha votato “no” alle dimissioni di Pistelli dalla carica di deputato, definendo il suo nuovo incarico “immorale” e proponendo un emendamento alla delega sulla Pubblica Amministrazione proprio per inserire l’incompatibilità di incarico negli enti pubblici o controllati a chi nei 5 anni precedenti ha ricoperto incarichi di governo o è stato parlamentare. A tutti gli effetti un periodo di “cooling-off”, a dire il vero molto lungo rispetto a quanto previsto nelle normative più avanzate in materia di conflitto di interessi. Maurizio Gasparri, di Forza Italia, ha definito la nomina di Pistelli ad Eni un “contentino” da parte del premier per non aver assegnato al concittadino la poltrona di Ministro degli Esteri (non senza indiscrezioni polemiche).

Il costituzionalista Andrea Pertici ha invece segnalato che la legge Frattini del 2004 sul conflitto di interessi prevede un periodo di “raffreddamento” di 12 mesi, che però spesso viene aggirato a causa di interpretazioni molto estensive della norma (legge che secondo  secondo l’Ocse è scritta male e viene applicata peggio). Ma l’autorità Antitrust “non ha ravvisato problemi nel passaggio diretto da viceministro degli Esteri a manager del gruppo petrolifero”, in quanto non esisterebbero legami sostanziali tra l’incarico precedente e quello successivo di Pistelli. La nuova nomina è invece stata ben accolta dalla maggioranza di governo: Pistelli, un’ottima carriera nei principali ministeri dello Stato, diventa quindi un asso della manica nella società delle cui azioni lo Stato detiene ancora la maggioranza, in un momento in cui è in atto un rimescolamento degli incarichi delle principali partecipate e, in particolare, anche interno ad Eni (è notizia recentissima l’uscita dal management della petrolifera dell’economista Zingales, scelto proprio da Renzi).

Facendo una prima riflessione, l’ex viceministro Pistelli non è censurabile giuridicamente (come del resto riconosciuto dall’AGCM) per aver accettato un incarico prestigiosissimo in un settore economico strategico per l’Italia, nella società leader nazionale. Ha la giusta esperienza a livello politico, un background accademico di tutto rispetto, una reputazione ed un bagaglio tecnico su cui non possono essere mosse obiezioni. Ci si chiede, però, se un passaggio diretto di questo genere sia eticamente appropriato, senza un periodo di “raffreddamento” e con una carica politica ancora in corso. Un esempio virtuoso, uno dei pochi che si ricordi, è ad esempio quello del deputato di Forza Italia Alberto Giorgetti, sottosegretario all’Economia in tre governi (Berlusconi, Monti e Letta), con affidata la delega ai Monopoli (incluso quindi il gioco d’azzardo). Anche in quel caso, un gigante del settore (Lottomatica) pare avesse promesso una poltrona al sottosegretario nel giugno 2014, rifiutata da Giorgetti, anche per evitare polemiche che erano subito montate . Una mossa eticamente encomiabile.

Un’altra possibile riflessione può essere fatta sulla possibilità di prevedere una norma efficace sulle revolving doors nell’ordinamento nazionale, magari all’interno del provvedimento sulle lobby. Che però ieri ha visto l’ennesima battuta d’arresto, stanti le dichiarazioni della presidente della 1° commissione Affari Costituzionali del Senato Anna Finocchiaro sull’attuale ddl in discussione, con il testo-base del senatore ex M5S Orellana. Dopo settimane di rinvio della discussione, infatti, è stato annunciato che “per l’esame nel merito del disegno di legge di regolazione delle lobby bisognerà aspettare settembre, nonostante il ddl lobby non sia un tema divisivo”. L’ennesimo passo indietro per una regolamentazione richiesta a gran voce dai professionisti del settore, che sembrava arrivata ad una svolta dopo l’indiscrezione della virata su un testo governativo (il ddl Verducci), che sarebbe stato discusso dopo l’approvazione della riforma del terzo settore. Anch’essa, però, rinviata a settembre. La normativa renderebbe il passaggio tra incarichi trasparente e motivato, e favorirebbe lo spostamento del focus della discussione politica dal pericolo dello spettro della corruzione al premio del principio di meritocrazia.

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Il ddl Lobby? Al Senato non è la priorità del governo (Public Policy) http://www.lobbyingitalia.com/2015/06/il-ddl-lobby-al-senato-non-e-la-priorita-del-governo-public-policy/ Wed, 10 Jun 2015 12:00:03 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2822 “La 1a commissione del Senato ha delle priorità che sono la riforma del terzo settore per prima, poi la riforma costituzionale e infine il disegno di legge sulle lobby“. A dirlo a Public Policy è stato il sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti.
Per il momento il sottosegretario ha spiegato che non sono previsti emendamenti né da parte del governo né da parte del relatore, il senatore di Italia lavori in corso (ex M5s) Francesco Campanella: “L’idea – ha spiegato Pizzetti – è quella di non presentare testi alternativi del governo ma di concordare le eventuali modifiche insieme al relatore”.
Alla domanda se, dunque, il ddl slittasse a settembre il sottosegretario ha risposto: “Non è detto, dipende da quando la commissione licenzierà i testi“.

Fonte: Public Policy

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Il gran ritorno del Registro dei lobbisti (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2015/06/il-gran-ritorno-del-registro-dei-lobbisti-formiche-net/ Fri, 05 Jun 2015 16:52:39 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2805 (Arnaldo Selmosson) Un passo indietro e uno avanti. Il ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha infatti reso noto il 28 maggio – nel corso della “Giornata della trasparenza”, organizzata nella Sala Cavour del ministero – che è stato firmato il decreto ministeriale che istituisce l’Elenco dei portatori di interesse che possono essere chiamati a partecipare a forme di consultazione da parte del Ministero.

L’obiettivo è incentivare e garantire la partecipazione dei portatori di interessi al processo decisionale per migliorare la qualità e la trasparenza dell’azione amministrativa nella fase di produzione degli atti normativi e dei regolamenti.

Con questo decreto – ha commentato il ministro Maurizio Martina – facciamo un passo in avanti importante sul versante della trasparenza nella Pubblica Amministrazione. Migliorerà la qualità dei processi decisionali dell’Amministrazione, un elemento fondamentale per rendere un buon servizio ai cittadini e semplificare la vita alle imprese“.

L’Elenco viene suddiviso in tre categorie:

– Organizzazioni professionali e associazioni di categoria delle filiere agricole e della pesca già note all’amministrazione e consultate durante la fase preparatoria di provvedimenti attuativi di norme e regolamenti;
– Associazioni dei consumatori e degli utenti membri del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti presso il Mise;
– Soggetti pubblici o privati con provato interesse per le materie di competenza del Mipaaf.

Il decreto ministeriale disciplina l’istituzione e l’aggiornamento dell’elenco attraverso procedure on line direttamente sul sito del Ministero e le modalità con cui l’amministrazione consulta i portatori di interessi.

In particolare, per iscriversi all’Elenco si dovrà compilare un semplice form di registrazione, indicando una serie di dati relativi all’attività svolta. Ogni iscritto presenterà una relazione annuale nella quale dovrà indicare il lavoro di rappresentanza di interessi condotto nei confronti del Ministero. L’Elenco, al pari delle relazioni prodotte, sarà consultabile da chiunque sul sito internet del Mipaaf.

Il ministero dell’Agricoltura diventa quindi il secondo dicastero a dotarsi di una regolamentazione insieme a quello delle Infrastrutture, dove però è il solo viceministro Riccardo Nencini ad attenersi, come spiegato tempo fa a Formiche.net: “Sul funzionamento ci sono varie ipotesi allo studio. Io al Ministero sto utilizzando quella più semplice, in auge al Parlamento Europeo. Chi vuole un appuntamento, deve registrarsi e indicare nome e cognome. Gliene chiediamo la ragione e, se ci sono documenti da consegnare, vengono registrati. Quindi, c’è un primo approccio trasparente al rapporto con il potere pubblico”.

Ma per chi ha memoria, il MIPAAF in realtà era già stato il primo.

Il passo indietro e il passo avanti

Quella volta l’annuncio avvenne nel Salone dell’Agricoltura del MIPAAF. In quel mercoledì 1 febbraio 2012 Mario Catania, allora ministro delle Politiche Agricole del governo Monti, rese pubblico il testo del Decreto Ministeriale – il n.2284 del 2012 – per regolamentare la partecipazione dei gruppi di interessi ai processi decisionali del ministero. In sintesi, un embrione di regolamentazione dell’attività di lobbying. Il primo vero atto con obblighi e diritti per rappresentanti di interessi e per la pubblica amministrazione dopo 40 (all’epoca, oggi siamo intorno ai 60) e più progetti di legge e il “ddl Santagata” del governo Prodi, nessuno dei quali andati in porto.

Il Registro venne quindi messo online nel novembre 2012, e per la prima volta in Italia si potè leggere una lista di lobbistici autodichiarati – aziende, società di consulenza, ecc., ma non le associazioni di rappresentanza – e degli interessi rappresentati. Un vero passo avanti verso la trasparenza, secondo molti addetti ai lavori.

Poi il suo successore, Nunzia De Girolamo, rottamò di fatto il Registro dei rappresentanti di interessi del Mipaaf, come raccontato da Formiche.net nel 2013. L’Unità per la Trasparenza fu in sostanza smantellata.

Ma qualcuno voleva essere sicuro che il Registro finisse definitivamente nel dimenticatoio, e – secondo alcune indiscrezioni – di recente qualcuno ai massimi livelli della struttura burocratica del Ministero ha provveduto prima a smantellare definitivamente l’Unità per la Trasparenza con apposito Decreto e ha poi provveduto a far rimuovere dal sito la pagina del Registro, senza peraltro informare gli iscritti né dare spiegazioni, nonostante le richieste scritte dell’associazione il Chiostro.

Venuto a conoscenza della questione, ed evitando polemiche, il ministro Martina ha deciso di intervenire ristabilendo lo status quo con un nuovo decreto, anche se nel comunicato non si fa alcun riferimento al fatto che in realtà il Registro già esisteva.

I lobbisti guardano con attenzione a questo nuovo Registro, con la speranza che possa diventare l’embrione di una normativa quadro nazionale. Al Senato è fermo da tempo un testo base di ddl “lobby” a firma Orellana, sui cui si sono anche svolte varie consultazioni, ma da più parti si dice che il governo voglia intestarsi una tale riforma e che il vero testo (si parte dal ddl del piddino senatore Verducci?) possa arrivare subito dopo l’approvazione al Senato della riforma del Terzo Settore.

Sarà da capire però se sarà un provvedimento per la trasparenza, o se renderà trasparente invece che dei legittimi rapporti tra lobby, politica e burocrazia non si debba continuare a sapere nulla.

Fonte: Formiche.net

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I lobbisti per legge in Parlamento (TheFrontPage.it) http://www.lobbyingitalia.com/2015/02/i-lobbisti-per-legge-in-parlamento-thefrontpage-it/ Wed, 11 Feb 2015 18:59:11 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2717 Colleghi lobbisti, tutto bene ma… cominciamo a sembrare una compagnia di giro. Una ventina di professionisti sono stati chiamati in Parlamento a dire la loro sul lavoro che sta facendo la prima commissione del Senato, per riunire in un solo progetto di legge la regolazione dell’attività lobbistica.

Ne rendono conto Public Policy e Lobbying Italia, i Senatori presenti (tra loro, la Presidente Anna Finocchiaro), il Senatore  Roberto Kociancich e il relatore  Francesco Campanella, che sono apparsi attenti, curiosi e interessati. I DDL abbinati al AS 281 sono tanti, di tempo ne è passato tantissimo, anche per l’Italia. Ci sono state leggi regionali, decreti ministeriali e tante promesse. Ormai la questione non è quella di un riconoscimento professionale: le leggi anticorruzione e per la trasparenza sono talmente diffuse e intricate, da rendere la modulistica e gli obblighi contrattuali in materia di conflitti più spessa di un manuale di manutenzione aerea. I regolatori arrivano dopo.

Intanto però i decision maker sono influenzati dai media (un po’ meno), dai Social Media (sempre più), dalla magistratura (come prima) e dai lobbisti “di stato”; insomma più da “queste” lobbies che dagli elettori o da lobbisti di professione. Troppo spesso anche i Parlamentari si sentono deboli e incerti, in tempi di tsunami regolatorio. Ma le cose stanno cambiando, proprio perché la politica sta riprendendo peso.

La mia paura è che una discussione fatta di ceppi alle “sliding doors” e di paletti per definire l’ “ordine” citrullo dei lobbisti, sia vecchia e inutile. Il problema centrale è la trasparenza, la parità di accesso ed i conflitti di interesse in atto. Come c’è stato detto anche al Senato dalla stessa Finocchiaro: i Parlamentari sanno benissimo cosa è una campagna di lobbying, e il senatore Kociancich ha espresso il dubbio che volessimo indicare un recinto. Ricordandoci che sono tanti gli eletti che “rappresentano” più una categoria che l’interesse generale, ed anche per questo vengono eletti. Già, i sindacalisti presidiano le commissioni lavoro, gli avvocati e i magistrati (insieme) quelle di giustizia e sugli Ordini, i farmacisti, che pure dovrebbero non rappresentare insieme l’Ordine e i vigilati, contano più delle multinazionali farmaceutiche.

I dirigenti pubblici, poi, sono uniti in sindacati reali e de facto che presidiano tutto. Abbiamo avuto un consulente gratuito che usava le facilities del Parlamento per esercitare, ed un parlamentare europeo tedesco che è ufficialmente consulente retribuito anche dei gruppi per cui presenta mozioni. Chi svolge un ruolo di supporto alla rappresentanza, allora, più che metter recinti e sanzioni, dovrebbe imparare a far politica anche per chi non la sa fare, a convincere i clienti ad esser policy maker più che trick maker. Emendamenti, inserzioni malandrine in provvedimenti omnibus ci saranno a lungo. La legge Severino ed il cretinismo informativo ci spacceranno ancora per faccendieri e trafficanti, ma intanto va fatta un’opera di educazione e comunicazione reciproca.

Gli alfieri del “fuori i lobbisti”, del resto, sono assititi da un “lobbista ombra” che è proprietario della Casaleggio e Associati, ma protestano perché funzionari della Camera o del Governo svolgano corsi, presso società private, di drafting legislativo. Forse dovrebbero andarci a lezione! E dovrebbero far seguire alle parole i fatti, visto che anche questa parte politica aveva promesso regole, e per ora ha ottenuto restrizioni che lasciano il passo, col sistema dei tesserini amici, solo ai “sottobraccisti” di sempre.

Il ruolo dei parlamentari non è svilito dall’ascolto di interessi privati. Gli stessi parlamentari a 5stelle scrivono giustamente alle aziende della loro zona, il ruolo è semmai svilito dalla mancanza di trasparenza, dall’assenza di un “levelled field”, e questo può darlo solo un Freedom of Information Act, un Parlamento che funzioni meglio ed una maggiore apertura e reciprocità. Sì, apertura. Fate una legge se volete, regolate, risconoscete, ma soprattutto apritevi, gentili rappresentanti del popolo, ascoltate. Impariamo tutti che interessi diversi debbono confrontarsi affinché i decisori possano decidere con consapevolezza. Il diritto a informare e influenzare lo stabilisce la Costituzione.

Solo abbattendo le barriere i lobbisti saranno consulenti strategici. Solo con la trasparenza e con l’interazione fra cittadini ed interessi che gli eletti potranno decidere in piena indipendenza e alla luce del sole. Altrimenti, lobbisti e decisori saranno entrambi grigi e opachi passacarte del nulla.

Massimo Micucci

Ps: sui Ddl presentati trovate trovate qui e qui le nostre idee e proposte.

Link: http://www.thefrontpage.it/2015/02/11/i-lobbisti-per-legge-in-parlamento/

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