bistoncini – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Le società di lobbying in Italia, la top 11 dei bilanci [Milano Finanza] http://www.lobbyingitalia.com/2015/11/milano-finanza-montanari-lobbisti-bilanci/ Sat, 21 Nov 2015 08:19:06 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3056 Milano Finanza pubblica un’analisi di base sui bilanci delle principali società di lobbying in Italia, presentando fatturati, risultati e una classifica ipotetica (in quanto ognuna delle società in lista porta avanti anche attività diverse). L’autore, Andrea Montanari, mette anche in corretto risalto come il settore soffra in termini di dimensioni a causa dell’assenza di una normativa che regoli in maniera accurata l’attività di lobbying, a differenza ad esempio di paesi come gli USA o il Regno Unito,

Nel resto del mondo è un’attività fiorente e regolamentata. In Italia, invece, è ancora considerata come un lavoro da guardare con sospetto. Perché, nonostante tutto, la parola lobby difficilmente viene accettata. Si pensa che dietro si celino chissà quali retroscena. Ma forse è la mancanza di una legge, invocata da anni e al momento ferma sul tavolo del presidente della com-missione Affari Istituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, a non favorire lo sviluppo a pieno regime del business. Che, infatti, bilanci delle principali società del settore alla mano, vale complessivamente solo 13,5 milioni (tabella qui sopra).
Nulla, rispetto al reale valore del lavoro svolto e dei risultati spesso raggiunti. Anche perché il più delle volte i grandi budget sono gestiti direttamente dalle associazioni di categoria o dal-le strutture interne alle grandi aziende. E quindi, alle società di consulenza, di public affairs e di lobbying resta ben poco.

Il podio: Cattaneo&Zanetto rimane leader di mercato, seguita da FB&Associati e da Telos, che supera Open Gate Italia

Lo dimostra il fatto che il leader di mercato, la società Cattaneo&Zanetto, di Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto, lo scorso anno fatturava 3,93 milioni (con un utile di 626 mila euro), ossia un terzo dell’intero giro d’affari complessivo. Alle loro spalle si piazza, confermando il ruolo di secondo operatore del mercato, la società di Fabio Bistoncini, specializzata in advocacy e lobbying. La Fb & Associati lo scorso anno aveva chiuso il bilancio con ricavi per 2,53 milioni e profitti per 141 mila.

E se le prime due posizioni sono consolidate, la vera novità è rappresentata dal terzo piazzato, che ora non è più Tullio Camiglieri (ex giornalista Mediaset, poi a capo della comunicazione di Stream prima e Sky Italia poi), che dal 2008 è attivo con Open Gate Italia, bensì la prima donna del mercato, Mariella Palazzolo. La sua Telos Analisi & Strategie, con un fatturato 2014 di 1,34 milioni e un utile di 274 mila euro, ha conquistato la medaglia di bronzo dei bilanci. Quando invece nel 2013 Telos era sesta per giro d’affari.

Open Gate Italia “pulisce” i bilanci e cambia l’azionariato a seguito della nomina di Tommaso Pompei ad Amministratore Delegato della newco di Enel per la posa della fibra ottica.

Questo cambio di guarda è coinciso con una flessione dell’attività di Open Gate Italia, che tra l’altro è stata l’unica delle 11 società di riferimento a registrare una chiusura d’anno in perdita (-245 mila euro), costringendo i soci, in sede di approvazione del bilancio, ad abbattere e poi ricostituire il capitale con la contestuale uscita di scena dall’azionariato del manager Tommaso Pompei (ex Wind, oggi in Boscolo Group).

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In rilievo l’arrivo sul mercato di nuovi soggetti, a partire da Comin & Partners, che a quanto risulta a LobbyingItalia ha preso il via con clienti quali Ilva, Hitachi e Novartis.

Ma la vera novità del mercato del lobbying & public affairs, a detta di tutti gli operatori, è stata l’ingresso in scena di Gianluca Comin (ex Telecom, Montedison ed Enel) con la sua Comin&Partners che ha debuttato lo scorso anno (388 mila di euro di ricavi) e che quest’anno si è consolidata con la firma di parecchi incarichi di peso sul panorama industriale italiano.

Cambia l’ambito territoriale: dalle Regioni a Bruxelles

Tutti questi attori ora devono confrontarsi con alcuni trend che paiono emergere sul mercato, almeno in Italia. Il primo è quello dell’ambito territoriale d’azione. Perché se fino a qualche anno fa tutto si concentrava su Roma, con la devoluzione di alcuni poteri alle Regioni italiane, lobbisti e consulenti di public affairs devono essere più a contatto con governatori e manager pubblici locali. Senza trascurare la presenza in quel di Bruxelles, vera capitale della political intelligence.

Non solo politici: think tank, professori, opinion makers, ecc.

L’altro fattore da tenere in forte considerazione per il futuro è quel cambio dei referenti: non più solo i politici di turno in Parlamento, ma ora i riferimenti sono gli opinion maker, professori universitari ed esponenti dei vari think tank (65 quelli censiti dall’associazione Openpolis). Soggetti che con le loro valutazioni o esternazioni possono far cambiare direzione a un decreto o a una proposta di legge. Ma nell’era digitale i lobbisti non possono più trascurare i social network. E se non è affatto vero che Twitter in Italia fa davvero opinione in ambito politico-istituzionale, come invece accade negli Stati Uniti, è altrettanto vero che gli opinion maker ormai li usano per tastare il polso del mercato.

Fonte: Andrea Montanari – Milano Finanza

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La rivolta dei lobbisti: «Non siamo criminali» [Il Giornale] http://www.lobbyingitalia.com/2015/11/la-rivolta-dei-lobbisti-non-siamo-criminali-il-giornale/ Mon, 09 Nov 2015 08:03:10 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3026 In USA sono autorevoli e legittimati, da noi messi alla gogna. Ecco chi sono.

Esplode il caso Vatileaks e il giorno dopo sui giornali spuntano questi titoloni: «Francesca Chaoqui, la lobbista protetta tra feste con i vip e sfide ai potenti» (il Messaggero). E ancora: «Il prete e la lobbista, la strana coppia» (Il Fatto Quotidiano). A Roma i lobbisti, quelli veri, saltano sulle sedie.

«Mia nonna, classe 1925, che ancora legge i giornali mi ha detto preoccupata: ma tu fai quel lavoro lì? Allora è pericoloso. Si può essere arrestati?», ci dice al telefono Franco Spicciariello, fra i soci fondatori di Open Gate Italia, società romana specializzata in attività di public affairs, regolamentazione e comunicazione strategica. «Noi lobbisti di professione passiamo ore a esaminare testi di legge, bozze, emendamenti e tabelle per valutarne l’impatto economico, industriale e sociale per poi spiegarlo a chi rappresentiamo prima e alle istituzioni poi, cercando di evitare o risolvere problemi, di contribuire alla qualità della legislazione. E siamo professionisti che devono presentare le informazioni sempre in maniera reale e veritiera, altrimenti perdiamo credibilità e accesso, senza cui non potremmo più lavorare». I principali interlocutori? «Politici a tutti i livelli, assistenti parlamentari, capi di Gabinetto, eccetera. Inoltre, siamo i primi a chiedere di avere regole chiare affinché il nostro ruolo, legittimo e operato nell’assoluta trasparenza, non venga più confuso con quello ambiguo dei faccendieri».

Spiegare il lavoro di un lobbista, del resto, non è semplice. «Sono tecnici esperti, capaci di spiegare questioni complesse in maniera chiara e interessante», scrisse J. F. Kennedy sul NY Times nel 1956. Stando alla definizione che ne dà il mondo anglosassone, il lobbista è chi cura gli interessi di terzi nei confronti del decisore pubblico. Si definisce invece public affairs l’insieme di attività – dal monitoraggio alle relazioni pubbliche – che possono anche essere supporto all’attività di lobbying. Le PR invece rispondono ad un’esigenza più generale di far conoscere un servizio, un prodotto o un personaggio attraverso i media o diverse attività di relazione e comunicazione.

Ma qui siamo in Italia, mica in America dove la lobby è legittima, regolamentata e radicata nella cultura nazionale. Nel nostro Paese invece le regole ancora mancano e le revolving doors fra grandi aziende e politica continuano a girare pericolosamente: un funzionario del ministero o di un’Autorità può finire a fare il manager o il consulente in una grande azienda il cui mercato di interesse ha contribuito a regolare e viceversa. Mentre all’estero devono passare anche anni prima di fare il salto da una barricata all’altra.

Da noi è ancora tutto fermo: ad aprile la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama ha infatti adottato il ddl degli ex Movimento 5 Stelle Luis Alberto Orellana e Lorenzo Battista come testo base per disciplinare il fenomeno. Una proposta che prevede, fra le altre cose, l’istituzione di un “Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi” presso il segretariato generale della presidenza del Consiglio, più quella di un «Registro pubblico» al quale non potranno iscriversi i condannati in via definitiva per reati contro lo Stato e la pubblica amministrazione. Nulla si è poi mosso, anche perché il Governo non sembra interessato, nonostante gli annunci del passato.

Ma chi sono i lobbisti italiani più influenti oggi? Facendo un rapido sondaggio nei palazzi romani salta subito fuori un elenco di nomi. Da Francesco Delzio di Autostrade, a Franco Brescia per Telecom (di nota osservanza dalemiana, venne portato in Telecom dall’avvocato Guido Rossi, che lo aveva già chiamato a sé durante il commissariamento FIGC post Calciopoli) e Massimo Angelini direttore Public Relations di Wind, da Pasquale Salzano in quota Eni all’ex deputato di Forza Italia Chiara Moroni in Bristol-Myers Squibb nel farmaceutico, passando per Stefano Lucchini, responsabile della direzione centrale International and Regulatory Affairs di Intesa Sanpaolo.

Altre fonti «quotano» Paolo Bruschi per Poste Italiane, Stefano Genovese per Unipol e sempre sul fronte delle compagnie assicurative Simone Bemporad, direttore comunicazione e relazioni esterne del gruppo Generali. Poi ci sono le società di consulenza come Open Gate Italia, molto presente sul tema banda larga e ICT con l’ex capo delle strategie di Wind Laura Rovizzi, o la più “comunicativa” Reti dell’ex consigliere di D’Alema, Claudio Velardi, fino a Comin & Partners di Gianluca Comin. Altri nomi storici sono quelli di Giuliano Frosini per Lottomatica (ora Gtech) o Fabio Bistoncini di FB & Associati che ha pure scritto un libro («Vent’anni da sporco lobbista») ed è stato il primo in Italia a fondare una società di lobbying occupandosi soprattutto di diritto d’autore.

E le multinazionali? C’è Microsoft, dove Pier Luigi Dal Pino, scuola Procter & Gamble, da 15 anni naviga l’industria dell’ICT per conto di Bill Gates ed è diventato un riferimento per tutte le new entry del settore, mentre nel tabacco si scontrano Alessandro Poggiali di Philip Morris, Valerio Forconi di Imperial Tobacco e ultimo arrivato il rutelliano ed ex Finmeccanica Gianluca Ansalone a BAT. Quanto alle quote rosa, ci sono Veronica Pamio di JTI e Maria Laura Cantarelli di Nexive (ex TNT Post), entrambe ex Presidenza del Consiglio e di frequentazioni lettiane, con quest’ultima da anni al fronte «contro» Poste.

Tutti chiedono chiarezza. E trasparenza. Perchè le lobby all’italiana non diventino un paravento o un alibi della politica e la parola lobbista non sia più una parolaccia da mettere in un titolo di giornale.

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Il lobbying tra le professioni del futuro. Il Centro studi città di Orvieto ne parla con Fabio Bistoncini http://www.lobbyingitalia.com/2015/03/il-lobbying-tra-le-professioni-del-futuro-il-centro-studi-citta-di-orvieto-ne-parla-con-fabio-bistoncini/ Tue, 17 Mar 2015 14:00:03 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2720 Con il patrocinio del Comune e la collaborazione della Libreria dei Sette – Mondadori, il Centro studi città di Orvieto propone per sabato 21 marzo alle 11 presso l’atrio del palazzo dei Sette l’incontro Lobbying  &  Advocacy con Fabio Bistoncini che presenta il volume Vent’anni da ‘sporco’ lobbista (Ed. Guerini & Ass.)

Si tratta del primo incontro del “Cenacolo” attraverso il quale il CSCO presenta le professioni del futuro. Questo spazio di riflessione e approfondimento che fa parte della missione e dei valori del Centro studi città di Orvieto, comprende infatti attività culturali collaterali e di confronto con esperti sui grandi temi e completa l’azione del centro volta a contribuire fattivamente alla crescita delle competenze di chi vive sul territorio orvietano per innescare processi virtuosi di crescita e sviluppo basati sulla cultura. Il Cenacolo è dunque pensato come momento di ispirazione per nuovi progetti del CSCO nei campi dell’economia, lavoro, benessere, mestieri, competenze, spettacolo ed altro.

Fabio Bistoncini è fondatore e partner di FB e Associati, società fondata nel 1996 che si occupa di advocacy e lobbying. Laureato in Giurisprudenza alla LUISS di Roma, dopo la laurea ha iniziato a lavorare nel settore del Public Affairs e Lobbying in SCR Associati, società leader in Italia nel settore delle Relazioni Pubbliche. In seguito è diventato responsabile delle Relazioni Istituzionali per tutti i clienti delle agenzie del gruppo Shandwick in Italia. Docente in master e corsi di formazione, docente a contratto di Teorie e Tecniche delle Relazioni Pubbliche delle Organizzazioni Internazionali presso l’Università di Gorizia, autore di numerosi articoli, ha collaborato con il Dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli Studi di Pisa. Dal 2003 al 2007 è stato Vicepresidente della FERPI (Federazione delle Relazioni Pubbliche Italiana). Dal Giugno 2007 ha la delega alle relazioni istituzionali e ai rapporti con le altre associazioni del settore della comunicazione.

Vent’anni da ‘sporco’ lobbista. Nata negli USA, in Italia è una professione non ancora regolata da norme di riferimento ed il termine lobby viene prevalentemente associato ad azioni di corruttela da parte di gruppi di interessi che si muovono nell’ombra. La lobbying è invece un’attività connaturata a tutti i regimi democratici e consiste nel costante dialogo tra chi detiene il potere decisionale e parti della società che chiedono riconoscimento e tutela di propri interessi. Nel volume, l’autore traccia un vero e proprio identikit del lobbista, attraverso l’analisi di avvenimenti storici e politici e il racconto della sua esperienza professionale.

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Lobby, per società norme necessarie. E sul registro c’è l’ok (PublicPolicy) http://www.lobbyingitalia.com/2015/02/lobby-per-societa-norme-necessarie-e-sul-registro-ce-lok/ Wed, 11 Feb 2015 07:52:44 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2713 I pareri di Ferpi, SEC, Il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia

Regolamentare il settore, in maniera semplice e chiara per ottenere risultati concreti e non solo per aumentare la burocrazia. È un quadro articolato quello sulle lobby che esce dal ciclo di audizioni in commissione Affari costituzionali al Senato sul ddl “Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi particolari nelle relazioni istituzionali” in cui, però, abbondano i punti in comune. Sul registro obbligatorio tutti sono d’accordo (anche se con qualche sfumatura diversa), mentre emerge qualche distanza sulla gestione delle cosiddette ‘revolving door’, cioè il passaggio tra pubblica amministrazione e società di rappresentazione di interessi.

REGISTRO OBBLIGATORIO: OK QUASI UNANIME

Ferpi, Sec, il Chiostro, FB & Associati e Open Gate Italia, concordano sull’obbligatorietà del Registro a cui i portatori di interesse devono iscriversi, così come stabilito dal ddl. L’unica sfumatura è quella di Reti, per cui il Registro dovrebbe essere volontario e prevedere meccanismi di premialità. Secondo Sec, invece, per le società di consulenza il Registro dovrebbe essere ancora più ‘stringente’ perchè queste dovrebbero pubblicare anche i nominativi dei clienti per i quali svolgono l’attività e dei relativi compensi. Per il Chiostro, l’iscrizione dovrebbe essere consentita solo a chi rispetta determinati requisiti di onorabilità, mentre per FB dovrebbe essere accompagnato da un codice deontologico da sottoscrivere.

Anche per Open Gate gli iscritti al Registro dovrebbero essere tenuti al rispetto di un codice deontologico di condotta che possa rappresentare una codificazione di quelle best practices che i rappresentanti, ma anche i decisori pubblici, dovranno seguire. Molti rappresentanti hanno poi espresso la necessità che anche le associazioni di categoria, come sindacati, Confindustria o l’Anci, siano comprese, e quindi regolati, come portatori di interessi. Quasi unanime anche la necessità che il Registro sia unico e non diviso per amministrazioni.

INTERVENTO NORMATIVO NECESSARIO

Su un punto tutte le società di lobbying si sono espresse all’unanimità: un intervento normativo è ormai necessario. L’opportunità fornita dal ddl all’esame della commissione è quella di superare un vuoto normativo, si legge nel documento depositato da Reti. “È importante raggiungere una regolamentazione completa ed esaustiva del settore perché una legislazione chiara permette di favorire la trasparenza e ridurre comportamenti opachi che danneggiano la classe politica e i cittadini”, è il punto di vista di Sec. “È opportuno che il disegno di legge valorizzi il ruolo delle società di consulenza come ‘rappresentanti di interessi particolari’ che spesso permettono anche a soggetti che non sono in grado di agire singolarmente, ad esempio perché di piccole dimensioni, di poter presentare direttamente le proprie proposte. Ai fini del ddl è rilevante – spiega ancora il documento – che vengano considerati decisori pubblici non solo parlamentari e relativi staff, ministri e uffici di diretta collaborazione, dirigenti generali dei ministeri, ma anche le Autorità indipendenti e i rappresentanti delle Amministrazioni locali“. Regolare per raggiungere una maggiore trasparenza è un concetto sottolineato da tutte le società. Ferpi e Sec, per esempio, sottolineano il ruolo delle consultazioni per un maggior coinvolgimento trasparente dei portatori di interesse.

REVOLVING DOOR: PROBLEMA RISOLVIBILE

Il tema del passaggio da ruoli di decisori pubblici a quello di portatori di interessi, non è un tema trattato dal ddl 281, ma è comunque uno degli argomenti sensibili per regolare il settore delle lobby. Per Ferpi è “necessario limitare il fenomeno delle ‘revolving doors’ per garantire trasparenza e parità di accesso e limitare viceversa i casi di concorrenza sleale”. Il Chiostro propone una finestra di 2-4 anni prima del passaggio da un ruolo pubblico a quello di lobby, mentre per Ogi sono sufficienti due anni. C’è poi chi, come Reti, non ritiene quello delle ‘revolving door’ un problema, ma un tema da affrontare, e risolvere, in chiave di conflitto di interessi.

È LA VOLTA BUONA?

I senatori hanno dimostrato molti interesse ai rilievi mossi dalle associazioni e dalle società, riferiscono alcuni partecipanti all’audizione. “Servono norme semplici, efficaci e durature”, sottolinea Patrizia Rutigliano, presidente Ferpi. “Abbiamo espresso questi concetti e i senatori li hanno fatti propri dimostrando la volontà di proseguire il lavoro intrapreso”, aggiunge.

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Il Fatto parla di lobby e dintorni (con qualche imprecisione) http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/il-fatto-parla-di-lobby-e-dintorni-con-qualche-imprecisione/ Wed, 22 Jan 2014 09:10:50 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2109 Anacaitpr. Non è un errore di battitura, magari al posto di Anacapri. Anacaitpr sta per Associazione  nazionale allevatori del cavallo agricolo italiano da tiro pesante rapido ed è una delle 84 persone giuridiche portatrici di interessi particolari al ministero delle Politiche agricole, quello di Nunzia De Girolamo. In una sola parola: lobbismo.

In Italia, solo nel mondo dell’agricoltura si è tentato di regolamentare e rendere trasparente questa attività che evoca realtà sinistre che si muovono nell’ombra, capaci di curare solo gli interessi particolari a scapito di quelli della collettività. Un business che è impossibile quantificare e che gira attorno alla politica e alle grandi burocrazie. Ci sono i benefici che si ricavano dalle leggi e dagli assalti alla diligenza. E poi ci sono i contributi a partiti e parlamentari.

Per quale motivo un’azienda dovrebbe finanziare un deputato o un senatore? I settori più invadenti sono questi: assicurazioni, banche, energia, tabacchi, sanità, editoria, gioco d’azzardo. E il governo Letta, come già con Monti, rappresenta il terreno ideale per le lobby. Massimo Micucci, socio dell’ex dalemiano Claudio Velardi in Reti, società di lobbying, ha descritto in una lettera aperta al Movimento 5 Stelle (che vuole cacciare i lobbisti dal Parlamento) la giungla attuale:

Anche questo governo aveva in programma una regolamentazione della rappresentanza di interessi e non se ne è fatto nulla perché quella ‘lobby del caos’ che è la tecnocrazia dominante, ha sbarrato il passo al tentativo di rendere davvero obbligatorie interazione e trasparenza”.

L’ACCUSA è rivolta a quelli che preferiscono mantenere il loro potere di mediazione, come capi di gabinetto e funzionari ministeriali, e che bloccano ogni tentativo riformista. Micucci si chiede anche che fine abbia fatto l’Unità per la trasparenza del ministero delle Politiche Agricole [per saperlo, leggere qui], incaricata di redigere l’elenco dei lobbisti “agricoli”. L’organismo, infatti, non è stato aggiornato dai tempi del ministro tecnico Catania e sul sito del Mipaaf è possibile leggere tra i componenti il nome di Ernesto Carbone, oggi parlamentare renziano. Dice: “È una sciatteria del ministero di cui non so nulla. Da vicecapo di gabinetto di Catania ne facevo parte, ma ora non più. Se non funziona più è un’occasione persa”.

Nell’elenco c’è di tutto: associazioni di cavalli, allevatori, frantoi, energie agroforestali, industriali di carni, salumi e vino, consorzi della pesca.

OLTRE ALLA FILIERA ministeriale, c’è poi quella parlamentare. Micucci riassume altro caos: “I presidenti di commissione favoriscono gli emendamenti che gli piacciono, i gruppi fanno spesso da passacarte. La  presenza del governo in aula, nonostante tutta l’attività sia di origine governativa, è scarsa o concertata sulla base dei provvedimenti che interessa seguire. Se un provvedimento interessa i commercialisti ci va un sottosegretario che si occupa o ha rappresentato i commercialisti”.

PER GLI EX POLITICI, e non solo, il lobbismo è una grande occasione per riconvertirsi e mettere a frutto le loro relazioni nel Palazzo. Da qui nascono società come Reti, ma non solo. In Italia ci sono altre quattro società di spessore, che vantano clienti importanti, bisognosi di curare i loro affari presso i “decisori politici”: Cattaneo Zanetto (quest’ultimo è stato un forzista molto inserito), Fb e associati (Fb sta per Fabio Bistoncini), UtopiaLab di Giampiero Zurlo, Open Gate Italia di Franco Spicciariello. Cattaneo Zanetto, sul suo sito, si rifiuta di pubblicare l’elenco dei clienti per una questione di riservatezza, Open Gate invece lo fa e c’è persino l’Uefa-Europa League. Nel suo advisory board c’è Giorgio Mulè, direttore di Panorama , caso ufficiale di giornalista-lobbista.

Altro esempio è il sito centrista di Formiche , dove informazione e relazioni si legano a doppio filo. Gli incroci di interessi e nomi sono ampi e fittissimi. Da Open Gate (dove siede anche Tullio Camiglieri, ex uomo Sky) c’è un link che rimanda ad Arel, il centro studi di Enrico Letta. Alcuni numeri della pensosa rivista che produce sono aperti da saggi di Giulio Napolitano, docente universitario di diritto e figlio di Re Giorgio.

Questo è il lobbismo italico, bellezza. E questi i servizi che offre. Da una sito già citato: “Mappatura dei principali decision maker e influencer; programma di accreditamento con i decisori politici di Governo e Parlamento; attività diretta di rappresentanza degli interessi del cliente; presentazione di emendamenti e position paper presso le istituzioni; monitoraggio dell’attività legislativa; reporting periodico sull’iter dei provvedimenti legislativi; intelligence sullo scenario politico italiano”.  Sì anche l’intelligence. Del resto come auspica Micucci, con una regolamentazione “noi faremmo i consulenti politici e non i peripatetici nei corridoi”.

Fonte: Fabrizio D’Esposito – Il Fatto Quotidiano

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Professione lobbista: chi sono e cosa fanno http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/professione-lobbista-chi-sono-e-cosa-fanno-2/ Fri, 27 Dec 2013 17:24:18 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2034 Chi lo fa di mestiere assicura che nel settore di lavoro ce n’è. Basta prepararsi e non avere imbarazzi nel dire: «Faccio il lobbista». «Per anni quella dell’esperto di lobbying è stata l’unica professione in crescita nel mondo della comunicazione», spiega Fabio Bistoncini, fondatore dell’agenzia di consulenza Fb & Associati e autore del libro Vent’anni da sporco lobbista. «Chi ha le competenze e la capacità, anche in tempi di crisi, non fa troppa fatica a trovare un impiego in questo comparto».

Anche se si tratta di un ambito di nicchia, il richiamo dell’occupabilità potrebbe far guadagnare una fama migliore al ruolo di lobbista, che per lungo tempo in Italia è stato identificato nell’immaginario collettivo con il personaggio oscuro pronto a tutto, anche alla corruzione, pur di tutelare gli interessi di una determinata categoria.

Tuttavia, possibilità di assunzioni a parte, già negli ultimi anni la figura del “responsabile delle relazioni istituzionali” (o “public affairs specialist”, per dirla all’inglese) ha cominciato a conoscere una buona reputazione. Anche al di fuori delle aziende, sono tanti quelli che la considerano un’attività dignitosissima, che richiede studio, competenza e passione.

Ma chi è il lobbista? E cosa fa di preciso? «È un tecnico – dice Bistoncini – che rappresenta un gruppo di interesse e che ha l’obiettivo di comunicare con chi gestisce il processo decisionale per influenzarlo, cercando per esempio di modificare una normativa specifica oppure, ed è ciò che si definisce advocacy, tentando di inserire un tema all’ordine del giorno nell’agenda politica».

Concretamente il lobbying consiste nell’intrattenere rapporti quotidiani con i decision maker, termine ormai passato nel linguaggio comune per intendere le persone che prendono decisioni ai vari livelli di governo, presentare richieste motivate («spesso ci presentiamo già con gli emendamenti pronti», aggiunge il fondatore di Fb & Associati) e rispondere alle controdeduzioni dei politici cercando di rendere comprensibile ogni contenuto in poco tempo.

Non a caso, la frase più citata quando si parla di public affairs è quella di J. F. Kennedy: «I lobbisti sono quelle persone che per farmi comprendere un problema impiegano 10 minuti e mi lasciano sulla scrivania cinque fogli di carta. Per lo stesso problema i miei collaboratori impiegano tre giorni e decine di pagine».

Stabilire quanti siano gli specialisti di lobbying in Italia è impresa ardua perché non c’è ancora una normativa che imponga l’iscrizione in appositi albi professionali. Al momento, l’unica grande istituzione che ha voluto un elenco ufficiale è il ministero dell’Agricoltura. Mentre il ddl preparato lo scorso luglio dal governo Letta, che prevedeva appunto la creazione di un registro per i lobbisti che hanno rapporti con le pubbliche amministrazioni e la registrazione obbligatoria, è stato rinviato a data da destinarsi.

È noto però che molte di queste figure sono interne alle aziende e altre fanno consulenza nell’ambito di agenzie specializzate (in Italia ce ne sono una decina) o di studi legali. Poi ci sono singoli consulenti che lavorano in proprio. Le associazioni che rappresentano gli interessi di chi fa lobbying in Italia sono due: Il Chiostro e Ferpi (Federazione relazioni pubbliche italiana), che ha al suo interno una sezione dedicata a questi professionisti. Ma solo una parte dei lobbisti italiani è iscritta a queste organizzazioni.

In questo settore, si diceva, le opportunità di lavoro non mancano. Lo conferma anche Francesco Delzio, fondatore e condirettore del master post lauream in Relazioni istituzionali, lobby e comunicazione di impresa dell’Università Luiss di Roma: «È una sorpresa positiva vedere come anche in questi ultimi anni di crisi le aziende siano sempre più in cerca di queste figure e vadano a caccia di profili nuovi e più ispirati al modello anglosassone, dove le capacità del lobbista contano più del suo network di conoscenze. Ed è questo il tipo di professionista che intendiamo formare».

Per diventare specialista in relazioni istituzionali quindi è necessario un percorso formativo diverso rispetto al passato: «Se prima a fare questo mestiere erano soprattutto ex politici ed ex assistenti e collaboratori di politici – continua Delzio, che è anche direttore Relazioni esterne, affari istituzionali e marketing di Autostrade per l’Italia –, ora le imprese richiedono manager che abbiano competenze ampie in diritto, economia e comunicazione».

Nello specifico, secondo il condirettore del master Luiss, bisogna possedere una conoscenza approfondita del diritto pubblico a tutti i livelli (regionale, nazionale, comunitario e internazionale), essere in grado di misurare l’impatto di un provvedimento sul conto economico di un’azienda, muoversi agevolmente nella lettura di un bilancio, capire di micro e macroeconomia e padroneggiare le tecniche e gli strumenti della comunicazione, sia offline che online.

«Si è bravi quando si è capaci di costruire consenso intorno alla posizione che si sostiene», conclude il manager. «E lo si deve fare anche attraverso i media: l’obiettivo è far capire che con un certo provvedimento non si avvantaggia solo un gruppo di interesse ma tutta la comunità. La nostra funzione è nobile e determinante per la democrazia. Le strutture tecniche all’interno delle istituzioni si stanno indebolendo e siamo noi, in molti casi, a informare i decisori e a spiegare loro come funzionano certi settori».

Si potrebbe obiettare che i dati forniti dai gruppi di interesse possono essere opachi e parziali. Finora però quelli che hanno invocato più regole per il settore sono stati i lobbisti stessi. E sono stati i decision maker a non introdurre una regolamentazione stringente. Non sarà forse perché la trasparenza può creare qualche imbarazzo di troppo alla politica?

 

Fonte: Maurizio Di Lucchio – Linkiesta.it

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Professione lobbista: chi sono e cosa fanno (Linkiesta) http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/professione-lobbista-chi-sono-e-cosa-fanno-linkiesta/ Mon, 23 Dec 2013 12:27:01 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2356 (Maurizio Di Lucchio) I lobbisti chiedono regole stringenti. Ma il governo Letta ha rinviato l’obbligo di registrazione

Chi lo fa di mestiere assicura che nel settore di lavoro ce n’è. Basta prepararsi e non avere imbarazzi nel dire: «Faccio il lobbista». «Per anni quella dell’esperto di lobbying è stata l’unica professione in crescita nel mondo della comunicazione», spiega Fabio Bistoncini, fondatore dell’agenzia di consulenza Fb & Associati e autore del libro Vent’anni da sporco lobbista. «Chi ha le competenze e la capacità, anche in tempi di crisi, non fa troppa fatica a trovare un impiego in questo comparto».

Anche se si tratta di un ambito di nicchia, il richiamo dell’occupabilità potrebbe far guadagnare una fama migliore al ruolo di lobbista, che per lungo tempo in Italia è stato identificato nell’immaginario collettivo con il personaggio oscuro pronto a tutto, anche alla corruzione, pur di tutelare gli interessi di una determinata categoria.

Tuttavia, possibilità di assunzioni a parte, già negli ultimi anni la figura del “responsabile delle relazioni istituzionali” (o “public affairs specialist”, per dirla all’inglese) ha cominciato a conoscere una buona reputazione. Anche al di fuori delle aziende, sono tanti quelli che la considerano un’attività dignitosissima, che richiede studio, competenza e passione.

Ma chi è il lobbista? E cosa fa di preciso? «È un tecnico – dice Bistoncini – che rappresenta un gruppo di interesse e che ha l’obiettivo di comunicare con chi gestisce il processo decisionale per influenzarlo, cercando per esempio di modificare una normativa specifica oppure, ed è ciò che si definisce advocacy, tentando di inserire un tema all’ordine del giorno nell’agenda politica».

Concretamente il lobbying consiste nell’intrattenere rapporti quotidiani con i decision maker, termine ormai passato nel linguaggio comune per intendere le persone che prendono decisioni ai vari livelli di governo, presentare richieste motivate («spesso ci presentiamo già con gli emendamenti pronti», aggiunge il fondatore di Fb & associati) e rispondere alle controdeduzioni dei politici cercando di rendere comprensibile ogni contenuto in poco tempo.

Non a caso, la frase più citata quando si parla di public affairs è quella di J. F. Kennedy: «I lobbisti sono quelle persone che per farmi comprendere un problema impiegano 10 minuti e mi lasciano sulla scrivania cinque fogli di carta. Per lo stesso problema i miei collaboratori impiegano tre giorni e decine di pagine».

Stabilire quanti siano gli specialisti di lobbying in Italia è impresa ardua perché non c’è ancora una normativa che imponga l’iscrizione in appositi albi professionali. Al momento, l’unica grande istituzione che ha voluto un elenco ufficiale è il ministero dell’Agricoltura. Mentre il ddl preparato lo scorso luglio dal governo Letta, che prevedeva appunto la creazione di un registro per i lobbisti che hanno rapporti con le pubbliche amministrazioni e la registrazione obbligatoria, è stato rinviato a data da destinarsi.

È noto però che molte di queste figure sono interne alle aziende e altre fanno consulenza nell’ambito di agenzie specializzate (in Italia ce ne sono una decina) o di studi legali. Poi ci sono singoli consulenti che lavorano in proprio. Le associazioni che rappresentano gli interessi di chi fa lobbying in Italia sono due: Il Chiostro e Ferpi (Federazione relazioni pubbliche italiana), che ha al suo interno una sezione dedicata a questi professionisti. Ma solo una parte dei lobbisti italiani è iscritta a queste organizzazioni.

In questo settore, si diceva, le opportunità di lavoro non mancano. Lo conferma anche Francesco Delzio, fondatore e condirettore del master post lauream in Relazioni istituzionali, lobby e comunicazione di impresa dell’Università Luiss di Roma: «È una sorpresa positiva vedere come anche in questi ultimi anni di crisi le aziende siano sempre più in cerca di queste figure e vadano a caccia di profili nuovi e più ispirati al modello anglosassone, dove le capacità del lobbista contano più del suo network di conoscenze. Ed è questo il tipo di professionista che intendiamo formare».

Per diventare specialista in relazioni istituzionali quindi è necessario un percorso formativo diverso rispetto al passato: «Se prima a fare questo mestiere erano soprattutto ex politici ed ex assistenti e collaboratori di politici – continua Delzio, che è anche direttore Relazioni esterne, affari istituzionali e marketing di Autostrade per l’Italia –, ora le imprese richiedono manager che abbiano competenze ampie in diritto, economia e comunicazione».

Nello specifico, secondo il condirettore del master Luiss, bisogna possedere una conoscenza approfondita del diritto pubblico a tutti i livelli (regionale, nazionale, comunitario e internazionale), essere in grado di misurare l’impatto di un provvedimento sul conto economico di un’azienda, muoversi agevolmente nella lettura di un bilancio, capire di micro e macroeconomia e padroneggiare le tecniche e gli strumenti della comunicazione, sia offline che online.

«Si è bravi quando si è capaci di costruire consenso intorno alla posizione che si sostiene», conclude il manager. «E lo si deve fare anche attraverso i media: l’obiettivo è far capire che con un certo provvedimento non si avvantaggia solo un gruppo di interesse ma tutta la comunità. La nostra funzione è nobile e determinante per la democrazia. Le strutture tecniche all’interno delle istituzioni si stanno indebolendo e siamo noi, in molti casi, a informare i decisori e a spiegare loro come funzionano certi settori».

Si potrebbe obiettare che i dati forniti dai gruppi di interesse possono essere opachi e parziali. Finora però quelli che hanno invocato più regole per il settore sono stati i lobbisti stessi. E sono stati i decision maker a non introdurre una regolamentazione stringente. Non sarà forse perché la trasparenza può creare qualche imbarazzo di troppo alla politica?

Fonte: Linkiesta

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Regolamentazione lobby: la proposta Nencini http://www.lobbyingitalia.com/2013/06/regolamentazione-lobby-la-proposta-nencini/ http://www.lobbyingitalia.com/2013/06/regolamentazione-lobby-la-proposta-nencini/#comments Thu, 13 Jun 2013 17:09:05 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1474 (Fabio Bistoncini) Il Senatore Riccardo Nencini (PSI), nei giorni scorsi, ha presentato un disegno di legge sulla regolamentazione del lobbying. Un testo, secondo il mio parere, fatto bene (qui il PDF). Che coniuga le esigenze di trasparenza della decisione pubblica con quelli dei gruppi d’interesse e dei lobbisti.

In estrema sintesi prevede:

– un registro dei portatori d’interesse tenuto da una Strutura di Missione costituita presso la Presidenza del Consiglio;

– dei criteri di iscrizione al registro molto ragionevoli;

– la previsione di un codice deontologico;

– un sistema di incompatibilità che vieta le c.d revolving doors;

– un obbligo di informativa anuale;

– un bilanciato sistema di diritti per gli iscritti al registro;

– un adeguato sistema sanzionatorio, mediante contraddittorio.

Un buon disegno di legge insomma.

Che in gran parte ricalca (alcuni articoli e passaggi della relazione introduttiva sono identici) una proposta normativa elaborata dal Prof. Pier Luigi Petrillo, pubblicato nel 2012, che avevo letto qualche tempo fa.

Una garanzia di qualità, dunque.

Anche se il DDL Nencini, se e quando andrà in discussione, dovrà essere limato in qualche sua parte, dal momento che alcuni riferimenti normativi sono stati nel frattempo abrogati e/o cambiati dall’entrata in vigore (gennaio 2013) della nuova normativa sulla trasparenza della pubblica amministrazione.

Intanto rimaniamo in attesa del testo del Governo, che, secondo le ultimissime indiscrezioni, dovrebbe essere esaminato nel prossimo Consiglio dei Ministri.

 

Fonte: Sporcolobbista

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Lobby, un appello ai partiti: “Serve una legge per la trasparenza” http://www.lobbyingitalia.com/2013/01/lobby-un-appello-ai-partiti-serve-una-legge-per-la-trasparenza/ http://www.lobbyingitalia.com/2013/01/lobby-un-appello-ai-partiti-serve-una-legge-per-la-trasparenza/#comments Tue, 15 Jan 2013 22:34:24 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1498 I gruppi di pressione sono un fenomeno tipico di ogni democrazia. Ma senza regole chiare e uguali per tutti, le lobbies possono diventare un limite allo sviluppo del Paese. Per questo VeDrò chiede che nei programmi di tutti i partiti e di tutte le coalizioni sia espressamente prevista una legge sulle lobby”: è questo l’appello lanciato dall’Associazione bipartisan VeDrò, presieduta da Benedetta Rizzo, sulla base di uno studio svolto dal working group Lobby dell’Associazione.

Il working group Lobby di VeDrò, avviato nel 2011, haanalizzato come le lobby operino in Italia e quali siano le norme vigenti in questa materia, concludendo che oggi in Italia esistono ben 88 norme sulle lobby e sulla trasparenza della politica ma sono del tutto disapplicate o violate dallo stesso legislatore.

La normativa italiana sulle lobby” – evidenzia il prof. Pier Luigi Petrillo, professore di Tecniche di Lobbying alla Luiss Guido Carli e coordinatore del working group Lobby di VeDrò – “è di tipo strisciante con un andamento schizofrenico. Strisciante perché ci sono tante norme frammentate e sparse in numerose leggi, regolamenti, decreti, nessuna delle quali, però, affronta il tema in modo organico. Ad andamento schizofrenico perché lo stesso legislatore che le ha introdotte, le ha, successivamente, aggirate, violate, disapplicate”.

Per questo VeDrò chiede ai partiti e alle coalizioni di inserire nei loro programmi l’impegno ad approvare, nei primi 100 giorni di governo, una legge sulle lobby che si basi sui seguenti principi:

1. Trasparenza dei processi decisionali, anche attraverso l’istituzione di un Elenco dei lobbisti cui sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che vogliono influenzare tale processo;

2. Regole uguali per tutti: prevedere un accesso ai decisori pubblici uguale per tutte le lobbies, evitando così fenomeni di clientelismo

3. Obbligo, per le lobbies e i decisori pubblici, di relazionare periodicamente sull’attività svolta

4. Divieto di “revolving door” (“porta girevole”) ovvero prevedere che chi ha ricoperto incarichi pubblici (non solo politici) non possa diventare un lobbista, e viceversa, se non dopo un certo periodo di “raffreddamento” (3-5 anni)

5. Conoscibilità dei finanziamenti privati alla politica, attraverso la pubblicazione sul sito web del Governo dell’elenco, aggiornato in tempo reale, di tutti i contributi ricevuti dai partiti, superiori ai 50 euro complessivi

6. Attuazione, anche a livello nazionale, delle norme sulla c.d. “anagrafe patrimoniale degli eletti” ovvero rendere effettivo l’obbligo per gli eletti di dichiarare tutti gli interessi economici e non economici di cui sono portatori, con contestuale pubblicazione di tali dichiarazioni sul sito web della Camera e del Senato.1)

Come ha evidenziato l’analisi condotta dal wg Lobby di VeDrò, l’Unione Europea da oltre 15 anni ha introdotto regole finalizzate a disciplinare il rapporto tra le lobbies e i decisori pubblici. Negli Stati Uniti d’America tale relazione è regolata da 66 anni; in Canada dal 1995; in Israele dal 1998; in Gran Bretagna dalla fine dell’800. La Francia ha introdotto delle regole precise nel 2011. Germania e Austria a partire dagli anni ’70 del Novecento. L’OCSE, in un rapporto del 2010, sottolinea come l’assenza di regole in materia di lobby produca una perdita di competitività per il Paese, specialmente perché, l’assenza di norme organiche e uguali per tutte, comprime fortemente la concorrenza tra i diversi portatori di interessi privati.

In Italia le lobby operano nella più totale oscurità” – prosegue lo studio del wg Lobby di VeDrò – “ E’ tempo di togliere questo velo impenetrabile che impedisce ai cittadini di conoscere quali soggetti influiscono sull’azione politica. E’ tempo che la politica si assuma pienamente la responsabilità delle proprie scelte e che tutti sappiano le ragioni e gli interessi che hanno determinato quelle scelte. E’ una questione di democrazia, di competitività, di giustizia sociale. Per questo chiediamo a tutti i partiti e a tutte le coalizioni di inserire nei loro programmi una legge sulle lobby: poche regole ma chiare e uguali per tutti”.

Il wg LOBBY di VeDrò, coordinato dal prof. Pier Luigi Petrillo (Professore di Teoria e Tecniche del Lobbying alla Luiss Guido Carli e all’Università Unitelma Sapienza), è composto da alti magistrati come Michele Corradino (Consigliere di Stato e capo di gabinetto di diversi Ministri), da manager come Pier Paolo Bucalo (Vice president UniCredit), Francesco Giorgianni (direttore relazioni istituzionali ENEL), Maura Satta Flores (responsabile relazioni istituzionali Vodafone), Riccardo Capecchi (Poste Italiane), studiosi come Ruben Razzante (docente di diritto dell’informazione alla Cattolica di Milano e animatore dell’Associazione Il Chiostro) e Alberto Castelvecchi, da lobbisti come Fabio Bistoncini (ad di FB&Associati e autore del volume “Vent’anni da sporco lobbista”), Franco Spicciariello (Open Gate Italia), Luigi Ferrata (Sec), Giampiero Zurlo (Utopia).

 

Fonte: VeDrò

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Registro dei lobbisti MIPAAF: prime reazioni positive http://www.lobbyingitalia.com/2012/02/registro-dei-lobbisti-mipaaf-prime-reazioni-positive/ Thu, 02 Feb 2012 00:00:00 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/2012/02/registro-dei-lobbisti-mipaaf-prime-reazioni-positive/ Si chiama “decreto lobby” il testo presentato dal Ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania, ieri a Roma, per “rendere completamente trasparente l’attività di interazione tra il Ministero e il mondo delle lobby – spiega il Ministro – e il modo in cui si arriva alle decisioni”. Il suo Ministero è il primo a dotarsi di una politica per i lobbisti: per presentare i loro punti di vista sull’attività regolamentare, associazioni e imprese dovranno iscriversi a un apposito registro e sottoporsi al controllo di un’“Unità per la trasparenza”. Si tratta di un nuovo ufficio a cui parteciperanno a titolo gratuitoil Ministro ci tiene a sottolineare che “tutto sarà a costo zero” – sia dipendenti del Ministero che personale esterno, avrà il compito di comunicare ai lobbisti i regolamenti e i disegni di legge allo studio del Ministero, raccogliere i loro punti di vista, le osservazioni e le proposte e di stilare, in seguito all’approvazione dei testi normativi, un’analisi di impatto. Questo materiale sarà disponibile, in parte, anche ai singoli cittadini. “E’ delicatissimo il confine che intercorre tra il comportamento dell’amministrazione e l’attività di lobby – sottolinea Catania – è un’attività necessaria e utile ma che può sconfinare in atteggiamenti non corretti. Noi stiamo facendo uno sforzo per renderla trasparente, e immagino che potremo essere seguiti da altre amministrazioni”.

Sorpresa e accoglienza positiva da parte dei lobbisti

Per il presidente di Open Gate Italia, società di servizi iscritta al Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea, Tullio Camiglieri, il “decreto lobby del Ministero delle Politiche agricole “è un ottimo esempio che potrebbe portare presto alla creazione un albo nazionale dei lobbisti, come succede già in molti Paesi nel mondo. Trasparenza e regole precise non possono che aiutare il mercato e il Paese – aggiunge Camiglieri – in modo da rendere chiaro il rapporto tra le società di lobby e il potere politico. Per fare questo servono anche delle professionalità specifiche – aggiunge – il ricorso agli studi legali non basta più, ma sono necessarie figure professionali ben precise che rappresentino gli interessi legittimi dei soggetti coinvolti e che si occupino in maniera specifica di dialogare con il potere”.

Fabio Bistoncini, titolare della società di lobbying Fb&Associati, definisce "singolare" l’iniziativa del Ministro Catania di lanciare un registro dei lobbisti nel settore agricolo, sottolineando però come la stessa sia "lodevole se non rimane isolata", e che "urge, a questo punto, una norma quadro".

Via libera anche dal mondo universitario

Apprezzamento per la decisione del Ministero arriva anche dal mondo universitario. Franco Spicciariello, docente di “Teorie e tecniche del Lobbying”, coordinatore del Master in Public and Parliamentary Affairs presso la facoltà di Giurispriudenza dell’Università LUMSA di Roma: "Con questo decreto l’Italia compie un primo passo verso un quadro normativo già presente da tempo in Paesi quali gli USA, il Canada e l’Australia, adottato anche dalle istituzioni europee e più recentemente da altri Paesi come Francia, Germania, Austria, Polonia, Georgia, Slovenia, Lituania, Macedonia, Messico, Taiwan, Perù e Colombia. In Italia, negli ultimi 40 anni si sono avute oltre 30 proposte di regolamentazione dell’attività di lobbying ma, ad oggi, il Parlamento italiano non ha ancora approvato nessuna norma di legge specifica sulla materia. In tre Regioni, Toscana, Abruzzo e Molise, si è istituito un albo dei portatori di interesse, tuttavia i risultati sono stati poco incisivi. Sicuramente è un porimo – importante – passo verso la trasparenza. Sicuramente un buon inizio per offrire regole chiare nel rapporto tra chi decide e chi influenza le decisioni e per legittimare una professione sempre più in ascesa nel nostro Paese".

Il parere delle associazioni di professionisti

I lobbisti riuniti nell’associazione “Il Chiostro-per la trasparenza delle lobby” hanno espresso grande soddisfazione e apprezzamento per la decisione del ministro delle Politiche Agricole Mario Catania che ha istituito il primo registro dei lobbisti nella storia dei governi italiani.“E’ un precedente importante che segna una svolta irreversibile nella battaglia che da anni Il Chiostro conduce per riconoscere e regolamentare l’attività di rappresentanza di interessi – ha dichiarato Giuseppe Mazzei presidente del Chiostro”.“Auspichiamo che la Presidenza del Consiglio emani una direttiva affinchè tutti i Ministeri istituiscano registri obbligatori per i lobbisti che intendono interloquire con i loro uffici. Chiediamo anche che venga prevista l’adozione di un codice etico, corredato da sanzioni per chi non lo rispetta-ha aggiunto Mazzei “Ora tocca al Parlamento. Proponiamo che venga istituito subito presso la Camera e il Senato un registro obbligatorio per i lobbisti che devono dialogare con senatori e deputati, con obbligo di rispetto di un codice etico. Si potrebbe inserire un emendamento in questo senso nel disegno di legge anticorruzione in corso di approvazione”- ha concluso Giuseppe Mazzei.

“Il decreto ministeriale presentato oggi da Mario Catania, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali per regolamentare la partecipazione dei gruppi di interessi ai processi decisionali del Ministero è certamente innovativo e utile – ha detto Patrizia Rutigliano, Presidente Ferpi-Federazione Relazioni Pubbliche Italiana. La proposta del Ministro garantisce maggiore accesso trasparenza del processo di formazione delle norme, avvicinandoci così alla normativa europea. Confidiamo che l’attuazione di questo decreto che per ora riguarda solo un Ministero – ha concluso Patrizia Rutigliano – sia propedeutica per avviare una più ampia riflessione normativa, comune a tutto il Governo e, perché no, anche al Parlamento. Come Federazione dei professionisti delle relazioni pubbliche (e quindianche di coloro che si occupano di rapporti con le Istituzioni) siamo disponibili a confrontarci con Governo e Parlamento per condividere la nostra proposta di regolamentazione del settore per contribuire così alla trasparenza del processo decisionale, nel rispetto delleIstituzioni, dell’opinione pubblica e dei nostri colleghi"

Focus – Il “decreto lobby” in sintesi

1) Unità per la Trasparenza
Il Decreto sulle lobby istituisce, presso il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, l’Unità per la Trasparenza. L’Unità sarà composta da 5 persone che svolgeranno tale incarico a titolo gratuito e sotto lo stretto coordinamento del Capo di Gabinetto.

2) La consultazione trasparente
Compito primario dell’Unità è curare le procedure di consultazione, obbligatorie per legge, dei lobbisti del settore agroalimentare nelle fasi di elaborazione dei disegni di legge e dei regolamenti ministeriali di competenza. A tal fine, i lobbisti del settore che desiderino partecipare a tali consultazioni sono tenuti ad iscriversi in un Elenco pubblico (“Elenco dei portatori di interessi particolari”). L’Elenco, al pari di tutti i documenti prodotti dalle lobbies, saranno consultabili da chiunque sul sito internet del Ministero (www.politicheagricole.it).

3) L’Elenco dei lobbisti
In tale Elenco i portatori di interessi particolari dovranno indicare: a) i dati anagrafici e il domicilio professionale del portatore o dei portatori di interessi particolari, nonché le eventuali ulteriori attività professionali comunque svolte; b) i dati identificativi del datore di lavoro, ovvero i dati identificativi del soggetto committente; c) l’interesse o gli interessi particolari che si intendono rappresentare; e) le risorse economiche e umane di cui si dispone per lo svolgimento dell’attività di rappresentanza.

4) Le relazioni annuali: un altro strumento di trasparenza

I soggetti iscritti potranno, inoltre, trasmettere ulteriori proposte, studi, documenti, ricerche all’Unità per la Trasparenza al fine di rappresentare i propri interessi. Vi è l’obbligo per i soggetti iscritti di presentare, ogni anno, una relazione sintetica dell’attività svolta. In caso di mancata presentazione della relazione, il soggetto sarà cancellato e non potrà più partecipare alle consultazioni. Il Ministro delle Politiche Agricole riferirà annualmente al Parlamento, nell’ambito della più generale relazione sullo stato di attuazione dell’analisi di impatto della regolamentazione (Air), sullo stato di attuazione del Decreto e sull’attività di lobbying posta in essere al Ministero.


Rassegna stampa "Decreto Lobby"

Melanie J. Nicholls – LI.Info

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