alberto cattaneo – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 17 May 2016 08:00:23 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Sulla Lobby: framing, verità, poeti e creatori http://www.lobbyingitalia.com/2015/04/sulla-lobby-framing-verita-poeti-e-creatori/ Wed, 22 Apr 2015 17:44:09 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2769 (Alberto Cattaneo) Fare lobby significa spesso lavorare in difesa di interessi specifici che si incastrano in situazioni complicate e dalle verità multiple. Ha ragione chi difende la sperimentazione animale in nome della ricerca e della salute degli uomini o hanno ragione gli animalisti a sostenere il diritto alla vita degli animali? Ha ragione l’ambientalista o l’azienda inquinante? Ha ragione chi difende il gioco legale o il movimento di opinione che lo vorrebbe abolire? Non è facile dare delle risposte a questo genere di domande e sarebbe troppo facile dire che la verità o la soluzione a questi “dilemmi sociali” risiede in un giusto mezzo, nel ritrovare un punto di equilibrio che possa soddisfare le parti interessate.

Il lobbista, nella sua essenza, è proprio colui che ricerca questo punto di equilibrio, ma ciò che ci interessa oggi è quanto possa essere difficile farlo quando qualcuno o qualcosa “impone” una verità precostituita.

In un contesto dove la comunicazione viaggia veloce e raggiunge in modo multiforme la cosiddetta opinione pubblica, è facile che si costruisca una qualche forma di verità che cristallizza posizioni identificando i “buoni” e i “cattivi”, i “giusti” e gli “sbagliati”. Spesso a farlo è la magistratura inquirente, altre volte la politica, altre ancora i media. Sono numerosi le fonti, infatti, capaci di creare una “verità” e farla passare per l’unica possibile. Come dovrebbe lavorare un lobbista in questo genere di situazioni?*

Proviamo a fare un passo indietro. Che cosa è la verità? Nietzsche direbbe che la verità è “un mobile esercizio di metafore, metonimie, antroporformismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state potenziate poeticamente e retoricamente, che sono state trasferite e abbellite e che, dopo un lungo uso, sembrano a un popolo solide, canoniche e vincolanti”. In estrema sintesi la verità è frutto di un esercizio linguistico e di un codice il cui carattere è sempre più “sociale e in definitiva anche politico” (cioè relazionale). La verità, intesa in questo modo, è solo un termine – come ci dice Vattimo – che “allude alla possibilità per singoli, gruppi e per la stessa specie, di riconosere e organizzare il mondo esterno in modo favorevole alla propria esistenza”. In un certo senso, dunque, l’uomo non vuole tanto la verità ma desidera che le conseguenze di questa verità siano piacevoli ed è “indifferente rispetto alla conoscenza pura priva di conseguenze, mentre è disposto addirittura ostilmente verso le verità forse dannose e distruttive” (Nietzsche).

Se si accetta questa impostazione il lobbista si trova a competere in uno strano mercato: quello della costruzione della verità. Un costruttore della verità si trova, dunque, a creare un “framing” grazie a un utilizzo efficace di metafore e combinazioni di fatti che dettano il codice con cui si valuta una determinata situazione. E un costruttore basa la sua efficacia nel potere (power) che ha di affermare tale verità: ad esempio un magistrato, un primo ministro, la prima firma di un giornale hanno certamente più potere istituzionale rispetto a un singolo cittadino di affermare un framing di lettura e quindi una qualche verità.

Si può costruire una matrice i cui assi sono proprio costituiti da framing e power e da quattro possibili posizioni. Il lobbista si può ritrovare a lavorare in difesa di un interesse che può essere collocato: 1. in un framing positivo ma con debole potere di affermarlo; 2. in un framing negativo e con potere debole; 3. in un framing positivo con alto potere di mantenerlo tale; 4. in un framing negativo con alto potere di modificarlo. Queste posizioni per un lobbista esprimonono quattro condizioni di lavoro: 1. Weak Winner 2. Heavy Looser 3. Winner but Target; 4. Potential Looser. Vediamoli nel dettaglio.

1. Weak Winner. E’ una condizione certamente favorevole perché il tipo di verità che emerge asseconda gli interessi che il lobbista si trova a difendere. Ma è una posizione scomoda in quanto il potere di difendere questa tipo di framing non è consolidato e quindi può essere messo in discussione da un qualcuno che questo potere di fatto ce l’ha. In questa situazione il lobbista deve stare necessariamente fermo e svolgere per lo più un lavoro di rafforzamento del proprio “potere di framing” recuperando soggetti più credibili e autorevoli, Il dilemma esiste, però: cercando di costruire nuovo potere si può “svegliare il can che dorme” e quindi l’analisi del posizionamento delle “fonti” che si vanno a toccare riveste un ruolo cruciale. Il mapping stakeholder e l’intelligence sugli interessi che lo compongono diventano allora l’attività core in questo quadrante. Si è dei vincitori, ma deboli. Si deve essere umili, cercare alleati e mantenere la pace. Non si è dei conquistatori.

2. Heavy Looser. E’ la condizione disperata. Il framing precostituito non è positivo (non da ragione all’interesse da difendere) e non si ha il potere per modificare la situazione. Si è perdenti. E lo si è pesantamente. Ma non si è disperati. Bisogna solo rendersi conto che l’azione che si ha davanti richiede pazienza e tempo (e spesso i portatori di interessi non hanno né l’uno né l’altro). Il lavoro è primariamente quello di lavorare sul linguaggio su cui il framing si basa e se la verità è “la somma di relazioni umane che sono state potenziate poeticamente e retoricamente” si tratta di costruire un piano di stakeholder engagement che miri non tanto ad ottenere un obiettivo specifico quando a fare comprendere all’altro che la verità può essere intesa in modo diverso. Il target è chi lavora sui linguaggi (i media ad esempio, i “politici da talk show” altro esempio). Difficile. Estremamente difficile. Perché bisogna cambiare la poetica e la retorica con cui si presenta il problema. E questo non solo non è sempre possibile ma, appunto, richiede pazienza, accantonare gli obiettivi di breve (che non sarebbero comunque raggiunti! … inutile illudersi), fare nuovi esercizi linguistici. Il portatore di interessi diventa così, pazientemente, un nuovo poeta, un nuovo creatore di retorica. Se genuina, seria e vera questa retorica si trasforma in power.

3. Winner but Target. Ottimo. Siamo i predatori. La verità è dalla nostra parte e abbiamo il potere di difenderla. Diventiamo però il target per tutti quelli che vogliono cambiare questa verità. Siamo il bersaglio. Il segreto qui è allo stesso semplice e drammatico. Il predatore non può smettere di predare, di fare paura. Al primo segno di debolezza si diventa prede. Non ci sono compromessi. Non ci sono mediazioni con i più deboli. Fare un passo indietro significa velocemente modificare il proprio status, rinunciare al proprio power, diventare potential looser.

4. Potential Looser. Siamo potenti. Facciamo paura. Ma il framing è negativo. La verità non ci da ragione e prima o poi… Dalla nostra abbiamo il potere di lavorare sui codici linguistici perché abbiamo la possibilità di affermare una nuova retorica nelle relazioni. In questa situazione non possiamo stare fermi. Dobbiamo essere agili e veloci perché è un corsa contro il tempo. Prima o poi il nostro potere sarà eroso se non modifichiamo il modo con cui il framing guarda al nostro interesse.

La due situazioni del looser hanno a che fare con “l’innovare il modo con cui si fa relazione”. E per noi innovazione significa modificare il codice linguistico. Diventare poeti significa diventare portatori di qualcosa di sensazionale, di nuovo stupore, di uno schock che ridesti le attenzioni e che faccia capire agli altri (al singolo, al gruppo o alla specie) che vale la pena di investire energie per accettare una nuova verità. Da dove nasce quanta capacità poetica? Dall’analisi delle conseguenze (l’uomo non vuole la verità, desidera conseguenze piacevoli). Ecco allora che l’analisi delle conseguenze, che non sempre il lobbista si ricorda di fare, diventa l’elemento critico. Il fattore di successo. Per capire le conseguenze bisogna diventare conoscitori delle dinamiche sociali, diventare esperti di un settore. Bisogna immergersi in profondità per riemergere con nuove intuizioni. Riemergere come nuovi poeti.

*Riconosco che esiste un problema anche etico nel lavoro del “costruttore” di verità che ha mio avviso esiste per qualsiasi costruttore, sia esso istituzionale o meno. Riconosco anche che per il lobbista il pregiudizio negativo che lo contrassegna implica una maggiore attenzione al tipo di comportamenti che adotta nei suoi tentativi di costruzione della verità.

Fonte: Infiniti Gesti

 

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Vi spiego perché a Renzi serve un lobbista. Parola di lobbista (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2014/06/vi-spiego-perche-a-renzi-serve-un-lobbista-parola-di-lobbista-formiche/ Thu, 05 Jun 2014 17:35:50 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2359 (Alberto Cattaneo) I numeri sono drammatici e raccontano dell’impotenza di questo governo (e di tutti quelli passati in anni recenti) a produrre una legislazione di qualità che poi vuol dire credibile, certa e, soprattutto, applicabile. Invece i numeri raccontano una realtà diversa, quella delle leggi non attuabili perché necessitano di altri leggi (i cosiddetti decreti attuativi) che assomigliano a treni dei desideri che mai arrivano. I numeri dunque: il “Salva Italia” di Monti richiedeva norme attuative per il 22% dei suoi articoli, il “Cresci Italia” per il 40%, la Finanziaria 2013 per il 20% e l’elenco può continuare ancora a lungo fino a citare la cosiddetta delega fiscale che appunto delega la burocrazia dei ministeri a legiferare un pò su tutto l’universo. Gli esperti dei ministeri, ad oggi, devono scrivere più di mille e trecento decreti. Naturalmente con calma, oltreché con difficoltà. Risultato: ne mancano più della metà con casi curiosi tipo il Destinazione Italia, che avrebbe dovuto rilanciare il nostro Paese presso investitori esteri e che richiedeva 34 decreti attuativi di cui nemmeno uno è stato ancora scritto.

UN CONSIGLIO PER RENZI

Mi permetto di dare il consiglio a Renzi di coinvolgere nel suo staff qualche lobbista. Già perché il lobbista – e non il faccendiere con cui spesso viene confuso – difende interessi privati e per farlo deve essere in grado di promuovere una legislazione per l’appunto credibile, certa e applicabile. Se no, col cavolo che gli interessi vengono difesi. Poi questa legislazione promossa dai lobbisti può piacere o meno, può promuovere la difesa di un privilegio di casta o può supportare la liberalizzazione di un settore e così via, esattamente come lo è un programma politico di una parte o dell’altra e quindi di un interesse o di un altro. Può piacere o meno ma almeno avremmo delle leggi e non dei puzzle di cui manca sempre un pezzo.

NON SOLO PROVOCAZIONE

La mia è una provocazione? Sì certo. Ma solo in parte. In fondo i “lobbisti pubblici” già esistono e sarebbero i capi di gabinetto o i capi delle segreterie tecniche che devono promuovere gli interessi dei loro ministeri, con un “capo lobbista” nella figura del ministro per i rapporti con il Parlamento che ha, infatti, il compito di difendere gli obiettivi del governo nel momento in cui devono trasformarsi in legge (non me ne voglia nessuno ma per me la parola “lobbista” è positiva e non negativa). E allora perché non chiedere a qualche lobbista di lasciare il proprio lavoro e mettersi dall’altra parte? Perché non approfittare delle competenze dei lobbisti degli interessi privati e trasformarli in lobbisti dei cosiddetti interessi pubblici? Il “cosiddetti” è naturalmente d’obbligo.

LOBBISTI ALL’OPERA

Mi sbaglierò di certo, ma sono convinto che farebbero molto bene e che la qualità della legislazione sarebbe migliore perché, come i loro colleghi “privati”, dovranno essere premiati sui loro risultati. Vedremmo quindi i “lobbisti pubblici” partecipare alla stesura iniziale delle leggi; fare pressione sui tempi; partecipare direttamente ai tavoli tecnici dove nascono i decreti attuativi… Insomma, li vedremmo prendersi “cura” della qualità di una legge e quindi della reale difesa di un interesse.

BINGO

E se poi dovesse mai passare una legge sulla lobby (manca poco perché è prevista per giugno… forse…) sarebbe perfetto perché in un solo colpo garantiremmo trasparenza (perché la legge sulla lobby ha questo come obiettivo!) sia nel lobbismo privato che in quello pubblico. Bingo.

Fonte: Formiche

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Caro governo Letta, perché non provi a misurare la qualità delle leggi? http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/caro-governo-letta-perche-non-provi-a-misurare-la-qualita-delle-leggi/ Sun, 12 Jan 2014 21:14:51 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2080 (Alberto Cattaneo) Il tema della qualità della produzione legislativa non è sexy. Lo sappiamo. Ma è tremendamente importante per stabilire la salute di una democrazia. La capacità di fare delle legge efficaci è, infatti, prerequisito per il funzionamento di un sistema democratico.

IL TERMOMETRO DELLA FIDUCIA
E dirò di più è il termometro delle fiducia tra cittadini e Stato: migliore la qualità dell’attività legislativa e alta la sua trasparenza, maggiore la fiducia verso la politica. Il sottosegretario Giovanni Legnini nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa ha reso nota la seconda rilevazione sul monitoraggio legislativo del Governo. È un documento interessante in quanto vuole essere una sorta di metro di giudizio, per usare le sue stesse parole della “qualità della legislazione primaria e della capacità delle amministrazioni centrale di garantire l’attuazione delle leggi attraverso la tempestiva adozione di provvedimenti secondari ad esse demandati”.

DIVERSE LETTURE
I risultati possono essere letti in diversi modi e molto dipende da quale giudizio si vuole dare a questo Governo (e ai precedenti). Esercizio da cui stiamo volentieri lontano. Sottolineiamo solo alcuni dati: sono aumentate le leggi auto applicative, cioè che non necessitano di decreti attuativi per essere efficaci, ma nello stesso tempo i provvedimenti attuativi rimangono 311 (per il solo Governo Letta) di cui 272 non adottati e tra questi 155 senza termine espresso (che tradotto significa che difficilmente vedranno la luce).

TROPPE LEGGI, POCA EFFICACIA
Per chi fa il lobbista da ormai dieci anni questi dati sono usuali e possono essere sintetizzati in “si legifera tanto e con scarsa efficacia”. È un dramma perché al netto del contenuto della legislazione, positivo o negativo dipende dalle situazioni, il tessuto produttivo del nostro Paese, gli investitori esteri, la stessa società civile chiedono espressamente certezza legislativa, che in genere è inversamente proporzionale al numero di leggi, e efficacia, il cui nemico numero uno sono appunto i decreti attuativi (o il ritardo della loro emanazione se siete più ottimisti). E qui, oggettivamente, siamo messo molto male.

L’INFLUENZA DEI LOBBISTI
Facendo il lobbista ho sempre pensato che la qualità della produzione legislativa sia strettamente legata alla qualità dell’attività di lobbying, almeno in un’accezione ampia del termine. E quindi guardo al tipo di analisi presentate dal Governo quasi come un metro della mia capacità professionale. In sostanza se la capacità di fare meglio le leggi aumenta, migliore è stata l’attività di chi ha influenzato, a vari livelli, tale capacità. Se questa mia affermazione fosse corretta, e lo credo fermamente se no tradirei lo spirito della mia professione, il tema dell’accountability e della trasparenza della produzione legislativa così come presentata dal Governo manca almeno di due aree di indagine.

ASSENZA DI RIFLESSIONE
La prima è la totale assenza di una riflessione sulla qualità della partecipazione delle parti interessate nella fase di scrittura delle leggi. In particolare sarebbe importante un dato che illustri l’effettivo utilizzo – previsto per legge ma spesso (sempre?!) disatteso – dell’AIR (Analisi impatto regolatorio) che richiederebbe una rilevazione appropriata delle esigenze dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche interessate dal provvedimento attraverso una consultazione mirata. Per farla semplice dovrebbe essere il momento, normato per legge, dove gli interessi particolari rappresentino i loro interessi e avanzino in modo trasparente le loro proposte. Cioè, l’AIR sarebbe lo strumento con cui anche lo Stato Italiano istituzionalizza un processo trasparente di lobbying. Perché allora il Governo non ci dà qualche numero su come è o non è utilizzato l’AIR?

IL RUOLO DEL PARLAMENTO
La seconda è la totale assenza di un numero che provi a identificare la qualità dell’intervento del Parlamento in sede di produzione legislativa. Siccome il 99% delle leggi di questo Paese sono di ispirazione governativa, quale è, ad esempio, il numero di emendamenti parlamentari approvati e quindi il tasso di modifica di un testo governativo da parte del Parlamento? Sarebbe un modo per valutare l’efficacia del ruolo del Parlamento. Ma anche su questo aspetto l’analisi del Governo brilla per mancanza di approfondimenti come se la produzione legislativa fosse una prerogativa dell’esecutivo (legge primaria) e della burocrazia (legge secondaria).

MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA
Perdonate l’accostamento ardito ma se si vuole davvero provare a misurare l’efficacia della produzione legislativa ci interessa sapere anche la qualità dell’attività di Parlamento e Lobby. Non sarebbe forse corretto? Non aiuterebbe forse tutti ad avere maggiore consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie responsabilità? Direi proprio di sì. Caro sottosegretario, vogliamo dunque provare a migliorare questo monitoraggio? Io, per quanto riguarda la lobby, sono a disposizione.

 

Fonte: Formiche.net

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Lobbying, perché il settore deve rinnovarsi da solo http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/lobbying-perche-il-settore-deve-rinnovarsi-da-solo/ Wed, 08 Jan 2014 12:25:34 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2084 Il 2013 è un anno perso per la lobbying nel nostro Paese. Chi potrebbe dire il contrario? L’aspetto più eclatante, citato da alcuni studiosi del fenomeno della lobbyingcome Gianluca Sgueo proprio qui su Formiche.net, è che per l’ennesima volta ilGoverno non sia riuscito a varare la tanto sospirata legge che doveva regolamentare i comportamenti dei lobbisti traghettandoli da una sorta di limbo professionale a una situazione in cui sia riconosciuto ruolo e loro importanza per il funzionamento dei processi democratici.

SOLO PROCLAMI
Dopo tante dichiarazioni di intenti, questa estate sembrava arrivato il momento e invece picche. Il vero problema, però, è che comincia a mancare anche la speranza.Sul futuro nuvole nere: i nostri tre potenziali leader politici, Berlusconi, Renzi, Grillonon sembrano, infatti, particolarmente interessati al lobbying. Il primo non se ne è mai occupato durante i suoi anni al governo, il secondo non ha ancora espresso una posizione chiara, il terzo sembra incapace di scindere tra l’utilizzo demagogico, semplicistico e dalla forte connotazione negativa della parola lobby con la professione del lobbista.

LE CRITICHE AL LOBBISMO
Proprio su questo sta il secondo aspetto negativo del 2013 per la lobbying. Si usa il termine “lobby” per descrivere qualsiasi azione che serve a proteggere una casta o un interesse privato. E fin qui nulla di male. Ma poi si confonde l’incapacità della politica di fare sintesi tra questi interessi privati attraverso, appunto, una visione politica dell’interesse pubblico con l’influenza delle lobby. In sintesi: è colpa delle lobby se le leggi sono scritte male.
I decreti legge di fine anno sono allora fallimentari proprio a causa del lavoro delle lobby. Noi lobbisti “ufficiali”, forse ingenuamente, diremmo che non sono così male proprio grazie al lavoro di certe lobby e sono invece fallimentari per l’azione di “finti” lobbisti – negli Stati Uniti si chiamerebbero “shadow lobbyist” – e parlo dei politici che fanno i lobbisti, dei funzionari pubblici che fanno i lobbisti, e così via.

CONTRO GLI ABUSI
All’inizio del 2013 un noto giornalista ci disse: inutile che combattete contro l’uso-abuso del termine lobby, dovreste trovare un termine diverso per descrivere la tua attività. Rispondemmo che eravamo troppo orgogliosi per farlo. E anzi abbiamo fatto “outing” scrivendo sui nostri biglietti da visita “lobbying” come scriverebbe “consulting” un consulente della McKinsey. Adesso forse è tempo di essere meno orgogliosi e pensare davvero a dare un nuovo nome alla nostra professione. Apriremo un concorso nel 2014.

QUANTO VALE IL MERCATO
Il terzo aspetto è legato al mercato dei servizi professionali di lobbying. Capire quanto vale il mercato della lobbying in Italia è praticamente impossibile. Possiamo fare alcune ipotesi. I bilanci, stranamente pochi, pubblicati dalle società di lobbying parlano di un mercato piccolo, in proporzione meno sviluppato di quelli anglosassoni o di quello di Bruxelles. È un dato preoccupante soprattutto perché rimane di fattostabile da molti anni. Nel frattempo alcune società sono cresciute ma solo a danno di altre. Insomma, invece di crescere tutti, si lotta più aspramente per la stessa “torta”. Siccome non si può pensare che la lobbying nel nostro Paese valga così poco il dato è negativo perché significa che il mercato trasparente non riesce a rubare quote di fatturato agli “shadow lobbyist” che sfruttano vantaggi di posizioneinvece che il lavoro professionale. E questo è un danno per la qualità dei processi legislativi, prima ancora che un danno ai nostri fatturati.

L’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA CLIENTI E LOBBISTI
L’unico aspetto positivo del 2013, almeno dal punto di vista parziale del nostro osservatorio, è stata l’evoluzione del rapporto tra clienti e lobbisti. Sempre di più anche le grandi corporation capiscono come il mondo delle relazioni, con il bagaglio di “favori” da cui era composto, stia scomparendo. Sono cambiati i politici, con l’arrivo dei renziani il cambiamento sarà ancora più visibile, e sono cambiate le generazioni di imprenditori e di manager. La generazione dei “quarantenni” è meno legata al tema delle relazioni cari ai loro padri e predecessori, crede di più ai contenuti ed è maggiormente consapevole che la sfida della sostenibilità, dell’innovazione, non solo tecnologica ma anche sociale e culturale, sia indifferibile.

RIPARTIRE NEL 2014
Ripartiamo dunque da qui nel 2014. Dalla voglia di continuare a rendere il lavoro del lobbista più professionale e più trasparente. Possiamo continuare in questo percorso anche senza una legge che ce lo imponga. Alcuni di noi hanno implementato un codice etico e modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001. Alcuni di noi depositano annualmente e puntualmente i propri bilanci. Altri dovranno per forza arrivare a dotarsi di questi strumenti minimi e siamo certi lo faranno durante questo nuovo anno. Alcuni di noi stanno, seppur a fatica, implementando sistemi di “alfabetizzazione” presso i loro clienti per una lobbying meno relazionale e più di contenuto (che poi significa anche più trasparente perché i position paper sono pubblici, verificabili, criticabili mentre le relazioni sono solo semplicemente opache). Alcuni di noi stanno innovando insieme alla prossima rivoluzione degli open data (dove le informazioni da istituzioni e parlamenti saranno pubbliche e accessibili per tutti) spostando l’attenzione dall’accesso all’informazione riservata alla comprensione di tale informazione e degli interessi in gioco.
Ripartiamo dunque dal 2014 con un vecchio e abusato slogan: non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese. In sintesi, possiamo fare una lobby migliore anche senza l’aiuto dello Stato e con questo aiutare, senza ipocrisie, la democrazia del nostro Paese.

Alberto Cattaneo

Founding Partner Cattaneo Zanetto & Co. 

Fonte: Formiche.net

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