lobbyingitalia – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 09 Aug 2016 08:16:51 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.4 Lombardia, approvata legge sul lobbying. Ma non è obbligatoria! http://www.lobbyingitalia.com/2016/07/lombardia-lobbying-legge/ Wed, 13 Jul 2016 05:41:29 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3368 Pochi giorni fa la II Commissione “Affari Istituzionali” del Consiglio Regionale della Lombardia aveva approvato la PdL n. 0280 (afferente l’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi) abbinato al PdL n. 0289 (inerente alla trasparenza dell’attività di rappresentanza di interessi nei processi decisionali pubblici), e ieri è arrivato il via libera del Pirellone.  A favore Pd, Lega Nord, Lista Maroni, Lombardia Popolare, Patto civico, Fratelli d’Italia e Gruppo Misto Fuxia. Il gruppo di Forza Italia non ha partecipato al voto. Contrario, infine, il Movimento 5 Stelle, che sia a livello nazionale sembra non riuscire a trovare una posizione chiara su quale regolamentazione le lobbies debbano avere, considerando però che il Movimento regolarmente vi si confronta sia a livello nazionale che locale. La norma lombarda segue quella recente della Calabria, anch’essa come le altre precedenti rimasta disapplicata sino ad oggi.

Come riporta oggi il Corriere della Sera, cronaca di Milano (leggi l’articolo):

La Lombardia avrà il suo albo dei «cartelli» Riconosciuta la figura del portatore d’interessi La Lombardia avrà il suo «Elenco dei lobbisti». La nuova legge sulla «Disciplina per la trasparenza dell’attività di rappresentanza di interessi nei processi decisionali pubblici presso il Consiglio regionale», approvata ieri al Pirellone, da una parte riconosce la figura dei «portatori di interesse», ma dall’altra vieta loro di proporre regali o benefici, condanna le pressioni indebite, impone il dovere della trasparenza nei rapporti con i rappresentanti dell’istituzione e dell’amministrazione regionale.

Le prescrizioni del Registro

Per iscriversi all’albo, i lobbisti dovranno registrare — oltre alle generalità e ai dati dell’ente che si rappresenta —anche i potenziali destinatari delle «attenzioni». Inoltre, servirà la fedina penale pulita: nessuna condanna passate in giudicato e nessuna dichiarazione di fallimento alle spalle. Ogni anno poi (entro il 28 febbraio) avranno l’obbligo di presentare una relazione sui consiglieri incontrati e per quale processo decisionale. In caso di «dichiarazioni scorrette o non veritiere», è prevista la cancellazione dall’elenco, con relativo stop all’azione di rappresentanza, fino all’accusa di falso in atto pubblico.

Le  reazioni

«Con questa legge — spiega il relatore Carlo Malvezzi, di Lombardia Popolare —Regione Lombardia opera una scelta chiara e decisa verso la trasparenza e la tracciabilità. Con questa legge intendiamo infatti dire a chiare lettere che non bisogna aver paura di parlare di lobby, di gruppi di interessi, di sistemi di relazioni con mondi dell’economia e del sociale. Al contrario, il problema non sono i portatori di interesse, ma l’assenza di regole che permettano loro di interagire con la politica in modo trasparente, partecipato ed uguale per tutti». La proposta di legge è passata con un voto trasversale.«È inefficace – sentenzia il grillino Eugenio Casalinoe il problema del lobbying rimane assolutamente aperto». Per i dem Fabio Pizzul e Gian Antonio Girelli, presidente della commissione antimafia, quella votata «non è la migliore delle leggi possibili, ma è un punto di partenza importante nella direzione della trasparenza per una Regione così duramente colpita da scandali legati al rapporto malato tra decisori e interessi economici di parte». Il leghista Pietro Foroni: «E una sintesi giusta a tutela di tutti e che dà regole chiare».

Valutazioni

Negli scorzi mesi la II Commissione aveva lanciato un vasto giro di consultazioni, cui hanno partecipato le varie CNA, Confesercenti, Federdistribuzione,  consumatori, Confagricoltura, Confindustria (gli emendamenti proposti), ANCE, ASSOREL, Confcommercio, Confartigianato, Lega Cooperative, Alleanza delle Cooperative, e l’Associazione Il Chiostro.

Il commento 

Se da una parte è apprezzabile il concetto di arrivare ad una regolamentazione del lobbying, specie in una Regione dell’importanza e delle dimensioni della Lombardia, dall’altra le perplessità sono numerose“, scrive su Facebook Franco Spicciariello, docente di “Teorie e tecniche del lobbying istituzionale” presso l’università LUMSA di Roma. “Innanzitutto, si tratta dell’ennesima norma regionale: una proliferazione di registri, ognuno diverso dall’altro e di fatto nemmeno applicati. Nulla poi la norma prevede in termini di cooling-off, che significa che un’assessore che ad esempio dovesse dimettersi a metà consiliatura potrebbe tranquillamente svolgere, come già oggi e legittimamente, attività di lobbying sulla Giunta e senza alcun obbligo di trasparenza. Ma il punto principale, ancora una volta, è uno: questa legge regionale non prevede alcun obbligo di iscrizione per chi voglia rappresentare interessi, e tanto meno alcuna sanzione è prevista.  A ciò si aggiunge l’errore di non prevedere nemmeno questa volta, come per il Registro della Camera dei Deputati, alcun incentivo all’iscrizione tipo ad esempio l’accesso ai locali o consultazioni riservate“.

Per capire se e come la nuova legge sulle lobby in Lombardia verrà applicata, si dovrà comunque attendere realisticamente i 12 mesi di tempo che la Giunta Regionale avrà per emanare un regolamento ad hoc. Ma per una regolamentazione vera dell’attività di lobbying ci vorrà probabilmente molto più tempo.

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Austria, quanto è efficace la nuova regolamentazione del lobbying http://www.lobbyingitalia.com/2016/05/austria-regolamentazione-lobbying/ Sat, 28 May 2016 08:53:17 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3335 La normativa austriaca si concentra sui consulenti di lobbying e le imprese, fornendo meno obblighi di comunicazione a gruppi professionali e pubblici, e quasi nessun requisito per le parti sociali

Nel luglio 2012 l’Austria ha approvato il suo primo atto legislativo volto a disciplinare il rapporto tra gruppi di interesse e titolari di cariche pubbliche. Criticità della normativa sono proprio le definizioni di lobbista e di attività di lobbying. Per quanto riguarda la prima, abbiamo un elenco approssimativo di soggetti non facilmente determinabili (questo spalancherebbe le porte ai faccendieri della politica); invece la seconda viene indicata come “contatto organizzato e strutturato con titolari di cariche pubbliche finalizzati ad influenzare il processo decisionale nell’interesse di un committente”, senza specificare cosa si intende per “influenzare” il processo decisionale, un termine che l’opinione pubblica potrebbe facilmente ricondurre ad atti di malaffare. Positiva la presenza di un registro elettronico con i dati facilmente accessibili a tutti; elemento che però contraddistingue la normativa è la presenza di una co-responsabilità tra chi svolge attività di lobbying e il committente, dopo che siano stati accertati inadempimenti inerenti gli obblighi di registrazione e successivi aggiornamenti.

La normativa è stata inoltre analizzata secondo un sistema empirico, che ha permesso di valutare ogni elemento della regolamentazione sulla base di una scala di valori. Applicando la metodologia sviluppata dal Centre of Public Integrity (CPI), i ricercatori suggeriscono che la regolamentazione possa essere caratterizzata da diversi livelli di rigorosità, che essi definiscono come robustezza. Secondo il livello di robustezza, le leggi di lobbying possono essere classificate in bassa, media e alta regolamentazione (Chari et al 2010:.Ch. 4). Su questa base è stata analizzata la normativa sul lobbying austriaca[1].

La normativa austriaca

Secondo le disposizioni della normativa austriaca, i lobbisti hanno esigenze diverse a seconda della natura degli interessi che essi rappresentano. In realtà, i lobbisti professionisti, i lobbisti  interni che lavorano per le imprese, le associazioni professionali, i gruppi pubblici e le parti sociali sono soggetti a disposizioni diverse. Gli obblighi di informativa, le regole e le sanzioni sono più severe per i primi (in ordine decrescente) e più leggere per gli ultimi. Di conseguenza, il livello di solidità è, per esempio, più elevato per i lobbisti professionisti e i lobbisti interni, e inferiore per le associazioni professionali, i gruppi pubblici e le parti sociali.

La normativa austriaca del 2012 ha istituito un registro obbligatorio e un insieme formale di regole tra cui i requisiti di registrazione, alcuni requisiti informativi di spesa e le sanzioni in caso di inadempienza.

La definizione di lobbista

l’articolo 4 della legge introduce una serie di definizioni volta a chiarire il concetto di attività di lobbying, stabilendo i confini di applicazione della normativa. La normativa riguarda società di consulenza di lobbying (Lobbying Agenturen), gruppi aziendali (Unternehmenslobbyisten), gruppi professionali (Kammern) e gruppi pubblici (Verbände). Tutti i rappresentanti di interesse assunti da questi attori sono sottoposti alle regole stabilite quando si cerca di influenzare titolari di cariche pubbliche.

L’attività di lobbying

Alla luce di queste categorie di attori, l’attività di lobbying è definita come: “qualsiasi contatto organizzato e strutturato con titolari di cariche pubbliche finalizzati ad influenzare il processo decisionale nell’interesse di un committente” (articolo 4, paragrafo 1; 2012). La normativa riguarda sia l’organo legislativo che quello esecutivo, compreso anche  il personale burocratico e titolari di cariche pubbliche di enti territoriali. Nonostante la vasta copertura delle regole, la legge presenta una vasta gamma di eccezioni. In realtà, i gruppi di interesse religioso e territoriali  e gli studi legali sono esentati. Le parti sociali sono sottoposti a una serie limitata di requisiti di registrazione, prevista inoltre l’esenzione dalle disposizioni in materia di sanzioni e di accumulo di ruolo (articolo 2, paragrafo 2-4).

Procedure di iscrizione individuale

Il regolamento stabilisce differenti requisiti di registrazione in base alla natura del gruppo di interesse. La sezione A (suddivisa in A1 e A2) è dedicata alla consulenza di lobbying. La sezione B ai lobbisti interni delle imprese, mentre, rispettivamente, la sezione C e D alle associazioni professionali e gruppi di interesse pubblico. Le parti sociali sono soggetti a disposizioni particolari. Nella sezione A le consulenze di lobbying e i consulenti devono registrarsi prima di stabilire i contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo le seguenti informazioni sulla società di lobbying: nome, numero di impresa, indirizzo, sito web e inizio dell’esercizio sociale. Si richiedono anche una breve descrizione delle attività e la missione della società. Inoltre, la società di lobbying deve adottare un codice di condotta interno, dichiarare il volume delle operazioni del precedente esercizio finanziario, rivelare il numero di contratti di lobbying accettati e fornire il nome e la data di nascita dei lobbisti.

Nella sezione A2 i consulenti di lobbying devono rivelare i loro contratti di lobbying dichiarando il nome, il numero di impresa, l’indirizzo, il sito e l’inizio dell’anno di attività  sia del committente che del cliente. L’oggetto del contratto di lobbying deve essere dichiarato. La sezione A2 non è pubblica, il Ministro della Giustizia ha accesso esclusivo alle informazioni. Le terze parti sono autorizzate ad avere accesso a questi dati con il consenso precedente dal committente e del consulente. La sezione B richiede ai lobbisti interni delle imprese di registrarsi prima di stabilire contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo i seguenti dati: il nome della società, il numero di impresa, indirizzo, sito web e inizio dell’anno finanziario, una breve descrizione delle attività e la missione della società, il nome e la data di nascita dei lobbisti. Le imprese devono anche rivelare i costi connessi all’attività di lobbying nel corso dell’esercizio precedente, se questi superano l’importo di 100.000 €. Le imprese devono adottare un codice di condotta interno per i lobbisti interni.

Nelle sezioni C e D si richiede  alle associazioni professionali e alle associazioni di interesse pubblico la registrazione prima di stabilire i contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo i seguenti dati: il nome, l’indirizzo e il sito web dell’organizzazione, il numero di  rappresentanti di interessi che sono attivi e una stima delle spese relative alla attività di rappresentanza di interessi. Contrariamente alle consulenze di lobby e ai lobbisti interni delle imprese, le associazioni professionali e le associazioni di interesse pubblico non sono tenuti a fornire ogni tipo di informazione personale. I requisiti di registrazione si limitano alla fornitura di informazioni di carattere generale e di contatto dell’associazione. Ciò rappresenta una grande differenza in termini di trasparenza, in quanto i consulenti di  lobbying e le imprese devono rivelare una quantità superiore di dati.

Rendicontazione delle spese e dei clienti

Il regolamento non comporta la regolare presentazione di rapporti di spesa.  I consulenti di lobbying devono indicare il volume annuo di vendite relative alle attività di lobbying sotto sezione A1 e le imprese devono dichiarare se i costi relativi alla lobbying superano i 100.000 € di cui alla sezione B.

Archiviazione elettronica e accesso pubblico al registro

Il Ministero della Giustizia Austriaco, che rappresenta l’autorità competente, fornisce ai gruppi di interesse e consulenti la registrazione on line. L’accesso al registro è pubblico per le sezioni A1, B, C e D. La sezione A2 contenente informazioni sul contratto di lobbying tra committenti e consulenti è consultabile solo dal Ministero della Giustizia. L’accesso a questa sezione è esteso ad altre parti previa autorizzazione dei dichiaranti. Tale esenzione è legittimata dal legislatore attraverso la necessità di proteggere la privacy e gli interessi economici dei clienti, che possono soffrire potenziali perdite economiche dalla diffusione di informazioni.

Sanzioni

L’Autorità competente è rappresentata dal Ministero della Giustizia, che ha il potere di imporre sanzioni. Chi svolge attività di lobbying senza essere registrato incorre in sanzioni pecuniarie di € 20.000 o € 60.000 per reiterazione. Le sanzioni per il mancato rispetto delle regole sono di € 10.000 o € 20.000 per reiterazione. Queste si applicano anche ai committenti, che sono co-responsabili per garantire la corretta manutenzione delle informazioni registrate. Il Ministro della Giustizia ha, inoltre, il potere di cancellare i dichiaranti dal registro in caso di non conformità o comportamenti scorretti. La cancellazione preclude ai lobbisti la registrazione per tre anni. Da sottolineare che disposizioni speciali  esentano le parti sociali dall’applicazione delle sanzioni. Questa particolare disposizione riduce drasticamente il campo di applicazione della normativa in termini di responsabilità quando si tratta di attività svolte dalle parti sociali.

Le revolving-doors

Il legislatore ha deciso di tenere la questione revolving-door non regolamentata. Tuttavia, la legislazione tratta l’ipotesi di cumulo di ruoli. L’articolo 8 stabilisce l’incompatibilità tra lo status di titolare di carica pubblica e lobbista professionale.

La scelta del legislatore è stata guidata dalla disposizione “cash-for-law” e dalla vicenda Telekom[2], che sottolineano il conflitto di interessi tra i due ruoli. Il campo di applicazione della disposizione revolving-door è comunque limitata. Date le esenzioni previste dalla legge, questo articolo riguarda solo una categoria limitata di lobbisti. Essa non si applica ai gruppi di lobbying interni, e rappresentanti di interessi di associazioni professionali, gruppi pubblici e le parti sociali. Il cumulo di ruoli di parlamentare e rappresentante di interessi di associazioni di imprese o sindacati è molto comune in Austria. Estendere tale disposizione alle parti sociali avrebbe potuto colpire molti membri del Parlamento.

Conclusioni: trasparenza e partecipazione nella regolamentazione austriaca

In sintesi, Le diverse sezioni A, B, C e D hanno evidenziato la presenza di una variazione della rigidità della normativa tra i tipi di gruppi di interesse in termini di quantità di informazione che deve essere presentata. L’indice CPI è costruito applicando un punteggio su 48 domande sulle dimensioni di cui sopra[3]. L’indice è dato da una scala che va da 1 punto (robustezza minima) a 100 (robustezza massima). In altre parole, quanto più la legge di lobbying è vicina a 100, più robusta è la legislazione. Questa procedura è stata fatta per le sezioni A, B, C e D più per le disposizioni in materia di parti sociali. Come mostra la tabella 1, la legge di lobbying Austriaca è caratterizzata da una variazione di robustezza a seconda del tipo di gruppo di interesse.[4]

Secondo la classificazione, la legislazione è medio-regolata nelle sezioni A e B sulla consulenza di lobbying e attori aziendali; e basso-regolata nella sezione C (associazioni di categoria) e D (gruppi pubblici), incluse le disposizioni in materia di parti sociali. In particolare, il divario di robustezza in termini di punteggio CPI tra le sezioni C e D e le disposizioni in materia di parti sociali è particolarmente grande (17 punti), il che significa che le disposizioni in materia di parti sociali garantiscono livelli sistematicamente più bassi di trasparenza e responsabilità rispetto alle altre sezioni. Esempi simili si possono trovare negli Stati Uniti e nella regolamentazione Canadese.

 

Punteggio CPI

Classificazione per

Chari et al.

Sezione A  -Consulenti di lobbying

32

Medio-regolata

Sezione B – Lobbisti interni di azienda

30

Medio-regolata

Sezione C – Associazioni Professionali

29

Basso-regolata

Sezione D – Gruppi Pubblici

29

Basso-regolata

Parti Sociali

17

Basso-regolata

 

 
A cura di Francesco Rossi, studente del Laboratorio di Teorie e Tecniche del Lobbying Istituzionale, dipartimento di Giurisprudenza, LUMSA – Roma


[1] Lobbyists, Governments and Public Trust, Volume 3 Implementing the OECD Principles for Transparency and Integrity in Lobbying
[2] Gli scandali hanno colpito la politica austriaca nel 2011. Questi hanno coinvolto il MEP Ernst Strasser, scoperto ad accettare tangenti in cambio di promuovere una legislazione al Parlamento europeo (cash for law).  Sono stati dichiarati colpevoli politici e lobbisti per aver intascato fondi di dubbia provenienza relativamente al business della società Telekom Austria.
[3] Domande relative alla disciplina della registrazione individuale,metodi di registrazione, rivelazione spese individuali, grado di trasparenza verso il pubblico.
[4] Investigating lobbying laws Austria
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Regolamento lobby alla Camera: 40 emendamenti, previste sanzioni http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/regolamento-lobby-alla-camera-40-emendamenti-previste-sanzioni/ Wed, 13 Apr 2016 16:33:28 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3273 Sono circa 40 gli emendamenti presentati, nella Giunta del regolamento della Camera, al cosiddetto codice etico e all’ipotesi di regolamentazione delle lobby. Nel dettaglio circa 20 emendamenti sono stati presentati al codice etico e altrettanti ne sono stati presentati alla ipotesi di regolamentazione delle lobby. In quest’ultimo caso la maggior parte delle proposte di modifica sono arrivate dal Movimento 5 stelle. Tra questi, uno che prevede una serie di sanzioni: divieto di accesso alle sedi della Camera per un periodo da 30 giorni a 3 anni; cancellazione dal registro dei lobbisti per un periodo da 30 giorni a 3 anni.

Sono queste infatti, secondo un emendamento del Movimento 5 stelle, le sanzioni che l’Ufficio di presidenza della Camera potrà irrogare ai lobbisti che violano le disposizioni del regolamento. L’emendamento è stato presentato all’ipotesi di regolamentazione delle lobby all’esame della Giunta del regolamento. Il testo attualmente prevede, nella parte relativa alle sanzioni, solo un rimando a decisioni dell’Ufficio di presidenza. Lo stesso emendamento prevede per il deputato che partecipi ad incontri con lobbisti non debitamente comunicati una decurtazione dal 10% dell’indennità parlamentare mensile fino a sei volte l’indennità parlamentare mensile, “e, in caso di inadempienza reiterata – si legge – la sanzione della interdizione a partecipare ai lavori parlamentari per un periodo da uno a tre mesi”. Al gruppo parlamentare del deputato che partecipi ad incontri con lobbisti non debitamente comunicati l’emendamento M5s prevede una decurtazione del 3% del contributo finanziario unico e onnicomprensivo a carico del bilancio della Camera per ogni incontro non comunicato o comunicato erroneamente o parzialmente.

Il testo Pisicchio

Più in generale, la bozza di regolamentazione delle lobby depositata nella Giunta del regolamento della Camera dal relatore Pino Pisicchio, prevede che il registro, che sarà pubblicato sul sito della Camera, contenga: i dati anagrafici e il domicilio professionali del lobbista; la descrizione dell’attività di relazione istituzionale che si intende svolgere; i soggetti istituzionali che si intendono contattare. Per poter essere iscritti al registro il rappresentante di interessi deve: essere maggiorenne, non avere subito negli ultimi dieci anni condanne definitive per reati contro la pubblica fede o il patrimonio; godere dei diritti civili e non essere stato interdetto dai pubblici uffici. La stessa disciplina – specifica la bozza – si applica anche agli ex parlamentari che intendano svolgere attività di lobbying.

In merito al divieto per i deputati di ricevere doni superiori ai 200 euro (novità questa, contenuta nel codice etico), la bozza precisa che gli eventuali doni di valore inferiore, ricevuti dai deputati in qualità di rappresentanti della Camera, dovranno essere consegnati al presidente e trattati secondo modalità che verranno definite dall’Ufficio di presidenza. Fonte: Public Policy

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Lobby & Poltrone – Amazon, Spicciariello a capo delle relazioni istituzionali http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/lobby-poltrone-amazon-spicciariello-a-capo-delle-relazioni-istituzionali/ Wed, 13 Apr 2016 16:30:13 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3272 Amazon Italia ha nominato nel ruolo di Senior Public Policy Manager Franco Spicciariello, che va quindi a guidare le relazioni istituzionali centrali e locali del gigante dell’e-commerce e non solo.

Amazon, dalla scorsa estate il maggior retailer al mondo, è una presenza importante nel mercato italiano, anche a seguito dei notevoli investimenti che hanno portato allo sviluppo dei propri Centri di Distribuzione a Castel San Giovanni nel novembre 2011, il proprio Customer Service a Cagliari nel 2013, oltre ad essere presente con i propri uffici anche a Milano dall’ottobre 2012, con un totale di oltre 700 persone in tutta Italia. Una presenza sempre più diffusa quindi, che ha portato l’azienda americana, fondata da Jeff Bezos nel 1995, ad ingaggiare il suo primo responsabile per i rapporti istituzionali in Italia.

Spicciariello, manager classe 1972, si è laureato in Giurisprudenza e in Scienze della Comunicazione presso l’università LUMSA di Roma – dove oggi è docente di “Teorie e tecniche del lobbying istituzionale” alla facoltà di Giurisprudenza – specializzandosi poi presso Harvard e University of Massachusetts di Boston, e iniziando lì la propria carriera quale assistente parlamentare presso la State House del Massachusetts.

Tornato in Italia, ha seguito le relazioni istituzionali di Confcooperative, a riporto del Segretario Generale, per poi andare ad occupare il ruolo di Head of Lobbying della società di consulenza di public affairs Reti Spa. Successivamente è stato ingaggiato da Microsoft Italia nel ruolo di Government Affairs Manager, posizione nella quale ha seguito le relazioni istituzionali locali e supportato il business verso il Public Sector.

Nel 2008 fonda Open Gate Italia – di cui ora lascia il CdA – con altri due soci: l’ex capo delle strategie di Wind, Laura Rovizzi, e all’ex direttore della comunicazione di Sky, Tullio Camiglieri. Prima società italiana focalizzata sull’integrazione fra public & regulatory affairs e comunicazione strategica, la portano in pochi anni sul podio delle società di lobbying italiane, anche grazie ad alleanze internazionali con gruppi quali Grayling e Instinctif. In OGI Spicciariello ha seguito principalmente le practices ICT, sistema delle accise, food e sports business, con focus sulle attività di public affairs, PR e digital lobbying.  

 

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Velardi: Proposta per regolare le lobby http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/velardi-al-foglio-proposta-per-regolare-le-lobby/ Wed, 13 Apr 2016 16:12:22 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3264 Al direttore – Che palle questa ennesima discussione sulle lobby, eterno emblema e foglia di fico dei presunti mali italiani. E che palle le iniziative per regolamentarne l’attività che poi falliscono miseramente, salvo partorire, in risposta a periodiche emergenze, abomini legislativi come il “traffico di influenze illecite”. Il problema, sia chiaro, non è dei lobbisti veri: da tempo abbiamo fatto il callo ai titoli di giornale che descrivono “le lobby” come fonte primaria dei disastri nazionali, e il lavoro pulito non manca ai bravi professionisti.

Il punto è un altro, e prima o poi dovrà venir fuori. E’ proprio sbagliato l’obiettivo di chi pensa di irreggimentare, ingabbiare, demonizzare, punire le dannate lobby, come intendono fare paleo e neocensori parlamentari. Bisogna fare il contrario: aprire il sistema a una rinnovata ed efficace rappresentanza degli interessi, una volta saltata quella vecchia, per motivi più che noti. Nel vecchio mondo la lobby era appannaggio di partiti, sindacati, associazioni datoriali e di categoria. In quel circolo chiuso si componevano i conflitti, si dettavano le priorità e si organizzavano le gerarchie degli interessi. Con i media schierati a fare da pura cassa di risonanza. E le truppe pronte a intervenire, in casi di necessità. Era semplice, il piccolo mondo antico del Novecento. Oggi le cose sono cambiate.

L’universo della rappresentanza è meravigliosamente frazionato. I partiti sono personali, i sindacati pensionati, la Confindustria ininfluente, e il tavolone verde di Palazzo Chigi, dove le corporazioni più loffie vivevano il loro quarto d’ora di notorietà, è (definitivamente?) messo in soffitta. Oggi ognuno ambisce a rappresentarsi da sé. La grande azienda, con il suo solido responsabile delle relazioni istituzionali. L’agenzia di lobbying, dove professionisti di valore si muovono unicamente nell’interesse dei clienti e non del loro datore di lavoro. Gli “abusivi”, quelli che non fanno lobby per professione: presidiano un interesse, lo intermediano e ne ricavano utili, lavorando “a percentuale”, spesso bluffando, millantando conoscenze e aderenze. E poi i media, che fanno lobby in proprio. E la rete, dove gli interessi esplodono in una miriade di ingovernabili frammenti.

Nel mondo nuovo si gioca un’altra partita, dove tutto è lobby, possibilità, libertà e potere di espressione, comunicazione, condivisione. Lobby è postare, twittare e ritwittare, intercettare (ops) gli influencer, creare reti, costruire relazioni. Tutte attività difficilmente “recintabili”, cui ognuno può tranquillamente sfuggire. E ha facoltà di farlo. Se invece entriamo nei sacri confini delle istituzioni, e decidiamo di darci delle regole, allora bisogna che la regolamentazione sia sexy, altro che multe, divieti e misure coercitive. Registrarsi come lobbisti deve essere un label, un marchio di qualità. E chi ha un’istanza da rappresentare deve trovare conveniente affidare la sua pratica a un “registrato”. Si può fare con chiari meccanismi di premialità.

Chi si registra può telefonare a un ministro e poi a un suo cliente. Tutto normale. Trasparente, certificato e garantito. Il registrato partecipa agli approfondimenti tecnici, ha a disposizione i testi dei provvedimenti, le bozze dei documenti. Dopo che li hanno avuti i politici, prima che diventino pubblici. Il registrato accede, con un tesserino personalizzato e riconoscibile, nei palazzi delle istituzioni, e ogni volta che usa il tesserino dichiara cosa è entrato a fare e perché. La registrazione contempla la dichiarazione degli interessi che si sostengono (in linea con normative sulla privacy e con le clausole di salvaguardia presenti nei contratti e nei regolamenti aziendali).

Su queste basi si può costruire un vero patto di reciprocità: i lobbisti (e i loro clienti) consentono che si acceda al loro lavoro; le istituzioni consentono agli interessi e ai lobbisti di accedere al proprio. Con modalità certe e in tempo reale, con obbligo di consultazione, di esame e di risposta sui singoli dossier. I professionisti della lobby sono pronti per questa sfida: lo dico perché ne conosco tanti bravi e capaci. Le istituzioni non ancora. Per questo continuano a diffondere il timor panico delle “lobby”.


Claudio Velardi

Fonte: Il Foglio

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Il traffico di influenze illecite? Una boiata pazzesca. Parla il prof. Padovani [Il Foglio] http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/guidi-traffico-influenza-padovani-foglio/ Thu, 07 Apr 2016 13:10:10 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3245 Analizzare l’articolo 346 bis del codice penale per capire che il reato attribuito a Federica Guidi si basa sul nulla

Il reato di traffico di influenze illecite è come la corazzata Potemkin del film di Fantozzi, una boiata pazzesca: la si può girare come si vuole, ma alla fine i conti non tornano, perché è costruito sul nulla”. Non gira attorno alla questione Tullio Padovani, professore di Diritto penale all’Università Sant’Anna di Pisa, avvocato protagonista di accese battaglie legali in difesa di manager come Marco Tronchetti Provera e banchieri come Giuseppe Mussari (processo Monte dei Paschi).

 

Per capire a pieno perché il reato che ha scatenato le dimissioni del ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, sia in realtà basato sul “nulla”, occorre chiarire la fattispecie di cui si sta tanto parlando, disciplinata dall’articolo 346 bis del codice penale: è colpevole di traffico di influenze illecite colui (spesso definito “faccendiere”) che sfruttando la relazione con un pubblico ufficiale si fa dare o promettere “indebitamente” denaro da un privato per spingere il funzionario amministrativo a compiere un atto contrario ai suoi doveri d’ufficio, in favore del privato stesso. Un reato molto prossimo a quello previsto dall’articolo 346, compiuto dal millantatore che però, a differenza del “faccendiere”, è un semplice “venditore di fumo”, dal momento che non può disporre realmente di una relazione con il pubblico ufficiale.

 

Dall’art. 346 bis possono dunque emergere due ipotesi di reato, due “gambe” come le definisce Padovani, entrambe incardinate su un terreno giuridico piuttosto farraginoso. La prima ipotesi è che il “faccendiere” si faccia pagare da un privato per influire sull’attività di un pubblico ufficiale, senza però l’intenzione di corromperlo. Una semplice attività di mediazione, ossia di lobbying, fino a prova contraria non illegale, in cui si tenta di convincere per esempio un parlamentare della bontà pubblica di una determinata decisione. Quand’è che quindi questa attività costituisce reato? Quando – recita l’art. 346 bis – l’attività viene svolta in maniera “indebita”, e qui, spiega Padovani, casca il primo asino: “E’ un requisito che i penalisti chiamano di illiceità speciale: la condotta per diventare penalmente illecita deve già esserlo di per sé, ma per poter definire un illecito ci vuole una legge che chiarisca cos’è una mediazione, legge da noi inesistente”. Con la conseguenza che spetta al magistrato colmare, con ampi margini di discrezionalità, il vuoto normativo. Non solo: il mediatore, una volta ottenuti i soldi dal privato, potrebbe in realtà anche decidere di non influire sul pubblico ufficiale. Si potrebbe insomma avere alla fine un soggetto condannato per traffico di influenze illecite, ma che in verità non ha mai cercato di condizionare l’amministratore pubblico.

La seconda ipotesi di reato prefigurata dall’art. 346 bis è quella in cui il mediatore riceve del denaro anche per corrompere il pubblico ufficiale. Attenzione, però: per rimanere nell’ambito del traffico di influenze illecite, e non sfociare invece nel reato di corruzione, il denaro fornito al mediatore per corrompere il funzionario pubblico non deve essere effettivamente consegnato o promesso a quest’ultimo. “Si costituisce – spiega Padovani – un’attività meramente preparatoria del delitto di corruzione, che quindi non si completa. L’inghippo sta che l’incriminazione poggia tutta sulla finalità, ma la finalità sta nella testa della gente, e come fai a stabilirla?”. Da qualunque parte la si guardi, insomma, la norma palesa ambiguità preoccupanti in relazione alla certezza del diritto: “Si è di fronte a una fattispecie di reato che sembra esistere ma non esiste”, commenta il professore, perché “non ha uno spazio applicativo definito”, né sul primo fronte, quello della mediazione (dove manca una legge che fissi le categorie di lecito e illecito), né sul secondo fronte, quello della “corruzione abortita”, da dimostrare rintracciando oscure “finalità” corruttive. L’articolo 346 bis ha insomma “un grado di consistenza paragonabile agli zombie del film ‘La notte dei morti viventi’”, ribadisce Padovani. “Una boiata pazzesca”, sorride.

 

Arriviamo così alla vicenda specifica del ministro Guidi, al quale – pur non essendo al momento indagato – viene rimproverato di aver inserito nella legge di Stabilità del 2015, su pressione del suo compagno e imprenditore Gianluca Gemelli, l’emendamento che sbloccava il progetto d’estrazione petrolifera Tempa Rossa, favorevole alla Total, che avrebbe poi “ripagato” l’intermediazione di Gemelli affidando un subappalto a una delle sue aziende. Una vicenda che, posta in questi termini, secondo Padovani lascia “disorientati”, perché è difficile capire a cosa si riferiscono i pm: “Il giudice penale non può stabilire se quell’atto andava bene o no, non può sindacare il merito di una decisione politica. E poi di cosa parliamo? E’ stato Renzi a dichiarare pubblicamente di aver inserito l’emendamento nella legge, e non la Guidi”.

 

Non riesco a credere che tutta la vicenda sia stata costruita solo su questo – aggiunge il professore – quindi credo, anzi voglio sperare, che la procura di Potenza si sia concentrata pure su altre ipotesi di reato, anche perché se hanno chiesto misure cautelari, il 346 bis c’entra come un cavolo a merenda”. Purtroppo, però, “i giornalisti vengono attratti da questo nome che circola, ‘influenze illecite’, e perdono di vista la luna che sta dietro il dito”. Dove la luna, in questo caso, è costituita dall’insieme dei reati su cui indagano i pm e che evidentemente ancora non sono finiti sui giornali, e dove il dito, invece, è rappresentato dal traffico di influenze illecite, un reato con “consistenza criminosa inafferrabile”, peraltro di modesta entità (prevede una pena da 1 a 3 anni). E allora perché è stato inserito nel codice penale? “Perché faceva tanto fine, tutti parlavano del traffico di influenze e allora mettiamocela anche noi una normettina nel codice, così rinfreschiamo la stanza, mettiamo un mobile nuovo. Ma poi ci rendiamo conto che un mobile senza cassetti non serve a niente”.

 

 

 

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Tra moralismo e intercettazioni, non sappiamo più che cosa vogliamo dai politici | Il Foglio http://www.lobbyingitalia.com/2016/04/tra-moralismo-e-intercettazioni-non-sappiamo-piu-che-cosa-vogliamo-dai-politici-il-foglio/ Sat, 02 Apr 2016 07:55:00 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3210 A prescindere dalla questione Guidi, su cui capiremo se c’è qualcosa d’altro, la verità è che questo mestiere di politico non sappiamo più maneggiarlo

Stavolta, Renzi è sfortunato. Il suo governo inciampa nella vicenda Guidi. Al di là delle battaglie sul ministro e sul governo, il solito triangolo giornali-magistrati-politici basato su intercettazioni fa nascere qualche domanda, oltre che sulla disciplina delle intercettazioni – soprattutto se applicate a un ministro della Repubblica – sulla figura del politico.

 

A giudicare dai commenti, la telefonata della ministra Guidi era scandalosa e le dimissioni il minimo del buon gusto. Dopo poche ore, la ministra passa subito nel lato oscuro della classe politica mentre il suo compagno è già condannato dai media come losco faccendiere.

Sarà, ma ancora una volta si vede soprattutto il moralismo che ci attanaglia tutti. Proviamo a ragionare. La ministra telefona e informa il suo compagno che un provvedimento che riguarda anche l’azienda per cui lavora passerà in Parlamento. Che cosa c’è di sbagliato? Il problema è se il provvedimento è buono o cattivo e non chi coinvolge. Il ministro fa qualcosa di illegale? Da quanto ne sappiamo finora, sembra di no. Se le cose stanno come ci hanno detto, un politico informerebbe un suo elettore interessato su un provvedimento per il quale aveva lottato e che poco dopo sarebbe auspicabilmente passato nell’aula di rappresentanza dell’intero popolo italiano. Nessuna illegalità, ma soltanto il sospetto che si possano celare pressioni di ben altro genere. Ma non siamo in un sistema totalitario e i sospetti non sono reati.

 

Non c’è nulla, eppure il nulla è sufficiente a far dimettere un ministro. A prescindere dalla questione Guidi, su cui capiremo se c’è qualcosa d’altro, la verità è che questo mestiere di politico non sappiamo più maneggiarlo.

 

Che cosa dovrebbero fare? Se sono algidi e distaccati, diciamo che non sono vicini alla gente e che sono una casta. Se si mischiano con la gente, sono presenti sul territorio, ascoltano le persone nei loro bisogni (persino il compagno!), diciamo che sono potenzialmente corrotti. Se hanno un’impresa, hanno conflitti d’interesse. Se non ce l’hanno e hanno sempre fatto politica, allora sono dei parassiti mentre bisognerebbe prendere solo persone che hanno un lavoro e non devono dipendere dalla politica. Se fanno compromessi, sono corrotti e attaccati alla poltrona. Se non fanno compromessi, sono integralisti e potenzialmente totalitari. Se viaggiano molto, spendono i nostri soldi in viaggi di piacere. Se viaggiano poco, si godono i nostri soldi senza far niente. Se fanno i bandi pubblici, ecco non la si finisce più con la burocrazia e non si decide mai. Se decidono qualcosa in via diretta, ecco non c’è mai trasparenza.

 

Insomma, che cosa dovrebbe fare un politico? Nella prima Repubblica era chiaro: il politico era l’espressione di una realtà territoriale o sociale che si adoperava a rappresentare, cercando allo stesso tempo di promuovere il bene di tutti. Concretamente, il politico cercava di sentire tutti i “suoi” e poi andava a trattare con gli altri. Per farlo bene, non poteva che essere un lavoro. Ben pagato, per non essere eccessivamente ricattabile.

 

Adesso non sappiamo più come vogliamo questi politici. Tangentopoli ci ha mostrato come il sistema si fosse pervertito ma da allora non abbiamo trovato un’immagine di politico che ci vada bene. Così passiamo dalle ondate di garantismo a quelle di legalismo, portati da un moralismo che attacca spesso solo quelli della parte politica per cui non tifiamo. Sul ruolo dei politici e sullo statuto di questa attività forse andrebbe fatta una riflessione più profonda di quella a cui siamo soliti, e magari occorrerebbe  cambiare anche le regole e le leggi che li riguardano. Intanto, solo per dare un’ipotesi pragmatista: non potremmo giudicarli dai risultati? La legge che la ministra Guidi ha promosso è una buona legge o no? E chi lo deve giudicare, se non la normale battaglia politica, dalle Camere alle elezioni? In generale, il suo operato è stato quello di una buona ministra o no? Questo mi preme, mentre non mi importa affatto che lo faccia per qualche interesse, che non può che avere, come tutti gli esseri umani. In fondo, come dimostrava la vicenda Danton-Robespierre, il politico senza interessi è il più pericoloso. Per questo, prima ancora delle intercettazioni inutili, dovremmo spegnere l’inutile moralismo che alberga in ciascuno di noi.

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Le società di lobbying in Italia, la top 11 dei bilanci [Milano Finanza] http://www.lobbyingitalia.com/2015/11/milano-finanza-montanari-lobbisti-bilanci/ Sat, 21 Nov 2015 08:19:06 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3056 Milano Finanza pubblica un’analisi di base sui bilanci delle principali società di lobbying in Italia, presentando fatturati, risultati e una classifica ipotetica (in quanto ognuna delle società in lista porta avanti anche attività diverse). L’autore, Andrea Montanari, mette anche in corretto risalto come il settore soffra in termini di dimensioni a causa dell’assenza di una normativa che regoli in maniera accurata l’attività di lobbying, a differenza ad esempio di paesi come gli USA o il Regno Unito,

Nel resto del mondo è un’attività fiorente e regolamentata. In Italia, invece, è ancora considerata come un lavoro da guardare con sospetto. Perché, nonostante tutto, la parola lobby difficilmente viene accettata. Si pensa che dietro si celino chissà quali retroscena. Ma forse è la mancanza di una legge, invocata da anni e al momento ferma sul tavolo del presidente della com-missione Affari Istituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, a non favorire lo sviluppo a pieno regime del business. Che, infatti, bilanci delle principali società del settore alla mano, vale complessivamente solo 13,5 milioni (tabella qui sopra).
Nulla, rispetto al reale valore del lavoro svolto e dei risultati spesso raggiunti. Anche perché il più delle volte i grandi budget sono gestiti direttamente dalle associazioni di categoria o dal-le strutture interne alle grandi aziende. E quindi, alle società di consulenza, di public affairs e di lobbying resta ben poco.

Il podio: Cattaneo&Zanetto rimane leader di mercato, seguita da FB&Associati e da Telos, che supera Open Gate Italia

Lo dimostra il fatto che il leader di mercato, la società Cattaneo&Zanetto, di Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto, lo scorso anno fatturava 3,93 milioni (con un utile di 626 mila euro), ossia un terzo dell’intero giro d’affari complessivo. Alle loro spalle si piazza, confermando il ruolo di secondo operatore del mercato, la società di Fabio Bistoncini, specializzata in advocacy e lobbying. La Fb & Associati lo scorso anno aveva chiuso il bilancio con ricavi per 2,53 milioni e profitti per 141 mila.

E se le prime due posizioni sono consolidate, la vera novità è rappresentata dal terzo piazzato, che ora non è più Tullio Camiglieri (ex giornalista Mediaset, poi a capo della comunicazione di Stream prima e Sky Italia poi), che dal 2008 è attivo con Open Gate Italia, bensì la prima donna del mercato, Mariella Palazzolo. La sua Telos Analisi & Strategie, con un fatturato 2014 di 1,34 milioni e un utile di 274 mila euro, ha conquistato la medaglia di bronzo dei bilanci. Quando invece nel 2013 Telos era sesta per giro d’affari.

Open Gate Italia “pulisce” i bilanci e cambia l’azionariato a seguito della nomina di Tommaso Pompei ad Amministratore Delegato della newco di Enel per la posa della fibra ottica.

Questo cambio di guarda è coinciso con una flessione dell’attività di Open Gate Italia, che tra l’altro è stata l’unica delle 11 società di riferimento a registrare una chiusura d’anno in perdita (-245 mila euro), costringendo i soci, in sede di approvazione del bilancio, ad abbattere e poi ricostituire il capitale con la contestuale uscita di scena dall’azionariato del manager Tommaso Pompei (ex Wind, oggi in Boscolo Group).

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In rilievo l’arrivo sul mercato di nuovi soggetti, a partire da Comin & Partners, che a quanto risulta a LobbyingItalia ha preso il via con clienti quali Ilva, Hitachi e Novartis.

Ma la vera novità del mercato del lobbying & public affairs, a detta di tutti gli operatori, è stata l’ingresso in scena di Gianluca Comin (ex Telecom, Montedison ed Enel) con la sua Comin&Partners che ha debuttato lo scorso anno (388 mila di euro di ricavi) e che quest’anno si è consolidata con la firma di parecchi incarichi di peso sul panorama industriale italiano.

Cambia l’ambito territoriale: dalle Regioni a Bruxelles

Tutti questi attori ora devono confrontarsi con alcuni trend che paiono emergere sul mercato, almeno in Italia. Il primo è quello dell’ambito territoriale d’azione. Perché se fino a qualche anno fa tutto si concentrava su Roma, con la devoluzione di alcuni poteri alle Regioni italiane, lobbisti e consulenti di public affairs devono essere più a contatto con governatori e manager pubblici locali. Senza trascurare la presenza in quel di Bruxelles, vera capitale della political intelligence.

Non solo politici: think tank, professori, opinion makers, ecc.

L’altro fattore da tenere in forte considerazione per il futuro è quel cambio dei referenti: non più solo i politici di turno in Parlamento, ma ora i riferimenti sono gli opinion maker, professori universitari ed esponenti dei vari think tank (65 quelli censiti dall’associazione Openpolis). Soggetti che con le loro valutazioni o esternazioni possono far cambiare direzione a un decreto o a una proposta di legge. Ma nell’era digitale i lobbisti non possono più trascurare i social network. E se non è affatto vero che Twitter in Italia fa davvero opinione in ambito politico-istituzionale, come invece accade negli Stati Uniti, è altrettanto vero che gli opinion maker ormai li usano per tastare il polso del mercato.

Fonte: Andrea Montanari – Milano Finanza

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Avvocati e lobbisti, convivenza in attesa di regole [Huffington Post] http://www.lobbyingitalia.com/2015/11/avvocati-e-lobbisti-convivenza-in-attesa-di-regole-huffington-post/ Tue, 10 Nov 2015 15:53:35 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3036 Gli studi legali di Brussels, quando fanno attività di lobbying per i loro clienti presso le Istituzioni comunitarie, devono sottostare o meno alle stesse regole di trasparenza dei lobbisti veri e propri? La domanda non è banale perché una risposta affermativa implica l’iscrizione al registro della trasparenza e la conseguente pubblicazione dei nominativi dei propri clienti, sulla falsariga di quanto avviene da tempo negli Stati Uniti, come condizioni imprescindibili per poter fare incontri istituzionali.

Jakob Hanke su Politico ci informa che la Commissione Europea sta procedendo all’apertura di una consultazione pubblica volta a comprendere le posizioni dei vari operatori. Da un lato i lobbisti veri e propri vogliono regole uguali per tutti a fronte della stessa attività e cioè l’obbligatorietà della registrazione e pubblicazione della lista dei clienti e accusano in qualche modo gli avvocati di concorrenza sleale, dall’altra gli avvocati lobbisti cercano di conservare il privilegio legato alla riservatezza, che costituirebbe una delle caratteristiche intrinseche della professione e non intendono rivelare pubblicamente i nominativi dei propri clienti. La soluzione di possibile compromesso potrebbe essere sempre ripresa dal modello statunitense secondo cui la rivelazione dell’identità dei clienti sarebbe obbligatoria soltanto quando si svolge un’attività di public affairs, mentre il rapporto confidenziale con il cliente rimarrebbe salvaguardato se l’oggetto del mandato riguarda strettamente l’attività legale.

Inoltre Hanke rivela che secondo alcuni esperti indipendenti, tuttavia il modello americano non sarebbe perfettamente assimilabile in Europa, dove gli studi fanno parte di 28 associazioni nazionali diverse con regole differenti e che pertanto è difficile capire dove finisce l’attività legale ed inizia l’attività di lobbying. In sostanza ciò che rende difficile l’applicazione di un reale principio di trasparenza in Europa è probabilmente dovuto al fatto che manca una definizione completa ed esaustiva di che cosa sia l’attività di lobbying. Quello che è però evidente è che ormai da tempo i principali studi sia negli Stati Uniti che a Brussels hanno aperto dei dipartimenti al cui interno non operano avvocati, ma lobbisti a tutti gli effetti che offrono servizi di government affairs. E d’altra parte è condivisibile la logica di business sottostante: le “law firm” puntano a diventare degli attori globali integrati orizzontalmente in grado di offrire una consulenza giuridico-legislativa che oltre alle aule dei tribunali comprende anche quelle parlamentari, sfruttando al meglio le economie di scala che ne derivano.

Tale strategia negli Usa si è dimostrata vincente e se si guardano le classifiche per fatturato delle principali società di lobbying, elaborate da Open Secrets, uno dei principali osservatori di monitoraggio del rapporto tra denaro e politica, ai primissimi posti si trovano da sempre studi legali come “Patton Boggs” e “Akin Gump“, tutti tra l’altro obbligati a rivelare apertamente compensi e clienti per cui hanno svolto attività di lobbying. Quindi sarebbe auspicabile che anche in Europa si giunga ad un sistema di regole uniformi per tutti gli attori del mercato a favore di una maggiore trasparenza. Gli studi legali italiani invece sono ancora indietro da questo punto di vista, e anche quando sono branch di studi stranieri si attengono, almeno formalmente, all’esercizio dell’avvocatura in senso stretto, anche se un’integrazione con attività di lobbying sembra nella natura delle cose in un futuro più che prossimo, seguendo gli esempi comunitari e americani.

Fonte: Luigi Ferrata – SEC Relazioni Pubbliche e Istituzionali, su Huffington Post

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Lobbisti “confinati” a Palazzo Madama ogni giorno 1.200 permessi d’accesso [Il Messaggero] http://www.lobbyingitalia.com/2015/11/lobbisti-confinati-a-palazzo-madama-ogni-giorno-1-200-permessi-accesso-messaggero/ Mon, 09 Nov 2015 12:41:12 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3030 Intanto è boom per i corsi di formazione della professione, e alcune università assicurano il Master

Anche quest’anno il Senato ha preso le sue contromisure per difendersi da una delle specie professionali più temute: i lobbisti. Da fine ottobre i “portatori di interessi particolari”, già “schedati” dal loro tesserino rosso entrato in vigore nel 2014, sono ospitati nell’aula della Commissione Sanità di Palazzo Madama, rigorosamente a trenta metri da quella della Commissione Bilancio quando è impegnata nell’esame della Legge di Stabilità. Quei 30 metri non impediscono di certo né ai politici e né ai lobbisti l’uso dei telefonini per rapide consultazioni o per sventare colpi di mano dell’ultimo minuto ma la dicono lunga sul rapporto schizofrenico, fatto di timori e al tempo stesso di poche regole, di politica e lobbismo made in Italy. A partire da un banale dato di fatto: l’accesso al parlamento italiano è relativamente facile. Risultano in media circa 1.200 i cartellini giornalieri concessi a vario titolo a ex parlamentari, funzionari, dirigenti ministeriali, giornalisti (in attività o pensionati) e rappresentanti delle categorie che possono entrare in Parlamento per chiedere informazioni, discutere con i parlamentari, informarsi dei processi legislativi.

A VUOTO «Il fatto è che nonostante se ne parli da anni in Italia non esiste una legge che regoli questo settore così come accade in altri Paesi europei o in America», spiega Gianluca Sgueo, esperto del settore e autore del libro Lobbying e lobbismo, edito da Egea, forse il più completo sull’argomento. «Al di là di quello che accade a Montecitorio e Palazzo Madama – aggiunge Sgueo – oggi uomini di governo e funzionari italiani possano incontrarsi ovunque con i lobbisti italiani e stranieri senza che nessuno lo sappia. Sono rarissimi i casi di uomini politici italiani che per propria scelta tengono un diario web sui lobbisti che ricevono. Altrove invece è obbligatorio tenere un registro degli incontri, che poi oltre ad essere una “banale” norma di trasparenza è anche una tutela per tutti. Perché deve essere chiaro che un lobbista non è l’equivalente di difensore di poteri oscuri o peggio».

Un esempio di come si potrebbe procedere? Almeno in parte, Bruxelles. Qui Commissione Ue conta la presenza di 8.396 lobbisti che lavorano quotidianamente nelle istituzioni europee. Sono tutti regolarmente registrati in un apposito Libro Mastro e tutti sanno tutto di loro. Questo “Registro per la trasparenza” (anche se non vincolante): contiene informazioni «su chi svolge attività tese a influenzare il processo decisionale dell’Ue», come specifica il suo sito. Vi sono iscritte anche 5.800 organizzazioni e aziende, di cui 503 italiane. Anche a Bruxelles tuttavia non mancano i tira e molla su questo settore. 11 Parlamento Europeo infatti ha chiesto misure più stringenti come quella dell’obbligatorietà della registrazione degli incontri, ma finora la Commissione ha cincischiato. E’ accaduto così che il Parlamento Europeo abbia lanciato un comitato speciale in materia fiscale (il Taxe), che però è stato boicottato dalle multinazionali che non si sono presentate alle audizioni.

IL MASTER Il Taxe ha allora chiesto alla Commissione di vietare l’ingresso in Parlamento dei rappresentanti delle multinazionali e finalmente il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Junker, ha detto che è ora di raggiungere un accordo comune sulla registrazione obbligatoria dei lobbisti (e dei loro incontri) in tutte le istituzioni europee. In Italia, invece, nonostante la presentazione di almeno una dozzina di disegni di leggi, che con modalità differenti propongono tutti la nascita di un albo dei lob-bisti e del registro obbligatorio dei loro incontri (con tanto di sanzioni), tutto è ancora fermo a livello legislativo. Diverso il discorso invece a livello di mercato. Negli ultimi anni la figura del lobbi-sta non ha sofferto la crisi. Anzi. I corsi di formazione destinati a preparare queste particolari figure professionali si contano ormai a decine e sono organizzati anche da società prestigiose. Con alcune università che rilasciano uno specifico master.

Fonte: Diodato Pirone – Il Messaggero – Download .pdf

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