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"Lobbying offshore": non basta un registro nazionale per la trasparenza multinazionale
Scritto il 2016-12-08 da Redazione su World

(Francesco Angelone) Ci sono numerose questioni rilevanti per la nostra vita quotidiana che non dipendono esclusivamente dalle decisioni politiche prese nel nostro Paese ma che, invece, riguardano il pianeta intero. Si tratta di problemi globali di un mondo globalizzato che richiedono soluzioni e norme transnazionali. In un articolo, la Sunlight Foundation, organizzazione no profit statunitense impegnata nel rendere più trasparente l’attività di Washington, ha posto sotto la lente di ingrandimento la dimensione internazionale, troppo spesso trascurata, dell’attività di lobbying.

Attualmente, 22 Paesi e l’Unione Europea disciplinano l’attività di lobbying, tuttavia non sempre sono disponibili online un registro dei lobbisti e in alcuni casi poche informazioni sono accessibili. Il sistema americano, pur criticato perché permette il pieno esercizio dell’attività di influenza senza necessariamente essere registrati, è sicuramente all’avanguardia se paragonato a quello vigente altrove. Il Lobbying Disclosure Act impone l’indicazione di quali sono le questioni su cui i lobbisti hanno fatto pressioni, quanto sono stati pagati per farlo e i nomi dei funzionari governativi che hanno contattato per conto del loro cliente.

Con una tale asimmetria di informazioni, come può un cittadino americano informarsi circa le attività di lobbying condotte all’estero da una multinazionale americana? Come si può capire quali governi ha approcciato, quanto successo ha avuto o quanto ha speso? Ebbene, secondo quanto scrive la Sunlight Foundation, accedere a queste informazioni è veramente difficile. Secondo Daniel Freund di Transparency International, sarebbe interessante capire, per monitorare l’influenza, anche quali attività di coalition building o di grassroots e top-roots lobbying sono state messe in piedi.

Sunlight Foundation e Transparency Int’l hanno dunque stilato, dopo aver osservato i registri delle 23 realtà in cui questi sono in vigore, una lista di informazioni che dovrebbero servire a tracciare le attività di pressione delle aziende americane all’estero. Ovviamente, in primis troviamo i nomi dei lobbisti attivi e come contattarli, un’informazione presente in tutti i registi analizzati. Seconda informazione riguarda l’identità dei clienti dei lobbisti che, invece, troppo spesso è rivelata solo in parte e senza particolari vincoli normativi. Un buon registro dovrebbe anche contenere dettagli su quali ufficiali sono stati incontrati, elettivi, non elettivi e funzionari, e per quali argomenti li si è contattati. Questo tipo di informazioni sono più dettagliate nel registro esistente in Cile che in quello degli Stati Uniti. Infine, ma importantissimo, è ciò che concerne le spese in attività di lobbying tenendo conto che, spesso, una maggiore spesa comporta un maggior numero di lobbisti impiegati, di ricerche, di tempo impiegato. Qui molti registri presentano lacune significative.

Pochi Stati che adottano un registro nazionale, diversi di questi con informazioni incomplete, sono elementi che rendono difficile per i cittadini avere un quadro chiaro.

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