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Lobby, Google e gli altri alla guerra con la Ue_Pagina 99
Scritto il 2016-11-27 da Redazione su Europa

Riprendiamo l'articolo di Gaia Giorgio Fedi su Pagina 99

Google e Facebook alla guerra delle lobby. Lobbying. Budget in crescita, incontri riservati, assunzioni eccellenti. Alle prese con l'offensiva di Vestager, i big del web intensificano il pressing su Bruxelles. Lo scontro coinvolge l'alleanza tra telecom e editori tedeschi e tech Usa, dice un lobbista

BRUXELLES. Il prossimo fronte della battaglia tra la Commissione europea e i colossi dell'economia digitale si giocherà sugli algoritmi. Bruxelles si appresta ad avviare un'indagine sui procedimenti che presiedono al modo in cui vengono mostrati post, notizie e risultati delle ricerche che potrebbe impensierire parecchio Google, Amazon  e Facebook. Ma non si tratta del solo grattacapo peri gruppi del settore, alle prese con un approccio più muscolare da parte della Ue in tema di regolamentazione, antitrust e tassazione. Con il termometro della tensione a Bruxelles in salita, le big del digitale hanno reagito rafforzando le attività di lobby, come mostrano i dati sui budget e staff in crescita perle attività di press io ne, indicati volontariamente sul Registro di trasparenza Ue. Un metodo lecito ma controverso è reclutare ex funzionari degli organi da influenzare.

«Il rafforzamento delle attività di lobby delle società digital a Bruxelles è in atto da qualche anno e si spiega con l'esistenza di alcuni fattori, in primis l'ambizioso programma della Commissione sull'economia digitale, che per i gruppi del settore ha un impatto enorme», spiega Alessia Mosca, europarlamentare del Pd e membro della commissione sul commercio internazionale. La Ue punta a regolamentare diversi aspetti, dalla privacy al copyright, di un comparto che finora ha vissuto e prosperato in - e grazie a - un contesto di relativa anarchia. Tra il 2012 e il 2013, quando a Bruxelles si preparava la riforma sulla protezione dei dati personali, i gruppi tecnologici hanno intensificato le attività di lobby in un affondo senza precedenti, affiancate e sostenute da associazioni di categoria, organizzazioni come l'American Chamber of Commerce e dalla stessa amministrazione Obama. Più di recente, altri dossier caldi hanno suggerito una maggiore presenza nella capitale Ue, «come la trattativa sul Ttip e le possibili ricadute sul business di queste società, che le ha spinte a monitorare il rafforzamento della relazione transatlantica, e il maggiore impegno della Commissione sul fronte della tassazione, che è il grosso nervo scoperto per molti dei grandi gruppi del digital», aggiunge Mosca. La decisione dell'Antitrust Ue di imporre a Apple il pagamento di 13 miliardi di imposte pregresse in Irlanda è un monito pesante per le multinazionali del settore. Soprattutto per Amazon, sotto esame per il trattamento fiscale in Lussemburgo.

Washington vs Berlino

Alcuni lobbisti di lungo corso che hanno parlato a pagina99 sotto anonimato ritengono che l'irrigidimento comunitario abbia un preciso risvolto politico. «Quella che si gioca a Bruxelles è in realtà una partita tra Washington e Berlino», afferma un esperto di public affairs. «Le multinazionali tech americane, e in particolare quelle californiane, si trovano a fronteggiare un'alleanza di fatto tra le vecchie telecom e gli editori, soprattutto tedeschi, per la distribuzione dei contenuti», aggiunge un altro lobbista, aggiungendo che due anni fa la nomina a commissario per l'Economia e la società digitali del tedesco Günther Oettinger - in passato molto critico verso Google - era stata interpretata nell'ambiente come il segnale decisivo dell'offensiva Ue contro i colossi tecnologici. Non a caso, nel mirino delle istituzioni c'è soprattutto Mountain View, sotto scrutinio dell'antitrust della Commissione su tre diversi fronti - per il sospetto di aver sistematicamente favorito i propri servizi di acquisto comparativo nei risultati delle ricerche, un possibile abuso di posizione dominante nella pubblicità online e possibili danni alla concorrenza sulla gestione della compatibilità del sistema Android.

Sale la spesa per il lobbying

Google ha triplicato il budget per lobbying dal 2013 al 2014, e nel 2015 lo ha incrementato ancora di circa il 20% a 4,25-4,4.5 milioni di euro; nell'ultimo anno ha anche ampliato il team di lobbisti (da 9 a 14 persone). «I politici europei hanno molte domande per Google e i nostri team si impegnano a rispondere, per favorire la comprensione del nostro business», commenta un portavoce in relazione all'impegno del gruppo. Anche Microsoft - da anni molto attiva a Bruxelles, dove in passato è stata duramente colpita dall'antitrust Ue - ha speso la stessa cifra di Google (in lieve calo dal 2014). «A Bruxelles vengono definite importanti politiche per l'Unione, per questo è stata e resta importante perla nostra società», commenta un portavoce della società di Redmond. «Abbiamo iniziato a investire in Europa fin dal 1982, quando avevamo 128 impiegati a livello globale. Oggi solo qui ne abbiamo 25 mila». Hanno aumentato le spese per attività d'influenza anche Facebook e Amazon, mentre il budget di Uber, reduce da una serie di sentenze sfavorevoli nei tribunali di tutta Europa, è più che quadruplicato. Apple è invece un caso particolare: ha aumentato le risorse a 800-899 mila euro ma si è distinta per un profilo straordinariamente basso - ha un team di cinque persone impegnate solo part time ed è poco presente nelle attività di lobby - che secondo alcuni ha contribuito alla disfatta sul dossier fiscale. Quando si è trattato di discutere il caso, è stato il ceo Tim Cook a incontrare Margarethe Vestager, ma con un atteggiamento non particolarmente costruttivo, secondo Politico Europe.

Il lavoro dei lobbisti

«Anche gli incontri con alti funzionari in Commissione sono un buon indicatore per capire quali siano i gruppi più influenti e i temi caldi del momento», spiega Daniel Freund, capo della divisione Eu Integrity dell'organizzazione Transparency International. «Digital single market e digital economy sono le aree che annoverano il maggior numero di meeting con lobbisti, circa un quinto del totale. E la società prima in classifica per numero di incontri, ben 117 (di cui molti con il commissario Oettinger, ndr), è Google». Anche Microsoft è molto attiva, con 59 riunioni, seguita da Facebook (46). «Ma il maggiore salto lo ha fatto Uber (42 incontri), sul mercato da appena un paio d'anni e oggi al 13esimo posto in classifica», osserva Freund. Va considerato che i numeri citati riguardano solo i funzionari di rango più alto. «Molte riunioni avvengono con esponenti di livello inferiore, che non sono tenuti a tenere un registro degli incontri e possono incontrare lobbisti non registrati», puntualizza Freund.

Dalle istituzioni all'azienda

Un metodo lecito ma controverso per fare lobby è affidarsi alle revolving door, cioè reclutare ex funzionari delle istituzioni da influenzare. Un sistema molto apprezzato da Google, che dal 2005 avrebbe assunto in vari uffici almeno 65 funzionari di governo in tutto il territorio Ue, secondo Google Transparency Project. Tra i lobbisti di stanza a Bruxelles spicca il caso di Tobias McKenney, Senior European Intellectual Property Policy Manager, che prima di approdare a Google si occupava di copyright per la Commissione; a un livello più basso, provengono dal Parlamento Ue Clara Sommier, Mark Van der Ham e Georgios Mavros. Anche Apple ha utilizzato le porte girevoli, strappando l'attuale responsabile delle relazioni con la Ue, Per Hellstrom, alla Commissione europea, dove aveva lavorato per 16 anni con cariche importanti (capo del team Competition prima e Fusioni poi) e aveva giocato un ruolo di peso nell'epocale indagine antitrust contro Microsoft, conclusa nel 2004 con l'imposizione di misure correttive e un'ammenda di 497 milioni di euro. Anche l'ex capo dell'ufficio di public affairs di Facebook, Erika Mann, ha servito per un mandato come europarlamentare. Mentre Fabian Ladda, lobbista di Uber, era stato a capo dell'ufficio dell'europarlamentare tedesco Elmar Brok, uomo della cancelliera tedesca Angela Merkel molto vicino a Martin Selmayr, il potente capo di gabinetto del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker.

L'attività di policy making

A Bruxelles il potere decisionale è soprattutto nelle mani del Consiglio dell'Unione europea - l'organo che adotta gli atti normativi della Ue e ne coordina le politiche, sul quale l'esercizio di influenzava fatto a monte, sui singoli Paesi-e della Commissione. La lobby lavora a vari livelli, su vari ambiti e con vari strumenti. L'attività di Google è la più organizzata ed ecumenica: finanzia think tank (sui quali è attiva anche Microsoft) e ricerche universitarie, svolge attività con team dedicati su Parlamento, Commissione e Consiglio ma punta anche al mondo delle imprese. Per esercitare influenza su alcuni dossier caldi a Bruxelles, nel 2014 aveva sollecitato alcuni membri del Congresso Usa a inviare lettere a figure chiave del Parlamento Ue. Per il resto, nel settore si usa la classica cassetta degli attrezzi del lobbista: monitoraggio dei lavori regolatori, meeting con i decision maker, presentazione di emendamenti e paper sulle policy, che a volte riescono a confluire nei testi legislativi (nel 2013 alcuni emendamenti parlamentari alla riforma sui dati personali ricalcavano pedissequamente i passaggi di paper del settore). Per le attività di lobby diretta, soprattutto sui dossier più spinosi, si mandano avanti le agenzie di consulenza esterne, le associazioni di categoria o gli studi legali. E si fa molta lobby indiretta, attraverso campagne di comunicazione - che puntano sulla forza dei prodotti, sull'innovazione e sulla capacità di creare posti di lavoro - ed eventi: seminari, conferenze, incontri con imprese e associazioni, feste. «Una delle più attive è Google, ma ultimamente si è notato un nuovo impegno su questo fronte da parte di Amazon, in precedenza poco attiva, che oggi con Amazon Academy organizza conferenze, micro-conferenze, seminari, incontri con le aziende», segnala Alessia Mosca. «Gli eventi sono uno strumento usato in tutti i settori, ma le compagnie tech fanno anche qualcosa in più: organizzano workshop e training all'interno delle istituzioni, per far sentire i decisori a loro agio nella relazione con la società. L'intento è di conquistare non solo le loro menti, ma anche i loro cuori».

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