(Francesco Angelone) Solitamente, nell’anno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti la spesa per le attività di lobbying diminuisce in conseguenza del fatto che i politici sono impegnati per la maggior parte del proprio tempo in campagna elettorale e non a legiferare. L’anno in corso, quello dell’imminente resa dei conti tra Hillary Clinton e Donald Trump, non fa eccezione. Ma c’è un settore che sembra smentire questo trend generale, ed è quello delle società di Internet.
Nella prima metà del 2016, secondo quanto riporta un articolo di The Hill, nella top three delle spese per attività di lobbying figurano i giganti della rete Google (gruppo Alphabet), Amazon e Facebook con una spesa rispettiva di 8.04, 5.8 e 4.9 milioni di dollari. La top ten stilata da The Hill sulla base dei dati raccolti dal Center for Responsive Politics comprende anche le grandi compagnie del tech come Oracle, Microsoft, IBM, Intel ed Apple.
Google in particolare, era alla guida della medesima classifica anche nel 2012, anno della precedenti elezioni presidenziali. Questo impegno della società di Mountain View risponde ad una logica ben precisa, ovvero all’intenzione di rimarcare il ruolo giocato nella creazione di opportunità economiche attraverso internet. Fondamentali all’interno del ciclo economico, le grandi imprese di internet sono diventate centrali anche nel dibattito sulle politiche di Washington.
Ha ragioni diverse l’impegno economico profuso da Amazon in attività di pressione durante l’ultimo semestre sotto la guida di Jay Carney, oggi supervisore delle public relations e public policy e fino al 2014 portavoce della Casa Bianca. La società di Jeff Bezos ha infatti ampliato il proprio carnet di servizi, lanciandosi anche nel mondo dell’online video con una propria piattaforma, mossa che ha spinto il colosso di Seattle a fare lobbying circa le normative in materia di video, tasse e droni.
La top ten è chiusa da Apple con 2.2 milioni di dollari spesi, che è meno di quanto speso nello stesso periodo del 2015. La società guidata da Tim Cook è molto attenta su questioni legate alla proprietà intellettuale, alle riforme del mercato del lavoro, al commercio, alla sorveglianza, all’istruzione e all’energia. Pur essendo tra le più conosciute ed influenti società del mondo, tuttavia Apple di solito utilizza canali diversi dalla mera attività di lobbying per esercitare la propria influenza, caratteristica che la differenzia da altri operatori del settore tech.
Singolare è, poi, quanto accade a Facebook. Come Apple, il colosso di Menlo Park spende in attività lobbying legate a commercio e sicurezza, ma mostra particolare attenzione per la legislazione sull’immigrazione. Con una domanda di sviluppatori di software in costante crescita, Facebook punta a pescare personale di valore tra i beneficiari dei visti per lavoratori altamente qualificati, una strategia che può portare vantaggi diretti per l’azienda e indiretti all’intero settore.
Per chi entra o resiste nella top ten delle spese in attività di pressione, c’è anche qualcuno che perde posizioni o vi esce. È il caso di grandi compagnie come Siemens, Hewlett-Packard e Qualcomm. Quest’ultima, tra i primi cinque posti nel 2012, scende al settimo posto. La Hewlett-Packard, invece, a differenza del 2012 è ora divisa in due società, la Hewlett-Packard Enterprise che nel primo semestre del 2016 ha speso 1.95 milioni di dollari, e la HP Inc., che contiene le divisioni PC e stampanti, che ha speso 810 mila dollari. Queste due somme, aggregate, permetterebbero alla società di classificarsi all’ottavo posto della top ten stilata da The Hill.
La classifica della testata online americana combina due settori che il Center for Responsive Politics invece considera come separati: Internet da una parte, Electronic Manufacturing & equipment dall’altro. È nel primo che troviamo Google, Amazon e Facebook e molto distanziati Yahoo ed eBay. Nel secondo, dopo le compagnie citate da The Hill, tra cui la Entertainment Software Association che fa lobbying per conto dell’industria del videogame, proprio la Hewlett-Packard Enterprise, la Siemens, la Dell e la Intuit. La ragione di tale integrazione risiede nel fatto che aziende quali la IBM e la Cisco operano su entrambi i settori del mercato.
Una considerazione vale però a livello generale. L’attività di lobbying è preziosa perché al pari di altre svolte dalle società citate, risulta parte integrante del successo. Un intelligente posizionamento a Washington garantisce il consolidamento o il rafforzamento della propria posizione all’interno del mercato ed è qualcosa che sempre più numerose società del settore stanno sperimentando. Fondamentali per l’economia e ora sempre più presenti a Washington.