(di @FraAngelone) Chiedete a chiunque a Washington e vi risponderà la stessa cosa: il numero dei lobbisti non sta diminuendo. Eppure, secondo i dati raccolti dal Centre for Responsive Politics, il numero di lobbisti iscritti nel Registro e che hanno effettivamente svolto attività di pressione è drasticamente diminuito dal 2007 al 2016. Il Registro, infatti, conta ad oggi 10.498 iscritti a fronte dei 14.824 del 2007. Come è possibile spiegare questo gap tra la diminuzione di professionisti registrati e la presenza all’incirca costante (stando anche alla spesa totale per attività di pressione censita dallo stesso istituto) dell’industria del lobbying a Washington? La risposta è che non ci sono meno lobbisti, semplicemente ci sono sempre meno persone che si etichettano come tali.
L’inchiesta è partita dalle colonne del Washington Post, che individua nella legislazione restrittiva in materia di lobbying varata dall’amministrazione Obama la causa scatenante di questo fenomeno che ha visto alcuni lobbisti cancellare la propria iscrizione dal Registro e altri rinunciarvi proprio, preferendo continuare a lavorare a Washington sotto la dicitura di policy adviser, strategic counsel or government relations adviser.
Bisogna quindi ricordare ciò che prescrive la legislazione statunitense in materia di lobbying attraverso il Lobbying Disclosure Act, rivisto nel 2007. Secondo la legge può definirsi lobbista, e quindi obbligato ad iscriversi nel Registro, chi dedichi all’attività di pressione per conto di un cliente almeno il 20% del proprio tempo in un arco di tempo di tre mesi. Una legislazione porosa, quindi, che non evita la creazione di coni d’ombra nei quali si annidano spesso anche ex membri del Congresso che, passati all’altro capo del filo che lega lobbisti e decisori pubblici secondo il fenomeno delle revolving doors preferiscono evitare di attaccarsi addosso l’etichetta di lobbisti per non pregiudicare un futuro ritorno all’attività politica. Gli ex Senatori devono aspettare due anni prima di poter svolgere attività di pressione sui legislatori, per gli ex membri della Camera dei Rappresentanti basta un anno, all’ex speaker della Camera dei Rappresentanti del Congresso – e gran fumatore - John Boehner sono bastati 11 mesi per sedere nel board della Reynolds
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Ci sono spunti utili per una riflessione anche su quanto avviene in Italia. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha varato questa settimana un proprio Registro Trasparenza, strumento attraverso il quale il Ministro Calenda si propone di “aprire” ai cittadini la sede di Via Veneto per renderli consapevoli e partecipi dello svolgimento del processo decisionale.
A chi si rivolge, come funzionerà e quali informazioni conterrà il Registro? Possono iscriversi dal 6 settembre le persone fisiche o giuridiche che rappresentano professionalmente presso il MISE interessi leciti, anche di natura non economica e quindi, tra gli altri, i consulenti, gli studi legali, le imprese, le associazioni di categoria e le organizzazioni non governative. L’iscrizione al Registro sarà condizione necessaria per poter incontrare il Ministro, i Viceministri e i Sottosegretari. Il portale del Ministero permette, attraverso alcuni step, l’iscrizione al Registro e consente, attraverso un motore di ricerca, di consultare l’elenco dei soggetti iscritti (che al momento sono 69). Il Registro comprende anche un Codice di comportamento dei dipendenti del MISE e un Codice di condotta per gli iscritti al Registro stesso.
Il Registro del MISE, che ricalca, tra l’altro, l’esperienza, poi naufragata, avviata anni fa dal MIPAAF con l’Elenco dei portatori d’interesse e potenzia e sistematizza l’iniziativa individuale del Viceministro delle Infrastrutture Nencini, potrà dare alcune indicazioni preziose circa la dimensione dell’industria del lobbying in Italia, quantomeno nei settori di competenza del Ministro Calenda. Sarà possibile comprendere quali interessi vengono perseguiti, da parte di chi e con quali dotazioni di bilancio. Tuttavia, risulta evidente la differenza con il modello americano che pure, si è visto, non è privo di falle. Differentemente da quanto avviene negli Stati Uniti il Registro Trasparenza del MISE, infatti, coprirà solo alcuni settori e non agirà nel contesto di una legislazione organica a livello nazionale. Pertanto, rimane evasa la questione di fondo circa l’ampiezza di quella zona grigia di cui resta ignota la capacità finanziaria e di influenza sui decisori pubblici. Tutto ciò, mentre il mondo del lobbying è sempre più professionalizzato, professionalizzante e integrato nella società, risultando essenziale, grazie a una strategia di public affairs trasparente, professionale e sostenibile economicamente ed eticamente, alla crescita del mondo dell’impresa.