Ha destato clamore l’articolo del Fatto Quotidiano dal titolo “Incubo Renxit, il tour a Bruxelles della Boschi per promettere stabilità”, in particolare nel mondo dei professionisti del lobbying. Il Fatto ha sottolineato, in modo velatamente critico, l’incontro del Ministro con rappresentanti di imprese e think tank. La risposta è arrivata con una lettera aperta.
“Lobbisti, funzionari, commissari della squadra di Jean Claude Juncker, militanti, think tank: in due giorni a Bruxelles il ministro Maria Elena Boschi incontra tutti. Un po’ per cercare appoggi in vista del referendum di ottobre, un po’ per continuare a costruire un profilo internazionale autonomo da quello del premier Matteo Renzi”. Comincia così l’articolo a firma Stefano Feltri, che racconta la conferenza “Growth Goal” organizzata dal think tank Formiche.net, diretto da Paolo Messa. È stata poi sottolineata la presenza di lobbisti all’evento. Lo stesso Paolo Messa (membro del cda RAI, consigliere politico e comunicatore) ha ritenuto di precisare con una lettera gli obiettivi dell’incontro. Segnaliamo alcuni passaggi particolarmente significativi:
“Si parlava di crescita, di impatti economici e… chi c’era in sala? Sorpresa: i rappresentanti delle aziende, delle industrie, di quelle che operano in Italia ma anche più in generale nella Ue. Volevano ascoltare per capire. Capita. Ogni giorno, come sanno i giornalisti competenti, le imprese e ancora di più le istituzioni finanziarie valutano i mercati ma anche i Paesi e i loro sistemi regolatori. E quindi, insieme ad una vasta e qualificata platea di funzionari e dirigenti di Parlamento e Commissione, vi erano anche rappresentanti delle aziende (…) Francamente non mi pare una ordalia di pericolosi lobbisti.
Ora, che c’è di male – si potrebbe replicare – a sottolineare la presenza degli specialisti della rappresentanza dei legittimi interessi aziendali? (…) Se i protagonisti della nostra economia, di quelle imprese che danno (ancora) lavoro e benessere, li trattiamo come oggetto del sospetto a prescindere, li confondiamo con gli orribili, quelli sì, faccendieri che operano nella opacità, che ne beneficio ne abbiamo? Se le multinazionali non scelgono l’Italia o se quelle che ci sono chiudono, potremo inneggiare alla vittoria dei buoni contro i cattivi? No, perché senza le grandi imprese ed i professionisti che lì vi lavorano, resteranno in maggioranza le realtà che sguazzano fra il grigio e il nero (…)”.
Un richiamo alla trasparenza, e un “no” alla cultura del sospetto. Per una reciproca collaborazione tra mondo delle imprese, giornalismo e istituzioni, senza dietrologie.
L'articolo del Fatto qui: