Secondo Dagospia, l'AD di poste avrebbe sbattuto il telefono in faccia a Filippo Sensi, portavoce di Renzi, che si opponeva alla nomina di Giuseppe Fortunato, dalemiano di ferro, alle relazioni istituzionali della società. Renzi, a forza di imposizioni, starebbe perdendo il rispetto della classe dirigente da lui stesso nominata. Fortunato ha lavorato per D'Alema e per i dalemiani Moretti e Padoan, e ora è stato chiamato da Caio in Poste nell'anno delicatissimo della privatizzazione. Questa nomina fatta senza consultare Palazzo Chigi ha indispettito il duo Sensi-Renzi, ma Caio avrebbe detto: ''Se volete, me ne vado io''...
Caio come Spartacus? Il tecnofilo preferito di Enrico Letta, ma nominato al vertice di Poste Italiane da Matteo Renzi, si è ribellato all'ennesimo intervento governativo nelle nomine delle partecipate. Caio ha infatti scelto Giuseppe Antonio Fortunato come nuovo responsabile degli Affari Istituzionali.
Chi è costui? Capo della Segreteria di D'Alema quando era ministro degli Esteri nel 2006-2008, è poi stato in Finmeccanica per 7 anni, tra Roma, Mosca e Bruxelles, finché il dalemiano Mauro Moretti non lo ha silurato ed è diventato consulente del Ministero dell'Economia, nel febbraio 2015. Lì è stato delegato da Padoan (pure lui dalemiano) a occuparsi delle partecipate pubbliche, tra cui Poste, e ora Caio lo ha chiamato, e il suo contratto dovrebbe iniziare a giugno, per un ruolo molto delicato nell'anno della privatizzazione del gruppo. Pare che quando la notizia sia arrivata nei corridoi di Palazzo Chigi, Filippo Sensi abbia telefonato a Caio "suggerendogli" di riconsiderare l'assunzione.
A quel punto Caio avrebbe risposto: ''Se volete, me ne vado io'', attaccando il telefono in faccia al portavoce del premier. E non sarebbe l'unico: molti manager pubblici lamentano l'atteggiamento del governo, che non si limita a nominare i capi (prerogativa che è nei suoi poteri), ma interferisce nella gestione quotidiana delle partecipate, nelle nomine dei dirigenti di seconda fascia e nelle strategie industriali. Il problema è che l'atteggiamento è sempre di autorità e non di autorevolezza. E il bullo fiorentino, dopo i diplomatici e i funzionari europei, rischia di essere ostacolato anche dalla classe dirigente italiana...
Fonte: Dagospia