Ora che le elezioni sono parte del passato, l'attenzione si rivolge all’agenda legislativa. Il lobbying non è stata una tematica elettorale, ma il governo deve rivedere la difettosa normativa sul lobbying che è stata approvata in fretta e furia nel 2014.
Un nuovo interessante provvedimento volto a rendere più trasparente il settore lobbistico del Paese è recentemente entrato in vigore nella Repubblica d'Irlanda, approvato all'inizio di quest'anno dall'Oireachtas (Parlamento).
Il Regulation of Lobbying Act 2015, annunciato nell'aprile 2015 dopo due anni di negoziati, è molto diverso dalla legislazione analoga portata avanti a Westminster e molto criticata, in particolare in merito a tre aspetti cruciali:
- Racchiude una definizione molto più ampia di “decisore pubblico”: mentre l'atto del Regno Unito enumera solo ministri e segretari permanenti, la legge irlandese aggiunge anche parlamentari backbenchers (ovvero coloro che siedono in Parlamento ma non rientrano nella squadra ministeriale).
- Anche la definizione di “lobbista” è molto più ampia: la legge irlandese richiede la registrazione da parte dei lobbisti in-house, oltre che i lobbisti conto terzi.
- Infine, la legge irlandese comprende anche un codice di condotta per i lobbisti.
Il nuovo registro, supervisionato dal mese scorso dalla canadese Sherry Perreault, è uno sviluppo interessante, e mette in chiara luce i problemi emersi sulla regolamentazione dei lobbisti nel Regno Unito.
La legislazione del Regno Unito è stata portata avanti in fretta e le sue carenze sono state ampiamente documentate, ma l’approvazione di questa normativa più completa sulla sponda irlandese dà ulteriori motivi al Governo britannico di rallentare l’azione sul registro obbligatorio, che non è ancora attuato in pieno.
Il modello irlandese potrebbe rivelarsi istruttivo: non appena potranno esserne analizzati gli effetti, è possibile che Westminster abbia una best practice per correggere i propri errori.
Esso fornisce al nuovo governo l'opportunità di un periodo di riflessione per imparare la lezione con un approccio alternativo.
È stato a lungo sostenuto che il registro del lobbying del Regno Unito, che incorpora solo l’1% cento dei lobbisti che lo praticano effettivamente, è fondamentalmente sopravvalutato e dovrebbe essere ampliato per includere tutti i lobbisti, sia in-house che conto terzi.
Sarà particolarmente interessante vedere come verrà messo in pratica il più completo approccio dell’Irlanda.
Gli oppositori di un approccio “inclusivista” sostengono che sarebbe troppo burocratico e non necessario.
Al contrario, se il nuovo governo sta cercando di introdurre un sistema di registrazione dei lobbisti veramente innovativo, che offra una maggiore trasparenza, allora includere tutti i lobbisti deve essere il primo principio da rispettare.
Questo punto di vista non è solo proprio dei delle società di lobbying: sia ONG che si occupano di trasparenza che più di 20 associazioni di categoria e sindacati hanno chiesto un sistema che includa tutti i tipi di lobbisti.
Nei prossimi mesi sarebbe opportuno che l'Ufficio di Gabinetto avviasse un dialogo aperto con il legislatore irlandese per discutere e condividere le esperienze, mantenendo un occhio vigile su come la legislazione è rispettato dai lobbisti d’Irlanda.
Il governo ha sbagliato nella scorsa legislatura; ora è il momento per riparare agli errori.
Il sistema di registrazione irlandese dà a Westminster la possibilità di valutare sia i pregi che i difetti di un approccio alternativo. È un’opportunità da cogliere al volo per fornire alla casa della democrazia britannica le “pareti di vetro” che da sempre ne caratterizzano il rapporto con i cittadini.
Iain Anderson, presidente dell'Associazione dei Consulenti Politici professionisti (APPC)
Fonte: PR Week