(Giovanni Gatto) La Spagna finisce “dietro la lavagna” per non aver condotto sforzi coerenti e decisi per la regolamentazione del fenomeno lobbistico. È oscuro il quadro del sistema di regolamentazione delle lobby dipinto dalla ONG Transparency International – Spagna, in occasione della presentazione del rapporto “Una valutazione delle lobby in Spagna – analisi e proposte”, presso la sede di Madrid della Fondazione Ortega-Marañón.
In particolare la regolamentazione del lobbying si è rivelata “praticamente inesistente” per tre aspetti cruciali: la trasparenza, l’integrità e la parità nell’accesso. Il rapporto ha assegnato un punteggio su una scala di 100 ai tre elementi fondamentali del fenomeno: i risultati sono stati molto deludenti e hanno configurato una situazione che potrebbe essere risolta, secondo i 15 suggerimenti portati avanti della ONG, solo attraverso la pronta ripresa delle discussioni sul una regolamentazione unitaria e organica sulle lobby, uno strumento strategico per la crescita del Paese, che possa dare un vantaggio competitivo nel continuo tentativo di uscire dalla crisi, se attuato in maniera etica e trasparente.
Il problema più preoccupante per il sistema lobbistico spagnolo è risultato essere l’assenza di trasparenza, sia da parte dei gruppi di pressione privati che da parte dei decisori e degli operatori pubblici: solo 10 i punti percentuali garantiti dalle attuali norme in materia. In particolare, ai decisori pubblici o politici è richiesto di mettere in luce i propri rapporti con i rappresentanti degli interessi e di riferire le loro agende; ai lobbisti è invece richiesto di registrare la propria presenza all’interno delle istituzioni (nazionali e regionali) e il prodotto delle loro attività di studio e documentazione. Al Governo è richiesta un’analisi dei rischi associati al fenomeno della corruzione e dell’opacità delle lobby, fenomeno che porta a un notevole dispendio di risorse sia in investimenti errati, che in mancati guadagni.
Non va meglio per quanto riguarda l’integrità: il fenomeno frequente delle “revolving doors”, ossia del passaggio dal ruolo in amministrazioni pubbliche a quello nel management di un’azienda, porta il punteggio totale della valutazione di TI al 35%. In questo caso è suggerita l’applicazione di codici di condotta all’interno delle istituzioni, in particolare le assemblee elettive nazionali e locali. Queste norme, in realtà, sono previste dall’ordinamento spagnolo ma, come accade spesso in altri Paesi di cultura latina (caso lampante: l’Italia, ma anche Messico e Cile), non sono rispettate nei modi e nei tempi adeguati.
Un punteggio ancora inferiore viene dato alla parità d’accesso: la Spagna raggiunge solo il 17% in quanto a possibilità di partecipazione al processo decisionale da parte degli attori economici e politici. A capo del team che ha condotto lo studio sulle lobby in Spagna, che comprendeva il direttore dello studio, Manuel Villoria, il coordinatore Ana Revuelta, i ricercatori Esteban Arribas e Elena Herrero-Beaumont e il vice presidente della fondazione Ortega-Marañón, Jesús Sánchez-Lambas, il presidente di Transparency International Spagna, Jesús Lizcano, in conclusione dei lavori ha affermato: “la figura della lobby, intesa come gruppo di pressione a favore di determinati interessi è positiva per il funzionamento della democrazia, se sviluppata con la trasparenza e l'integrità e un quadro per garantire l'inclusione di tutti i segmenti della società. La mancanza di regolamentazione delle lobby aumenta il rischio di cadere in pratiche inappropriate, come traffico d'influenza o corruzione”.
Il punteggio totalizzato dalla Spagna in merito alla trasparenza del lobbying è pari solo al 21%. Altri, impietosi, numeri raccontano, da un lato, la percezione che i cittadini spagnoli hanno delle lobby; dall’altro, il reale grado di incidenza della corruzione sull’economia del Paese iberico. Secondo l'Eurobarometro 2013, il 77% degli spagnoli ritiene che la corruzione è parte della cultura d'impresa del paese, mentre il 67% ritiene che l'unico modo per avere successo siano le connessioni politiche intessute tra decisori e gruppi di pressione. L'84% degli spagnoli crede che la corruzione e le connessioni siano il modo più semplice per ottenere servizi pubblici. Questa percezione è condivisa anche dalle imprese spagnole: il 91% vede collegamenti eccessivi tra denaro e politica, e il 93% crede che la corruzione e i favoritismi danneggino le contrattazioni. Anche in Europa la percezione del fenomeno è negativa. Oltre il 50% dei cittadini crede che il loro governo sia in gran parte o del tutto guidato da alcuni potenti interessi, mentre l’81% dei cittadini europei ritiene che eccessivi contatti commerciali tra affari e politica generino corruzione nel proprio Paese.
Si potrebbe però dire che “non tutte le lobby vengono per nuocere”: una ricerca condotta da Burson-Marsteller e Cariotipo M5H tra vari membri di organi politici spagnoli ha riportato che, per il 56% di questi ultimi, incontrare i rappresentanti di interesse sia “auspicabile e perfino obbligatorio” per il loro lavoro, e l’86% ritiene la lobby “un contributo allo sviluppo della politica”. Tra i suggerimenti di Transparency International Spagna, raggruppati in 15 punti, vi sono la creazione di un registro dei lobbisti, che deve obbligatoriamente registrare tutte le persone che esercitano attività di lobby a livello nazionale e regionale, nonché la creazione di un organismo vigilante e indipendente dal potere sanzionatorio.
In realtà in Spagna il procedimento di regolamentazione delle lobby ha fatto passi decisi negli ultimi mesi. A inizio anno, il premier Rajoy ha dato l’impulso per una regolamentazione unitaria, sintetica e onnicomprensiva del fenomeno lobbistico, con l’obiettivo di migliorare gli standard di trasparenza e partecipazione dei gruppi di interesse in politica. Nei mesi successivi, però, il governo ha rallentato la corsa per l’istituzione di un registro obbligatorio per i lobbisti e l’attuazione di regole di trasparenza per i decisori, inserendo le proposte legislative nel quadro del Piano governativo di Rigenerazione Democratica, che avrebbe portato a modifiche del Regolamento della Camera bassa, frutto di un compromesso tra Partito Popolare e Convergencia i Unió.
Lo scorso maggio, dopo un’impasse di qualche mese dovuta alle elezioni europee, il tema è tornato in auge grazie all’iniziativa dell’APRI, l’associazione dei professionisti delle relazioni istituzionali spagnola a cui aderiscono 55 partner i quali, forti degli studi portati avanti dall’OCSE e dall’Unione Europea, hanno messo in campo il loro “potenziale di fuoco” nei confronti delle istituzioni. “Quanto maggiore è la trasparenza e la regolamentazione sulla lobby, tanto più è avanzata la democrazia in un Paese”, le parole della lobbista di Cariotipo MH5 Carmen Mateo. “Abbiamo proposto che la registrazione sia obbligatoria, con un emendamento alla legge sulla trasparenza e contrario ad ogni gruppo parlamentare”, ha ricordato Jordi Jané, deputato del partito Convergencia i Unió. “Dei 6500 lobbisti iscritti al Registro per la trasparenza europeo, oltre 300 sono spagnoli”, ha affermato Carolina Carbonell, Direttrice Generale dell’Istituto Internazionale di Diplomazia Corporativa e del Corporate Diplomacy & Public Affairs Executive Program dell’americana Schiller International University. E proprio la regolamentazione comunitaria rimane il modello prediletto per il legislatore spagnolo, nel tentativo di evitare scandali legati alla corruzione e ricostruire con precisione il processo che sta alla base della formazione delle leggi.