Il Cile è la quarta nazione del continente sudamericano ad avere la sua “Ley de lobby” (chiamato anche cabildeo) dopo Argentina, Colombia e Perù, seppur in maniera diversa tra loro.
Un risultato che arriva dopo dieci anni. Il primo progetto presentato dall’Esecutivo della Presidenta Michelle Bachelet risale infatti al 2003, cui ne è seguito un secondo nel 2008, subito fermatosi l’anno successivo. L’attuale Esecutivo ha invece presentato un nuovo progetto nel luglio 2012, che ha avuto semaforo verde dopo la lettura di Camara e Senado del testo a loro inviata dalla Commissione mista delle due camere, ai sensi dell’articolo 67 della Costituzione cilena.
Il voto finale è arrivato nella notte tra mercoledì e giovedì da parte della Cámara de Diputados, con un’ampia maggioranza di 64 deputati a favore e un’astensione. Dopo un passaggio formale per la Corte Costituzionale, il Capo dello Stato ha ora tre mesi di tempo per approvare il regolamento connesso, e la legge entrerà in vigore dopo tre mesi dalla promulgazione (art. 69 della costituzione cilena), anche se sarnno ormai il prossimo Congreso e Governo a vederne l’attuazione.
Vai al testo della "Ley de lobby" cilena.
La legge definisce (Articolo 2) “lobby” quell’attività remunerata – denominata invece “gestione di interessi particolari”, se non remunerata - esercitata da una persona fisica o giuridica, cilena o straniera, che mira a promuovere, difendere o rappresentare un particolare interesse per influenzare le decisioni delle istituzioni nell'esercizio delle loro funzioni, e considera tale ogni tipo sforzo mirato ad influire sul processo normativo o decisionale.
Lo spettro dei soggetti pubblici richiamati dalla norma in termini di “lobbying passivo” è estremamente ampio (Articolo 3 e 4). Esso include: i ministri, i sottosegretari, capi dei servizi, direttori regionali dei servizi pubblici, i sindaci e i governatori, i segretari ministeriali regionali e gli ambasciatori. Ci sono poi il Contralor General e il Subcontralor General de la República (organo che ha un misto di competenze equivalenti a quelle dei nostri Consiglio di Stato, Corte dei Conti e Ragioneria Generale dello Stato), la Banca centrale: Presidente, il Vice Presidente e gli amministratori, Forze Armate e di Polizia. Nel caso del Congresso, la norma riguarda deputati, senatori, il Segretario Generale e l'Assistente Segretario della Camera dei Deputati, il Segretario Generale e il Vice Segretario Tesoriere del Senato e i segretari dei comitati di ciascuna Camera.
Registro volontario, passivo, automatico
La particolarità della “Ley de lobby” cilena sta nel fatto che non è previsto un unico registro obbligatorio dei lobbisti, mentre sono invece previsti (Articolo 7) un registro ognuno presso Contraloría, Banco Central, Congreso, Ministerio Público, Poder Judicial. Inoltre la registrazione può (non deve) avvenire preventivamente o arriva in automatico da parte dell’istituzione al momento in cui si realizza l’attività di lobbying, dandone pubblicità sul web con aggiornamento mensile. Gli emendamenti approvati lungo il processo hanno quindi annacquato il progetto originale, che parlava di “creazione di registri pubblici dei lobbisti […] ai quali questi dovranno iscriversi obbligatoriamente e in via preventiva tutte quelle persone che esercitano la gestione dell’attività di lobbying”.
Tra le informazioni da inserire nel registro da parte delle istituzioni dovranno esserci le audizioni e le riunioni relative alla rappresentanza di interessi particolari, con indicazione dei dati del soggetto rappresentante, dell’interesse, dei presenti alla riunione. La non comunicazione di tali informazioni o la falsa rappresentazione comporta pesanti sanzioni amministrative. Le istituzioni coinvolte dovranno inoltre inserire nei registri anche i viaggi compiuti a carico delle lobbies, e le donazioni e i regali di qualsiasi genere ricevuti.
Obbligo di par condicio
La legge prevede (Articolo 11) anche un obbligo di parità di trattamento per i soggetti che richiedano di essere auditi su una stessa materia, mentre per i lobbisti c’è l’obbligo (Articolo 12) di fornire ogni tipo di informazione richiesta dalle istituzioni in relazione al singolo provvedimento, ed è previsto anche un obbligo informativo nei confronti dei clienti rappresentati degli effetti di questa legge.
Per quanto riguarda il regime sanzionatorio (Articolo 14) per violazione della legge, questa rimanda alle norme statutarie di ogni istituzione per la quale è previsto un registro. Sanzioni di vario genere sono previste anche per tutti i funzionari pubblici coinvolti nella rapporto coi lobbisti.
Trasparenza e polemiche
Nonostante il risultato ottenuto, considerato da Governo e maggioranza di centrodestra come “un importante passo avanti verso la trasparenza”, inevitabile qualche polemiche, come quella ad esempio del senatore socialista Camilo Escalona, che ha sottolineato come ci sia il rischio di mettere alla berlina i decisori pubblici “mentre i grandi interessi possono continuare ad agire impuniti”. Da più parti c’è però soddisfazione per aver compiuto un importante passo verso la trasparenza, nonostante il testo approvato sia considerato un po’ da tutti come perfettibile. Ma è lapidario il commento di un esperto rilasciato al sito SentidosComunes, con cui questo ha espresso la soddisfazione di trovarsi a fianco di nazioni quali USA, Canada, Messico e Unione Europea: “Siamo nell’OCSE del resto”. Stesso organismo di cui fa parte anche l’Italia, il cui Governo la scorsa estate – dopo il fallimento nella ricerca di un accordo in Consiglio dei Ministri su un ddl governativo per regolare il lobbying - ha preferito deferire al Ministero delle Politiche UE il compito di fare una ricerca sulle normative esistenti…